Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32532 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32532 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 7309-2024 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3492/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 30/10/2023 R.G.N. 207/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO
Oggetto
RETRIBUZIONE
RAPPORTO PRIVATO
R.G.N. 7309/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 23/10/2024
CC
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che, con sentenza del 30 ottobre 2023, la Corte d’Appello di Roma confermava la decisione resa dal Tribunale di Roma e rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Ministero della Giustizia, avente ad oggetto la condanna del Ministero a remunerare le prestazioni di lavoro carcerario rese dall’istante in qualità di detenuto svolgendo mansioni di scopino e inserviente di cucina di categoria C dal mese di marzo 2013 sino al mese di marzo del 2017 tenendo conto degli adeguamenti tariffari che assumeva essere intervenuti già nel 2005 e che riteneva dargli titolo ad una rideterminazione del valore delle stesse prestazioni ulteriore rispetto a quello risultante dall’applicazione delle tariffe adeguate al 2005, che gli erano stati riconosciuti all’esito di un precedente giudizio all’uopo instaurato e definito con conciliazione giudiziale, rapportata alla somma oggetto del petitum discrezionalmente limitato dal Mabrak ad euro 5.000,00;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, quanto all’instaurazione del rapporto processuale, legittima la costituzione del Ministero nel giudizio di primo grado tramite propri funzionari, nel merito, idonea l’intervenuta conciliazione giudiziale su materia del contendere coincidente con quella oggetto del nuovo giudizio, fondato sul presupposto che all’oggetto della causa conciliata era estraneo l’ulteriore adeguamento tariffario del 2005, viceversa mai disposto dal Ministero, che vi dava corso solo nel 2018 e quindi in epoca successiva alle prestazioni rese dal ricorrente, a coprire integralmente tutte le pretese riguardanti il periodo lavorativo dal 2013 al 2017, dovute per la legittima costituzione del Ministero e correttamente determinate ai sensi dell’art. 152 -bis disp. att. c.p.c. le spese di lite;
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che per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, il Ministero della Giustizia;
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 d.lgs. n. 152/1997, 417 bis, 112, 115, 132 n. 4, 82, commi 2 e 3, 417 c.p.c. 2115, comma 3, c.c. e 118 disp. att. c.p.c., nonché un error in procedendo, lamenta la non conformità a diritto della statuizione della Corte territoriale di rigetto dell’eccezione, sollevata dall’odierno ricorrente alla stregua delle norme invocate per non trattarsi di controversia regolata dall’art. 413, comma 5, c.p.c., di difetto dello ius postulandi da parte dei funzionari costituitisi nel primo grado di giudizio per il Ministero, con conseguente inammissibilità di tutte le eccezioni formulate dall’Avvocatura dello Stato in appello;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 d.lgs. n. 152/1997 e ss., 112, 115, 132 n. 4 c.p.c., il ricorrente imputa alla Corte territoriale l’ error in procedendo dato dal mancato corretto inquadramento delle domande proposte ostativo all’articolazione di un ragionamento giuridico coerente con esse alla luce dei mezzi di prova addotti, errore prospettato in relazione al dato per cui il petitum oggetto del primo giudizio era quello diretto ad ottenere la remunerazione del lavoro carcerario prestato sulla base degli adeguamenti tariffari in essere solo fino al 2005, sicché la transazione implicata dall’intervenuta conciliazione giudiziale non poteva comprendere le somme ulteriori rispetto a quelle all’epoca previste dall’adeguamento tariffario fino al 2005 e fatte oggetto di domanda in giudizio, tanto più che un tale contenuto transattivo risultava agli atti di causa espressamente escluso dalla dichiarazione a verbale resa dall’avv. COGNOME
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che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 417 bis, 91, 111, 115 e 132 n. 4 c.p.c. ed altresì ad un error in procedendo , il ricorrente lamenta la non conformità a diritto della statuizione della Corte territoriale in ordine alle spese di lite per aver condannato accollato all’odierno ricorrente l’onere del pagamento in favore del Ministero da ritenersi, in quanto non correttamente rappresentata, non costituita in giudizio;
che il primo motivo risulta meritevole di accoglimento alla luce dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass. n. 2092/2024 e Cass. n. 27372/2024) secondo cui il lavoro carcerario, comportando lo svolgimento di prestazioni nell’ambito di una strutt ura aziendale finalizzata alla produzione di beni per il soddisfacimento di commesse pubbliche e private e così l’instaurazione di un rapporto di lavoro privato (cfr. Cass. n. 12205/2019 e Cass. n. 18309/2009), non integra la fattispecie tipica di cui all’ art. 417-bis, la cui chiara formulazione testuale limita la facoltà riconosciuta alle pubbliche amministrazioni in deroga alla regola generale di cui all’art. 82 c.p.c. che richiede che la parte sia assistita da un ‘difensore’ , ovvero un avvocato abilitato alla difesa tecnica – di stare in giudizio, nel solo primo grado, avvalendosi direttamente di propri dipendenti alle controversie relative ai rapporti di lavoro pubblico di cui al quinto comma dell’art. 413 c.p.c., restando, pertanto, esclusa l’estensi one analogica di tale norma di carattere eccezionale rispetto alla fattispecie del lavoro carcerario estranea al suo ambito di applicazione;
che conseguentemente risulta meritevole di accoglimento il terzo motivo in quanto, dovendosi ritenere che il Ministero non fosse regolarmente costituito in primo grado mediante i propri funzionari e fosse, quindi, da considerarsi contumace,
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erroneamente risulta disposto in suo favore il pagamento delle spese di lite;
che, di contro, inammissibile si rivela il secondo motivo, dal momento che il ricorrente, non confutando il rilievo espresso dalla Corte territoriale per cui il petitum della causa pregressa era stato formulato ‘ reputando l’esistenza di un adeguamento ministeriale del 2005 che invece non risulta essere mai stato effettuato ‘ ed anzi confermandolo laddove a pag. 24, punto 6.2. del ricorso precisa che nel petitum del giudizio del 2017 non era stato possibile richiedere l’intera integrazione adeguatrice sino al 2017 ‘ in quanto non si conosceva nemmeno quale fosse la possibile diversa quantificazione retributiva ‘, finisce per ammettere che, all’atto della transazione, non era intervenuto alcun nuovo adeguamento tariffario rispetto a quello operato sino al 2005 su cui era stato tarato il petitum allora formulato e che la clausola di riserva di una futura azione volta a conseguire la differenza di valore derivante dal nuovo adeguamento tariffario era frutto di un mero erroneo convincimento, così avvalorando il pronunciamento della Corte territoriale per cui la rideterminazione del valore delle prestazioni di lavoro carcerario conseguente all’adeguamento tariffario disposto dal Ministero nel 2018 e quindi successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro del ricorrente non poteva estendersi alle prestazioni esauritesi e remunerate in sede transattiva sulla base del valore tariffario in essere alla data della transazione, che, pertanto, correttamente è stata ritenuta coprire integralmente le pretese riguardanti il periodo dal 2013 al 2017 oggetto di entrambi i giudizi, a nulla valendo che in seguito l’adeguamento emesso dal Ministero abbia indicato somme superiori a quelle calcolate dal ricorrente nel primo giudizio e a quelle oggetto di transazione;
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che vanno, dunque, accolti, il primo ed il terzo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il secondo, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa, che non necessita di ulteriori accertamenti in fatto, può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda originaria e, in considerazione della peculiarità della fattispecie oggetto della decisione, con compensazione delle spese dell’intero processo;
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo, inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria e compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione