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Lavoro agricolo: limiti ai contratti a termine per enti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24980/2024, ha stabilito che un ente pubblico non economico non può essere qualificato come imprenditore agricolo. Di conseguenza, non può beneficiare delle deroghe previste per i contratti a termine nel lavoro agricolo, che si applicano solo in caso di attività strettamente stagionali. La Corte ha cassato la sentenza d’appello che aveva dato ragione all’ente, sottolineando che l’onere di provare la natura stagionale delle mansioni ricade sul datore di lavoro.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratti a termine nel lavoro agricolo: quando sono legittimi?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha delineato con precisione i confini dell’utilizzo dei contratti a tempo determinato nel lavoro agricolo, soprattutto quando il datore di lavoro è un ente pubblico non economico. La decisione chiarisce che le deroghe previste per il settore agricolo non sono applicabili indiscriminatamente e che il concetto di ‘stagionalità’ deve essere interpretato in modo rigoroso.

I Fatti di Causa

Un lavoratore agricolo ha prestato servizio per un Ente di Sviluppo Agricolo (E.S.A.) per decenni, sulla base di una successione di contratti a tempo determinato. Ritenendo illegittima tale reiterazione, il lavoratore si è rivolto al Tribunale, che gli ha dato ragione, condannando l’ente al risarcimento del danno.

La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, nel settore agricolo la stagionalità non sarebbe l’unica ragione valida per derogare alle norme generali sui contratti a termine, date le peculiarità del settore. Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i motivi del lavoratore, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte per una nuova valutazione. La Cassazione ha stabilito alcuni principi fondamentali che limitano l’abuso dei contratti a termine nel settore pubblico agricolo.

Limiti ai Contratti a Termine nel Lavoro Agricolo

Il punto centrale della decisione è la natura giuridica del datore di lavoro. L’E.S.A., essendo un ente pubblico non economico, non può essere qualificato come ‘imprenditore agricolo’ ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile. Questa distinzione è cruciale, perché le discipline speciali e più flessibili sui contratti a termine, previste per l’agricoltura, sono destinate solo agli imprenditori del settore e non agli enti pubblici.

L’Importanza della Stagionalità

La Cassazione ha ribadito che la deroga ai limiti di durata massima dei contratti a termine (fissata in trentasei mesi) è applicabile nel settore agricolo solamente quando i contratti riguardano attività genuinamente stagionali. Non è sufficiente che l’attività si svolga in un contesto agricolo; deve essere intrinsecamente legata a una specifica stagione.

Le Motivazioni

I giudici hanno spiegato che non ogni attività svolta all’interno di un’azienda agricola può essere considerata stagionale. Esistono infatti mansioni, come la custodia, la manutenzione di macchinari e impianti o la preparazione per la stagione successiva, che proseguono per tutto l’anno. I lavoratori addetti a tali compiti, che rispondono a esigenze operative permanenti e non temporanee, devono essere assunti con contratti a tempo indeterminato.

Secondo la Corte, il concetto di ‘attività stagionale’ deve essere inteso in senso stretto, come una situazione aziendale temporanea, aggiuntiva rispetto al normale ciclo produttivo, e non come un’esigenza costante. Di conseguenza, il datore di lavoro non può adibire un lavoratore assunto a termine per mansioni che esulano dall’ambito specifico della lavorazione stagionale.

Un altro punto fondamentale chiarito dalla Corte riguarda l’onere della prova. Spetta al datore di lavoro dimostrare che le mansioni svolte dal lavoratore erano esclusivamente di natura stagionale e che tale specificità era chiaramente indicata nel contratto.

La Corte d’Appello aveva errato nel non effettuare questa verifica concreta, limitandosi a un’interpretazione estensiva delle deroghe e applicando erroneamente all’ente pubblico una disciplina pensata per l’impresa agricola privata. Sarebbe stato invece suo compito accertare le mansioni effettivamente svolte dal lavoratore e la loro riconducibilità a esigenze puramente stagionali, tenendo conto del rigoroso onere probatorio a carico dell’ente.

Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un importante punto di riferimento per il lavoro agricolo nel settore pubblico. Stabilisce che un ente pubblico non può avvalersi delle deroghe sui contratti a termine previste per gli imprenditori agricoli. Inoltre, rafforza il principio che la ‘stagionalità’ non è un concetto generico, ma una condizione specifica e temporanea che deve essere rigorosamente provata dal datore di lavoro. La decisione tutela i lavoratori dall’utilizzo abusivo di contratti precari per coprire esigenze lavorative stabili e continuative, anche in settori caratterizzati da ciclicità.

Un ente pubblico non economico può essere considerato un imprenditore agricolo ai fini delle norme sul lavoro a termine?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un ente pubblico non economico, come l’Ente Sviluppo Agricolo, non rientra nella definizione di imprenditore agricolo dell’art. 2135 c.c. e, di conseguenza, non può applicare le discipline derogatorie sui contratti a termine previste per tale categoria.

Nel lavoro agricolo, la deroga al limite di durata dei contratti a termine si applica a qualsiasi attività?
No, la deroga al limite massimo di trentasei mesi è applicabile solamente quando i contratti riguardano attività strettamente stagionali. Le attività che rispondono a esigenze operative permanenti e continuative, anche se svolte in un’azienda agricola, richiedono contratti a tempo indeterminato.

Chi deve provare la natura stagionale delle mansioni in un contratto a termine agricolo?
L’onere di provare che il lavoratore è stato adibito esclusivamente ad attività stagionali grava sul datore di lavoro. Tale prova deve riguardare sia il contenuto del contratto, che deve specificare la stagionalità, sia le mansioni in concreto svolte dal dipendente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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