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Lavoro straordinario: prova e autorizzazione necessarie

Un gruppo di dipendenti ha richiesto il pagamento per minuti di lavoro svolti durante le pause e all’inizio del turno, basandosi su una precedente sentenza. La Corte di Cassazione ha qualificato la richiesta come domanda di pagamento per lavoro straordinario, rigettandola. La Corte ha stabilito che i cartellini di presenza non sono sufficienti a provare il diritto alla retribuzione extra se non viene dimostrata anche la specifica autorizzazione del datore di lavoro a svolgere tali prestazioni.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Lavoro Straordinario: Prova e Autorizzazione Sono Indispensabili

In una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nel diritto del lavoro: la prova del lavoro straordinario. La decisione chiarisce che, ai fini del pagamento, non è sufficiente dimostrare di aver lavorato minuti extra tramite i cartellini presenze; è indispensabile provare anche l’esistenza di una specifica autorizzazione da parte del datore di lavoro. Questa pronuncia offre importanti spunti di riflessione sull’onere della prova che grava sul lavoratore.

Il Caso: La Richiesta di Pagamento per Minuti di Lavoro Extra

La controversia nasce dalla richiesta di un gruppo di dipendenti di un centro di ricerca oncologico, i quali avevano agito in giudizio per ottenere il pagamento di prestazioni lavorative svolte durante le pause e nei primi dieci minuti successivi all’inizio del turno. La loro pretesa si fondava su una precedente sentenza che aveva dichiarato l’illegittimità di alcune clausole del regolamento aziendale relative proprio alla gestione di pause e decurtazioni orarie. In primo grado, il Tribunale aveva dato ragione ai lavoratori, ma la situazione si è ribaltata in appello.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello ha riformato la decisione di primo grado, accogliendo le ragioni del datore di lavoro. I giudici di secondo grado hanno riqualificato la domanda dei lavoratori, definendola non come una semplice esecuzione della precedente sentenza, ma come una vera e propria richiesta di pagamento per lavoro straordinario. Su questa base, la Corte ha rigettato la domanda, sottolineando che la sentenza precedente, pur annullando le clausole del regolamento, non aveva accertato che i dipendenti avessero effettivamente lavorato oltre l’orario, né che fossero stati autorizzati a farlo. La mancanza di prova sull’autorizzazione è risultata decisiva.

La Prova del Lavoro Straordinario secondo la Cassazione

I lavoratori hanno impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente un errore nella valutazione delle prove (i cartellini presenze) e un’errata qualificazione giuridica della loro domanda come lavoro straordinario anziché “lavoro aggiuntivo”. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la linea della Corte d’Appello.

La Valutazione dei Cartellini Presenze

Il punto centrale della decisione riguarda il valore probatorio dei cartellini di timbratura. La Cassazione ha stabilito che la valutazione di tali prove è riservata al giudice di merito. In questo caso, i cartellini sono stati ritenuti non sufficienti a dimostrare né che i lavoratori avessero prestato attività durante le pause, né che i minuti extra fossero stati lavorati per esigenze di servizio. Di conseguenza, non potevano fondare, da soli, il diritto alla retribuzione.

La Necessità dell’Autorizzazione Preventiva

La Corte ha ribadito che la richiesta di compenso per prestazioni eccedenti l’orario normale si configura come una domanda di pagamento per lavoro straordinario. Come tale, essa richiede non solo la prova dell’avvenuta prestazione, ma anche la dimostrazione che essa sia stata preventivamente autorizzata dal datore di lavoro o, quantomeno, che sia stata implicitamente richiesta o ratificata per far fronte a specifiche esigenze aziendali. Nel caso di specie, questa prova è completamente mancata.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo, ha chiarito che la valutazione delle prove, come i cartellini, rientra nel prudente apprezzamento del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, se non in casi specifici non ravvisati nella vicenda. In secondo luogo, i ricorrenti non hanno specificato quali norme di diritto o di contrattazione collettiva avrebbero dovuto fondare la loro pretesa di “lavoro aggiuntivo” come istituto distinto dal lavoro straordinario. Infine, la Corte ha ritenuto che l’omesso esame di alcuni fatti lamentati dai ricorrenti non riguardasse un fatto storico decisivo, ma una valutazione di risultanze istruttorie già compiuta correttamente dalla Corte territoriale, la quale aveva concluso che «i cartellini presenze dimessi nulla provano al riguardo».

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Aziende

L’ordinanza consolida un principio fondamentale: per ottenere il pagamento del lavoro straordinario, il lavoratore ha l’onere di provare due elementi distinti: l’effettivo svolgimento della prestazione oltre l’orario pattuito e la sussistenza di un’autorizzazione, esplicita o implicita, da parte del datore di lavoro. La sola timbratura del cartellino non basta. Questa decisione serve da monito sia per i lavoratori, che devono assicurarsi di avere l’autorizzazione per le ore extra, sia per le aziende, che devono gestire con chiarezza le politiche sugli straordinari per evitare contenziosi.

I cartellini presenze sono sufficienti a provare il diritto al pagamento del lavoro straordinario?
No. Secondo la Corte, i cartellini presenze da soli non sono sufficienti. Il lavoratore deve dimostrare non solo di aver lavorato oltre l’orario, ma anche di essere stato autorizzato dal datore di lavoro a svolgere tale prestazione straordinaria.

Qual è la differenza tra ‘lavoro aggiuntivo’ e ‘lavoro straordinario’ secondo questa ordinanza?
L’ordinanza rileva che i ricorrenti hanno definito la loro richiesta come ‘lavoro aggiuntivo’ ma non hanno indicato le norme di diritto o contrattuali che definirebbero questo istituto come distinto dal lavoro straordinario. Di conseguenza, la Corte ha qualificato la richiesta come una normale domanda di pagamento per lavoro straordinario, soggetta alle relative regole probatorie.

Una sentenza che dichiara illegittime le clausole del regolamento aziendale sull’orario dà automaticamente diritto al pagamento delle ore lavorate in più?
No. La Corte ha chiarito che una sentenza che si limita a statuire l’illegittimità di clausole del regolamento non ha effetto vincolante in un successivo giudizio volto a ottenere il pagamento di ore extra. In quest’ultimo, è sempre necessario dimostrare che il lavoro sia stato effettivamente svolto e autorizzato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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