Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25621 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25621 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21427-2020 proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , ora RAGIONE_SOCIALE GIUDIZIALE, rappresentata e difesa, in forza di procura rilasciata in calce al ricorso per cassazione, dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , anche quale procuratore speciale della RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
R.G.N. 21427/2020
COGNOME
Rep.
C.C. 10/7/2025
giurisdizione Aliquota aggiuntiva per il finanziamento del Fondo di solidarietà residuale. Legge 92 del 2012.
per la cassazione della sentenza n. 1624 del 2019 della CORTE D’APPELLO DI MILANO , depositata il 9 dicembre 2019 (R.G.N. 165/2019).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 10 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 1624 del 2019, depositata il 9 dicembre 2019, la Corte d’appello di Milano ha accolto il gravame dell’INPS e, in riforma della pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha respinto le domande di RAGIONE_SOCIALE, volte all’accertamento dell’infondatezza delle pretese contributive azionate dall’INPS, in relazione alle somme dovute, per complessivi Euro 58.837,60, al Fondo di solidarietà residuale (art. 3 della legge 28 giugno 2012, n. 92).
A fondamento della decisione, la Corte territoriale richiama la natura subordinata del rapporto di lavoro instaurato dalla cooperativa con i propri soci, dediti in via continuativa a «prestazioni di pulizia e facchinaggio nell’ambito degli appalti acquisiti dalla cooperativa, a fronte di una retribuzione oraria prestabilita nei contratti di lavoro individuale» (pagina 5 della sentenza impugnata). I soci si limitavano a porre le proprie energie lavorative a disposizione della cooperativa, senza apportare attrezzature e materiali propri e senza assumere alcun rischio d’impresa. Né rileva, in senso contrario, che i soci fossero liberi di rifiutare le occasioni di lavoro e potessero svolgere anche attività in proprio o a favore di terzi. È la stessa cooperativa che ha optato per il regime previdenziale del lavoro dipendente.
Quanto al regime sanzionatorio, è corretta l’applicazione del regime dell’evasione, alla luce dell’intento fraudolento che la condotta rivela per tabulas .
-Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano ricorre RAGIONE_SOCIALE, formulando dieci motivi di censura.
-L’INPS replica con controricorso .
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione dell’art. 2094 cod. civ. e addebita alla sentenza d’appello di aver disatteso la volontà delle parti, inequivocabile nell’escludere il vincolo di subordinazione, senza approfondire il concreto svolgimento del rapporto.
-Con la seconda critica (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente deduce la violazione dell’art. 2094 cod. civ. e critica la pronuncia impugnata per aver trascurato di svolgere l’imprescindibile verifica sull’assoggettamento al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro.
-Con la terza censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente si duole della violazione dell’art. 269 6 cod. civ. ( rectius , art. 2697 cod. civ.), in quanto la Corte di merito, in un àmbito contraddistinto da interessi pubblicistici, come tali indisponibili dalle parti, avrebbe attribuito rilievo dirimente all’opzione per il regime previdenziale del lavoro subordinato, dispensando l’INPS dall’onere d i provare i fatti costitutivi della pretesa contributiva dedotta.
4. -Con la quarta doglianza (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente prospetta la violazione degli artt. 2094 e 2697 cod. civ., sul presupposto che la Corte di merito abbia tralasciato l’analisi delle singole posizioni lavorative, delle mansioni, dei compensi di ciascun lavoratore, configurando i debiti contributivi, contra legem , come ‘debiti di massa’. Nessun ‘accertamento individualizzato’ della subordinazione sarebbe stato compiuto.
5. -Con il quinto mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione degli artt. 2729 e 2697 cod. civ. e rileva, a supporto delle censure, che la sentenza d’appello ha errato nel condurre un ragionamento presuntivo su fatti ignoti, contravvenendo al divieto della praesumptio praesumptionis . La Corte d’appello di Milano avrebbe violato anche l’art. 115 cod. proc. civ., in quanto non avrebbe tenuto conto della non contestazione delle risultanze della visura camerale, atte a comprovare lo svolgimento di una vasta gamma di attività, anche di tipo complesso.
6. -Con il sesto motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente allega la violazione dell’art. 1, comma 2, della legge 3 aprile 2001, n. 142, che risiederebbe nell’omessa valutazione della peculiarità del ruolo dei soci lavoratori, chiamati a concorrere alla gestione dell’impresa e a partecipare a quel rischio d’impresa che la sentenza d’appello avrebbe arbitrariamente escluso.
7. -Con il settimo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente si duole della violazione dell’art. 1, comma 2, della legge n. 142 del 2001, che rimetterebbe la qualificazione di un’attività come autonoma o come subordinata alla volontà delle parti, del tutto negletta nella disamina della Corte di merito.
8. -Con l’ottava doglianza (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente deduce la violazione dell’art. 1 della legge n. 142 del 2001 e dell’art. 2512 cod. civ. e assume che la Corte d’appello abbia pretermesso le peculiarità del lavoro in cooperativa, nell’attestarsi sulla dicotomia lavoro autonomo-lavoro subordinato, inidonea ad esprimere la multiforme varietà degli schemi contrattuali, rimessi all’autonomia delle parti.
9. -Con la nona censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente prospetta la violazione o la falsa applicazione dell’art. 2094 cod. civ. e rimprovera alla sentenza d’appello di aver sovvertito i princìpi che presiedono all’accertamento della subordinazione,
valorizzando elementi irrilevanti (la gestione amministrativa e previdenziale del rapporto), combinati con elementi marginali ed estrinseci.
10. -Con la decima critica (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente deduce, infine, la violazione dell’art. 116, comma 8, lettera a ), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in quanto la sentenza d’appello avrebbe apoditticamente ravvisato una fattispecie di evasione contributiva, in mancanza di un comprovato intento fraudolento.
11. -In linea preliminare, occorre dar conto della sentenza del Tribunale di Lodi, che, il 18 febbraio 2025, ha dichiarato l’apertura della liquidazione giudiziale dell’odierna ricorrente ai sensi dell’art. 121 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14.
Tale pronuncia non dispiega alcuna influenza sul presente giudizio. All’apertura della liquidazione giudiziale, che pure tendenzialmente «determina l’interruzione del processo» (art. 143, comma 3, del d.lgs. n. 14 del 2019), si attagliano le conclusioni cui questa Corte è giunta in tema di dichiarazione di fallimento, affermando l’inidoneità di tale pronuncia a determinare l’interruzione d el peculiare giudizio di legittimità, dominato dall’impulso officioso (Cass., sez. I, 13 marzo 2024, n. 6642, e Cass., sez. II, 6 novembre 2023, n. 30785).
12. -Le censure devono essere disattese, per le ragioni già illustrate da questa Corte nei giudizi promossi dalla medesima cooperativa (Cass., sez. lav., 21 luglio 2022, n. 22845, e 11 luglio 2022, n. 21830), ragioni confermate anche di recente (Cass., sez. lav., 1° marzo 2025, n. 5403).
13. -L’obbligo contributivo dedotto in causa, che attiene al finanziamento del Fondo di solidarietà residuale di cui all’art. 3 della legge n. 92 del 2012, presuppone l’accertamento del vincolo di subordinazione e con tale accertamento la Corte di merito si è confrontata, senza incorrere nelle violazioni denunciate nel ricorso.
14. -Hanno priorità logica gli argomenti, che si prefiggono di negare in radice, sulla scorta della normativa vigente, la riconducibilità del rapporto di lavoro al paradigma della subordinazione.
Quanto alla vincolatività della qualificazione del rapporto di lavoro prescelta dalle parti, profilo su cui la ricorrente si attarda nel primo e nel settimo motivo, questa Corte ha già rilevato che l’indagine del giudice non può arrestarsi al nomen iuris individuato dai contraenti, in quanto «Anche al legislatore è precluso il potere di qualificare un rapporto di lavoro in termini dissonanti rispetto alla sua effettiva natura e di sottrarlo così allo statuto protettivo che alla subordinazione s ‘ accompagna (Corte Costituzionale, sentenze n. 76 del 2015, n. 115 del 1994 e n. 121 del 1993). Ne deriva, quale conseguenza ineludibile, ‘ l ‘ indisponibilità del tipo negoziale sia da parte del legislatore, sia da parte dei contraenti individuali ‘ (sentenza n. 76 del 2015, cit., punto 8 del Considerato in diritto ). In tale àmbito, difatti, è canone primario d ‘ interpretazione il ‘ comportamento complessivo ‘ delle parti, ‘ anche posteriore alla conclusione del contratto ‘ (art. 1362, secondo comma, cod. civ.), che illumina il significato delle pattuizioni consacrate nel testo negoziale e consente di saggiarne la coerenza con la successiva attuazione del rapporto» (Cass., sez. lav., 13 ottobre 2022, n. 29973, punto 3 dei Motivi della decisione ; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 26 ottobre 2022, n. 31683, punto 6 dei Motivi della decisione , e Cass., sez. lav., 14 ottobre 2022, n. 30236, punto 3 dei Motivi della decisione ).
Neppure la posizione ricoperta dal socio lavoratore, enfatizzata nel sesto motivo, milita contro la qualificazione in termini di subordinazione del rapporto di lavoro che s’instaura a latere rispetto al rapporto associativo e che «deve rispondere allo schema qualificatorio stabilito in modo inderogabile dalla legge, sia sul piano lavoristico sia su quello previdenziale» (ordinanza n. 5403 del 2025, cit., punto 25 del Considerato in diritto ).
15. -All’esame delle restanti censure giova premettere che la valutazione della sussistenza degl ‘indici rivelatori di un rapporto di lavoro subordinato costituisce un accertamento di fatto. Rispetto a tale accertamento, il sindacato di legittimità è equiparabile al più generale sindacato sul ricorso al ragionamento presuntivo da parte del giudice di merito.
Ne deriva che il giudizio relativo alla qualificazione di uno specifico rapporto come subordinato o come autonomo è censurabile ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. solo per ciò che riguarda l ‘ individuazione dei caratteri identificativi del lavoro subordinato, come tipizzati dall ‘ art. 2094 cod. civ.
Per contro, il giudizio è sindacabile nei limiti ammessi dall ‘ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., allorché si proponga di criticare il ragionamento (necessariamente presuntivo) concernente la scelta e la ponderazione degli elementi di fatto, altrimenti denominati indici o criteri sussidiari di subordinazione, che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell ‘ uno o nell ‘ altro schema contrattuale (Cass., sez. lav., 21 luglio 2022, n. 22846).
16. -Non può essere condiviso l’assunto, propugnato con il primo, con il secondo e con il quarto mezzo, che nel caso di specie difetti l’accertamento in concreto del vincolo di subordinazione.
Con tale accertamento la Corte di merito si è cimentata, vagliando gli elementi istruttori raccolti e le peculiarità delle prestazioni lavorative svolte dai soci della cooperativa ricorrente.
17. -Alla Corte d’appello non si può nemmeno imputare di aver violato i criteri legali enucleati dall’art. 2094 cod. civ., nei termini esposti con il secondo e con il nono motivo.
In linea con i princìpi enunciati da questa Corte (Cass., sez. lav., 19 aprile 2010, n. 9251), i giudici del gravame hanno conferito rilevanza agl’indici sussidiari, alla luce della più sfumata valenza
dell’assoggettamento all’altrui potere direttivo, organizzativo, disciplinare.
In tale di samina, la Corte d’appello ha analizzato una pluralità di elementi, nel loro vicendevole interagire, elementi dai quali si può legittimamente evincere l’eterodirezione (ordinanza n. 22845 del 2022, cit., punto 8 dei Motivi della decisione ): l’inserimento stabile nell’organizzazione dell’impresa , il fatto che i soci si limitassero a mettere le loro energie lavorative a disposizione della società; la natura ripetitiva ed elementare delle mansioni di pulizia, di facchinaggio e di movimentazione merci, mansioni predeterminate nelle modalità esecutive; l’assenza di un genuino rischio d’impresa; il mancato apporto di attrezzatu re e materiali; l’erogazione di una retribuzione oraria, peraltro parametrata al contratto collettivo nazionale di lavoro dei dipendenti delle piccole e medie imprese del settore (in termini analoghi, ordinanza n. 29973 del 2022, cit., punto 5.2. dei Motivi della decisione ; nei medesimi termini, ordinanza n. 31683 del 2022, cit., punto 8.2. dei Motivi della decisione , e ordinanza n. 30236 del 2022, cit., punto 5.2. dei Motivi della decisione ).
Anche di recente, in una controversia in larga parte sovrapponibile, questa Corte ha rimarcato che si tratta di «un ‘ opzione interpretativa del materiale probatorio congruamente argomentata, espressione di una potestà propria del giudice del merito e che non può essere sindacata nel suo esercizio» (Cass., sez. lav., 26 luglio 2024, n. 20951, punto 20 delle Ragioni della decisione ).
18. -Né i giudici d’appello hanno applicato la regola dell’art. 2697 cod. civ., accogliendo la domanda dell’Istituto sul mero presupposto che la cooperativa non abbia ottemperato all’onere della prova. La fondatezza della pretesa contributiva è stata riconosciuta, in quanto è stato riscontrato in positivo il carattere subordinato dei rapporti che legavano la cooperativa ai soci.
Tali considerazioni privano di valenza decisiva le censure formulate con il terzo motivo, in ordine alla violazione dei criteri di distribuzione dell’onere della prova, e con l’ottavo mezzo, che adombra un superamento della dicotomia autonomia-subordinazione, con argomenti disancorati dal caso di specie, in cui è stata riscontrata in concreto la subordinazione e non si scorge quel tertium genus dai contorni indistinti che il ricorso raffigura.
19. -Gli argomenti addotti dalla parte ricorrente non avvalorano gli errores in iudicando denunciati e tendono, nel loro nucleo essenziale, a ottenere la revisione dell ‘apprezzamento delle risultanze istruttorie e a contrapporre un diverso, più appagante, inquadramento delle circostanze di fatto.
Verso una rivalutazione del compendio probatorio convergono le critiche illustrate nel quinto motivo e incentrate sulla violaz ione dell’art. 2729 cod. civ.
Tali doglianze non disvelano alcuna deviazione dal modello regolato dalla legge, ma ambiscono a ridiscutere la scelta dei giudici di merito, espressa in modo lineare e coerente, di attribuire maggiore forza persuasiva ad alcuni dati di fatto a preferenza di altri (ordinanze n. 30236 del 2022 e n. 29973 del 2022, cit., punto 6.1. dei Motivi della decisione ) e così travalicano i confini del giudizio di legittimità (ordinanza n. 21830 del 2022, cit., punto 12 dei Motivi della decisione ).
Del medesimo tenore sono le critiche, egualmente espresse con il quinto motivo, in ordine alla violazione del ‘principio di non contestazione’ (pagina 20 del ricorso per cassazione). Tali critiche, peraltro, risultano irritualmente articolate, in quanto l’ onere di contestazione riguarda le allegazioni delle parti e non i documenti prodotti (Cass., sez. III, 21 giugno 2016, n. 12748; di recente, Cass., sez. III, 26 giugno 2025, n. 17261), menzionati, nel caso di specie, a supporto della censura.
Questa Corte è costante nell’affermare che i l ‘ principio di non contestazione ‘ non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati, né tale specificità può essere desunta dall ‘ esame dei documenti prodotti dalla parte: l ‘ onere di contestazione dev ‘ essere correlato alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, così da consentire alle stesse e al giudice di verificare immediatamente, sulla base delle contrapposte allegazioni e deduzioni, quali siano i fatti non contestati e quelli ancora controversi (Cass., sez. III, 22 settembre 2017, n. 22055).
Non è sufficiente, dunque, il mero richiamo alla visura camerale prodotta, in mancanza di qualsivoglia riferimento a una specifica allegazione dei fatti documentati e alle difese svolte dall’Istituto, dalle quali si dovrebbe inferire l’asserita ‘non contestazione’.
20. -In definitiva, è l’effettivo atteggiarsi dei rapporti tra le parti a rivestire rilievo dirimente e su tale aspetto ha posto l’accento la disamina della Corte d’appello di Milano .
Anche nell’odierna vicenda si deve ribadire, dunque, che la Corte di merito ha definito il giudizio «in esatta applicazione del principio di accertamento in concreto del rapporto lavoro (Cass. 19199/13; Cass. 14434/15) che prescinde dalla volontà delle parti trattandosi di una qualificazione di natura inderogabile da effettuare in base alle reali modalità di esecuzione del rapporto; risolvendosi in tal modo le censure sollevate in una diversa interpretazione e valutazione delle risultanze processuali e ricostruzione della fattispecie operata dalla Corte territoriale, ad essa esclusivamente spettante quale giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità» (ordinanza n. 20951 del 2024, cit., punto 22 delle Ragioni della decisione ; da ultimo, ordinanza n. 5403 del 2025, cit., punto 26 del Considerato in diritto ).
21. -Le critiche neppure scalfiscono il più complesso percorso argomentativo che sorregge la decisione impugnata e che non
s’incardina soltanto sull’opzione previdenziale per il regime del lavoro subordinato, secondo la lettura riduttiva avallata nel terzo motivo.
I giudici d’appello hanno ponderato tale elemento, nella sua portata significativa, unitamente agli altri dati acquisiti al giudizio. Né si può reputare tamquam non esset il comportamento che il datore di lavoro abbia tenuto nei confronti dell’ente previdenziale (ordinanz e n. 30236 del 2022 e n. 29973 del 2022, cit., punto 4 dei Motivi della decisione ; ordinanza n. 31683 del 2022, punto 7 dei Motivi della decisione ), come questa Corte ha confermato anche da ultimo nel respingere le doglianze dell’odierna ricorrente (Cass., sez. lav., 5 agosto 2024, n. 22025, punto 7 del Considerato ), annettendo a tale circostanza un significato pregnante (ordinanza n. 21830 del 2022, cit., punto 7 dei Motivi della decisione ).
22. -Non colgono nel segno neppure le critiche formulate con il decimo motivo in ordine al regime sanzionatorio applicato, in relazione allo specifico obbligo contributivo dedotto in giudizio.
Questa Corte, nel negare il fondamento di analoghe censure, ha osservato di recente che «la qualificazione delle violazioni in termini di evasione si fonda sull ‘ accertamento, compiuto dai giudici di merito, dell ‘ elemento doloso per avere la società ‘ gestito in maniera duplice i rapporti di lavoro da una parte consentendo ai lavoratori di beneficiare di quegli istituti previdenziali propri ed esclusivi del rapporto di lavoro dipendente e dall ‘ altra omettendo di sostenerne i costi ‘ (p. 8). La sentenza d ‘ appello si è allineata alla giurisprudenza di legittimità secondo cui le omissioni delle denunce obbligatorie circa i rapporti di lavoro e le retribuzioni erogate, integrano una ‘ evasione contributiva ‘ ex art. 116, comma 8, lett. b ), della legge n. 388 del 2000, e non la meno grave ‘omissione contributiva’ di cui alla lettera a ) della medesima norma, dovendosi presumere una finalità datoriale di occultamento dei dati, sicché grava sul datore di lavoro l ‘ onere di provare l ‘ assenza d ‘ intento fraudolento (così Cass. n. 20446 del 2022;
17119 del 2015)» (ordinanza n. 22025 del 2024, cit., punto 18 del Considerato ; in senso conforme, ordinanza n. 31683 del 2022, cit., punto 13 dei Motivi della decisione ).
-Alla stregua di tali rilievi, il ricorso dev’essere, nel suo complesso, respinto.
-Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, tenendo conto del valore della controversia e dell’attività processuale svolta.
-In virtù del rigetto del ricorso, occorre dare atto dei presupposti dell’obbligo della ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione civile del 10 luglio 2025.
La Presidente NOME COGNOME