Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15745 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 15745 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2744/2023 R.G. proposto da
NOME COGNOME , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) , in persona del legale rappresentante pro tempore , domicilio digitale
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato -Somministrazione -Reiterazione -Rapporti a termine -Illegittimità -Risarcimento danni -Criteri – Conversione in rapporto a tempo indeterminato -Esclusione
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO2023
Ud. 21/05/2024 CC
presso EMAIL, rappresentata e difesa da ll’avvocato AVV_NOTAIO
-ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano , n. 698/2022, depositata in data 18/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 21/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 698/2022, pubblicata in data 18 luglio 2022, la Corte d’appello di Milano ha respinto gli appelli rispettivamente principale ed incidentale -proposti da NOME COGNOME e dall ‘ RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Monza n. 479/2021.
Quest’ultima aveva solo parzialmente accolto le domande dell’originari a ricorrente NOME COGNOME, dichiarando illegittimo il reiterato ricorso al lavoro somministrato della ricorrente; condannando la azienda resistente al risarcimento del danno nella misura di 7 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto; dichiarando il diritto della ricorrente al medesimo trattamento retributivo e previdenziale riservato ai lavoratori a tempo indeterminato della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a parità di mansioni.
Come sintetizzato nella decisione impugnata, la ricorrente aveva dedotto di aver svolto senza soluzione di continuità attività di operatore socio sanitario presso l’Ospedale San Gerardo di Monza (cui era succeduta nel 2016 l’RAGIONE_SOCIALE) a decorrere dal 2009, dapprima alle dipendenze delle cooperative assegnatarie dell’appalto di servizi e
successivamente come lavoratrice somministrata dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in forza di ripetuti contratti più volte prorogati.
La Corte d’appello di Milano, in particolare, ha disatteso:
-il primo motivo di gravame della lavoratrice -la quale si doleva del mancato accoglimento della domanda di reintegrazione nel posto di lavoro -osservando che la costituzione di un rapporto a tempo indeterminato con l’RAGIONE_SOCIALE era preclusa dal disposto di cui all’art. 36, D. Lgs. n. 165/2001;
-il primo motivo di appello incidentale -nella parte riferita alla insussistenza di un abuso di contratti a termine -evidenziando che lo stesso non investiva la ratio decidendi della sentenza impugnata, nella parte in cui quest’ultima aveva affermato che i contratti a termine conclusi dalla lavoratrice non rispondevano ad esigenze temporanee ma a sanare coperture di organico;
-il secondo motivo di appello principale ed il primo motivo di appello incidentale -entrambi riferiti alla determinazione, operata dal giudice di prime cure, del danno da illegittima reiterazione di contratti a termine -rilevando che il Tribunale aveva fatto ricorso non ad un criterio equitativo ma alla discrezionalità riconosciuta dalla legge nell’ambito dei limiti minimo e massimo da quest’ultima stabiliti e che correttamente era stato escluso dal computo del periodo complessivo di abusiva reiterazione, il lasso temporale durante il quale la lavoratrice aveva prestato le mansioni alle dipendenze del precedente appaltatore di servizi;
-il secondo motivo appello incidentale -col quale si impugnava la decisione di prime cure nella parte in cui aveva affermato
il diritto della ricorrente al medesimo trattamento retributivo e previdenziale riservato ai lavoratori a tempo indeterminato -osservando che la pregressa applicazione di un trattamento diverso non era stato neppure oggetto di repliche o deduzioni da parte della stessa appellante RAGIONE_SOCIALE, risultando quindi la circostanza non contestata.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano ricorre NOME COGNOME.
Resiste con controricorso e ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE).
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso principale di NOME COGNOME è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, testualmente, la ‘violazione e falsa applicazione dei principi comunitari e costituzionali in ordine all’asserito divieto di ricostituzione del rapporto di lavoro della ricorrente’ , argomentando che la decisione della Corte d’appello, ‘pur ritenendo applicabile al pubblico impiego privatizzato la disciplina prevista ratione temporis dagli artt. 20 e ss. del D.lgs. 276/2003 e 30 e ss. del D.lgs. 81/2015 , ne ha limitato l’operatività a tutte le disposizioni eccetto quelle concernenti la tutela reale come conseguenza dell’abusivo ricorso al contratto di RAGIONE_SOCIALE a
termine, che impone l’accertamento costitutivo di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato direttamente con l’utilizzatore’ .
