Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17690 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17690 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13138-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 246/2020 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 10/11/2020 R.G.N. 461/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto
R.G.N. 13138/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 07/05/2025
CC
1.Con sentenza in data 10 novembre 2020, la Corte d’appello di Ancona, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Ascoli Piceno, ha condannato la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di NOME COGNOME, degli emolumenti maturati per lo svolgimento di lavoro straordinario, secondo la tariffa di inquadramento nel quarto livello contrattuale, con decorrenza dall’1 luglio 2010 al 31 ottobre 2014 per tredici ore settimanali, calcolandolo per quarantotto settimane ad anno solare mentre, per il periodo successivo, fino al 30 aprile 2014, per dieci ore settimanali per quarantotto settimane ad anno solare.
In particolare, il giudice di secondo grado, andando parzialmente di contrario avviso rispetto all’ iter decisorio del primo giudice, sulla base delle evidenze processuali di primo grado, ha ritenuto la sussistenza del diritto agli emolumenti per prestazioni di lavoro straordinario, come sopra indicati, escludendo, tuttavia, l’inquadramento nel livello superiore reclamato – per aver reputato pacificamente riconducibili le mansioni svolte nell’ambito del terzo livello del CCNL di categoria -nonché la pro va circa l’espletamento di attività lavorativa durante i giorni di ferie.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso assistito da memoria la RAGIONE_SOCIALE affidandolo a tre motivi.
3.1. Resiste, con controricorso, NOME COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4, cod. proc. civ. , per violazione dell’art. 437 cod. proc. civ., consistita nella omessa pronuncia e omessa lettura del dispositivo al termine dell’udienza di discussione, nonché la violazione
dell’art. 132 co. 2, n. 5, cod. proc. civ., per l’omessa indicazione nella sentenza della data della deliberazione, per l’omessa sottoscrizione della sentenza, per la mancanza di qualsiasi riferimento, nella sentenza, della avvenuta pronuncia e lettura del dispositivo al termine dell’udienza di discussione e la violazione dell’art. 158 cod. proc. civ. per vizio relativo alla costituzione del giudice, nonché, infine, dell’art. 132 comma 3, cod. proc. civ., per la mancata partecipazione del giudice più anziano alla redazione della sentenza e degli artt. 131 disp. att. cod. proc. civ. e 276, 156 e 161 cod. proc. civ.
1.1.Con il secondo motivo si censura la decisione impugnata per violazione dell’art. 111 comma 6 Cost. e 132 co. 2 n. 4 cod. proc. civ., per assenza della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della motivazione, da ritenersi apparente.
1.2. Con il terzo motivo si denunzia l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio con riguardo all’orario di lavoro, secondo quanto ricostruito sulla base delle emergenze processuali.
Il primo motivo è infondato.
Va preliminarmente rilevato come, nel rito del lavoro, la mancata lettura del dispositivo (che, secondo la regola generale dell’art. 437 c.p.c., dev’essere letto nella stessa udienza di discussione) in esito all’udienza cartolare a trattazione scritta – prevista per l’emergenza pandemica dall’art. 83, comma 7, lett. h), d.l. n. 18 del 2020, conv. con modif. dalla l. n. 27 del 2020 – non determina alcuna nullità, sia perché il legislatore ha adottato in via generale, anche nel rito speciale, lo schema camerale per la trattazione dei processi civili, ritenuto sufficiente a garantire il contraddittorio anche con la successiva comunicazione, unitamente o separatamente dal provvedimento decisorio, del dispositivo senza che ciò comporti lesione del diritto di difesa (dato che i termini per
l’impugnazione decorrono dalla data della comunicazione telematica), sia perché nessuna invalidità è espressamente prevista dal sottosistema processuale “emergenziale”, né è vietata l’annotazione postuma, nel fascicolo elettronico, di atti precedenti (Ha, in particolare, ritenuto questa Corte, con sentenza n. 17857 del 2024, di confermare la decisione di merito, affermando l’irrilevanza del fatto che nello storico del procedimento la lettura del dispositivo risultava registrata successivamente alla data dell’udienza, contestualmente alla registrazione del deposito della minuta).
