Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31055 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 31055 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25344/2020 R.G. proposto da
NOME COGNOME domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-ricorrente –
contro
CONSORZIO UNICO DI RAGIONE_SOCIALE NAPOLI RAGIONE_SOCIALE CASERTA RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliato in ROMA – INDIRIZZO
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato -Personale a termine dei consorzi di bacino per la gestione dei rifiuti -L.R. Campania n. 5/2014 -Trasferimento servizi ad A.T.O. -Passaggio dei dipendenti dei consorzi Condizioni
R.G.N. 25344/2020
Ud. 21/11/2024 CC
COGNOME NINDIRIZZO, presso lo studio del l’avv. COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 431/2020 depositata il 31/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 21/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 431/2020, pubblicata in data 31 gennaio 2020, la Corte d’appello di Napoli, nella regolare costituzione dell’appellato CONSORZIO UNICO DI RAGIONE_SOCIALE NAPOLI E CASERTA IN RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, ‘CONSORZIO’), ha respinto l’appello proposto da COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Napoli 779/2015, la quale, a propria volta, aveva integralmente disatteso le domande del medesimo COGNOME.
Quest’ultimo aveva agito per ottenere sia la declaratoria di nullità, inefficacia ed illegittimità del provvedimento di risoluzione del rapporto comunicatogli dal CONSORZIO in data 25 marzo 2014 sia l’accertamento del proprio diritto ad essere assegnato e trasferito agli affidatari dei servizi comunali di gestione dei rifiuti ai sensi dell’art. 13, L.R. Campania n. 5/2014, ‘o comunque beneficiare di ogni altro trattamento favorevole riconosciuto per le unità di personale dei consorzi di bacino della Regi one Campania’ .
Aveva riferito di avere lavorato alle dipendenze del RAGIONE_SOCIALE a far tempo dal settembre 2008 con contratti di lavoro a tempo
determinato ai sensi del D. Lgs. n. 267/2000, successivamente prorogati.
La Corte d’appello di Napoli , affermata preliminarmente la natura di ente pubblico del CONSORZIO, ha escluso sia la possibilità di convertire il rapporto a termine del ricorrente in rapporto di lavoro a tempo indeterminato in virtù dell’operatività delle norme generali in materia di pubblico impiego sia l’applicazione dell’art. 13, L.R. Campania n. 5/2014, ritenendo quest’ultima applicabile ai soli dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato, in quanto, diversamente opinando, si sarebbe pervenuti indirettamente ad una stabilizzazione dei dipendenti assunti con contratti a termine.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorre ora COGNOME.
Resiste con controricorso il CONSORZIO UNICO DI RAGIONE_SOCIALE NAPOLI E CASERTA IN LIQUIDAZIONE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 97 Cost e 13, L.R. Campania n. 5/2014;
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., per motivazione apparente.
Il ricorso censura la decisione impugnata per aver escluso la possibilità di applicare al ricorrente l’art. 13, L.R. Campania n. 5/2014,
argomentando che la previsione non opera alcuna distinzione tra lavoratori assunti a tempo indeterminato e lavoratori assunti a termine -rilevando unicamente la circostanza che il ricorrente, all’epoca di entrata in vigore della previsione, fosse dipendente del CONSORZIO -e che la medesima -contrariamente a quanto opinato dalla Corte territoriale -costituisce deroga all’art. 97 Cost., consentita dalla stessa previsione costituzionale.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c., ‘Omessa pronuncia, ovvero motivazione apparente’ .
Il ricorrente deduce che il giudice di appello avrebbe radicalmente omesso di valutare la domanda giudiziale con la quale lo stesso ricorrente aveva chiesto di condannare il CONSORZIO ad attuare il percorso di mobilità ex artt. 33, 34 e 34bis , D. Lgs. n. 165/2001.
Occo rre preliminarmente esaminare l’eccezione di tardività ed inammissibilità del controricorso, sollevata dal ricorrente in memoria ex art. 380bis. 1 c.p.c.
L’eccezione è fondata , in quanto, a fronte di un ricorso notificato in data 5 ottobre 2020, il controricorso risulta depositato solo in data 30 ottobre 2024, e quindi ampiamente oltre il termine di cui all’art. 370 c.p.c.
Risulta quasi superfluo evidenziare -come pure il ricorrente fa in memoria ex art. 380bis .1 c.p.c. – che il controricorrente si è limitato a procedere al mero deposito del controricorso, senza provvedere alla sua notifica, evidentemente ritenendo applicabile la nuova formulazione dell’art. 370 c.p.c. come risultante dalla modifica apportata dall’art. 3, comma 27, D. Lgs. n. 149/2022, modifica che, tuttavia, in forza dell’art. 35, comma 5, del citato d.lgs., come
modificato dalla Legge n. 197 del 2022, si applica solo ai giudizi introdotti successivamente al 1° gennaio 2023 (Cass. Sez. U Ordinanza n. 7170 del 18/03/2024).
3. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Deve, in primo luogo, essere escluso il carattere apparente della motivazione della decisione impugnata: questa Corte a Sezioni Unite ha chiarito che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con Legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si sia tramutata in violazione di legge costituzionalmente rilevante, esaurendosi detta anomalia nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, e risultando invece esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022) così come esula dal vizio di violazione di legge la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti , implicante un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito.
Nessuna di dette carenze estreme risulta ravvisabile nella motivazione della decisione impugnata, la quale espone il proprio percorso argomentativo in modo sintetico ma comunque completo,
univoco, comprensibile ed immune da affermazioni reciprocamente inconciliabili.
Quanto al profilo della dedotta violazione e falsa applicazione della L.R. Campania n. 5/2014, si deve osservare che la decisione impugnata risulta essersi conformata ai principi affermati da questa Corte in fattispecie similari.
In particolare, questa Corte ha già chiarito che in tema di assunzione di lavoratori già dipendenti di gestori di discariche autorizzate chiuse, in mancanza di norme di legge derogatorie che prevedano l’assunzione a tempo indeterminato dei predetti lavoratori, deve trovare applicazione la disciplina generale, dettata dall’art. 5, commi 15 e 17, D.L. n. 702/1978 (conv. con modificazioni, con Legge n. 3/1979), norma che, regolando in modo completo ed esauriente l’assunzione del personale a tempo determinato da parte di province, comuni, consorzi e rispettive aziende, esclude che le assunzioni temporanee effettuate dai medesimi enti siano suscettibili di convertirsi in rapporti a tempo indeterminato, in difetto di concorso o prova pubblica selettiva – salva restando l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 2126 c.c. – senza che tale approdo interpretativo si traduca in una violazione dell’art. 3 Cost., in quanto il divieto di conversione dell’assunzione a termine in contratto a tempo indeterminato risponde a criteri di ragionevolezza ed è ispirato alla tutela di superiori interessi pubblici di natura generale, concorrendo le esigenze di risanamento della finanza locale con il principio di imparzialità, stante l’obbligo di assumere il personale a mezzo di pubblico concorso (Cass. Sez. U, Sentenza n. 26939 del 19/12/2014; Cass. Sez. L, Sentenza n. 14773 del 18/06/2010 e le successive Cass. Sez. L, Sentenza n. 25547 del 2016; Cass. Sez. L, Sentenza n. 3984 del 2023).
È da sottolineare, a questo punto, che il ricorrente non ha concretamente criticato la ricostruzione complessiva del quadro normativo ed interpretativo adottata dalla decisione impugnata, né ha mosso concreti rilievi agli orientamenti di questa Corte richiamati nella decisione medesima, limitandosi ad insistere nella tesi per cui, non operando l’art. 13, L.R. Campania n. 5/2014 alcuna distinzione tra dipendenti a tempo indeterminato e dipendenti con contratto a termine dei consorzi, il meccanismo di transito agli A.T.O. dovrebbe operare non solo per i primi, ma anche per i secondi, a ciò non ostando l’art. 97 Cost. in quanto, come da quest’ultimo previsto, la legge ragionale avrebbe determinato una deroga al principio dell’assunzione per concorso pubblico.
Tale tesi, tuttavia, risulta essere già stata smentita da questa Corte (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 3558 del 11/02/2021) la quale, in tema di enti pubblici non economici -quale nella specie è stato qualificato Consorzio dalla Corte d’appello, senza che tale statuizione sia stata impugnata -ha chiarito che i rapporti di lavoro da tali enti instaurati vanno qualificati di impiego pubblico contrattualizzato, come tali disciplinati dal D. Lgs. n. 165/2001 (Cass. S.U. n. 17148/2011 e fra le più recenti Cass. n. 28423/2020).
Da ciò discende l’applicazione dell’orientamento, sempre di questa Corte, secondo cui, ai sensi dell’art. 36 del medesimo D. Lgs. n. 165/2001, nell’impiego pubblico contrattualizzato la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione di lavoratori non può mai comportare la costituzione di rapporti a tempo indeterminato, derivando tale orientamento dalla valorizzazione dei principi affermati dalle Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 5072/2016), dalla Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 89/2003) e dalla Corte di Giustizia (sentenza 7.9.2006 causa C-53/04 Marrosu e Sardino) per escludere
profili di illegittimità costituzionale e di contrarietà al diritto dell’Unione del divieto di conversione.