Deduce la ricorrente che l’applicazione dell’art. 36, D. Lgs. n. 165/2001 non deve porsi in contrasto con l’art. 97 Cost., traducendosi nel riconoscimento alla pubblica amministrazione della possibilità di ‘strumentalizzare, volutamente e sistematicamente, lo scudo contro la reintegrazione, arrecando danno al personale utilizzato’ .
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, testualmente, ‘violazione e falsa applicazione art. 32, co. 5, d.lgs. 183/2010 e art. 39, co. 2, d.lgs. 81/2015, mancanza e contraddittorietà di motivazione ed omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione in merito alla quantificazione del risarcimento del d anno’ .
La ricorrente impugna la decisione della Corte territoriale in quanto quest’ultima avrebbe confermato la quantificazione del danno da abusiva reiterazione dei contratti a termine in modo apodittico e senza esplicitare i parametri sulla cui scorta detta determinazione sarebbe stata adottata, in tal modo non solo omettendo di esaminare le circostanze decisive evidenziate dalla stessa ricorrente nel proprio gravame, ma anche adottando una motivazione carente e contraddittoria.
Il ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 32, 33, 38 e 39, D. Lgs. n. 81/2015.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la decisione impugnata avrebbe erroneamente riconosciuto alla lavoratrice l’indennità risarcitoria prevista per l’ipotesi di cui all’art. 38 D. Lgs. n. 81/2015,
laddove la fattispecie concreta non sarebbe riconducibile ad una delle ipotesi previste da tale disposizione.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio;
-in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la ‘violazione del dlgs 276/2003 e del dlgs 368/2001’ .
La ricorrente incidentale così sintetizza il motivo:
‘La Corte Territoriale ha dichiarato l’illegittimità della RAGIONE_SOCIALE riconnettendola alla insussistenza della causale posta alla base delle lettere di missione, omettendo di considerare (fatto decisivo) che la lavoratrice era dipendente a tempo inde terminato di RAGIONE_SOCIALE sin dall’aprile 2014.
Inoltre, la pronuncia ha erroneamente applicato al contratto commerciale di RAGIONE_SOCIALE (tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) disposizioni dettate per i rapporti di lavoro (DLgs 276/2003 e DLgs 368/2001).’
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 2967 c.c.
La ricorrente incidentale impugna la decisione della Corte territoriale, nella parte in cui quest’ultima ha ritenuto che correttamente il giudice di prime cure -accogliendo la domanda di accertamento del diritto della lavoratrice al medesimo trattamento retributivo e previdenziale riservato ai lavoratori a tempo indeterminato della RAGIONE_SOCIALE -aveva qualificato come non contestate ex art. 115 c.p.c. le iniziali allegazioni contenute nel ricorso introduttivo.
Deduce, in contrario, che tali allegazioni si presentavano del tutto generiche -omettendo anche la individuazione del CCNL applicabile -e che, nei limiti di detta genericità, erano state contestate dalla stessa odierna ricorrente incidentale, la quale, poi, avrebbe reiterato le proprie deduzioni anche nel proprio appello incidentale, lamentando la violazione anche dell’art. 2697 c.c.
Entrambi i motivi del ricorso principale sono inammissibili.
3.1. Quanto al primo motivo, va rammentato il principio per cui il vizio della sentenza previsto dall’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, c.p.c., non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 16700 del 05/08/2020; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 24298 del 29/11/2016).
Nel caso in esame il motivo di ricorso si sostanzia in una serie generica di doglianze – in gran parte imperniate sulla tesi della possibilità di derogare al principio generale di cui all’art. 97 Cost. che subordina l’instaurazione di un rapporto di lavoro pubblico al superamento di un concorso e su richiami alla giurisprudenza eurounitaria -senza in alcun modo concretamente criticare il percorso argomentativo seguito dalla decisione impugnata, la quale, per contro, si è pienamente conformata alla giurisprudenza di questa Corte in tema
di illegittima reiterazione di contratti a termine (Cass. Sez. U, Sentenza n. 5072 del 15/03/2016 e le successive Cass. Sez. L – Ordinanza n. 2175 del 01/02/2021; Cass. Sez. L – Sentenza n. 446 del 13/01/2021; Cass. Sez. U – Sentenza n. 5542 del 22/02/2023), potendosi qui rammentare -per completezza -che tale orientamento ha positivamente superato il vaglio sia della Corte di giustizia UE (CGUE, 7 marzo 2018, causa C-494/16, COGNOME ) sia della Corte costituzionale (Corte cost. n. 248/2018).
3.2. Quanto al secondo motivo, la sua inammissibilità discende, in primo luogo, dalla promiscuità dei profili dedotti (violazione di legge, motivazione contraddittoria, omesso esame di fatto decisivo), dovendosi qui richiamare il principio per cui è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro (Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 26874 del 23/10/2018; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n.
7009 del 17/03/2017; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21611 del 20/09/2013; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011).
Il motivo -ed è ulteriore ragione di inammissibilità – sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio viene, in realtà, a mirare ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U – Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017), operazione inammissibile atteso che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013).
Va, infine, rilevato che la deduzione di omesso esame di fatto decisivo risulta ulteriormente inammissibile in virtù dell’operare dello sbarramento di cui all’art. 360, penultimo comma, c.p.c. (inserito dall’art. 3, comma 27, lett. a), n. 1), D. Lgs. n. 149/2022, n. 149, secondo la disciplina transitoria di cui al successivo art. 35, e quindi con decorrenza dal 1° gennaio 2023), il quale peraltro ripropone la similare preclusione precedentemente stab ilita dall’art. 348ter c.p.c.
Anche i tre motivi del ricorso incidentale sono inammissibili.
4.1. Quanto al primo motivo, anche in questo caso, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, le deduzioni della ricorrente mirano ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U – Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017) ma a tale considerazione deve aggiungersi quella per cui il motivo non
viene ad aggredire la ratio effettiva della decisione impugnata, la quale è venuta ad evidenziare l’assenza di adeguata impugnazione della decisione di prime cure in ordine al mancato rispetto dei presupposti di cui all’art. 36, D. Lgs. n. 165/2001 .
Questa ratio non risulta essere stata investita dalla ricorrente, la quale, invece, avrebbe dovuto dedurre -nel rispetto dell’art. 366 c.p.c. -di avere invece formulato specifico motivo di appello volto a contestare la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 36 , D. Lgs. n. 165/2001, ritenuta sussistente dal giudice di prime cure.
4.2. Quanto al secondo motivo di ricorso incidentale, risulta, in primo luogo, inammissibile la censura riferita al disposto di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c., operando anche in questo caso la preclusione di cui all’art. 360, penultimo comma, c.p.c.
Parimenti inammissibili risultano le doglianze riferite al disposto di cui all’art. 360, n. 3), c.p.c., dal momento che le stesse, ancora una volta, non si confrontano concretamente con il decisum della Corte d’appello, evidenziato in sede di esame del motivo precedente, ferma restando la piena conformità della decisione impugnata ai principi fissati da questa Corte in tema di successione di contratti di RAGIONE_SOCIALE nel settore del pubblico impiego (Cass. Sez. L Sentenza n. 13982 del 03/05/2022).
4.3. Quanto al terzo motivo, l’inammissibilità dello stesso discende dal principio per cui spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte, la quale, ex art. 115 c.p.c., produce l’effetto della relevatio ad onere probandi (Cass. Sez. L – Sentenza n. 11115 del 27/04/2021; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 3680 del 07/02/2019), in quanto tale apprezzamento
esige l’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza della domanda e delle deduzioni delle parti da ciò derivando che l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione risulta sindacabile in cassazione solo per solo per difetto assoluto o apparenza di motivazione o per manifesta illogicità della stessa (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019; Cass. Sez. L, Sentenza n. 10182 del 03/05/2007).
In conclusione, sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale devono essere dichiarati inammissibili e tale esito giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza, in relazione sia alla parte ricorrente principale sia alla ricorrente incidentale, ‘ dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; compensa integralmente le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte sia della ricorrente principale sia della ricorrente
incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 21 maggio