Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25150 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25150 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 5645/2020 r.g. proposto da:
Provincia di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME la quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso, il quale dichiara di voler ricevere le
comunicazioni delle notificazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia n. 769/2019, depositata in data 11 dicembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/6/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
La Procura Generale, nella persona del dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del ricorso e, subordinatamente, se il ricorso sia dichiarato inammissibile, che si enunci il principio di diritto applicabile in conformità alle osservazioni dell’ Ufficio.
RILEVATO CHE
La RAGIONE_SOCIALE specializzata nel settore della segnaletica stradale, veniva individuata dalla Provincia di Salerno per eseguire «lavori di somma urgenza relativi alla messa in sicurezza, verniciatura ed alla realizzazione di calette per captazione dell’acqua della galleria INDIRIZZO di Prignano Cilento».
In data 19/5/2008 veniva redatto il «verbale di consegna dei lavori sotto riserva di legge» che veniva sottoscritto sia dalla RAGIONE_SOCIALE che dalla Provincia di Salerno, nelle persone del direttore dei lavori e del RUP.
Terminate le operazioni veniva redatto il verbale di chiusura dei lavori.
La società emetteva fattura n. 216 dell’11/5/2010 per la somma di euro 153.843,36, ma la Provincia non provvedeva al pagamento delle prestazioni.
Con ricorso per decreto ingiuntivo la società chiedeva alla Provincia il pagamento della somma suddetta.
A seguito di opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso il tribunale, muovendo dalla mancata regolarizzazione dei lavori entro il termine di 30 giorni dall’assegnazione degli stessi con verbale di consegna, rilevava che nessun rapporto obbligatorio si era instaurato tra la RAGIONE_SOCIALE e la Provincia, ai sensi dell’art. 191, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000.
Proponeva appello la società evidenziando che l’art. 191, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000 doveva essere integrato con quanto previsto dagli articoli 175 e 176 del d.P.R. n. 207 del 2010; in base a tale ultima disposizione, ove un lavoro intrapreso per motivi di somma urgenza non riportasse l’approvazione del competente organo della stazione appaltante, si doveva procedere alla liquidazione delle spese relative «alla parte dell’opera o dei lavori realizzati».
Pertanto, la società chiedeva, in subordine, che venisse riconosciuto comunque l’importo di euro 149.952,80 «per la parte dell’opera realizzata».
La Corte d’appello di Perugia, con sentenza n. 269/2019, depositata l’11/12/2019, accoglieva l’appello proposto dalla società, revocava il decreto ingiuntivo n. 178 del 2011, e condannava la Provincia pagamento della somma di euro 149.952,80.
La Corte territoriale si soffermava sulla disciplina specifica dei lavori di somma urgenza di cui al comma 3 dell’art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000.
Evidenziava la Corte di merito che sussistevano i presupposti della somma urgenza, in quanto «la RAGIONE_SOCIALE era stata incaricata di mettere in sicurezza la galleria di Pignano Cilento e di realizzarvi la verniciatura e le canaletta di captazione dell’acqua nell’ambito, appunto, di lavori di somma urgenza».
La Corte d’appello faceva applicazione dell’art. 191, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000, prima delle modifiche apportate dalla legge n. 213 del 2012.
Si prevedeva dunque la possibilità di regolarizzare l’ordinazione e, quindi, di assumere l’impegno sul pertinente capitolo di bilancio acquisendo l’attestazione della copertura finanziaria da parte del servizio economico finanziario, entro 30 giorni.
In base a tale particolare tipologia di spesa (lavori di somma urgenza) la comunicazione al terzo fornitore veniva effettuata contestualmente alla regolarizzazione.
Tale discrasia temporale tra l’ordinazione dei lavori, che abilitava il terzo appaltatore all’esecuzione, e la comunicazione della regolarizzazione, che consolidava il rapporto obbligatorio fra l’ente e il terzo appaltatore, risultava conforme alla disciplina generale dettata in tema di esecuzione dei lavori di somma urgenza.
Si richiamava l’art. 176, comma 5, del d.P.R. n. 207 del 2010, che consentiva, per i lavori di somma urgenza, la liquidazione delle sole spese relative alla parte dell’opera o dei lavori realizzati.
Pertanto, spettava alla società RAGIONE_SOCIALE per i lavori già eseguiti, la somma di euro 149.952,80, come risultava dal computo metrico mai fatto oggetto di contestazioni.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Provincia di Salerno.
Ha resistito con controricorso la Segnal System.
La Procura Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del ricorso e, in subordine, l’inammissibilità dello stesso, in uno, in tal caso, all’enunciazione del principio di diritto in conformità a quanto osservato.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la «violazione e falsa applicazione degli articoli 5, legge n. 241/90, 130, del d.lgs. n. 163/06, 191, 194 e 107, d.lgs. n. 267/2000, 2041 e 2042, c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, numeri 3, 4 e 5, c.p.c., error in procedendo per violazione degli articoli 113, c.p.c., e 345, c.p.c.».
Per la ricorrente la Corte d’appello avrebbe dato per scontato che si trattasse di un affidamento in somma urgenza, senza tenere in alcun modo conto del fatto che la Provincia aveva contestato che ricorressero i presupposti di tale fattispecie.
In realtà, ad avviso della ricorrente, si trattava semplicemente di lavori «riaffidati» a diverse imprese, tra cui la RAGIONE_SOCIALE, dopo lo scioglimento del contratto con il precedente affidatario.
Non si era in presenza di un «evento eccezionale o imprevedibile» come disposto dall’art. 191, comma 3, del TUEL.
Inoltre, solo nell’atto d’appello, per la prima volta, la società ha chiesto il riconoscimento del «valore delle opere eseguite», trattandosi però di domanda nuova, inammissibile in appello.
Per la ricorrente «la domanda di adempimento contrattuale e quella di arricchimento senza sono del tutto differenti per struttura e tipologia».
Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la «violazione degli articoli 115 c.p.c. e 191 TUEL».
Ad avviso della ricorrente, dunque, avrebbe errato la Corte d’appello nel reputare che la Provincia di Salerno non avesse mai contestato il computo metrico acquisito nel giudizio di primo grado.
In senso contrario deve osservarsi che il verbale di urgenza, il successivo verbale di somma urgenza ed il computo metrico, erano stati espressamente contestati dalla Provincia, sia in primo grado che in secondo grado.
Tra l’altro tali atti non sono stati mai approvati dal competente dirigente ai fini della regolarizzazione della spesa e nemmeno dal consiglio provinciale, ai fini del riconoscimento del debito fuori bilancio.
Il computo metrico sarebbe stato sottoscritto da soggetto del tutto privo di competenza di impegnare direttamente l’amministrazione verso l’esterno.
Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la «violazione e falsa applicazione degli articoli 191 e 194 del d.lgs. n. 267/2000, 176, comma 5, del d.P.R. n. 207/2010, art. 112, c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, numeri 3, 4 e 5, c.p.c.».
L’ulteriore errore commesso dalla Corte d’appello consisterebbe nell’aver liquidato somme maggiori rispetto alle spese relative alla parte dell’opera o dei lavori realizzati, come invece previsto dall’art. 106 del d.P.R. n. 207 del 2010.
Doveva escludersi ogni compenso imputabile al profitto dell’imprenditore affidatario dei lavori.
Con il quarto motivo di impugnazione si deduce la «violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 c.c., 115 c.p.c., 194 comma 1, lettera e), e 191, d.lgs. n. 267/2000, in relazione all’art. 360, primo comma, numeri 3, 4 e 5, c.p.c.».
La condanna nei confronti della Provincia di Salerno al pagamento del valore delle opere descritte nel computo metrico sarebbe avvenuta «senza che alcuna prova sia stata acquisita in giudizio sulla loro effettiva esecuzione e sul loro valore, ma solo sulla base di tale documento», che non poteva costituire un riconoscimento del debito.
Il primo e il terzo motivo di impugnazione che vanno affrontati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono infondati.
Si premette che il Collegio intende discostarsi dalle conclusioni della Procura Generale, che ha chiesto pronunciarsi il principio di diritto ex art. 363, terzo comma, c.p.c. ed affermarsi la prevalenza del disposto di cui all’art. 191, comma 3, TUEL sul principio dettato dall’art. 176, comma 5, del d.P.R. n. 207 del 2010, in quanto reputa applicabile alla fattispecie l’art. 191 TUEL nella versione anteriore alla modifica di cui alla legge n. 213 del 2012, che non faceva alcun accenno all’impegno di spesa.
5.1. Deve ancora premettersi che la sussistenza delle caratteristiche di lavori di somma urgenza risulta oggetto di uno specifico giudizio meritale da parte della Corte d’appello, che non può essere messo in discussione in questa sede.
Ed infatti la Corte territoriale ha affermato con chiarezza che «il comma 3 dello stesso art. 191 reca una disciplina specifica per l’assunzione di impegni e l’ordinazione di spese relative ai lavori di somma urgenza ed è a questa disciplina specifica che occorre fare riferimento nella vicenda in oggetto dal momento che la RAGIONE_SOCIALE era stata incaricata di mettere in sicurezza la galleria di Pignano Cilento».
Inoltre, deve evidenziarsi che la Corte d’appello ha correttamente interpretato la normativa in oggetto, riferendosi all’art. 191, comma 3, TUEL, nella versione originaria, prima delle modifiche apportate dalla legge n. 213 del 2012, e dando prevalenza alla disciplina specifica di cui all’art. 176, comma 5, del d.P.R. n. 207 del 2010.
6.1. L’art. 191, comma 3, TUEL, nella versione vigente dal 13/10/2000 al 7/12/2012, prevede: «Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, l’ordinazione fatta a terzi è regolarizzata, a pena di decadenza, entro 30 giorni e comunque entro il 31 dicembre
dell’anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è data contestualmente alla regolarizzazione».
