Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31332 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31332 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 24565-2021 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 965/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 26/03/2021 R.G.N. 3631/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 24565/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 23/10/2024
CC
Fatti di causa
La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza in atti, ha rigettato l’appello proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza del tribunale che aveva respinto le domande da egli svolte intese ad ottenere in via principale la declaratoria di illegittimità dello sbarco per avvicendamento in data 8/9/2016 con condanna di RAGIONE_SOCIALE a corrispondere le retribuzioni dovute ed il risarcimento del danno o in via subordinata – ove qualificata la condotta dell’armatore come un licenziamento – dichiarare l’inesistenza e/o illegittimità dello stesso per carenza di giustificazione, con condanna alla reintegra ed al pagamento delle retribuzioni.
La Corte territoriale, dava atto dell’esistenza di precedenti di segno diverso all’interno della sezione, ma riteneva che la comunicazione di sbarco per avvicendamento con iscrizione nel turno particolare inoltrata dapprima in data 8/9/2016 e poi risollecitata in corso di rapporto rientrasse nella disciplina speciale e tipica del rapporto di lavoro marittimo; di contro, il rifiuto all’imbarco e poi i comportamenti collegati costituivano un atto contrario ai doveri del lavoratore che conduceva infine alla non reiscrizione/cancellazione al turno particolare, quale motivo di lesione del vincolo fiduciario con l’azienda che non poteva più fare affidamento sulla disponibilità del marittimo per successivi imbarchi per i quali si fosse verificato il suo turno. Nel quadro delineato doveva quindi escludersi che il provvedimento di sbarco per avvicendamento del settembre 2016 potesse ritenersi espressione di una chiara, inequivoca e unilaterale volontà datoriale finalizzata a risolvere il rapporto di lavoro di arruolamento a tempo indeterminato con il Casabona
e configurasse un licenziamento, sicché non poteva essere accolta neanche la domanda subordinata.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con tre motivi di ricorso, ai quali ha resistito RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria prima dell’udienza. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo viene denunciata la falsa applicazione dell’articolo 18 CCNL laddove la Corte territoriale aveva identificato il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di cui godeva il lavoratore con la convenzione di arruolamento di cui alla citata norma contrattuale ex articolo 360 n. 3 c.p.c.
2.- Con il secondo motivo si denuncia l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio già oggetto discussione tra le parti, laddove la Corte territoriale aveva ignorato le modalità di esecuzione della prestazione nel piccolo cabotaggio tra le isole dell’arcipelago ex articolo 360 n. 5 c.p.c.
3.- Col terzo motivo si sostiene l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, già oggetto di discussione tra le parti, laddove la Corte territoriale aveva disapplicato in toto la sentenza n. 341 del 5/2/2010 emessa dal tribunale di Napoli ignorando la circostanza che ne discendeva ovvero il fatto che il Casabona non fosse mai stato iscritto al Turno Particolare della RAGIONE_SOCIALE poiché il suo rapporto era sempre stato caratterizzato dalla continuità della prestazione.
I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente per motivi di connessione logica giuridica, in relazione alle effettive questioni di diritto sollevate. Essi sono fondati.
Ed invero la tesi sostenuta dalla Corte di Appello secondo cui il rapporto si sarebbe risolto con la comunicazione di cancellazione/non reiscrizione dal turno particolare conseguente al rifiuto del marittimo di presentarsi per l’iscrizione nello stesso, contrasta con la soluzione ripetutamente accolta da questa Corte di legittimità in tema di comunicazione di sbarco per avvicendamento con iscrizione nel turno particolare nei confronti di marittimi che, come il ricorrente, avevano ottenuto l’accertamento di un contratto a tempo indeterminato in forza di sentenza passata in giudicato.
5.- Secondo il suddetto orientamento il contratto di lavoro marittimo a tempo indeterminato non può essere invece risolto a seguito di sbarco per avvicendamento e neppure per mancanza di iscrizione al turno particolare.
