Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9768 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9768 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22435-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 118/2022 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 25/05/2022 R.G.N. 271/2021;
Oggetto
LAVORO
SUBORDINATO
RETRIBUZIONE
R.G.N. 22435/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 04/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Ancona, in parziale riforma del provvedimento del giudice di primo grado, ha accolto la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti della società indicata in epigrafe concernente il diritto alle differenze retributive dovuto per svolgimento di lavoro straordinario (tenuto conto sia del tempo di guida sia del tempo di sosta da considerare lavorativo), confermando, poi, l’illegittimità del licenziamento disciplinare (in quanto privo di contestazione preliminare) e la condanna al pagamento di tre mensilità dell’ultima retribuzione ai sensi dell’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2015, nonché del periodo di preavviso.
Avverso tale sentenza la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. La società ha resistito con controricorso.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 in correlazione con gli artt. 2697 e 2712 avendo, la Corte territoriale, accolto il diritto al pagamento del lavoro straordinario esclusivamente sulla base dei dischi cronotachigrafi così come letti ed interpretati dal consulente tecnico d’ufficio, senza considerare la contestazione dei fatti (posti a base del diritto al pagamento del lavoro straordinario) effettuata dalla società.
Con il secondo motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 4, motivazione inesistente o comunque meramente apparente in riferimento all’art. 132 c.p.c. avendo, la Corte territoriale, omesso qualsiasi motivazione circa la ricorrenza di un valido motivo di recesso.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
3.1. la censura è prospettata con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto della consulenza tecnica d’ufficio (che ha letto ed interpretato i dischi cronotachigrafi) nonché la specifica contestazione di conformità svolta nella memoria di costituzione in primo grado, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod.pro.civ.
3.2. La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che ove vengano in rilievo atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex art. 360, primo comma n. 3, cod.proc.civ., o di carenze motivazionali, ex art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ., o anche di un error in procedendo è necessario non solo che il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale sia riprodotto in ricorso, ma an che che ne venga indicata l’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità, senza che possa attribuirsi rilievo al fatto che nell’indice si indicano come allegati i fascicoli di parte di primo
e secondo grado (Cass. SU n. 5698 del 2012; Cass. SU n. 22726 del 2011; da ultimo, Cass. n. 10992 del 2020).
3.3. Invero, questa Corte, con orientamento consolidato, ha affermato che, in tema di accertamento del lavoro prestato da un autotrasportatore e quindi dello straordinario eventualmente svolto, i dischi cronotachigrafi, in originale o in copia fotostatica, ove da controparte ne sia disconosciuta la conformità ai fatti in essi registrati e rappresentati, non possano da soli fornire piena prova, stante la preclusione sancita dall’art. 2712 c.c., né dell’effettuazione del lavoro e dell’eventuale straordinario, né della loro effettiva entità, occorrendo a tal fine che la presunzione semplice costituita dalla contestata registrazione o rappresentazione anzidette sia supportata da ulteriori elementi, pur se anch’essi di carattere indiziario o presuntivo, offerti dall’interessato o acquisiti dal giudice nell’esercizio dei propri poteri istruttori (tra le altre v. Cass. n. 19334 del 2023; Cass. n. 10366 del 2014; Cass. n. 9006 del 2002; Cass. n. 16098 del 2001).
3.4. Peraltro, la sentenza impugnata ha precisato che lo stesso giudice di primo grado ha riconosciuto che la società resistente ‘non disconosciuto la conformità delle registrazioni oggetto di elaborazione da parte del CTU che pertanto possono costitu ire un valido supporto probatorio’ (pag. 1) e nemmeno le risultanze del tesserino elettronico del lavoratore, ‘limitandosi a contestazioni di altro contenuto, che appaiono generiche e/o infondate e/o comunque inconferenti’ senza, ad esempio, accennare alle modalità con cui vengono inseriti i dati nel tesserino elettronico oppure alle possibili modalità con cui il dipendente avrebbe potuto effettuare registrazioni arbitrarie o incontrollate (pag. 2); ha, inoltre, sottolineato che le registrazioni indicavano con esattezza ‘il tempo di viaggio,
quello di sosta da considerarsi lavorativo (spesso pochi minuti al giorno, ma a volte periodi più consistenti) e quello di sosta da considerarsi riposo non retribuito’, distinzione ‘facilmente verificabile’ e non contestata dal datore di lavoro.
3.5. Il ricorrente non offre, quindi, indicazioni specifiche sulla vicenda attraverso la riproduzione del contenuto degli atti rilevanti.
La censura svolta ai sensi dell’art. 112 c.p.c. è, inoltre, inammissibile perché dedotta in riferimento a documenti, mentre come più volte precisato da questa Corte (Cass. n. 22799 del 2017; n. 7653 del 2012), il vizio di omessa pronuncia che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto, oppure su uno specifico motivo di appello (cfr. Cass. n. 11844 del 2006; n. 27387 del 2005; n. 1170 del 2004).
Infine, la dedotta violazione dell’art. 115 c.p.c. non è ravvisabile nella mera circostanza che il giudice di merito abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, ma soltanto nel caso in cui il giudice abbia giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (Cass., Sez. U, n. 11892/2016, Cass. Sez.U. n. 20867 del 2020).
Il secondo motivo di ricorso non è fondato.
6.1. La disamina della Corte territoriale (conformemente alla valutazione del giudice di primo grado) si è correttamente arrestata all’accertamento del vizio formale del provvedimento espulsivo (essendo stato verificato che il licenziamento disciplinare non era stato preceduto da alcuna contestazione preliminare, ex art. 7, secondo comma, della legge n. 300 del 1970), con conseguente dichiarazione di illegittimità del licenziamento ed applicazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2015, profilo di illegittimità che non poteva certamente essere sanato da un eventuale accertamento della sussistenza dei comportamenti inadempienti addebitati al lavoratore.
6.2. Invero, l’art. 7 della legge n. 300 del 1970 fa divieto al datore di lavoro di irrogare sanzioni disciplinari in assenza di previa contestazione dell’addebito e senza che il lavoratore sia stato posto in condizioni di esercitare il diritto di difesa; la contestazione disciplinare deve essere effettuata per iscritto (formalità che non ammette equipollenti) e la violazione delle garanzie procedimentali determina la illegittimità del licenziamento (Cass. S.U. n. 4844 e 4846 del 1994).
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonché in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, de ll’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 marzo 2025.