Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18858 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 18858 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
Oggetto: subordinato
Accertamento
lavoro
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3605/2021 R.G. proposto da:
ENTE NOME COGNOME in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni agli indirizzi pec dei Registri ;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, NOME COGNOME ;
– intimate –
avverso la sentenza n. 309/2020 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 18/07/2020 R.G.N. 170/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME e NOME COGNOME con distinti ricorsi, successivamente riuniti, avevano agito dinanzi al Tribunale di Enna, nei confronti dell’Ente Autodromo Pergusa (Consorzio pubblico partecipato dalla Provincia Regionale di Enna, dal Comune di Enna, dall’Automobile Club di Enna e dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Enna) al fine di ottenere l’accertamento di un rapporto di lavoro subordinato inter partes per lo svolgimento delle mansioni proprie della qualifica A1 degli Enti Locali e la condanna dell’Ente al pagamento della somma di euro 78.807,00 per i titoli indicati in ricorso, maturati nel periodo tra il 2002 e il 2012.
Il Tribunale, nel contraddittorio con l’Ente, rigettava il ricorso e condannava le ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
La Corte d’appello di Caltanissetta, decidendo sull’impugnazione delle lavoratrici, in parziale accoglimento delle domande, condannava l’Ente appellato al pagamento della minor somma di euro 30.606,44 in favore di ciascuna delle appellanti.
Superata preliminarmente l’eccezione di inammissibilità dell’appello, riteneva, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, che fossero sussistenti gli elementi della subordinazione.
Accertava l’effettivo inserimento delle lavoratrici nella organizzazione dell’Ente e l’adibizione ad un servizio rientrante nei fini istituzionali dello stesso.
Evidenziava, in particolare, sulla base degli esiti istruttori di causa, che alle ricorrenti, le quali si occupavano in modo sistematico e continuativo (ancorché limitato ai giorni di effettivo utilizzo
dell’Autodromo) del servizio di pulizia dei locali, venivano impartite direttive.
Rilevava che tale servizio non era solo funzionale all’attività di impresa ma ne costituiva una modalità di esercizio in quanto essenziale alle stesse prestazioni offerte dall’Ente.
Aggiungeva che le lavoratrici utilizzavano materiale messo loro a disposizione dell’Ente.
Precisava che il carattere non continuativo delle prestazioni era spiegabile con le esigenze produttive e organizzative del datore di lavoro che non richiedevano una manutenzione quotidiana o comunque frequente dei locali quando non venivano ospitate manifestazioni ovvero effettuate attività di altre imprese (collaudo di veicoli o pneumatici).
Calcolava, sulla base delle utilizzazioni annuali del capannone e delle correlate attività di pulizia, il numero delle giornate lavorative delle ricorrenti.
Quantificava, con l’ausilio di un c.t.u., le differenze spettanti alle lavoratrici per ciascuno degli anni rivendicati in applicazione, ex art. 36 Cost., del c.c.n.l. enti locali, livello A1 considerando 140 giornate lavorative fino al 31 dicembre 2008 e 120 giornate lavorative per il restante periodo e tenendo conto di: retribuzione ordinaria, tredicesima, ferie, t.f.r. e indennità di mancato preavviso.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Ente Autodromo Pergusa con quattro motivi cui le lavoratrici non hanno opposto difese.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso l’Ente ricorrente lamenta la insanabile contraddittorietà, manifesta illogicità e mera apparenza della motivazione. Violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 cod. proc. civ. in relazione ai nn. 3 e 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. nonché violazione
dell’art. 434 cod. proc. civ. sempre in relazione ai nn. 3 e 4 dell’art. 360 cod. proc. civ.
Censura la statuizione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello.
Il motivo presenta profili di inammissibilità ed è comunque infondato.
Lo stesso, infatti, è formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366 nn. 3 e 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ.
La denuncia di un error in procedendo , che attribuisce alla Corte di cassazione il poteredovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali non dispensa il ricorrente dall’onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di trascrivere nel ricorso gli atti rilevanti, provvedendo, inoltre, alla allegazione degli stessi o quantomeno a indicare, ai fini di un controllo mirato, i luoghi del processo ove è possibile rinvenirli (fra le più recenti Cass. 14 ottobre 2021, n. 28072; Cass. 4 luglio 2014, n. 15367, Cass., Sez. Un., 22 maggio 2012 n. 8077 e con riferimento alla questione della inammissibilità dell’appello Cass. 5 febbraio 2015, n. 2143; Cass. 20 luglio 2012, n. 12664).
Dal principio di diritto discende che, ove il ricorrente denunci la violazione dell’art. 434 cod. proc. civ. affinché la censura possa essere valutata, è necessario che nel ricorso vengano riportati, quantomeno nel loro contenuto essenziale, la sentenza di primo grado e l’atto di appello di modo che la Corte, ancor prima di effettuare la verifica degli atti, possa valutare ex actis la fondatezza del rilievo.
Nel caso di specie il ricorrente si è limitato ad argomentare sull’interpretazione dell’art. 434 cod. proc. civ., nel testo modificato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, senza supportare le doglianze con la trascrizione del contenuto degli atti rilevanti.
Inoltre, secondo Cass., Sez. Un., n. 27199 del 16 novembre 2017, Cass., Sez. Un., n. 36481 del 13 dicembre 2022 gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di ‘ revisio prioris instantiae’ del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.
Si evince, peraltro, dalla sentenza impugnata (e la motivazione, sul punto, supera il c.d. minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali -v. Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., 25 settembre 2018, n. 22598; Cass. 3 marzo 2022 n. 7090 -) che l’appello proposto dalle lavoratrici NOME NOME conteneva specifici argomenti critici nei confronti del percorso motivazionale della sentenza di primo grado (insussistenza della subordinazione in ragione della mancata prova dei caratteri essenziali del rapporto di lavoro subordinato) e deduceva, altresì, l’incompletezza dell’istruttoria svolta, ciò altresì considerando che la richiesta di riforma della decisione appellata poteva anche sostanziarsi nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado purché tali, come nella specie, da integrare
una critica adeguata alle statuizione adottate (cfr., in tal senso, Cass. 28 ottobre 2020, n. 23781; Cass. 12 febbraio 2016, n. 2814).
Con il secondo motivo di ricorso , l’Ente ricorrente lamenta la insanabile contraddittorietà, manifesta illogicità e mera apparenza della motivazione; violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 cod. proc. civ. in relazione ai nn. 3 e 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. nonché vizio di sussunzione e violazione e mancata applicazione dell’art. 70 del d.lgs. 10 settembre 2003 nelle formulazioni succedutesi ratione temporis e falsa applicazione dell’art. 2094 cod. civ. in relazione al n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ.
Lamenta che la Corte territoriale non abbia ritenuto la mera occasionalità dei rapporti.
4. Il motivo è inammissibile.
Non sussiste il denunciato vizio motivazione nei termini ora consentiti a seguito della modifica dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.
La Corte territoriale con motivazione congrua e logica ha ritenuto sussistente un rapporto di lavoro subordinato ancorché per i soli giorni di effettiva utilizzazione dell’Autodromo per le manifestazioni dell’Ente.
Il motivo, poi, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, censura l’accertamento di fatto compiuto dalla Corte territoriale la quale, come evidenziato dello storico di lite, ha desunto l’instaurazione di fatto del rapporto subordinato, non dalla sola ritenuta insussistenza delle condizioni richieste per il ricorso alla collaborazione coordinata e continuativa, bensì da una pluralità di indici, singolarmente analizzati e poi valutati nel loro complesso, giungendo alla conclusione che le odierne intimate fossero state inserite nell’ordinaria e continuativa attività afferente ai compiti propedeutici e collegati allo svolgimento delle manifestazioni sportive (ancorché circoscritta ai giorni di effettivo utilizzo dell’Autodromo) e fossero state sottoposte al potere direttivo e di controllo del datore di lavoro.
Così ragionando la Corte territoriale non si è discostata dai principi di diritto che devono guidare il giudice del merito nell’accertamento dell’instaurazione di fatto del rapporto di impiego, principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte la quale da tempo ha affermato che «ai fini della qualificabilità come rapporto di pubblico impiego di un rapporto di lavoro prestato alle dipendenze di un ente pubblico non economico, rileva che il dipendente risulti effettivamente inserito nella organizzazione pubblicistica ed adibito ad un servizio rientrante nei fini istituzionali dell’ente pubblico, non rilevando in senso contrario l’assenza di un atto formale di nomina, né che si tratti di un rapporto a termine, e neppure che il rapporto sia affetto da nullità per violazione delle norme imperative sul divieto di nuove assunzioni» (v. Cass. 3 luglio 2003, n. 10551; negli stessi termini fra le tante Cass. 11 luglio 2017, n. 17101; Cass. 7 febbraio 2024, n. 3504).
Si è aggiunto che anche in relazione ai contratti che intercorrono con le pubbliche amministrazioni, formalmente qualificati di collaborazione coordinata e continuativa, la sussistenza dell’elemento della subordinazione nell’ambito di un contratto di lavoro va correttamente individuata sulla base di una serie di indici sintomatici, comprovati dalle risultanze istruttorie, quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale, da valutarsi criticamente e complessivamente, con un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità ( ex plurimis Cass. 3 gennaio 2019, n. 18; Cass. 7 novembre 2018, n. 28459).
Con il terzo motivo di ricorso, l’Ente ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo sul quale le parti hanno discusso.
Lamenta la mancata valutazione di risultanze di causa deponenti per la configurabilità di prestazioni di lavoro autonomo.
Il motivo è inammissibile.
È noto che l’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis , così come riformulato dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Detta violazione non è, però, configurabile se, come nel caso in esame, il fatto storico, rilevante in causa (pretesa sussistenza della subordinazione), sia stato comunque preso in considerazione dal giudice di merito, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (v. Cass., Sez. Un., 8053/2014 cit.).
L’omesso esame non può, dunque, riguardare mezzi istruttori (v. ex multis Cass. 20 giugno 2024, n. 17005).
Con il quarto motivo di ricorso , l’Ente ricorrente lamenta la insanabile contraddittorietà, manifesta illogicità e mera apparenza della motivazione. Violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 cod. proc. civ. in relazione ai nn. 3 e 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. nonché violazione degli artt. 35 e 36 del d.lgs. n. 165/2001 in relazione al n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata evidenziando che ostativa al riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e alla condanna al pagamento delle differenze retributive è la previsione dell’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001 trattandosi nella specie di Ente con connotazione pubblica.
8. Il motivo è infondato.
La qualificazione formale di un rapporto come lavoro autonomo socialmente utile non impedisce di accertare che nel concreto il rapporto abbia avuto carattere diverso, configurando un vero e proprio lavoro subordinato.
Ed è questo che ha nella specie accertato la Corte territoriale che, lungi dall’affermare l’esistenza di un rapporto a tempo indeterminato, si è limitata a condannare l’Ente al pagamento delle differenze retributive derivanti dalla natura subordinata delle prestazioni e per i soli periodi in cui tali prestazioni erano state rese.
Invero la Corte territoriale ha fatto applicazione dell’art. 36 Cost. Più corretta sarebbe stata l’applicazione dell’art. 2126 cod. civ. i n virtù del principio di corrispettività previsto da tale norma per le prestazioni eseguite durante lo svolgimento in via di fatto del rapporto di lavoro. (v. Cass. 5 febbraio 2019, n. 3314 ; Cass. 30 aprile 2024, n. 11622 ) ma sul punto non vi è censura.
Da tanto consegue che il ricorso deve essere respinto.
Nulla deve statuirsi sulle spese in quanto le lavoratrici sono rimaste intimate.
11 . Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. Un, 20 febbraio 2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 -bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione