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Lavoro straordinario pubblico impiego: quando va pagato?

Un’agenzia regionale nega il pagamento per lavoro straordinario pubblico impiego a un dipendente per mancanza di autorizzazione formale. La Cassazione chiarisce che l’autorizzazione è un elemento costitutivo del diritto, ma il compenso è dovuto se c’è consenso del datore, anche implicito, e può essere provato con testimoni.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Lavoro Straordinario nel Pubblico Impiego: Autorizzazione e Diritto alla Paga

Il tema del lavoro straordinario pubblico impiego è spesso al centro di controversie legali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su due aspetti cruciali: la necessità dell’autorizzazione preventiva da parte della Pubblica Amministrazione e le modalità con cui il lavoratore può provare di aver svolto le ore extra. La decisione sottolinea come il diritto alla retribuzione del lavoratore debba essere tutelato, anche di fronte a possibili irregolarità formali da parte dell’ente.

I Fatti di Causa

Un operaio specializzato, dipendente di un’agenzia regionale dal 2010, si è rivolto al Tribunale per ottenere il pagamento di una cospicua somma a titolo di straordinari non retribuiti, oltre a un risarcimento per la mancata fornitura di servizi essenziali sul luogo di lavoro. Il periodo contestato andava dal febbraio 2015 al giugno 2020.

Il Tribunale di primo grado ha accolto parzialmente la richiesta, riconoscendo al lavoratore una somma per le ore di straordinario svolte. Insoddisfatti della decisione, sia il lavoratore che l’agenzia hanno proposto appello. In questa sede, l’ente pubblico ha introdotto un nuovo argomento difensivo: la mancanza di una formale autorizzazione allo svolgimento del lavoro straordinario, che a suo dire rendeva la richiesta infondata.

La Corte d’Appello ha respinto l’impugnazione dell’agenzia, ritenendo che la questione dell’assenza di autorizzazione fosse un’eccezione nuova, e quindi inammissibile in secondo grado. L’ente ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Questione del Lavoro Straordinario Pubblico Impiego in Appello

Il cuore della questione giuridica ruotava attorno alla natura della difesa dell’ente pubblico. Si trattava di un’eccezione nuova, non proponibile per la prima volta in appello, o di una mera contestazione dei fatti posti a fondamento della domanda del lavoratore?

La Cassazione ha chiarito che, nel contesto del lavoro straordinario pubblico impiego, l’esistenza di una previa autorizzazione da parte dell’amministrazione è un elemento costitutivo del diritto del lavoratore a ricevere il compenso. Questo significa che non è una circostanza che la P.A. deve eccepire per difendersi, ma un fatto che il lavoratore stesso deve allegare e dimostrare per provare la sua pretesa.

Di conseguenza, la contestazione da parte dell’ente pubblico in appello non costituiva un’eccezione nuova, ma una legittima difesa volta a negare la sussistenza di uno dei requisiti fondamentali del diritto azionato. Il giudice d’appello, pertanto, avrebbe dovuto esaminare nel merito tale contestazione, anziché dichiararla inammissibile.

La Prova dello Straordinario e il Consenso del Datore di Lavoro

La Corte ha anche affrontato il tema della prova. L’ente lamentava che lo straordinario fosse stato provato solo tramite testimoni, in assenza di registrazioni automatiche delle presenze, come previsto dalla Legge n. 244/2007.

Su questo punto, la Cassazione ha ribadito un orientamento ormai consolidato: il diritto al compenso per il lavoro straordinario pubblico impiego sorge anche quando la prestazione è stata svolta in modo coerente con la volontà del datore di lavoro, ovvero con il suo consenso, anche se solo implicito. La prova di tale prestazione e del consenso può essere fornita con ogni mezzo, inclusa la testimonianza.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha cassato la sentenza d’appello, rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte per un nuovo esame. I giudici hanno stabilito due principi di diritto fondamentali.

In primo luogo, l’autorizzazione a svolgere lavoro straordinario è un elemento costitutivo della pretesa del lavoratore. Pertanto, la sua assenza può essere contestata dalla P.A. in ogni fase del giudizio, poiché non si tratta di un’eccezione in senso stretto, ma di una difesa sul merito della domanda. Il lavoratore ha l’onere di provare tale autorizzazione o, in alternativa, il consenso implicito del datore di lavoro.

In secondo luogo, il diritto alla retribuzione prevale sui formalismi. Se il lavoro extra è stato effettivamente svolto con il consenso del datore di lavoro (anche se non formalizzato), esso deve essere pagato. L’eventuale violazione delle norme sulla spesa pubblica o sulla registrazione delle presenze può comportare una responsabilità per i funzionari, ma non può andare a discapito del lavoratore che ha diritto al giusto compenso per la sua prestazione, come garantito dall’art. 36 della Costituzione.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela del lavoratore nel settore pubblico. Pur ribadendo l’importanza dell’autorizzazione come requisito per il pagamento dello straordinario, la Corte chiarisce che la sostanza prevale sulla forma. Il consenso, anche tacito, del datore di lavoro è sufficiente a fondare il diritto alla retribuzione, e la prova di tale lavoro può essere data con ogni mezzo, inclusi i testimoni. La decisione impedisce alle amministrazioni pubbliche di negare il compenso dovuto sfruttando proprie mancanze formali, riaffermando il principio fondamentale secondo cui ogni lavoro deve essere retribuito.

Un dipendente pubblico ha sempre diritto al pagamento dello straordinario se l’ha effettivamente svolto?
Sì, a condizione che la prestazione sia stata eseguita con il consenso, anche implicito, del datore di lavoro o di chi ha il potere di organizzarla. Il compenso è dovuto a prescindere dalla validità formale della richiesta o dal rispetto delle regole sulla spesa pubblica.

La Pubblica Amministrazione può contestare la mancanza di autorizzazione per la prima volta in appello?
Sì. Secondo la Cassazione, l’autorizzazione è un elemento costitutivo del diritto del lavoratore. Di conseguenza, la sua contestazione non è un’eccezione nuova inammissibile in appello, ma una difesa nel merito che la P.A. può sollevare per negare il fondamento della pretesa.

Il lavoro straordinario nel pubblico impiego può essere provato solo con i sistemi di rilevazione automatica delle presenze?
No. La Corte ha stabilito che, anche in assenza di registrazioni automatiche, la prestazione di lavoro straordinario può essere dimostrata con altri mezzi di prova, inclusa la testimonianza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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