Quanto alla data della deliberazione, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, la stessa risulta riportata in sentenza (che proprio fa riferimento all’udienza svoltasi in data 17 settembre 2020) ed è quella la data della deliberazione alla quale deve farsi riferimento anche quanto alla partecipazione del Presidente, successivamente posto in quiescenza. Questa Corte ha evidenziato, già da epoca risalente (cfr., sul punto, Cass. n. 2326 del 2012), d’altro canto, che i n tema di sottoscrizione delle sentenze civili, in caso di collocamento in pensione, dimissioni, o comunque in tutte le ipotesi (diverse dal trasferimento ad altra sede o ad altro incarico) in cui il magistrato abbia cessato di fare parte dell’ordine giudiziario, la sottoscrizione della sentenza da parte del medesimo – pur non sussistendo un impedimento assoluto alla sua materiale apposizione – non è coercibile, e ben può essere rifiutata, senza che egli ne debba rispondere penalmente o disciplinarmente. Alla norma di cui all’art. 132, ultimo comma, cod. proc. civ. (secondo cui, se il giudice non può sottoscrivere la sentenza “per morte o altro impedimento”, questa è sottoscritta dal componente più anziano del collegio) non può, infatti, riconoscersi natura eccezionale, risultando, pertanto, senz’altro consentita l’applicazione analogica ed estensiva
dell’ipotesi di “altro impedimento” ivi contemplata, la quale deve considerarsi integrata anche dal collocamento a riposo del magistrato. Ne consegue che, ove il presidente del collegio, che ha emesso la sentenza, venga successivamente a cessare dal servizio o rifiuti per qualsiasi motivo di porre in essere gli adempimenti di competenza in ragione delle funzioni già esercitate (verifica della conformità dell’originale della sentenza alla minuta e della rispondenza dei principi indicati nella motivazione della sentenza a quelli affermati nel corso della camera di consiglio; sottoscrizione della sentenza), non è nulla, né tanto meno inesistente, la sentenza sottoscritta dal giudice componente anziano del collegio giudicante, che a tale stregua ne esplichi le relative incombenze, con l’annotazione di avere sottoscritto in vece del presidente “impedito”, senza che sia peraltro necessario indicare la causa dell’impedimento, sufficiente essendo che egli ne attesti l’esistenza, con una statuizione non censurabile nei successivi gradi di giudizio, non risultando al riguardo prevista alcuna possibilità di impugnazione.
Occorre, poi, rilevare come, nel corpo della motivazione, la Corte abbia correttamente dato atto della circostanza attinente al sopravvenuto impedimento del Presidente che ha condotto alla sottoscrizione da parte del componente più anziano nel rispetto del disposto di cui all’art. 132 cod. proc. civ. (Cass. n. 19323 del 2019): nessuna violazione, quindi, può prospettarsi del disposto di cui agli art. 276, 156 e 161 cod. proc. civ.
Il secondo ed il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente per ragioni logico – sistematiche, sono inammissibili.
Questa Corte ha affermato che, in caso di censura per motivazione mancante, apparente o perplessa, spetta al ricorrente allegare in modo
non generico il “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza (Cass . n. 13578 del 02/02/2020) e, d’altra parte, per aversi motivazione apparente occorre che la stessa, pur se graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost. (sul punto, fra le altre, Cass. n. 13248 del 30/06/2020).
Va, poi, rilevato, con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 360, co. 1, n. 5 cod. proc. civ., che si verte nell’ambito di una valutazione di fatto, totalmente sottratta al sindacato di legittimità, in quanto, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, c omma 1, n. 5 del cod. proc. civ., al di fuori dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte -formatasi in materia di ricorso straordinario- in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di
validità (fra le più recenti, Cass. n. 13428 del 2020; Cass. n. 23940 del 2017).
Nella specie, non solo la motivazione è presente e ben chiara nel suo svolgimento, ma parte ricorrente non deduce l’omessa valutazione di un fatto storico ma appunta le proprie censure su aspetti valutativi dell’ iter motivazionale, concernenti la asseritamente erronea valutazione di materiale istruttorio.
Invero, l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l’ ” omesso esame” come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate ( cfr., in questi termini, fra le più recenti, Cass.n. 2268 del 2022).
Quanto agli emolumenti per lavoro straordinario, invero, la Corte ha ritenuto, sulla base dell’esame delle risultanze testimoniali, adeguatamente dimostrati gli assunti del lavoratore, con motivazione articolata ed incentrata sulle dichiarazioni dei testi e tale valutazione deve ritenersi sottratta al sindacato di legittimità.
Nella sostanza, le censure contestano l’accertamento operato dalla Corte territoriale in ordine alla ritenuta sussistenza di sufficienti riscontri probatori circa l’orario di lavoro effettuato , criticando sotto vari profili la valutazione dalla stessa compiuta con doglianze intrise di circostanze fattuali.
Deve concludersi che parte ricorrente, nel formulare le proprie censure mediante ricorso per cassazione, non si è conformata a quanto statuito
dal Supremo Collegio in ordine alla apparente deduzione di vizi ex artt. 360 co. 1 nn.3 e 5 e, cioè, che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l ‘ apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr., SU n. 34476 del 2021).
Alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del comma 1quater dell’art.13 d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione, in favore della parte controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 3500,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Cosi deciso nell’Adunanza camerale del 7 maggio 2025
La Presidente
NOME COGNOME