Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15983 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15983 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22198-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE PUGLIA RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA RAGIONE_SOCIALE CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME NOME;
– intimato –
avverso la sentenza n. 850/2023 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 05/05/2023 R.G.N. 1467/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
RETRIBUZIONE
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.22198/2023
COGNOME
Rep.
Ud.07/02/2025
CC
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, dipendente dell’ARIF Puglia dal 17 maggio 2010, con qualifica di operaio specializzato IV livello CCNL di settore (in particolare, aveva svolto mansioni di ‘forestale’), ha chiesto al Tribunale di Foggia di accertare l’inadempimento dell’RAGIONE_SOCIALE Puglia (da ora, solo ARIF), sua datrice di lavoro, e la condanna della stessa a pagare, per il periodo dal febbraio 2015 al giugno 2020, le somme dovute a titolo di remunerazione delle ore spese per il tragitto casa/lavoro e viceversa e di retribuzione per 20 minuti di lavoro straordinario, nonché l’ulteriore somma di euro 1.000,00 per ogni anno di lavoro a far data dal 2015 a titolo di risarcimento danni e/o indennità per la mancata messa a disposizione di quanto previsto dagli articoli 28 e 29 del contratto integrativo regionale del 10 giugno 2014.
Il Tribunale di Foggia, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1789/2022 ha accolto parzialmente il ricorso riconoscendo il pagamento del lavoro straordinario.
L’ARIF ha proposto appello.
La Corte d’appello di Bari, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 850/2023, ha rigettato l’impugnazione.
L’ARIF ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui il resistente è rimasto intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la P.A. ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 165 del 2001, della legge Regione Puglia n. 3 del 2010, dell’art. 3, comma 83, della legge n 244 del 2007 e dell’art. 97 Cost., perché la corte territoriale non avrebbe correttamente tenuto conto della sua natura pubblica e, quindi, della necessità di applicare, nella specie, il d.lgs. n. 165 del 2001, con conseguente obbligo di
preventiva autorizzazione formale dello straordinario. In particolare, denuncia l’erroneo ricorso agli artt. 9 e 50 del CCNL forestali e 12 CIRL, in contrasto con la norma imperativa dell’art. 3, comma 83, della legge n. 244 del 2007, atteso che, comunque, non sarebbero stati neppure installati i sistemi di rilevazione automatica delle presenze, gli unici strumenti in grado di accertare la presenza in ufficio del dipendente. In ogni caso, sarebbe stato possibile ricorrere allo strumento del riposo compensativo.
Con il secondo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c. in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c..
La difesa della ricorrente si lamenta della parte della sentenza in cui si afferma l’assoluta novità dell’obiezione circa la natura pubblica dell’ente e in particolare circa la necessità di un’autorizzazione preventiva agli straordinari questione giammai sollevata in prime cure.
Al riguardo si richiama la pronuncia di questa Corte secondo cui il divieto di proporre domande nuove in appello implica che è preclusa la facoltà di avanzare pretese che involga la trasformazione obiettiva del contenuto intrinseco della domanda proposta in primo grado ma non quella di prospettare rilievi che importino una diversa qualificazione giuridica del rapporto e l’applicazione di una norma di diritto non invocata in primo grado tanto più quando la nuova ragione giuridica dedotta in sede di gravame derivi da una norma di legge che il giudice è tenuto ad applicare (Cass. N. 6854/2017).
Tale principio, ad avviso della ricorrente, va applicato alla fattispecie in questione nella quale il giudice di primo grado, acquisita e mai messa in discussione la natura di ente pubblico dell’ARIF, avrebbe dovuto applicare il decreto legislativo n.
165/2001 e la normativa relativa al pubblico impiego privatizzato senza necessità di una specifica difesa in tal senso.
3. Il primo motivo è fondato.
L’attività ricostruttiva della natura giuridica di un ente è compito del giudice di legittimità che vi provvede, anche d’ufficio, in ossequio al principio iura novit curia, laddove tale natura fondi la propria essenza in disposizioni di legge (operazione, questa, che non trova limite, pertanto, in differenti prospettazioni o posizioni delle parti), diversamente essendo l’indicato compito circoscritto a quanto ritualmente allegato in causa, nel rispetto degli oneri di cui all’art. 366 cod. proc. civ., laddove una determinata natura (e, per quanto si dirà, quella di ente privato) abbia le radici in atti dell’autonomia delle persone. Cass. 28060/2020.
3.1. Ciò precisato, questa Corte ha già affermato (Cass. n. 10811/2023) che l’ARIF è ente pubblico non economico. La Legge Regionale n. 3 del 2010, istitutiva di esso, fa riferimento al trattarsi di persona giuridica ‘di diritto pubblico’ (art. 1, co. 2) e le attività svolte sono proprie del corrispondente settore di pertinenza della Regione, operando ARIF come mero ‘ente tecnico operativo’, mediante attività e servizi ‘a connotazione non economica’, finalizzati al sostegno dell’agricoltura e alla tutela del patrimonio boschivo. Il tutto in un contesto in cui l’ente è soggetto ad un assai forte indirizzo regionale (v. la declinazione di esso nelle varie ipotesi regolate dall’art. 4 L. Regione Puglia cit.), con nomina parimenti regionale del Direttore Generale. Tutti gli elementi di cui sopra sono palesemente ed univocamente convergenti nel senso della qualificazione in termini di ente pubblico non economico di ARIF, che va dunque ritenuta tale.
In conseguenza, i rapporti di lavoro alle dipendenze dell’ARIF rientrano nell’ambito del lavoro pubblico: «l’applicazione del CCNL di diritto privato non osta alla qualificazione del rapporto in termini di lavoro pubblico»; di conseguenza, «il richiamo del l’art. 12, comma 3, prima parte al ‘contratto collettivo nazionale per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulicoforestale e idraulicoagraria’ ed al relativo ‘trattamento giuridico-economico e assicurativoprevidenziale’ va inteso come strettamente inerente … alle qualifiche di inquadramento dei lavoratori ed alle mansioni esigibili, nonché al trattamento economico ivi previsto. … Viceversa, non può operare, per la prevalenza delle regole comuni del lavoro privatizzato ed in specie dell’art. 52 d. lg s. 165/2001, la disciplina di acquisizione del diritto all’inquadramento per effetto dell’esercizio di fatto delle corrispondenti mansioni superiori» (Cass. n. 6193/2023; questi principi sono stati ribaditi dalle ordinanze prese in decisione all’adunanza c amerale del 18.6.2024 da Cass. 23716/2024 a Cass. n. 23894/2024).
La retribuzione per il lavoro straordinario nel pubblico impiego è regolata dai seguenti principi: il diritto al compenso per il lavoro straordinario svolto presuppone necessariamente la previa autorizzazione dell’amministrazione, poiché essa implica la valutazione della sussistenza delle ragioni di interesse pubblico che impongono il ricorso a tali prestazioni e comporta, altresì, la verifica della compatibilità della spesa con le previsioni di bilancio (Cass. n. 2509/2017).
Nel pubblico impiego contrattualizzato il diritto al compenso per il lavoro straordinario svolto, che presuppone la preventiva autorizzazione dell’Amministrazione, spetta al lavoratore anche laddove la richiesta autorizzazione risulti illegittima o contraria a disposizioni del contratto collettivo, atteso che l’art. 2108 cod.
civ., applicabile anche al pubblico impiego contrattualizzato, interpretato alla luce degli artt. 2 e 40 del d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 97 Cost., prevede il diritto al compenso per lavoro straordinario se debitamente autorizzato; pertanto, rispetto ai vincoli previsti dalla disciplina collettiva, la presenza dell’autorizzazione datoriale è il solo elemento che condiziona l’applicabilità dell’art. 2126 cod. civ. (Cass. n. 23506/2022; Cass. n. 17912/2024); per autorizzazione, nell’ambito del lavoro straordinario, si intende il fatto che le prestazioni non siano svolte insciente vel prohibente domino, ma con il consenso anche implicito del medesimo; il consenso, una volta esistente, integra gli estremi che rendono necessario il pagamento, anche ove la richiesta risulti illegittima o contraria a disposizioni del contratto collettivo.
Considerato che la sussistenza di un atto datoriale di autorizzazione preventiva costituisce un presupposto normativo, trattandosi di lavoro pubblico la Corte avrebbe dovuto in applicazione del principio iura novit curia fosse tenuta ad affrontare d’uffici o tale questione.
Con il secondo motivo la parte ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione del principio iura novit curia ex art. 113 c.p.c. e dell’art. 345, comma 2, c.p.c..
Contesta la circostanza che il giudice di appello abbia ritenuto tardiva e nuova la sua allegazione difensiva, avvenuta, per la prima volta, in appello, dell’assenza di autorizzazione dello straordinario riconosciuto al dipendente.
Sostiene, sul punto, che si sarebbe trattato di una mera difesa e non di un’eccezione in senso stretto, concernendo la contestazione di fatti posti da controparte a fondamento del suo diritto e il mancato rispetto dell’art. 3, comma 83, della legge n. 244 del 2007.
4.1. La censura è fondata.
La Suprema Corte ha chiarito che si ha domanda nuova inammissibile in appello – per modificazione della causa petendi quando i nuovi elementi, dedotti dinanzi al giudice di secondo grado, comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato , modificando l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, in modo da porre in essere una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (Cass., SU, n. 15408 del 15 ottobre 2003; Cass., Sez. L, n. 15506 del 23 luglio 2015).
In particolare, nel rito del lavoro, la preclusione in appello di un’eccezione nuova sussiste nel solo caso in cui la stessa, essendo fondata su elementi e circostanze non prospettati nel giudizio di primo grado, abbia introdotto in sede di gravame un nuov o tema d’indagine, così alterando i termini sostanziali della controversia e determinando la violazione del principio del doppio grado di giurisdizione (Cass., Sez. L, n. 2271 del 2 febbraio 2021). Pertanto, costituisce domanda nuova, non proponibile per la prima volta in appello, quella che, alterando anche uno soltanto dei presupposti della domanda iniziale, introduca una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, inserendo nel processo un nuovo tema di indagine, sul quale non si sia formato in precedenza il contraddittorio (Cass., Sez. 6-L, n. 23415 del 27 settembre 2018).
Occorre accertare, quindi, se l’appello della P.A. presentasse elementi tali di novità da rendere ‘nuova’ la sua difesa, nel senso di snaturare le allegazioni di primo grado al punto da modificare in senso ‘sostanziale’ i termini della controversia.
Oggetto dell’azione del lavoratore, per quel che qui interessa, era la sua pretesa a ottenere il riconoscimento del lavoro straordinario svolto e il pagamento della relativa retribuzione.
L’ARIF ha contestato in primo grado questa domanda nel merito e, in seguito all’accoglimento della stessa, ha proposto appello, lamentando l’assenza di prova documentale dello straordinario reso e della necessaria autorizzazione.
Per stabilire se il motivo di gravame dell’ARIF fosse inammissibile bisogna verificare se esso esulasse dai termini della controversia.
Al riguardo, deve tenersi conto che, tradizionalmente, si è affermato, sino a pochi anni fa, che, in tema di pubblico impiego contrattualizzato (non sono più in discussione la natura di P.A., a sensi del d.lgs. n. 165 del 2001, della parte ricorrente e il carattere privatistico del rapporto di lavoro), il diritto al compenso per il lavoro straordinario svolto presuppone, di necessità, la previa autorizzazione dell’amministrazione, poiché essa implica la valutazione della sussistenza delle ragioni di interesse pubblico che impongono il ricorso a tali prestazioni e comporta, altresì, la verifica della compatibilità della spesa con le previsioni di bilancio (Cass., Sez. L, n. 2509 del 31 gennaio 2017).
Peraltro, la S.C. ha precisato, in tempi più recenti, il suo precedente orientamento, chiarendo che, in tema di pubblico impiego privatizzato, il disposto dell’art. 2126 c.c. non si pone in contrasto con le previsioni della contrattazione collettiva che prevedono autorizzazioni o con le regole normative sui vincoli di spesa, ma è integrativo di esse nel senso che, quando una prestazione, come quella di lavoro straordinario, è stata svolta in modo coerente con la volontà del datore di lavoro o comunque di chi abbia il potere di conformare la stessa, essa
va remunerata a prescindere dalla validità della richiesta o dal rispetto delle regole sulla spesa pubblica, dovendosi dare la prevalenza alla necessità di attribuire il corrispettivo al dipendente, in linea con il disposto dell’art. 36 Cost. (Cass., Sez. L, n. 17912 del 28 giugno 2024).
Ciò perché, in tema di pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al compenso per il lavoro straordinario svolto, che presuppone la previa autorizzazione dell’amministrazione, spetta al lavoratore anche laddove la richiesta autorizzazione risulti illegittima e/o contraria a disposizioni del contratto collettivo, atteso che l’art. 2108 c.c., applicabile anche al pubblico impiego contrattualizzato, interpretato alla luce degli artt. 2 e 40 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 97 Cost., prevede il diritto al compenso per lavoro straordinario se debitamente autorizzato e che, dunque, rispetto ai vincoli previsti dalla disciplina collettiva, la presenza dell’autorizzazione è il solo elemento che condiziona l’applicabilità dell’art. 2126 c.c. (Cass., Sez. L, n. 23506 del 27 luglio 2022).
Dalla giurisprudenza menzionata, emerge come, nel pubblico impiego contrattualizzato, l’autorizzazione della P.A. sia necessaria perché il dipendente possa prestare lavoro straordinario.
Si tratta, quindi, di un elemento costitutivo della pretesa del lavoratore che agisca per il suo pagamento e che, pertanto, deve essere da lui allegato e dimostrato.
Non può sostenersi, allora, che la P.A. non potesse contestare in appello l’assenza di prova dell’autorizzazione, in quanto si trattava di un elemento che avrebbe dovuto essere allegato e provato dal ricorrente originario e la cui sussistenza avrebbe dovut o essere verificata d’ufficio dal giudice.
Non avendo il Tribunale di Foggia operato il necessario accertamento, ben poteva l’ARIF chiedere alla Corte d’appello di Bari di compierlo.
D’altronde, la P.A. ha sempre negato, anche in appello, la spettanza all’intimato del diritto allo straordinario, il che comporta che il tema della sua autorizzazione non era certo nuovo in appello, tanto che, in ordine all’an della pretesa del dipendente, non si era ancora formato il giudicato.
In conclusione, il ricorso va accolto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa con rinvio alla Corte di Appello di Bari in diversa composizione anche con riferimento alle spese della presente fase.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione