Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20352 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20352 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 35223-2018 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_RAGIONE_SOCIALENOME RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, (RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 30/05/2024
CC
– resistente con mandato –
nonché contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
-controricorrente -ricorrente incidentale nonché contro
I.N.P.G.I. –RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE “NOME“;
ricorrente principale -controricorrente incidentale nonché contro
I.N.RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.S. –RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE EX RAGIONE_SOCIALE);
-resistente con mandato all’incidentale –
avverso la sentenza n. 1553/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/06/2018 R.G.N. 8114/2013; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30/05/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
R.G. 35223/18
Rilevato che:
Con sentenza del giorno 6.6.2018 n. 1553, la Corte d’appello di Roma accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (in seguito, per brevità RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE) avverso la sentenza del tribunale di Roma che aveva accolto l’opposizione proposta dalla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto ingiuntivo emesso dal medesimo tribunale, con cui era stato intimato all’opponente di pagare in favore dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE la complessiva somma di € 165.209,00, a titolo di contributi previdenziali non versati e relative sanzioni civili.
Il tribunale ha ritenuto che, a prescindere dalla natura giornalistica dell’attività svolta per conto della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, doveva escludersi, alla stregua degli elementi probatori acquisiti, la natura subordinata dei rapporti di lavoro intercorsi tra la società opponente e i sei collaboratori dei cui contributi è controversia, tutti giornalisti professionisti ad eccezione di uno che era pubblicista, mentre, invece, gli Ispettori dell’RAGIONE_SOCIALE avevano inquadrato tali collaboratori come redattori, atteso che, secondo il tribunale, i predetti non svolgevano una prestazione quotidiana, partecipavano saltuariamente alle riunioni di redazione, non avevano un orario di lavoro da rispettare, non disponevano di una postazione fissa in azienda, erano per lo più compensati a puntata e non ricevevano direttive.
La Corte d’appello, da parte sua, ha accolto (parzialmente) il gravame dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ad eccezione della posizione contributiva di uno dei predetti collaboratori, COGNOME NOME pubblicista, perché l’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti non è idonea alla costituzione di un regolare rapporto di lavoro di praticantato giornalistico, finalizzato alla iscrizione nell’elenco dei giornalisti professionisti e, pertanto, non può sopperire alla mancanza di una regolare iscrizione nel registro dei praticanti di cui all’art. 33 della legge n. 69 del 1963. Ne conseguiva che l’attività di praticantato giornalistico o di giornalista professionista espletata di fatto da un soggetto non iscritto nell’elenco dei professionisti (come nella specie) è sanzionata con la nullità del contratto (né, alcun rilievo potevano avere le previsioni del contratto collettivo, secondo cui anche i pubblicisti possono prestare attività di lavoro subordinato in via esclusiva, con equiparazione ai redattori). In riferimento alle restanti posizione contributive, la Corte d’appello ha ritenuto la natura subordinata del rapporto di lavoro dei giornalisti della cui posizione
contributiva è controversia, alla luce del peculiare carattere attenuato per la creatività e la particolare autonomia qualificanti la prestazione lavorativa, accogliendo, conseguenzialmente, la pretesa contributiva dell’ente previdenziale, introdotta all’o rigine con la richiesta monitoria.
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione sulla base di un motivo, mentre la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE -resiste con controricorso e ricorso incidentale sulla base di tre motivi.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il motivo di ricorso principale, l’RAGIONE_SOCIALE deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 76 della legge n. 388/00, in relazione all’art. 360, primo comma n. 3 c.p.c., perché ai sensi della norma di cui in rubrica, erroneamente, la Corte territoriale non avevo ritenuto che l’obbligo contributivo andasse esteso anche nei confronti di COGNOME NOME, giornalista pubblicista.
Con il primo motivo di ricorso incidentale, la Rai deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 2094, 2222 e ss. c.c., dell’art. 409 primo comma n. 3 c.p.c., dell’art. 1 del CNLG, della legge n. 69/63, degli artt. 115-116 c.p.c., del l’art. 2697 c.c., con riferimento alla ritenuta sussistenza della subordinazione per le cinque posizioni oggetto di recupero contributivo, relative ai sigg.ri NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, i n relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte d’appello aveva ritenuto la natura subordinata delle posizione lavorative oggetto di
censura, con ciò travisando il contenuto dei contratti volto ad affermare una prestazione lavorativa di natura autonoma sottoscritti con i collaboratori oggetto di recupero contributivo, alla luce del contenuto effettivo delle dichiarazioni rese dai testi escussi.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale, la Rai deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 1 del CNLG, della legge n. 69/63, degli artt. 2094 e 2222 e ss. c.c., degli artt. 115116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., in relazione all’a rt. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto sussistente un rapporto di lavoro giornalistico e subordinato per le posizioni dei sigg.ri NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, mentre dalle prove testimoniali non emergevano in alcun modo gli indici rivelatori della subordinazione.
Con il terzo motivo di ricorso incidentale, la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE deduce il vizio di omesso, insufficiente e contraddittorio esame delle dichiarazioni rese dai collaboratori con riferimento al contenuto dei rispettivi contratti di collaborazione, in ordine alla natura giornalistica delle prestazioni lavorative rese, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c.
Il motivo di ricorso principale è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘ In tema di rapporto di lavoro giornalistico, la mancata iscrizione all’albo dei praticanti comporta la nullità del contratto di lavoro per violazione di legge, che non è sanabile con la successiva retrodatazione dell’iscrizione; tuttavia, poiché detta nullità non deriva da illiceità dell’oggetto e della causa, l’attività svolta conserva giuridica rilevanza ed efficacia ai sensi dell’art. 2126 c.c., sicché, per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione,
il lavoratore ha diritto al trattamento economico e previdenziale, senza che sorga, però, anche lo specifico obbligo dell’assicurazione presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE), in quanto presupposto dello stesso non è solo la natura giornalistica dell’attività svolta, ma anche l’iscrizione all’Albo’ (Cass. n. 7031/23, 1256/16).
Nel caso di specie, la Corte d’appello ha accertato che la prova testimoniale espletata non aveva, in ogni caso, dimostrato né il vincolo di subordinazione, né la natura giornalistica della prestazione lavorativa, avendo i testimoni escussi riferito circostanze compatibili con la natura autonoma delle prestazioni rese dal COGNOME (lo stesso si occu pava dell’impostazione della trasmissione ‘I fatti vostri’, senza realizzare né interviste né servizi), mentre l’RAGIONE_SOCIALE con il motivo di censura chiede, in buona sostanza, un nuovo accertamento delle prove raccolte, in senso conforme alle proprie aspettative.
I tre motivi di ricorso incidentale, che possono essere oggetto di un esame congiunto, sono inammissibili; infatti, mirano a una rivisitazione della valutazione delle deposizioni testimoniali e a una riqualificazione del testo contrattuale relativo ai rapporti lavorativi in oggetto, che è questione di competenza esclusiva del giudice del merito, incensurabile in cassazione, se non nei limiti dell’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c.; inoltre, nella specie, non sussiste nessun omesso esame di fatti decisivi, in quanto le risultanze istruttorie sono state prese in esame dalla Corte territoriale, che le ha compiutamente valutate, anche se in senso difforme rispetto alle aspettative della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
La soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese di lite.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte sia del ricorrente principale che del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
Spese compensate
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente principale e incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30.5.24.