Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10521 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10521 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12521-2023 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME, DELL’NOMECOGNOME tutti elettivamente domiciliati presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
CENTRO DI RIFERIMENTO ONCOLOGICO – RAGIONE_SOCIALE AVIANO IRCSS, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 152/2022 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 09/12/2022 R.G.N. 136/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 05/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
RETRIBUZIONE
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.12521/2023
COGNOME
Rep.
Ud.05/03/2025
CC
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO CHE
-C on la sentenza del 19 dicembre 2022, la Corte d’Appello di Trieste, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Pordenone, accoglieva l’opposizione proposta dal Centro di Riferimento Oncologico -CRO Aviano IRCSS avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, con il quale gli istanti, tutti dipendenti del Centro, intimavano il pagamento delle differenze retributive maturate per avere l’Ente datore continuato ad effettuare la detrazione di 30 minuti al giorno per le pause non godute o usufruite in misura minore e a detrarre i primi dieci minuti di lavoro sulla base dei cartellini presenze di provenienza aziendale, sul presupposto della declaratoria di illegittimità ed inefficacia delle clausole del regolamento aziendale in materia di orario di lavoro, che tali detrazioni consentiva, resa dal Tribunale di Pordenone con la pregressa sentenza n.57/2017 passata in giudicato.
-La decisione della Corte territoriale discende dall’aver e questa ritenuto infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’Ente datore sollevata dai lavoratori , posto che la sentenza n.57/2017 non poteva produrre alcun effetto vincolante, ex art.2909 cod. civ., non essendo stati gli stessi parti di quel giudizio ed infondata nel merito la pretesa degli stessi, qualificata come volta al pagamento di lavoro straordinario, non risultando prova della sua autorizzazione.
-Per la cassazione di tale decisione ricorrono NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, il CRO Aviano IRCSS.
-Il Procuratore Generale ha depositato la propria requisitoria concludendo per il rigetto del ricorso.
-Il CRO Aviano IRCSS controricorrente ha poi presentato memoria.
CONSIDERATO CHE
-Con il primo motivo i ricorrenti, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2108 e 2126 c.c. nonché del d.lgs. n. 66/2003, imputano alla Corte territoriale l’aver e erroneamente qualificato il lavoro prestato durante le pause e nei primi dieci minuti di lavoro come lavoro straordinario e conseguentemente erroneamente rigettato la pretesa dei ricorrenti per mancata allegazione e prova dell’intervenuta autorizzazione.
-Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., i ricorrenti lamentano a carico della Corte territoriale il travisamento della prova, concretatosi in un errore di percezione sul contenuto informativo oggettivamente risultante dal materiale probatorio ed in particolare dai cartellini presenze letti alla luce delle clausole del regolamento sull’orario di lavoro che imponevano un orario ag giuntivo dichiarate illegittime dalla sentenza n. 57/2017, ritenendoli, al contrario, onerati della prova dell’esecuzione dei tempi di lavoro aggiuntivi e dell’autorizzazione aziendale ad eseguirlo.
-Nel terzo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c. è prospettata in relazione al
carattere apparente della motivazione resa dalla Corte territoriale dedotto per l’erronea qualificazione del credito azionato quale maggiorazione per lavoro straordinario, quando si trattava, viceversa, di riconoscere essere stato dall’Ente datore unilater almente decurtato e non pagato il tempo di lavoro risultante dai cartellini presenze effettivamente espletato e ciò in applicazione di clausole regolamentari dichiarate illegittime con sentenza passata in giudicato.
-Con il quarto motivo, rubricato con riferimento al vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, i ricorrenti imputano alla Corte territoriale l’aver e rigettato la domanda di pagamento svolta dai ricorrenti a titolo sanzionatorio per non avere il CRO dato adempimento alla sentenza n. 57/2017.
-Il primo ed il terzo motivo, i quali in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si rivelano inammissibili, atteso che, a sostegno dell’asserito travisamento della causa petendi da parte della Corte territoriale, che avrebbe erroneamente qualificato la pretesa come volta al pagamento di lavoro straordinario, quando si trattava di dar corso al pagamento del lavoro aggiuntivo effettivamente espletato ma decurtato in relazione alla mancata fruizione di pause e riposi ed ai primi dieci minuti di lavoro, non vengono specificamente indicate quali sarebbero le norme di diritto violate, ed in particolare le norme di diritto o della contrattazione collettiva che fonderebbero la pretesa del pagamento del «lavoro aggiuntivo», quale istituto giuridico specificamente distinto dal lavoro straordinario.
-E’ consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni Unite, l’orientamento secondo cui il vizio di
violazione di legge deve essere dedotto non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni, intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo date affermazioni in diritto, contenute nella sentenza impugnata, debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. S.U. n. 18607/2023 con plurimi richiami a precedenti conformi).
-Parimenti inammissibile risulta il secondo motivo dovendosi, in relazione al c.d. travisamento della prova, dare continuità al principio di diritto enunciato da Cass. S.U. 05/03/2024 n.5792, nei termini che seguono: «il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rime dio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale».
-Avuto riguardo al principio di diritto sopra richiamato, il preteso travisamento del contenuto dei cartellini presenza non si risolve in una svista, in un errore materiale di
percezione, ma nella valutazione della concludenza degli elementi di prova desumibili dai cartellini presenza alla luce dell’oggetto della controversia, identificato dalla Corte territoriale in una domanda di pagamento del lavoro straordinario, ritenuta non fondata, sia perché non era stata neppure allegata la previa autorizzazione allo svolgimento dello stesso, sia in quanto non era emerso che i ricorrenti avessero lavorato nell’arco temporale destinato alla pausa e nei primi dieci minuti successivi alla registrazione dell’ingresso. Si tratta dunque della valutazione delle prove, riservata al prudente apprezzamento da parte del giudice del merito, come previsto dall’art.116 cod. proc. civ., in questa sede non censurabili salvo i casi di prove c.d. legali.
-Ancora inammissibile deve ritenersi il quarto motivo dal momento che l’omesso esame articolato nella censura non ha per oggetto un fatto materiale, ma la valutazione delle risultanze istruttorie già compiuta dalla Corte territoriale, ed in particolare degli elementi di prova desumibili dai cartellini presenze e dei conteggi elaborati sulla base dei cartellini medesimi, asseritamente non contestati dal CRO.
-Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
-Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 1.200,00 per compensi oltre alle spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 marzo