Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 29697 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 29697 Anno 2025
Presidente: TRICOMI IRENE
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/11/2025
1.Il Tribunale di Roma, in accoglimento delle domande proposte da NOME COGNOME, ha condannato il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a corrispondere al medesimo la somma di € 3.441,31 a titolo di adeguamento retributivo, oltre interessi e rivalutazione.
2.NOME COGNOME, detenuto dal 2009 aveva dedotto di avere lavorato alle dipendenze del RAGIONE_SOCIALE da gennaio 2014 a febbraio 2022, con mansioni di addetto alla distribuzione dei pasti (cat. C), assistente alla persona (cat. B), addetto alla spesa detenuti (cat. B), addetto alle pulizie (cat. D), con gli orari e presso gli istituti indicati nelle buste paga emesse dal RAGIONE_SOCIALE, ed aveva lamentato di non avere percepito l’adeguamento RAGIONE_SOCIALE retribuzione, in violazione dell’art. 22 RAGIONE_SOCIALE legge n. 354/1975.
La Corte di appello di Roma, in parziale riforma RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo grado, ha condannato il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE minore somma di € 1302,32, oltre rivalutazione ed interessi.
La Corte territoriale , respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello, ha ritenuto che per ogni rapporto di lavoro instaurato con l’Amministrazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, deve ritenersi sorto un autonomo diritto a conseguire i relativi crediti ed ha affermato che alla cessazione di ciascun rapporto inizia il decorso del termine di prescrizione. Relativo ai crediti del detenuto lavoratore.
Ha evidenziato che nell’ambito del lavoro penitenziario il detenuto assume l’obbligo di collaborare ed il RAGIONE_SOCIALE quello di retribuire e che tuttavia tali obblighi persistono fino al termine dell’assegnazione, atteso che i detenuti hanno il diritto di lavorare in quanto e per quanto ammessi al lavoro e per il tempo in cui, di volta in volta, sussiste disponibilità di lavoro carcerario.
Ha pertanto ritenuto che la cessazione del rapporto di lavoro va individuata con la f ine dello svolgimento dell’attività lavorativa del detenuto e con la corresponsione RAGIONE_SOCIALE controprestazione retributiva, salva la dimostrazione, il cui onere grava sul detenuto, di un espresso patto di sospensione del rapporto.
Ha escluso che l’interruzione RAGIONE_SOCIALE prestazione e RAGIONE_SOCIALE retribuzione tra l’uno e l’altro periodo lavorato sia riconducibile all’originaria natura a termine degli incarichi, essendo invece dovuta alla cessazione di autonomi e peculiari rapporti di lavoro carcerario via via instaurati.
A fronte RAGIONE_SOCIALE cessazione dell’attività lavorativa e RAGIONE_SOCIALE corresponsione del compenso connesso a tale attività, peraltro per un periodo consistente, ha ritenuto presumibile la cessazione del rapporto, salva la prova contraria RAGIONE_SOCIALE sua sospensione.
Ha ritenuto estinto per prescrizione il credito azionato per il periodo antecedente al 6.9.2017, non essendo intervenuto alcun atto interruttivo tra tale data e quella del 6.9.2022, in cui era stato notificato il ricorso introduttivo del giudizio di primo grad.
Ha evidenziato che che nel periodo antecedente al 6.9.2017 il detenuto non aveva lavorato ininterrottamente, ma aveva intrattenuto con l’Amministrazione vari rapporti lavorativi, tutti di durata non superiore al mese, con bassa frequenza annuale e distanziati tra loro di diversi mesi.
Non ha tenuto conto dei principi espressi da Cass. n. 17476/2024, Cass. n. 17478/2024 e Cass. n. 17484/2024, in quanto depositate il giorno stesso RAGIONE_SOCIALE camera di consiglio e dell’emissione del dispositivo in udienza.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato.
DIRITTO
Con l’unico motivo il ricorso denuncia violazione dell’art. 15, secondo comma e 20, commi 1 e 3, RAGIONE_SOCIALE legge n. 354/1975, nonché dell’art. 2697, secondo comma, cod. civ., dell’art. 115 cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, nn. 3 e 4 cod. proc. civ.
Addebita alla Corte territoriale di avere considerato come interruzioni del rapporto la mancanza di occupazione dovuta ad esigenze di parte datoriale, e di avere attribuito carattere interruttivo alla turnazione e alla rotazione del lavoro.
Richiama i principi espressi da questa Corte, secondo cui il rapporto di lavoro è unitario, mentre l’onere RAGIONE_SOCIALE prova dell’eventuale interruzione incombe sull’amministrazione penitenziaria ed eventuali vuoti di occupazione lavorativa devono qualificarsi come mere sospensioni del rapporto.
Evidenzia che il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non ha dedotto né dimostrato le interruzioni del rapporto di lavoro intercorso tra le parti.
Lamenta che la Corte territoriale non ha tenuto conto dei principi espressi da Cass. n. 2092/2024, segnalata anche dall’appellato.
La Corte d’Appello non ha potuto tenere conto delle sentenze di questa Corte nn. 17476/2024, Cass. n. 17478/2024 e Cass. n. 17484/2024, in quanto intervenute contestualmente all’emissione del dispositivo, ma in sede di rinvio deve considerarle.
Si è in particolare chiarito che rileva la speciale situazione dei lavoratori carcerari che si trovano in una situazione di attesa RAGIONE_SOCIALE ‘chiamata al lavoro’, rispetto alla quale non hanno alcun potere di controllo o di scelta; lo stato di soggezione q uanto a tale ‘chiamata al lavoro’ ed il connesso ‘metus’ riverbera poi i suoi effetti sul percorso di rieducazione sul quale il proficuo svolgimento di attività lavorativa ha certamente una significativa valenza.
Si è dunque escluso che in questo quadro rilevino ai fini RAGIONE_SOCIALE prescrizione le cessazioni intermedie che, a ben guardare, neppure sono realmente tali, configurandosi piuttosto come sospensioni del rapporto di lavoro, se si considera che vi sono una chiamata e un prefissato periodo di lavoro secondo turni per un tempo limitato, cui seguono altre chiamate in un unico contesto di detenzione.
Certamente, una cessazione del rapporto di lavoro vi è con la fine dello stato di detenzione che non dipende dalla volontà del recluso o internato il quale non può rifiutarla, al fine di mantenere il rapporto di lavoro (come già affermato da Cass. n. 396/2024, la cessazione per fine pena del rapporto di lavoro intramurario svolto alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria dà luogo ad uno stato di disoccupazione involontaria rilevante ai fini RAGIONE_SOCIALE tutela previdenziale RAGIONE_SOCIALE NASPI), ma prima di tale momento, le peculiari caratteristiche dell’attività lavorativa e la sua funzione rieducativa e di reinserimento sociale che, per tali motivi, prevede la predisposizione di meri
elenchi per l’ammissione al lavoro ed è soggetta a turni di rotazione ed avvicendamento, escludono la configurabilità di periodi di lavoro, come quelli dei contratti a termine, volontariamente concordati in un sistema legislativamente disciplinato quanto a causali, oggetto e durata.
Si è poi ritenuto che sia onere dell’Amministrazione individuare il rapporto di lavoro sostanzialmente unico debba considerarsi concluso, qualora ciò sia avvenuto prima RAGIONE_SOCIALE fine dello stato di detenzione ed a tal fine, oltre alla cessazione RAGIONE_SOCIALE detenzione, possono rilevare altre circostanze (come ad esempio l’età, lo stato di salute o di idoneità al lavoro etc.).
La decorrenza RAGIONE_SOCIALE prescrizione non va pertanto collegata alla data di cessazione dello stato di detenzione, ma al momento del venir meno del rapporto di lavoro (da ritenersi unico, non essendo configurabili cessazioni intermedie).
In tema di lavoro svolto dai detenuti in regime carcerario, si è pertanto affermato che la prescrizione dei crediti retributivi del lavoratore inizia a decorrere non già dalla cessazione dello stato detentivo, bensì dalla fine del rapporto di lavoro, il quale va considerato un unico rapporto, non essendo configurabili interruzioni intermedie, volontariamente concordate, nei periodi in cui la persona privata RAGIONE_SOCIALE libertà è in attesa RAGIONE_SOCIALE “chiamata al lavoro”, rispetto alla quale il detenuto non ha alcun potere di controllo o di scelta e versa in una condizione di soggezione e di metus .
La Corte territoriale, avendo escluso la configurabilità di un unico rapporto di lavoro, non si è attenuta a tali principi.
Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Sezione Lavoro RAGIONE_SOCIALE Corte Suprema di Cassazione, il 9 settembre 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME