Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26854 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26854 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 11392/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE
intimata avverso la sentenza n. 7983/2019 della Corte d’ appello di Roma, depositata il 19-12-2019,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24-92025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo con il quale era stata condannata a pagare a RAGIONE_SOCIALE la somma di Euro 20.000,00 a titolo di corrispettivo per lavori di ristrutturazione di cui alla fattura n.6/2012; ha negato l’esistenza del credito per lavori extracontrattuali, che non erano stati eseguiti o comunque erano stati malamente eseguiti e ha proposto
OGGETTO:
appalto
RG. 11392/2020
C.C. 24-9-2025
domanda riconvenzionale per ottenere, previo accertamento della responsabilità dell’appaltatrice RAGIONE_SOCIALE ex art t. 1667, 1668, 1669, 1218 e 1176 cod. civ., il pagamento della somma di Euro 52.097,45, poi quantificata in Euro 123.227,73 nella prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ., per lavori eseguiti per eliminare i vizi e per il risarcimento dei danni.
Si è costituita RAGIONE_SOCIALE, chiedendo a sua volta in via riconvenzionale il pagamento della somma di Euro 131.601,00 a titolo di corrispettivo per gli ulteriori lavori eseguiti in relazione alla ristrutturazione del medesimo immobile.
Es pletata l’istruttoria anche per mezzo di consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza n. 189/2017 depositata il 23 -1-2017 il Tribunale di Velletri sezione distaccata di Albano Laziale ha rigettato l’opposizione e ha confermato il decreto ingiuntivo opposto, ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento di Euro 148.933,18 a titolo di corrispettivo ancora dovuto per i lavori, oltre interessi ex d.lgs. 231/2002 dalla sentenza al saldo, già al netto sia della somma rivalutata di Euro 26.951,11 per le opere no n eseguite a regola d’arte e per i ripristini occorrenti, sia degli acconti versati per Euro 674.118,27, e dalla quale detrarre l’importo di cui al decreto ingiuntivo; ha rigettato tutte le altre domande e ha condannato RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese di lite.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello sulla base di nove motivi, c he la Corte d’appello di Roma con sentenza n. 7983/2019 pubblicata il 19-12-2019 ha integralmente rigettato.
2.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE liquidazione ha proposto ricorso per cassazione affidato a nove motivi.
È rimasta intimata RAGIONE_SOCIALE, alla quale la notificazione è stata eseguita a mezzo pec all’indirizzo dei difensori AVV_NOTAIO
NOME COGNOME e AVV_NOTAIO NOME COGNOME con consegna del messaggio il 3-32020.
All’esito della camera di consiglio del 24-9-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo di ricorso è intitolato ‘ violazione art. 115 e 116 c.p.c. per mancata valutazione delle prove in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.’ e con esso la ricorrente si duole del rigetto del suo primo motivo di appello; evidenzia che con il contratto di cessione dell’appalto era stato disposto il subentro di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE e la regolamentazione dei rapporti pregressi e futuri tra le parti, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, a seguito della cessione della proprietà dell’immobile , nel quale dovevano essere eseguiti i lavori da RAGIONE_SOCIALE, a RAGIONE_SOCIALE; richiama specificamente il contenuto delle clausole del contratto di vendita e del contratto di cessione, evidenziando come fosse stata espressamente prevista la esclusione di qualsiasi responsabilità di RAGIONE_SOCIALE in dipendenza di atti o fatti verificatisi prima della data del 28-11-2011 in cui era stata stipulata la vendita; dichiara che i lavori extracontrattuali dei quali la controparte aveva preteso il pagamento, relativi al consolidamento dell’edificio, erano precedenti al 28 -11-2011 e comunque aggiunge che dall’esame delle relazioni accompagnatorie alle pratiche edilizie risultava chiaramente l’insussistenza di lavorazioni extra -contratto. Perciò lamenta il vizio di motivazione della sentenza, dichiarando che, in base a una corretta considerazione di tutte le prove documentali e delle circostanze, la Cort e d’appello avrebbe dovuto giungere al rigetto della domanda di RAGIONE_SOCIALE
1.1.La sentenza impugnata ha affermato che i rapporti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE non erano opponibili a RAGIONE_SOCIALE che, seppure aveva preso parte e aveva accettato la cessione, aveva soltanto dichiarato, rilasciando la dovuta quietanza, di essere soddisfatta di quanto a essa dovuto in ragione del contratto di appalto originariamente stipulato con RAGIONE_SOCIALE, tenuto conto della contabilizzazione dei lavori fino al quinto s.a.l., mentre RAGIONE_SOCIALE assum eva l’onere per gli stati di avanzamento successivi; ha aggiunto che non risultava dal tenore di tali atti una rinuncia di RAGIONE_SOCIALE a eventuali e non ancora accertati crediti ulteriori rispetto al corrispettivo originariamente stipulato con riferimento alle opere che erano state prospettate nel contratto originario del NUMERO_DOCUMENTO; ha evidenziato che erano stati presentati tre progetti diversi in occasione delle tre istanze finalizzate alla manutenzione straordinaria dell’immobile, la SCIA del 17-5-2011, la DIA del 6-10-2011 e la nuova dichiarazione del 13-11-2011 e che RAGIONE_SOCIALE, al momento dell’acquisto da RAGIONE_SOCIALE , conosceva i nuovi elaborati e le modifiche apportate, così come conosceva, per esserne committente, le ulteriori innovazioni del 13-12-2011; ha concluso che in quel contesto andava letto quanto dichiarato da COGNOME nell’atto di cessione, mancando la volontà di rinunciare a crediti maturati in ragione di un progetto e quindi di un corrispettivo diverso rispetto a quello indicato nel contratto di appalto.
A fronte di questo contenuto della pronuncia, il motivo è inammissibile.
In primo luogo, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione con la disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non
contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggiore forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre prove, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 30 -9-2020 n.20867 Rv. 659037-01).
A sua volta, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile solo se si alleghi che il giudice, nel valutare una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa- secondo il suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, il valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta a una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice abbia solamente male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile ai sensi dell’art. 360 co.1 n.5 cod. proc. civ. solo nei limiti in cui è ancora consentito il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. U 30-9-2020 n. 20867 Rv. 659037-02).
Nella fattispecie nessuna delle deduzioni della ricorrente è svolta nei termini sopraesposti, in quanto le doglianze sono finalizzate a ottenere una complessiva rilettura del materiale probatorio nel senso che, in forza degli accordi intercorsi tra le parti, RAGIONE_SOCIALE non fosse obbligata al pagamento dei lavori extra-contratto e anche nel senso che non fossero stati neppure eseguiti tali lavori; al contrario, la sentenza impugnata ha escluso che l’appaltatrice, accettando la cessione del contratto di appalto, avesse rinunciato a richiedere alla cedente il corrispettivo per lavori diversi da quelli originariamente previsti nel contratto e che erano stati effettivamente eseguiti.
È inammissibile anche il profilo di censura proposto ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., in primo luogo ai sensi dell’art. 348 -ter co.5 cod. proc. civ. ratione temporis vigente, in ragione dell’introduzione del giudizio d’appello successivamente all’11 -92012 e all’introduzione del giudizio di cassazione prima del 28-2-2023, vertendosi in ipotesi di “doppia conforme”, avendo la sentenza d’appello integralmente confermato la sentenza di primo grado. In tale caso il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n.5 dell’art. 360 cod. proc. civ. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. 3 28-2-2023 n. 5947 Rv. 667202 -01, Cass. Sez. 1 22-12-2016 n. 26774 Rv. 643244-03, per tutte). Al contrario la ricorrente, limitandosi a lamentare che la Corte d’appell o non abbia esaminato le sue deduzioni, presuppone l’inesistenza di una diversità delle ragioni di fatto poste a fondamento delle decisioni di primo e di secondo grado. Del resto, il motivo proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. è inammissibile anche perché non individua il fatto o i fatti specifici oggetto di discussione tra le parti e che abbiano avuto carattere decisivo, nei termini richiesti da Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629831-01; come già esposto, il motivo si limita a lamentare la complessiva valutazione delle risultanze istruttorie in termini sfavorevoli alla società ricorrente e perciò si risolve in una richiesta di rivalutazione dei fatti, in quanto tale inammissibile in sede di legittimità.
2. Con il secondo motivo, intitolato ‘ violazione art. 112 c.p.c. per violazione principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’, la ricorrente lamenta ulteriormente il rigetto del suo secondo motivo di appello, evidenziando che il Tribunale in modo fuorviante e non pertinente rispetto all’oggetto del contendere
ha chiesto al c.t.u. di verificare la congruità del prezzo di tutte le opere realizzate; quindi si duole del fatto che il c.t.u. abbia proceduto al riprezzamento secondo il tariffario del Bollettino Ufficiale della Regione Lazio di tutte le opere, con la conseguente sostituzione del prezzo di tutte le lavorazioni, non contestate, con un prezzo diverso da quello pattuito ; aggiunge che la Corte d’appello non ha dato alcuna indicazione in ordine alla natura e alla quantità delle ulteriori attività espletate da COGNOME rispetto a quelle contrattualmente previste e in ordine al fatto che tali diversità di attività riguarderebbero tutte le prestazioni previste nel contratto, per cui dichiara che è stata del tutto inconferente la motivazione data a giustificazione della rideterminazione dell’intero prezzo del contratto.
2.1. Il motivo, da qualificare come proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ., è inammissibile, in quanto si risolve nel riproporre le deduzioni svolte con il secondo motivo di appello, con il quale RAGIONE_SOCIALE aveva imputato alla sentenza di primo grado la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
La sentenza impugnata ha escluso qualsiasi ultrapetizione nella sentenza di primo grado, osservando che il c.t.u. aveva accertato la diversità delle opere realizzate, sia perché le opere previste nel progetto originario erano state compiute con modalità diverse e più onerose a cura dell’appaltatrice RAGIONE_SOCIALE, sia perché erano state eseguite opere ulteriori rispetto a quelle originariamente previste; ha dichiarato che RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto un corrispettivo adeguato e ulteriore per tali ulteriori attività, rispetto a quelle originariamente previste, sia con la domanda monitoria sia con la domanda riconvenzionale; a fronte di questi dati, ha dichiarato che non coglieva nel segno la doglianza dell’appellante in ordine all’asserita determinazio ne dell’intero prezzo dell’appalto, in luogo del corrispettivo a corpo di Euro 650.000,00 pattuito tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, perché per tutte le opere realizzate -quelle originarie eseguite con modalità diverse, quali quelle per il consolidamento, e quelle ulteriori e aggiuntive- il c.t.u. aveva dovuto eseguire un nuovo calcolo del corrispettivo, per adeguarlo al maggiore impegno della società appaltatrice impostogli dalla committente. Ha aggiunto che alla committente era imputabile anche la tenuta della contabilità originaria che, essendo disordinata, non aveva consentito riscontro documentale, con la conseguenza che il c.t.u. aveva dovuto eseguire verifiche in concreto per stabilire le difformità tra il programma originario e quello che via via era chiesto di realizzare a RAGIONE_SOCIALE; quindi, ha escluso che vi fosse stata la sostituzione del prezzo lamentata dall’appellante e ha dichiarato che vi era stato il riconoscimento, mediante parametri tariffari, del maggiore impegno sostenuto da RAGIONE_SOCIALE rispetto all’originario contrat to di appalto che aveva previsto prezzo a corpo, richiamando il principio secondo il quale, anche nel caso di prezzo a corpo, il prezzo può subire modifiche giustificate da variazioni in corso d’opera, quali si erano verificate nel caso; ha dichiarato che nella fattispecie nulla nel contratto era rimasto invariato, con la conseguenza che tutto il compenso era stato necessariamente sottoposto alla rideterminazione tariffaria.
A fronte di questo contenuto della pronuncia, al fine di sostenere in modo ammissibile che la sentenza avesse erroneamente applicato l’art. 112 cod. proc. civ., la ricorrente avrebbe dovuto allegare e dimostrare -facendo specifico riferimento al contenuto dei relativi atti in ossequio all’art. 366 co. 1 n. 6 cod. proc. civ. – che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello, la società appaltatrice non aveva chiesto il riconoscimento del corrispettivo per le attività ulteriori rispetto a quelle originariamente previste, con riguardo a tutte le opere realizzate.
In mancanza di censura ammissibile, è evidente che le ulteriori affermazioni risultano del tutto irrilevanti, perché esattamente la sentenza impugnata ha escluso l’ultrapetizione a fronte di domanda avente a oggetto la rideterminazione dei corrispettivi in ragione del fatto che, oltre ad essere state richieste opere ulteriori rispetto a quelle contrattuali, tutte le lavorazioni previste dal contratto erano state pretese dalla committente in termini diversi e più onerosi per l’appaltatrice. Sotto il profilo relativo alle opere richieste ed eseguite, invece, la sentenza ha svolto accertamento in fatto, in sé estraneo al paradigma del motivo proposto per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
3. Il terzo motivo è intitolato ‘ violazione art. 115 e 116 c.p.c. per la mancata valutazione delle prove in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. Violazione art. 132, comma 2, n.4 c.p.c. per motivazione illogica in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.’ e con esso la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere rigettato il suo terzo motivo di appello; evidenzia che i sopralluoghi e gli accertamenti sul posto del c.t.u. erano avvenuti solo nella fase precedente al deposito del primo elaborato e che le elaborazioni peritali sono state via via modificate sulla base dei medesimi dati dei quali disponeva il c.t.u. all’epoca della prima relazione tecnica; rileva che, alle richieste di chiarimenti formulate da RAGIONE_SOCIALE, il c.t.u. aveva sempre ribadito il suo convincimento, confermando che non fosse possibile accertare quali lavorazioni fossero extracontrattuali a causa delle modalità di tenuta della contabilità originaria ; quindi sostiene che il c.t.u., lungi dall’accertare i lavori dedotti da COGNOME, ha condotto una perizia esplorativa, nella quale ha individuato lavorazioni extracontrattuali che non erano state dedotte da COGNOME e lamenta che la sentenza, recependo acriticamente le illogicità manifeste della c.t.u., sia a sua volta illogica e inaccettabile.
3.1.La sentenza impugnata ha rigettato il terzo motivo di appello in quanto che la presentazione di tre elaborati tecnici diversi da parte del c.t.u., lungi dall’essere segno di superficialità negli accertamenti, indicava che gli approfondimenti erano stati provocati dal contraddittorio tra le parti durante le operazioni peritali , con l’ulteriore conseguenza che il c.t.u. aveva di volta in volta adeguato, ove necessario , l’elaborato alle prospettazioni -evidentemente fondatedalle parti.
Gli argomenti della ricorrente non individuano nella pronuncia una qualche violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., che può essere denunciata solo nei termini sopra esposti al punto 1.1., per cui sotto tale profilo il motivo è inammissibile.
Il motivo è infondato laddove sostiene il vizio di motivazione, essendo consolidato i l principio secondo il quale, sulla base dell’attuale formulazione dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost. e nel processo civile dall’art. 132 co.2 n. 4 cod. proc. civ.; il sindacato di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale e tale obbligo è violato, concretandosi nullità processuale deducibile ex art. 360 co. 1 n.4 cod. proc. civ., qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, o viziata da manifesta e irriducibile contraddittorietà o sia perplessa e incomprensibile, purché il vizio risulti dallo stesso testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa ricostruzione della controversia (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass.
Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 6-3 25-9-2018 n. 22598 Rv. 650880-01, Cass. Sez. 1 14-2-2022 n. 4777 Rv. 66959802, per tutte).
Nella fattispecie, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, la motivazione svolta per rigettare il terzo motivo di appello è pienamente comprensibile, logica e priva di contraddizioni, in quanto la Corte d’appello ha ritenuto che nei tre successivi elaborati il c.t.u. avesse svolto gli approfondimenti resi necessari dalle deduzioni delle parti e avesse adeguato le sue conclusioni alle prospettazioni che aveva ritenuto fondate. Le critiche della ricorrente a tale motivazione non sono idonee neppure a prospettarne la nullità, in primo luogo perché fondate sul presupposto che il c.t.u., per modificare le precedenti conclusioni a fronte delle osservazioni delle parti, fosse obbligato a eseguire ulteriori sopralluoghi; la tesi non ha un qualche fondamento, mentre la sentenza ha all’evidenza ritenuto che il c.t.u. avesse già acquisito gli elementi di fatto necessari a verificare la fondatezza dei rilievi delle parti e perciò eventualmente a recepirli. Inoltre, l’affermazione che la c.t.u. fosse stata espl orativa non è rilevante al fine di ritenere la nullità della motivazione della sentenza perché il vizio della motivazione deve risultare, come sopra esposto, dal testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali e nessuna affermazione della sentenza è nel senso che fosse stata recepita dal Tribunale c.t.u. esplorativa.
4.Il quarto motivo è intitolato ‘ violazione art. 115 e 116 c.p.c. per mancata valutazione delle prove in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. Violazione art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. per motivazione illogica in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.’ e con esso la ricorrente si duole del rigetto del suo quarto motivo di appello; lamenta che la sentenza impugnata abbia minimizzato l’importanza della relazione dell’AVV_NOTAIO COGNOME, direttore dei lavori dal 9-3-2011 al 27-10-2011, dichiarando
che il documento si inseriva in un quadro probatorio più complesso rappresentato dalle tre DIA; sostiene che tali asserzioni dimostrino come il giudice di primo grado non avesse analizzato i documenti in quanto, mettendo a confronto le relazioni tecniche allegate alle tre pratiche, risultava che prevedevano le medesime lavorazioni, con aggiunta nella seconda e nella terza DIA delle opere che indica, mentre il progetto era rimasto il medesimo; quindi sostiene non si giustifichi quanto ritenuto dalla Corte d’ appello, in ordine al fatto che le pratiche DIA dessero ragione di tutti i profili della domanda dell’appaltatrice, relativi a lavori extracontrattuali non dimostrati e non contemplati nelle tre DIA.
4.1.La sentenza impugnata ha rigettato il quarto motivo di appello, rilevando che la dichiarazione del direttore dei lavori era irrilevante a fronte del più complesso ragionamento svolto dal Tribunale; ha dichiarato che, come ammesso dallo stesso appellante, i documenti significativi erano le tre dichiarazioni NUMERO_DOCUMENTO E NUMERO_DOCUMENTO presentate da maggio a dicembre 2011 con nuovi elaborati grafici e tecnici e che risultava che, nell’arco di sei mesi, la committenza aveva avuto necessità di apportare modifiche che erano più di semplici varianti in corso d’opera, ma ‘nuovi tipi’ con nuovi elaborati; ha ritenuto che era in contrasto con le descrizioni poste a corredo autori degli elaborati, allegati alle istanze che i tecnici incaricati avevano eseguito, affermare che le modifiche avevano comportato un minore impegno a carico di RAGIONE_SOCIALE; ha aggiunto che, in ogni caso, ogni variazione aveva comportato diverse lavorazioni a carico della società appaltatrice, a prescindere dalle quantità utilizzate o dal numero di appartamenti da realizzare, così che quel cantiere aveva provocato un superamento della normale alea posta alla base dell’originaria offerta.
A fronte di questo contenuto della pronuncia, come per i precedenti motivi, sono inammissibili le deduzioni volte a prospettare
il vizio ex art. 360 co. 1 n.3 cod. proc. civ. di violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.: gli argomenti non sono idonei a fare emergere la violazione di tali disposizioni nei termini esposti al punto 1.1., ma instano soltanto per una complessiva rilettura del materiale probatorio nel senso sostenuto dalla ricorrente, e perciò nel senso che non vi erano stati lavori ulteriori e diversi rispetto a quelli contrattualmente previsti che avessero comportato un aggravio dell’impegno dell’appaltatrice.
Ugualmente, come per i precedenti motivi, non sussiste vizio di motivazione rilevante in sede di legittimità, perché la motivazione pienamente rispetta il minimo costituzionale. La sentenza ha spiegato la ragione per la quale, rispetto alle dichiarazioni rese dal direttore dei lavori, dovessero essere prese in considerazione le risultanze delle tre istanze amministrative e dei progetti alle stesse allegate, in quanto attestanti le rilevanti modificazioni delle lavorazioni e la circostanza che la ricorrente non condivida tale lettura dei documenti non rende la motivazione apparente, o irrimediabilmente contraddittoria o perplessa e incomprensibile.
5.Con il quinto motivo la ricorrente deduce ‘ violazione art. 112 c.p.c. per violazione della corrispondenza tra chiesto e pronunciato in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. -violazione art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. per motivazione illogica in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.’ e con esso la ricorrente si duole del rigetto del suo quinto motivo di appello. Evidenzia che, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, COGNOME nella sua comparsa di costituzione di primo grado non aveva sollevato alcuna specifica eccezione sulla corresponsabilità della committenza nella causazione dei vizi e nel mancato completamento delle opere; sostiene che il progetto relativo agli interventi edilizi era stato depositato presso gli uffici competenti il 265-2011 e non il I-12-2012 come affermato dal c.t.u. e le pratiche non
riguardavano adeguamenti a consolidamenti né varianti dovute a errori; quindi lamenta che il c.t.u. abbia operato arbitrariamente una notevole riduzione delle poste risarcitorie sulla base di corresponsabilità non dedotta da COGNOME, con illegittimo operare, acriticamente fatto proprio dal giudice di primo grado, senza che la giustificazione sia stata data dal giudice di appello, con grave vizio di motivazione.
5.1.La sentenza impugnata ha rigettato il quinto motivo di appello dichiarando che nella comparsa di costituzione di RAGIONE_SOCIALE i lavori erano stati descritti indicando chiaramente la responsabilità dei committenti e dei direttori dei lavori e quindi il Tribunale ne aveva correttamente tenuto conto ex art. 1227 co. 1 cod. civ.; ha aggiunto che gli approfondimenti eseguiti dal c.t.u. avevano confermato la necessità di adeguare i progetti di manutenzione straordinaria dell’immobile a determinati parame tri, soprattutto per quanto riguardava il consolidamento, come emergeva dalle tre istanze amministrative, e avevano altresì confermato adeguamenti e varianti ritenute necessarie dalla committenza; ha dichiarato che doveva tenersi conto di una limitazione di responsabilità per l’autore del danno ex art. 1227 cod. civ., nell’ipotesi di errore del professionista riferibile alla committente ex art. 1228 cod. civ.
A fronte di questo contenuto della pronuncia, il motivo è in primo luogo inammissibile ex art. 366 co. 1 n. 6 cod. proc. civ. perché, per sostenere che il giudicante avesse erroneamente interpretato il contenuto della comparsa di costituzione e risposta della società appaltatrice, per il fatto che la stessa non aveva dedotto i fatti integranti la colpa della committente, avrebbe dovuto fare specifico riferimento al contenuto di quella comparsa di risposta. Infatti, la deduzione dell’ error in procedendo legittima il giudice di legittimità all’esame degli atti del giudizio a condizione che la censura sia
formulata nel rispetto delle norme di contenuto-forma del ricorso (Cass. Sez. U 22-5-2012 n. 8077 Rv. 622361-01, Cass. Sez. 3 7-62023 n. 16028 Rv. 667816-02).
Inoltre, il concorso di colpa di cui all’art. 1227 co. 1 cod. civ. è rilevabile dal giudice d’ufficio, allorch é siano prospettati gli elementi di fatto dai quali sia desumibile la sussistenza di condotta colposa del danneggiato (Cass. Sez. 6-3 15-2-2023 n. 4770 Rv. 666764-01, Cass. Sez. 3 2-4-2021 n. 9200 Rv. 661071-01); quindi, la questione neppure si pone in termini di specifica formulazione dell’eccezione, ma solo nei termini di allegazione e prova dei fatti dai quali dedurre il concorso di colpa. Sul pu nto, l’unica doglianza della ricorrente è nel senso che la consulenza d’ufficio avrebbe erroneamente accertato i fatti, errore riverberatosi sulla sentenza; perciò si rimane nell’ambito di una critica all’apprezzamento in fatto, in quanto tale estraneo al sindacato di legittimità. Va escluso qualsiasi vizio della motivazione rilevante in sede di legittimità perché sul punto la motivazione, con il contenuto sopra esposto, soddisfa il minimo costituzionale, essendo effettiva e coerente.
6. Il sesto motivo è intitolato ‘ violazione art. 112 c.p.c. per violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 194 c.p.c., 90 disp. att. c.p.c. e 198 c.p.c. in relazione all’art. 36 0 n. 3 c.p.c.’; con esso la ricorrente si duole del rigetto del suo sesto motivo di appello, con il quale aveva articolato cinque profili di nullità della c.t.u., trattandone soltanto uno; sostiene che il profilo trattato sia stato ingiustamente disatteso, in quanto il c.t.u. aveva acquisito illegittimamente tre fatture, non facendone un uso meramente accessorio.
6.1.Il motivo, nella parte in cui lamenta l’omessa disamina di quattro profili di nullità della c.t.u. è infondato, dovendosi osservare
che la sentenza impugnata, laddove ha esposto il contenuto del sesto motivo di appello (pag. 14, § 3.6), ha dimostrato di avere presente che il motivo denunciava la nullità della c.t.u. sotto distinti profili, ivi elencati, al fine di chiedere la rinnovazione della consulenza d’ufficio. La circostanza che al §4.6, laddove ha esaminato il sesto motivo di appello, la sentenza abbia fatto specifico riferimento solo al profilo dell’acquisizione di tre fatture in violazione del principio del contraddittorio non significa che gli altri profili non siano stati esaminati, ma soltanto che i relativi profili non richiedevano una specifica disamina, in quanto vi era stata a riguardo una statuizione implicita di rigetto. Si ricorda che non ricorre il vizio di omessa pronuncia ove la decisione comporti una statuizione implicita di rigetto dell’eccezione, nel senso che l’eccezione, pur se non espressame nte trattata, sia superata o travolta dalla soluzione di altra questione, il cui esame presuppone, come necessario antecedente logico-giuridico, la sua irrilevanza o infondatezza (Cass. Sez. 2 26-9-2024 n. 25710 Rv. 672295-02, Cass. Sez. 5 6-12-2017 n. 29191 Rv. 646290-01, Cass. Sez. 1 8-3-2007 n. 5351 Rv. 595288-01).
Specificamente, con riguardo al profilo di nullità riferito alla violazione del contraddittorio per il fatto che la perizia aveva contenuti diversi e aggiuntivi rispetto alla prima versione trasmessa alle parti, la sentenza, nell’esaminare il terzo motivo di appello, ha dichiarato che la presentazione di tre elaborati era segno degli approfondimenti provocati dal contraddittorio durante le operazioni peritali, con la conseguenza che il perito aveva di volta in volta adeguato l’elaborato alle prospettazioni delle parti risultate fondate. Evidentemente questa pronuncia comporta anche l’implicito rigetto della relativa eccezione di nullità.
Con riguardo al profilo secondo il quale la c.t.u. non poteva avere ‘contenuto giuridico’, evidentemente l’eccezione è stata
implicitamente rigettata, in quanto il contenuto giuridico della c.t.u. avrebbe avuto rilievo se e in quanto la sentenza lo avesse recepito e quindi era sul piano della censura alla sentenza che la questione doveva essere posta.
Con riguardo alla ‘ultroneità’ della c.t.u. per avere quantificato il credito di COGNOME non sulla base dell’accertamento delle opere extra -capitolato dedotte dalla stessa ma sulla base di un ricalcolo di tutti i lavori, la sentenza nell’esaminare il secondo motivo di appello ha rigettato tutte le doglianze relative alla rideterminazione del prezzo per tutte le opere, nei termini già esaminati (cfr. sopra, punto 2.1.). Quindi, ha implicitamente rigettato anche la relativa eccezione di nullità della c.t.u.
Con riguardo al profilo della mancata risposta del c.t.u. ad alcuni quesiti, all’evidenza la sentenza impugnata ha implicitamente escluso che si trattasse di omissioni che comportassero nullità della c.t.u., in quanto non ha disposto la rinnovazione della c.t.u.
Invece, in riferimento alla questione dell’acquisizione di tre fatture in violazione del principio del contraddittorio, la sentenza ha dichiarato che la doglianza era inammissibile perché, a fronte della statuizione del giudice di primo grado secondo cui si trattava di documenti meramente accessori, cioè chiarificatori della situazione di fatto già accertata, sui quali si era svolto il contraddittorio, in violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. l’appellante non aveva spiegato perché i documenti avessero natura essenziale; ha aggiunto che i lavori extra-contratto erano stati direttamente accertati dal c.t.u. e quindi quei documenti erano irrilevanti rispetto a tutti gli altri univoci e concordanti elementi probatori acquisiti al processo.
A fronte di questo contenuto della pronuncia, la ricorrente in sostanza sostiene che il c.t.u. non abbia fatto uso meramente accessorio delle fatture, ma le abbia utilizzate per il ricalcolo del
corrispettivo e che perciò le fatture erano rilevanti e non meramente accessorie. La deduzione è inammissibile, perché si risolve, a fronte della dichiarazione di inammissibilità del motivo di appello per carenza di specificità ex art. 342 cod. proc. civ. pronunciata dalla Corte d’appello, nel fornire in questa sede la specificazione che la sentenza ha ritenuto mancante. Diversamente, la ricorrente avrebbe dovuto non solo dedurre la violazione dell’art . 342 cod. proc. civ. commessa dalla sentenza impugnata, ma anche argomentare in ordine al dato che il suo motivo di appello non era inammissibile, allegando in quali termini avesse svolto le deduzioni finalizzate a sostenere che le tre fatture dimostrassero fatti non altrimenti provati in causa e perciò non potessero essere autonomamente acquisite dal c.t.u.
7.Il settimo motivo è intitolato ‘ violazione art. 112 c.p.c. per violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. -violazione art. 115 e 116 c.p.c. per mancata valutazione delle prove in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’ e con esso la ricorrente censura il rigetto del suo settimo motivo di appello; evidenzia che, diversamente da quanto riduttivamente ritenuto dalla sentenza impugnata, con il predetto motivo aveva esposto i limiti entro i quali può essere chiesto l’aumento del prezzo nell’appalto a corpo e poi aveva riportato le previsioni degli artt. 2 e 3 delle condizioni allegate al contratto di appalto, secondo le quali COGNOME avrebbe avuto diritto a sovraprezzo solo nel caso in cui le varianti superassero il sesto. Ribadisce che il c.t.u. non ha accertato lavori extracontratto e quindi non ne ha neppure accertato l’entità e il superamento o meno del sesto.
7.1.Il motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata ha rigettato il settimo motivo di appello limitandosi a richiamare gli argomenti svolti per il rigetto del secondo motivo di appello e già sopra esaminati al punto 2.1. Quindi, per
censurare in modo pertinente tale statuizione, la ricorrente non si sarebbe potuta limitare, come ha fatto, a richiamare il contenuto del suo settimo motivo di appello, perché secondo l’accertamento svolto dalla sentenza impugnata nel rigettare il secondo motivo di appello, la questione non si poneva in termini di varianti che superassero o meno il sesto. Secondo l’accertamento svolto dalla Corte d’appello tutte le lavorazioni erano state eseguite in termini diversi da quelli contrattualmente previsti, con una modifica dell’oggetto del contratto che aveva imposto il ricalcolo complessivo del compenso, in quanto nulla era rimasto invariato. Quindi, al fine di rendere rilevanti le sue deduzioni sul fatto che l’appalto era a corpo e prevedeva il pagamento delle varianti che superassero il sesto, la ricorrente avrebbe dovuto censurare tale accertamento in fatto in termini ammissibili nel giudizio di legittimità.
8. Con l’ottavo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione art. 115 e 116 c.p.c. per mancata valutazione delle prove in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c.’ e si duole del rigetto del suo ottavo motivo di appello; evidenzia che, diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello, non aveva imputato alla sentenza di primo grado una omessa pronuncia e che tale affermazione fosse il sintomo della scarsa attenzione prestata alla questione, confermata dal fatto che non vi era in atti alcuna allegazione e dimostrazione di COGNOME a giustificazione del ritardo nei lavori; aggiunge che le tre DIA non erano relative a lavori straordinari, che, in ogni caso, le prime due pratiche DIA erano precedenti alla scrittura privata di cessione del contratto di appalto e che la data di ultimazione dei lavori ai fini del computo della penale, fissata al 28-1-2012, era stata concordata dalle parti con la scrittura del 28-11-2011, quando tutti i lavori di consolidamento erano stati eseguiti e i progetti DIA erano stati depositati; quindi sostiene sia evidente che COGNOME, con piena consapevolezza, aveva accettato il
termine dei lavori come pattuito con la scrittura del 28-11-2011 in relazione ai lavori da eseguire dopo quella data.
8.1.La sentenza impugnata, nel rigettare l’ottavo motivo di appello, ha dichiarato non solo che non vi era stata l’omessa pronuncia prospettata nel motivo, ma anche che il Tribunale aveva escluso il nesso eziologico tra la condotta di RAGIONE_SOCIALE e il danno da ritardo lamentato dalla committente; ha confermato tale valutazione, dichiarando che la società appaltatrice aveva dimostrato la non imputabilità dei ritardi, attesa l ‘ idoneità dei mutamenti apportati ai progetti originari, con tre diversi proge tti nell’arco di tre mesi, a provocare uno slittamento della data originariamente fissata al momento dell’appalto.
Tale pronuncia non è censurata in modo pertinente dalla ricorrente, con la conseguente inammissibilità del motivo, in quanto la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. ricorre solo nei casi sopra già esposti e, al contrario, anche con questo motivo la ricorrente propone una ricostruzione in fatto complessivamente diversa da quella eseguita nel giudizio di merito, in quanto tale estranea al giudizio di legittimità.
Per di più, la ricorrente pare prospettare una lettura della scrittura del 28-11-2011 nel senso che in essa le parti avessero concordato la data di consegna dei lavori tenendo conto delle modifiche ai progetti che a quella data erano state già apportate e perciò proprio sulla base di quelle modifiche, con riguardo ai lavori da eseguire dopo il 28-112011. La deduzione è inammissibile in primo luogo sotto il profilo della novità, perché si tratta di questione che non è esaminata dalla sentenza impugnata e non risulta posta in questi termini dall’ottavo motivo di appello, come trascritto nel ricorso. Inoltre, la deduzione è inammissibile perché presuppone una interpretazione della scrittura del 28-11-2011 che in primo luogo avrebbe richiesto, in ossequio
all’art. 366 co. 1 n. 6 cod. proc. civ., la specifica indicazione del contenuto dell’accordo al fine di dimostrare che il suo contenuto fosse quello sostenuto dalla ricorrente; al contrario, non vi è traccia di ciò nel motivo, che si limita a evidenziare l a data dell’accordo, elemento in sé evidentemente già considerato dalla sentenza impugnata.
9.Il nono motivo è intitolato ‘ violazione art. 115 e 116 c.p.c. per mancata valutazione delle prove in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c.’ e con esso la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere rigettato il suo nono motivo di appello volto a ottenere il risarcimento dei danni per gli inadempimenti dell’appaltatrice. Evidenzia di avere depositato in allegato all’atto di citazione in opposizione due proposte di acquisto e lettere di richiesta di intervento dei promissari acquirenti, lettere con cui RAGIONE_SOCIALE chiedeva a COGNOME di sostituire mattonelle e riparare i vizi e aggiunge di avere formulato prova per testi con i potenziali acquirenti per dimostrare il nesso eziologico tra l’omessa riparazione e le mancate vendite; sostiene che le carenze probatorie siano addebitabili all’omesso attento esame della documentazione e alla mancata ammissione della prova per testi.
9.1.La sentenza impugnata ha dichiarato che le domande risarcitorie proposte RAGIONE_SOCIALE erano state ritenute assorbite e perciò implicitamente rigettate dal Tribunale alla luce delle considerazioni relative al concorso colposo della committente e alla non imputabilità a RAGIONE_SOCIALE dei ritardi nell’ultimazione delle oper e, con la conseguenza che sarebbe spettato all’appellante allegare e dimostrare che determinati oneri asseritamente sostenuti fossero riconducibili a quei vizi e difetti; quindi ha escluso che potesse essere imputata alla società appaltatrice la mancata vendita di appartamenti per mancati interventi riparatori ai pavimenti e alle tracce di umidità, trattandosi di operazioni comunque eseguibili dalla stessa RAGIONE_SOCIALE, salvo il diritto al risarcimento a carico di COGNOME; ha
aggiunto che gli oneri da interessi passivi del mutuo, come prospettati dall’appellante, rientravano nell’ordinario rischio imprenditoriale, non essendo stato specificamente allegato e provato che tali esborsi fossero stati maggiori soltanto per il comportamento della società appaltatrice.
Gli argomenti della ricorrente neppure censurano in modo pertinente e ammissibile in sede di legittimità le statuizioni al fine di farne emergere l’erroneità, ma si limitano a riproporre l a propria tesi sull’esistenza del danno, senza considerare le ragioni per le quali la sentenza ne ha escluso la risarcibilità, sia con riferimento alla mancanza di responsabilità in capo all’appaltatrice, sia con riferimento all’inesistenza della prova di danno ris arcibile.
Inoltre, anche questo motivo è inammissibile per le medesime ragioni per le quali sono inammissibili gli altri motivi laddove è dedotta la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., perché nessuno degli argomenti è utile a fare emergere la violazione di tali disposizioni nei termini richiesti da Cass. Sez. U 20867/2020, mentre tutte le deduzioni sono finalizzate a ottenere la ricostruzione dei fatti favorevole alla ricorrente. Neppure la mancata ammissione della prova testimoniale è censurabile in sede di legittimità per violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. (Cass. Sez. 3 14-4-2025 n. 9731 Rv. 674614-01), mentre alla riqualificazione del motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. ostano sia le modalità della sua formulazione, sia la preclusione derivante dalla ‘doppia conforme’.
10.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato.
Nulla sulle spese del giudizio di legittimità, essendo la controparte rimasta intimata.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente,
di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 24-9-2025
Il Presidente NOME COGNOME