Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16156 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16156 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 30281-2020 proposto da:
COGNOME titolare dell’omonima ditta individuale, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 399/2020 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 23/07/2020 R.G.N. 494/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Oggetto
Rapporto lavoro privato
R.G.N. 30281/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 18/03/2025
CC
Rilevato che:
La Corte d’appello di L’Aquila ha accolto in parte l’appello principale di NOME COGNOME e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato nel minore importo di euro 50.557,94 (rispetto a quello di euro 51.976,94 liquidato dal tribunale) le differenze retributive spettanti a RAGIONE_SOCIALE. Ha confermato la pronuncia di primo grado nella parte in cui aveva riconosciuto lo svolgimento di un rapporto di lavoro agricolo a tempo indeterminato tra le parti, nel periodo nel periodo dal 25 settembre 2012 al 31 maggio 2016. Ha respinto l’appello incidentale del Labuntu.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con cinque motivi. Constantin COGNOME ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 102 c.p.c. per non avere la Corte d’appello disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Inps a fronte della domanda del ricorrente in primo grado, di condanna del datore di lavoro anche al pagamento dei contributi previdenziali, domanda atta a fondare una ipotesi di litisconsorzio necessario. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse, considerato che il giudice di primo grado non ha adottato alcuna statuizione sull’obbligo datoriale di versamento dei contributi e nessun motivo di impugnazione è stato proposto al riguardo dal
lavoratore, dovendosi ritenere intervenuta una implicita rinuncia alla originaria domanda.
Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 12 del d.lgs. 375 del 1993 e dell’art. 21 del c.c.n.l. operai agricoli e florovivaisti del 25.5.2010, per avere la Corte d’appello errato nel non sussumere il rapporto di lavoro in esame tra quelli a tempo determinato descritti dal contratto collettivo e per avere omesso di considerare, quali elementi contrastanti con la riconosciuta natura di rapporto a tempo indeterminato, la percezione da parte del Labuntu del trattamento di disoccupazione per le giornate non lavorate e la mancata attivazione della procedura per contestare il numero di giornate risultanti dagli elenchi nominativi trimestrale pubblicati dall’Inps.
Il motivo è inammissibile. La Corte d’appello ha accertato in fatto che il rapporto di lavoro tra le parti si è svolto, nel periodo sopra indicato, come lavoro a tempo indeterminato, vale a dire non per i giorni ed i periodi limitati previsti nei citati elenchi trimestrali bensì in modo continuativo, senza interruzioni e con una durata protratta per più anni. Le censure di parte ricorrente, se pure formulate sub specie di violazione di plurime disposizioni di legge, investono in realtà tale accertamento in fatto, svolto in base ai dati probatori raccolti e rispondente al canone di effettività proprio del diritto del lavoro, e si rivelano inammissibili, in quanto estranee al perimetro segnato dall’art. 360 n. 5 c.p.c., come definito dalle S.U. di questa Corte con le sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014.
Con il terzo motivo si addebita alla sentenza d’appello, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, concernente le mansioni e le lavorazioni effettivamente
svolte dal lavoratore e corrispondenti alle giornate di lavoro oggetto di denuncia periodica.
Con il quarto motivo la medesima censura è formulata per l’omesso esame del fatto consistente nell’avere il lavoratore abitato per diverso tempo in una casa di proprietà del datore di lavoro e adiacente all’abitazione di quest’ultimo.
Con il quinto motivo di ricorso si denuncia l’omesso esame della distanza intercorrente tra i terreni appartenenti al datore di lavoro e quelli del teste COGNOME
I motivi dal terzo al quinto sono inammissibili, anzitutto perché la Corte d’appello ha preso in esame alcun i dei fatti richiamati, come la distanza tra la proprietà del teste NOME e quella del datore di lavoro, ed ha espresso una valutazione al riguardo; comunque, perché la parte ricorrente denuncia l’omesso esame di plurimi fatti, nessuno dei quali evidentemente decisivo, come necessario ai fini dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (v. Cass. n. 28154 del 2018; Cass. n. 21439 del 2015).
6. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto. La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo. Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del
2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 18 marzo 2025