6.- Tanto risulta invero dalla giurisprudenza consolidata che si è pronunciata nella materia.
Questa Corte ha anzitutto rilevato che ‘ l’art. 343 cod. nav. contempla (in genere nell’interesse del datore di lavoro) cause di risoluzione del rapporto di lavoro incompatibili con i regimi di stabilità e di controllo giudiziale della adeguatezza delle causali di risoluzione, introdotti dalle leggi 15 luglio 1966, n. 604 e 20 maggio 1970, n. 300, sicché, in linea di massima, deve ritenersi l’abrogazione tacita della norma in questione, potendosi ritenere escluse da tale incidenza abrogativa solo quelle causali per le quali l’automaticità della risoluzione non sia in contrasto con le esigenze, anche di tutela formale, poste dalle leggi suddette; pertanto, deve ritenersi tacitamente abrogata l’ipotesi di cui al n. 5 dell’art. 343 cit., relativa all’arruolato che, per malattia o per lesioni, deve essere sbarcato o non può riassumere il suo posto a bordo alla partenza della nave da un porto di approdo, posto che tale previsione attribuisce efficacia risolutiva automatica ad un’ipotesi di impossibilità, in genere temporanea,
della prestazione, in contrasto con i principi della legge n. 604 del 1966, nonché con quelli di cui all’art. 2110 cod. civ., dato che la sola necessità dello sbarco del lavoratore con impossibilità di reimbarco al momento della partenza della nave determina (anche in ipotesi diversa dal contratto per un solo viaggio) la risoluzione del rapporto di lavoro, indipendentemente dalla durata della malattia’ (Cass. sentenza n. 6979 del 23/03/2009).
7.- Tale tesi è stata poi riaffermata dalla sentenza n. 10279 del 27/04/2018 che ha cassato la sentenza che aveva riconosciuto efficacia risolutiva alla comunicazione di sbarco, e dichiarato il lavoratore decaduto dal diritto all’impugnativa del licenziamento, senza tener conto che successivamente il datore di lavoro aveva preannunciato la sua cancellazione dal turno particolare. La citata sentenza ha ribadito che in tema di rapporto di lavoro nautico, lo sbarco del marittimo per avvicendamento non costituisce necessariamente un atto di risoluzione del rapporto, in quanto il contratto di arruolamento a tempo indeterminato può essere caratterizzato da sbarchi e successivi nuovi imbarchi, con sospensione, negli intervalli, della prestazione lavorativa.
8.Da ultimo l’indirizzo di legittimità è stato rafforzato con due provvedimenti resi nei confronti della medesima società RAGIONE_SOCIALE (cfr. Cass. nn. 20524/22 e 20692/2022), i quali hanno confermato la correttezza delle decisioni adottate dalla Corte di appello di Napoli che in vicende analoghe a quella che si giudica, e diversamente dalla gravata sentenza, erano approdate alla più corretta soluzione secondo cui il rapporto di lavoro marittimo costituito a fronte di una pronuncia giudiziale risulta soggetto alla disciplina legale generale che contempla la figura del contratto di lavoro a tempo indeterminato in termini non difformi da quanto accade per gli ordinari rapporti di lavoro
subordinato. Conseguentemente il rapporto di lavoro in contestazione era caratterizzato dalla continuità lavorativa fino ad un valido atto di licenziamento da adottarsi con le forme di legge e sorretto da giusta causa o giustificato motivo.
9.- Gli indicati provvedimenti, condivisi da questa Collegio, vengono richiamati anche ai sensi dell’art.118 bis disp. att. c.p.c. ai fini della decisione della causa.
Si è infatti rilevato nelle medesime pronunce: ‘va evidenziato che il contratto considerato, conformemente alla decisione resa dal Tribunale di Napoli e passata in giudicato, si configura come un contratto di arruolamento a tempo indeterminato: in virtù della struttura del medesimo, il lavoratore, anche quando non in regime contrattuale di continuità retribuita di lavoro (CRL) non addiviene ad una sequela non continua di imbarchi con distinti contratti di arruolamento (cfr., sul punto, Cass. n. 20412 del 2019; Cass. n. 7823 del 2001) rimanendo, invece, il rapporto unico ed indistinto; questa Corte ha sicuramente affermato, in termini generali (cfr., Cass. n. 24672 del 2016, n. Cass. n. 21230 del 2015) che ,in tema di rapporto di lavoro nautico, il regime di continuità del rapporto di lavoro (CRL), che garantisce la protrazione a tempo indeterminato del contratto di arruolamento e la permanenza del rapporto anche nei periodi di inoperosità tra ciascuno sbarco e l’imbarco successivo, non è generalizzato, essendo riscontrabile solo nelle ipotesi previste dalla contrattazione collettiva, sicché, in assenza di essa, l’attività del lavoratore marittimo, seppure alle dipendenze dello stesso imprenditore, è costituita solamente da una sequenza non continua di imbarchi con distinti contratti di arruolamento, secondo il regime generale previsto dall’art. 325 cod. nav.; nondimeno, è stato sottolineato in sede di legittimità (cfr., sul punto, Cass. n. 24672 del 2016) come la configurazione del rapporto quale a tempo indeterminato non può comportare
esclusivamente che non sia predeterminato il momento della sua risoluzione e che la sua durata coincida con quella della convenzione di imbarco; si è, altresì, evidenziato che lo sbarco del lavoratore non necessariamente coincide con la risoluzione del rapporto, in quanto il contratto di arruolamento a tempo indeterminato può essere caratterizzato da sbarchi e successivi nuovi reimbarchi, con sospensione, negli intervalli, della prestazione lavorativa (V. Cass. n. 3869 del 2001); del tutto distinta la fattispecie dell’iscrizione al turno particolare in relazione al quale va affermato, in linea con l’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte (Cass. n. 7823 del 2001), che la disciplina collettiva dell’istituto (artt. 68, 69 70 del CCNL), analogamente a quanto previsto dal D.M. 13 ottobre 1992 n. 584 – che disciplina il collocamento sul piano meramente regolamentare e che esonera dall’obbligo del collocamento i marittimi in regime di CRL senza esplicitare alcuna distinzione tra arruolamento e mero nuovo imbarco relativamente ai marittimi/scritti nei turni particolari -che si tratta di istituto caratterizzato dall’esclusivo scopo di facilitare le operazioni di reclutamento del personale nonché dalla finalità di assicurare marittimo disoccupato una priorità nell’imbarco delle navi dell’armatore al cui turno sia iscritto;
l’iscrizione al turno consente, inoltre, all’armatore medesimo di avere una propria riserva di personale: si tratta, pertanto, esclusivamente di una forma di avviamento al lavoro che non conferisce alcun diritto soggettivo alla stipula del contratto di imbarco; ne consegue che le relative previsioni contrattuali non possono giustificare una valida deroga alla disciplina legale in materia di durata dei rapporti di lavoro e di limiti alla risoluzione dei medesimi ad iniziativa del datore di lavoro (in questi termini, la già richiamata Cass. n. 24672 del 2016); l’istituto incide, invero, esclusivamente sulla disciplina del collocamento –
ricollocamento del lavoratore sul naviglio dell’armatore titolare del ruolo e non sulla qualificazione del rapporto ovvero sulla sua cessazione (cfr., sul punto, Cass. n. 9468 del 2016); tanto precisato, deve, quindi, escludersi che la nozione di contratto a tempo indeterminato sia diversa da quella propria dei rapporti di lavoro comune e, del pari, che nell’ambito della disciplina contenuta nel codice della navigazione, la qualificazione di un rapporto come a tempo indeterminato significhi semplicemente che non vi è predeterminazione del momento della sua risoluzione e che la sua durata coincida con quella della convenzione di imbarco, e che, in conseguenza , il rapporto di lavoro si risolva all’atto dello sbarco del marittimo; d’altra parte, le cause di risoluzione del rapporto di lavoro previste dall’art. 343 cod. nav. non sono compatibili con i regimi di stabilità e di controllo giudiziale della adeguatezza delle causali di risoluzione, introdotti dalle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970, applicabili anche al personale marittimo navigante delle imprese di navigazione, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 96 del 1987, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale degli artt. 10 della legge 604/66 e 35 terzo comma legge 300/70, nella parte in cui escludono l’applicabilità a detto personale dell’intera legge n. 604 e dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori (sul punto, Cass. n. 10583 del 2005, Cass. n. 3458 del 2005, Cass. n. 14657 del 2004); a tanto consegue che deve ritenersi non più applicabile, in particolare e per quanto riguarda più da vicino la fattispecie in esame, la risoluzione di diritto del contratto di arruolamento, prevista dall’ art. 343 n. 5 cod. nav., dell’arruolato che, per malattia o per lesioni, deve essere sbarcato o non può riassumere il suo posto a bordo alla partenza della nave da un porto di approdo; tale previsione attribuisce, infatti, efficacia risolutiva automatica ad un’ipotesi di impossibilità della prestazione lavorativa, in
contrasto con i principi della legge n. 604 del 1966; la tesi di parte ricorrente è stata ritenuta, inoltre, in contrasto con la disciplina degli arti. 326 e 332 comma 2 cod. nav., che qualificano come un unitario rapporto a tempo indeterminato la prestazione di servizio della durata complessiva di oltre un anno, ovvero avvenuta sulla base di successivi contratti a viaggio o a termine, anche nel caso in cui sussistano intervalli di tempo non superiori a 60 giorni tra un contratto e l’altro, ovvero quando non risulta stipulato (come nel caso in esame) alcun contratto a tempo determinato (cfr., sul punto, Cass. n. 9468 del 2016); non è, quindi, condivisibile l’assunto della ricorrente, secondo cui, fuori del caso di CRL, l’attività del lavoratore marittimo, seppure alle dipendenze dello stesso imprenditore, è costituita solamente da una sequenza non continua di imbarchi con distinti contratti di arruolamento;
l’istituto della cosiddetta continuità del rapporto di lavoro (CRL) – di derivazione contrattuale – per quanto è dato desumere dalle allegazioni contenute nel ricorso, al quale non risulta allegato l’intero testo del CCNL e dell’allegato Regolamento, mira, infatti, semplicemente ad attribuire una tutela più elevata del lavoratore sul piano retributivo (Cass. n. 22649 del 2009); quanto alla dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 1, 32 L. n. 183 del 2010, in relazione all’art. 324 cod. proc. civ. sotto il profilo della violazione dell’art. 360 comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., ne va dichiarata l’assoluta inconferenza rispetto alla decisione impugnata, con la quale la doglianza non si confronta, atteso che in nessun passaggio della parte motiva della sentenza della Corte territoriale si rinviene il riferimento ad un licenziamento, riscontrandosi, invece, esclusivamente il richiamo alla offerta da parte del lavoratore della propria prestazione, fronteggiata dal rifiuto della società che reclamava, piuttosto, l’iscrizione al turno particolare; la Corte territoriale
non ha adottato alcuna pronunzia ai sensi dell’art. 18 della legge 300/1970, ma si è limitata a confermare, in piena continuità e coerenza con la accertata natura a tempo indeterminato del rapporto dedotto in giudizio, le statuizioni rese dalla sentenza di primo grado (ripristino del rapporto, condanna della società al pagamento delle retribuzioni maturate, detrazione del periodo di arruolamento); alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto’.
10.- Per le ragioni fin qui indicate il ricorso deve essere quindi accolto, la sentenza impugnata deve esser cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione per la prosecuzione del giudizio in conformità ai principi sopra affermati e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione per la prosecuzione del giudizio e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella Adunanza camerale del 23.10.2024
La presidente Dott.ssa NOME COGNOME