Tale orientamento risulta avallato da ulteriore giurisprudenza del Giudice delle leggi (Corte Cost. n. 248/2018) e della Corte di Lussemburgo (Corte di Giustizia 7.3.2018 in causa C-494/16, COGNOME), che, da un lato, ha ribadito l’impossibilità per tutto il settore pubblico di conversione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato, dall’altro ha riaffermato che la clausola 5 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE non osta ad una normativa nazionale che vieta la trasformazione del rapporto, purché sia prevista altra misura adeguata ed effettiva, finalizzata ad evitare e se del caso a sanzionare il ricorso abusivo alla reiterazione del contratto a termine.
Questa Corte (sempre Cass. Sez. L – Ordinanza n. 3558 del 11/02/2021) ha ulteriormente chiarito che il divieto di conversione non risulta privo di copertura costituzionale nei casi in cui, ai sensi dell’art. 35 comma 1 lett. b) del d.lgs. n. 165/2001, l’assunzione può legittimamente essere disposta, a prescindere dal previo esperimento di procedura concorsuale, mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento.
Ciò in quanto l’art. 36, comma 5, D. Lgs. n. 165/2001, seppure tradizionalmente ricondotto al principio sancito dall’art. 97, quarto comma, Cost., si ricollega anche alla necessità di assicurare il buon andamento della Pubblica Amministrazione, che sarebbe pregiudicato qualora si consentisse l’immissione stabile nei ruoli a prescindere dall’effettivo fabbisogno del personale e dalla previa programmazione delle assunzioni, indispensabili per garantire efficienza ed economicità della gestione dell’ente pubblico, con la conseguenza che la regula iuris dettata dal legislatore ordinario non ammette eccezioni e trova applicazione sia nell’ipotesi in cui per l’assunzione a tempo
indeterminato non sia richiesto il concorso pubblico, sia qualora il contratto a termine sia stato stipulato con soggetto selezionato all’esito di procedura concorsuale ( Cass. n. 8671/2019 e Cass. n. 6097/2020).
Da tali principi -di cui peraltro la decisione impugnata ha operato richiamo e fatto adeguato governo -discende che l’invocato art. 13, L.R. Campania n. 5/2014 non può essere interpretato se non riferendolo al solo personale assunto a tempo indeterminato, potendosi al riguardo richiamare la disciplina in tema di assunzioni di personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni dettate dall’art. 35, D. Lgs. n. 165/2001 e dalla successiva disciplina estensione della disciplina vincolistica delle assunzioni anche per le società c.d in house , di cui all’art.3, comma 5, D.L. n. 90/2014 (conv. con Legge n. 114/2014) ed all’art.18 comma 2bis , D.L. n. 138/2011, come modificato dall’art. 1, comma 557, L. n. 147/2013.
La normativa richiamata, infatti, costituisce espressione di un principio costituzionale di mantenimento degli equilibri di bilancio (art. 97, primo comma, Cost.) al fine di evitare l’aggravio di spese a carico delle amministrazioni, da ciò derivando che i due principi della necessaria attivazione di una selezione ai fini dell’assunzione nel pubblico impiego e del rispetto dei vincoli di bilancio e di controllo della spesa pubblica in osservanza del patto di stabilità interno, costituiscono principi cui le amministrazioni pubbliche e le società partecipate in house non possono derogare, trattandosi di principi fondamentali ex art. 117 Cost., i quali, per il loro carattere imperativo ed inderogabile, impediscono al datore di lavoro pubblico di instaurare rapporti al di fuori delle regole fissate dagli stessi decreti.
È allora evidente che un’interpretazione dell’art. 13, L.R. Campani n. 5/2014 quale quella caldeggiata dal ricorrente si tradurrebbe nel c onsentire l’instaurazione di rapporti a tempo
indeterminato senza la regola del concorso e, conseguentemente, contravverrebbe ai suddetti principi, esponendo la norma regionale a profili di incostituzionalità.
4. Il secondo motivo è, parimenti, infondato.
Questa Corte ha reiteratamente chiarito che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, con la conseguenza che tale vizio non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 2151 del 29/01/2021; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15255 del 04/06/2019; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 20718 del 13/08/2018).
Occorre, infatti, considerare che è, invece, configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza, con la conseguenza che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione
inespressa e sulla sua decisività (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 12131 del 08/05/2023; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7406 del 28/03/2014).
Tornando, allora, al caso di specie, è agevole osservare che le previsioni del D. Lgs. n. 165/2001 in tema di mobilità postulano, per la propria applicazione, la sussistenza di un rapporto di impiego pubblico, riferite, come sono, alle ipotesi di eccedenza di personale delle amministrazioni.
È, pertanto, evidente che la Corte territoriale, nel momento in cui ha escluso la possibilità per il ricorrente di transitare come dipendente a tempo indeterminato dei neocostituiti A.T.O. ha, per ciò stesso, escluso che il ricorrente potesse avvalersi della disciplina in materia di mobilità del personale in eccesso.
Il ricorso deve quindi essere respinto.
Non vi è luogo a statuire sulle spese, attesa l’inammissibilità del controricorso.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione