Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15080 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15080 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2024
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO
AVV_NOTAIO NOME COGNOME CASO
AVV_NOTAIO
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
NOME. AVV_NOTAIO
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 8720/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, COGNOME NOME, domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrenti –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO;
-controricorrente –
INGIUZIONE
Ud. 17/04/2024 CC A Cron.
R.G.N. 8720//2020
avverso la sentenza n. 46/2023 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA , depositata il 26/01/2023 R.G.N. 380/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’Appello di L’Aquila, confermando la pronuncia di primo grado, ha respinto l’opposizione di RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME all’ordinanza ingiunzione n. 85/2015 emessa dalla Direzione Territoriale del Lavoro -DTL di Teramo per sanzioni comminate in relazione al rapporto di lavoro di NOME COGNOME assunto per la realizzazione di pannelli in alluminio con contratti di lavoro a progetto nel periodo novembre 2013-novembre 2014 a fronte della coincidenza del progetto con l’oggetto sociale della società committente e dell’accertato passaggio, per affitto di ramo di azienda, dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE (presso le quali aveva sempre svolto la medesima attività) che dimostravano la natura subordinata de ll’attività con conseguente sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ai sensi dell’art. 69, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003; la Corte ha condannato la società e la COGNOME al pagamento delle spese di lite, ridotte ai sensi dell’art. 9, comma 2, della legge n. 149 del 22015.
Avverso tale sentenza ricorrono RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME con tre motivi, illustrati da memoria; la DTL di Teramo resiste con controricorso.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza per omessa pronuncia sul primo motivo di appello avendo, la Corte territoriale, trascurato di pronunciarsi su tutto l’oggetto del primo motivo di appello che deduceva la mancanza di motivazione della sentenza di primo grado in punto di tardività della notifica del verbale di accertamento, avendo, invece, affrontato direttamente il merito del motivo di appello (e giungendo alla conclusione di ritenere tempestiva la notifica).
Con il secondo motivo si deduce omessa motivazione in quanto apodittica ed apparente, ex art. 360, primo comma, n. 4,
cod.proc.civ., avendo, la Corte di appello, acriticamente recepito il percorso argomentativo della sentenza di primo grado senza dare conto delle eccezioni formulate dall’appellante nel proprio gravame e, in particolare, della circostanza che la RAGIONE_SOCIALE non aveva mai realizzato una produzione di pannelli in alluminio (come i testimoni hanno confermato), nuova linea di produzione che riteneva di affidare al lavoratore, il quale era socio-lavoratore di altra società artigiana ed aveva concordato un compenso unitario.
Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 91 cod.proc.civ. in relazione all’art. 9, comma 2, del d.lgs. n. 149 del 2015 avendo, la Corte di appello, erroneamente condannato le parti, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite all’Ispe ttorato nonostante lo stesso fosse costituito a mezzo di proprio funzionario.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
3.1. La sentenza impugnata ha espressamente rilevato (nella parte dedicata allo svolgimento del processo) che il giudice di prime cure ha ritenuto insussistente la violazione dell’art. 14 della legge n. 689 del 1981 quanto alla notifica del verbale unico di accertamento ispettivo ed ha (nella parte motiva) chiarito approfonditamente le ragioni del rigetto del motivo di appello concernente la decorrenza dei termini di cui all’art. 14 cit., profili che non vengono censurati in questa sede;
Il secondo motivo è inammissibile.
4.1. La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (v. Sez. U, n. 8053 del 2014; conf. Sez. U, n. 8054 del 2014).
4.2. Nella specie, la Corte distrettuale ha ampiamente ed approfonditamente motivato in ordine all’adibizione del lavoratore a
mansioni (produzione di pannelli in alluminio) che erano entrate a far parte dell’ordinaria attività aziendale a seguito di affitto di ramo di azienda dalla RAGIONE_SOCIALE concludendo che ‘E’ quindi pienamente provato che l’attività della RAGIONE_SOCIALE presso l’unità produttiva cui il COGNOME era addetto abbia costituito continuazione per effetto di trasferimento di azienda ex art. 2112 c.c. e con i medesimi dipendenti, di quella già svolta nell’unità produttiva stessa dalla RAGIONE_SOCIALE, nell’ambito di u n medesimo gruppo imprenditoriale gestito da componenti del medesimo nucleo familiare che anche il COGNOME sia stato impiegato prima presso la RAGIONE_SOCIALE dal settembre 2012 al 14.11.2013 e poi presso la RAGIONE_SOCIALE dal 15.11.2013 in poi, quindi senza alcuna soluzione di continuità, in base a due contratti a progetto aventi il medesimo oggetto e che egli si sia occupato di produzione di pannelli in alluminio già presso la RAGIONE_SOCIALE, in esecuzione del primo contratto a progetto stipulato’ (pag. 7 della sentenza impugnata). Tale motivazione non può ritenersi meramente apparente, essendo del tutto idonea a consentire l’individuazione del percorso argomentativo posto a base della decisione.
Il terzo motivo è infondato.
5.1. L’art. 9, comma 2, del d.lgs. n. 149 del 2015 dispone: ‘ L’Ispettorato può farsi rappresentare e difendere, nel primo e secondo grado di giudizio, da propri funzionari nei giudizi di opposizione ad ordinanza ingiunzione, nei giudizi di opposizione a cartella esattoriale nelle materie di cui all’articolo 6, comma 4, lettera a), del decreto legislativo 1° settembre 2011 n. 150, nonché negli altri casi in cui la legislazione vigente consente alle amministrazioni pubbliche di stare in giudizio avvalendosi di propri dipendenti. Nel secondo grado di giudizio, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, è fatta salva la possibilità per l’Avvocatura dello Stato di assumere direttamente la trattazione della causa secondo le modalità stabilite al fine dai decreti di cui all’articolo 5, comma 1. In caso di esito favorevole della lite all’Ispettorato sono riconosciute dal giudice le spese, i diritti e gli onorari di lite, con la riduzione del venti per cento dell’importo complessivo ivi previsto. Per la quantificazione dei relativi importi si applica il decreto adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati. Le entrate derivanti dall’applicazione del presente comma confluiscono in un
apposito capitolo di bilancio dell’Ispettorato e ne integrano le dotazioni finanziarie ‘.
5.2. La Corte di appello, in ossequio alla previsione legislativa, ha dunque condannato i soccombenti a pagare le spese di lite, liquidando un importo ridotto.
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna le parti ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 1.200,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 aprile 2024.