Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13185 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 13185 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 27248-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 56/2020 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 23/04/2020 R.G.N. 355/2019;
Oggetto
Lavoro subordinato
R.G.N. 27248/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 26/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere Dott. NOMECOGNOME
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Brescia, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accertato come tra RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE fosse intercorso un rapporto di lavoro subordinato dal 1° dicembre 2006 all’ottobre 2014 per lo svolgimento di mansioni ascrivibili al 3° livello del CCNL Industrie Alimentari;
la Corte, per quanto qui rilevi, ha respinto il motivo di gravame – con cui la società lamentava che il Tribunale non aveva considerato il ‘rilievo determinante ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro’ da attribuire al nome iuris – argomentando che ‘seppure il rapporto si sia svolto formalmente come un rapporto di agenzia, ciò non toglie che il lavoratore possa sempre agire per l’accertamento che, in concreto (vale a dire, in considerazione delle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa), il rapporto si sia in realtà svolto come un ordinario rapporto di lavoro subordinato’;
la Corte ha ritenuto che, ‘(anche a prescindere dall’applicazione dell’art. 69, comma 1, d. lgs. n. 276/2003), il Di COGNOME, come correttamente osservato dal primo giudice, di fatto eseguiva, totalmente inserito nell’organizzazione aziendale della società, solo il lavoro di consegna merci a clienti con l’obbligo di rispetto di orari e di ‘giri’ di consegna
predeterminati dalla società; il COGNOME si comportava quindi come un autista che dovesse compiere sempre i medesimi percorsi, senza necessità di ricevere ordini precisi, ma comunque secondo uno schema che denotava l’assenza di rischio e di autonomia e, per contro, l’esistenza di un obbligo di eseguire una data prestazione secondo direttive di carattere generale impartite dalla società in funzione dell’organizzazione aziendale’;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società soccombente con due motivi; ha resistito con controricorso l’intimato; entrambe le parti hanno comunicato memorie;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione, formulata in memoria dalla società ricorrente, di inammissibilità del controricorso per nullità della procura speciale;
questa Corte a Sezioni unite (sentenza n. 36057 del 2022) ha statuito che in tema di procura alle liti, a seguito della riforma dell’art. 83 c.p.c. disposta dalla legge n. 141 del 1997, il requisito della specialità, richiesto dall’art. 365 c.p.c. come condizione per la proposizione del ricorso per cassazione (del controricorso e degli atti equiparati), è integrato, a prescindere dal contenuto, dalla sua collocazione topografica, nel senso che la firma per autentica
apposta dal difensore su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce allo stesso; tale collocazione topografica fa sì che la procura debba considerarsi conferita per il giudizio di cassazione anche se non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione, tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione enunciato dall’art. 1367 c.c. e dall’art. 159 c.p.c., che nei casi dubbi la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di produrre i suoi effetti (principi ribaditi da Cass. Sez. Un. n. 2075 del 2024); orbene, nella specie, la collocazione della procura notificata in calce al controricorso, unitamente al principio di conservazione degli effetti degli atti processuali, induce a ritenere che il riferimento al ‘presente ricorso per cassazione’ contenuto nel mandato sottoscritto dall’intimato in data successiva alla notifica del ricorso avversario rappresenti un mero errore redazionale, non tale da determinare la nullità della procura speciale necessaria per la presentazione del controricorso;
2. il primo motivo di ricorso denuncia la ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c.’, criticando la sentenza impugnata per aver negato rilevanza alla volontà delle parti espressa nel contratto di agenzia generatore del rapporto;
la censura è infondata;
la pronuncia gravata è, in diritto, conforme al costante insegnamento di questa Corte, più volte ribadito (tra le ultime v. Cass. n. 29973 del 2022), secondo cui ai fini dell’accertamento della subordinazione, reputa imprescindibile e d’importanza preminente l’indagine sull’effettivo atteggiarsi del rapporto; tale indagine non può arrestarsi al nomen iuris attribuito dalle parti (tra molte Cass. n. 4884 del 2018), anche perché finanche al legislatore è precluso il potere di qualificare un rapporto di lavoro in termini dissonanti rispetto alla sua effettiva natura e di sottrarlo così allo statuto protettivo che alla subordinazione s’accompagna (Corte cost., sentenze n. 76 del 2015, n. 115 del 1994 e n. 121 del 1993); ne deriva, quale conseguenza ineludibile, «l’indisponibilità del tipo negoziale sia da parte del legislatore, sia da parte dei contraenti individuali» (Corte cost. n. 76 del 2015, cit., punto 8 del Considerato in diritto);
ciò posto, è canone primario d’interpretazione il «comportamento complessivo» delle parti, «anche posteriore alla conclusione del contratto» (art. 1362, comma 2, c.c.), che «illumina il significato delle pattuizioni consacrate nel testo negoziale e consente di saggiarne la coerenza con la successiva attuazione del rapporto», di modo che «la qualificazione convenzionale d’un rapporto di lavoro come autonomo, pur non potendo essere pretermessa, non ha valenza dirimente e non dispensa comunque il giudice dal compito di verificare quelle concrete modalità attuative del rapporto in esame, che rappresentano il tratto distintivo saliente» (in termini, Cass. n. 29973/2022 cit.);
il Collegio reputa che di tale principio la sentenza impugnata abbia fatto corretta applicazione, mentre il mezzo di gravame, lungi dall’individuare il denunciato errore di diritto, propone nella sostanza un diverso apprezzamento di merito in ordine ai fatti che hanno dato origine alla controversia;
il secondo motivo denuncia la ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 101 c.p.c.’, sostenendo la violazione della regola della corrispondenza tra chiesto e pronunciato per avere ‘i Giudici di appello fatto leva ed applicato gl i articoli 61, comma 1 e l’art. 69, comma 1, d. lgs. n. 276/2003 per qualificare quale dipendente il Sig. COGNOME sul presupposto di un contratto di lavoro coordinato e continuativo a progetto non solo insussistente ma anche inconfigurabile’;
la doglianza è priva di fondamento;
nel confermare la pronuncia di primo grado, la Corte territoriale non ha in alcun modo violato il canone imposto dall’art. 112 c.p.c., che sussiste solo quando il giudice pronunzia oltre i limiti delle domande e delle eccezioni non rilevabili d’ufficio fat te valere dalle parti, ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato;
invero, la censura critica un’argomentazione spesa dai giudici del gravame ad abundantiam , come reso chiaro dal passaggio motivazionale in cui si statuisce il rigetto dell’impugnazione ‘anche a prescindere dall’applicazione dell’art. 69, comma 1, d. lgs. n. 276/2003’;
come noto, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam , e pertanto non costituente ratio decidendi della medesima (v. Cass. n. 23635 del 2010; Cass. n. 24591 del 2005; Cass. n. 7074 del 2006);
3. pertanto, il ricorso deve essere respinto, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo, da distrarsi in favore dell’Avv. NOME COGNOME che si è dichiarato antistatario;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 5.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali nella misura del 15%, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 26