Non si fa alcun riferimento alla disciplina dell’impegno di spesa. Vi è comunque un margine temporale dal momento in cui viene fatta l’ordinazione a terzi, con inizio dei lavori di somma urgenza, e la successiva regolarizzazione, che deve avvenire entro il termine di 30 giorni, prevedendosi che la comunicazione al terzo interessato deve avvenire contestualmente alla regolarizzazione, comportando l’unificazione ed il consolidamento del rapporto.
6.2. Ben diversa è la disciplina dell’art. 191, comma 3, TUEL, dopo le modifiche apportate nell’anno 2012, prevedendosi in tale ipotesi che «er i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, la Giunta, qualora i fondi specificamente previsti in bilancio si dimostrino insufficienti, entro venti giorni dall’ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile del procedimento, sottopone al Consiglio il provvedimento di riconoscimento della spesa con le modalità previste dall’art. 194, comma 1, lettera e), prevedendo la relativa copertura finanziaria nei limiti della accertata necessità per la rimozione dello stato di pregiudizio alla pubblica incolumità. Il provvedimento di riconoscimento è adottato entro 30 giorni dalla data di deliberazione della proposta da parte della Giunta, e comunque entro il 31 dicembre dell’anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è data contestualmente all’adozione della delibera consiliare».
La norma, dunque, differisce per l’individuazione degli organi che devono procedere alla regolarizzazione, valorizzando la delibera del consiglio comunale, anche se preceduta dall’attestazione della giunta
comunale che i fondi previsti specificamente in bilancio non sono sufficienti, oltre che per la previsione dell’impegno di spesa e del possibile intervento del consiglio comunale con riguardo i debiti fuori bilancio, ex art. 194, comma 1, lettera e), TUEL.
Resta la discrasia temporale tra il momento di affidamento dell’incarico, con l’ordinazione fatta a terzi, ed il momento della delibera del consiglio comunale per il riconoscimento della spesa, da comunicare contestualmente al terzo interessato.
6.3. La Corte d’appello ha ritenuto correttamente applicabile la disciplina speciale di cui all’art. 176 del d.P.R. n. 207 del 2010 (Regolamento di esecuzione del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), dedicato ai «provvedimenti in casi di somma urgenza».
L’art. 176, comma 5, citato stabilisce che «qualora un’opera o un lavoro intrapreso per motivi di somma urgenza non riporti l’approvazione del competente organo della stazione appaltante, si procede alla liquidazione delle spese relative alla parte dell’opera o dei lavori realizzati».
Tra l’altro, tale disposizione è stata preceduta dall’art. 147 del d.P.R. n. 554 del 1999 (Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109), a mente del quale «in circostanze di somma urgenza che non consentono alcun indugio, il soggetto fra il responsabile del procedimento e il tecnico che si reca prima sul luogo, può disporre, contemporaneamente alla redazione del verbale di cui all’art. 146, la immediata esecuzione dei lavori entro il limite di 200.000 euro o comunque di quanto indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica incolumità».
Il comma 5 dell’art. 147 citato sancisce poi che «qualora un’opera o un lavoro intrapreso per motivi di somma urgenza non riporti l’approvazione del competente organo della stazione
appaltante, si procede alla liquidazione delle spese relative alla parte dell’opera o dei lavori realizzati».
Vi è dunque una differenza netta rispetto all’art. 23 del decreto-legge n. 66 del 1989, convertito in legge n. 144 del 1989, che, con riferimento ai lavori di somma urgenza, stabiliva, al comma 3, che «per i lavori di somma urgenza l’ordinazione fatta a terzi deve essere regolarizzata improrogabilmente entro 30 giorni e comunque entro la fine dell’esercizio, a pena di decadenza».
Nulla stabilendo in ordine al valore delle opere già eseguite.
Proprio in ragione di tale distinzione normativa, con riferimento all’art. 23 del d.l. n. 66 del 1989, questa Corte aveva ritenuto che, in assenza delle tempestive e necessarie regolarizzazioni, non si configurasse alcun rapporto contrattuale con l’ente territoriale e non spettasse alcunché al soggetto che aveva espletato il servizio ferma restando l’obbligazione a carico della persona fisica che aveva consentito la fornitura (Cass., sez. 3, 28/9/2009, n. 20763; Cass., sez. 1, 3/9/2010, n. 19037).
Per questa Corte, invece, che si è pronunciata in materia nella vigenza dell’art. 147 del d.P.R. n. 554 del 1999, spetta all’appaltatore, nei casi di lavori di somma urgenza, il valore delle opere effettuate, in carenza di approvazione da parte degli organi dell’ente territoriale (Cass., sez. 2, 21/1/2016, n. 1073; anche Cass., n. 25945 del 2018).
Si è ritenuto dunque che, in tema di appalto di opere pubbliche, qualora, ai sensi dell’art. 147 del d.P.R. n. 554 del 1999 – recante il regolamento d’attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici n. 109 del 1994 (applicabile ” ratione temporis “) – sia stata disposta per ragioni di somma urgenza l’immediata esecuzione di lavori, cui non abbia fatto seguito l’approvazione nei termini previsti dalla stessa norma, sorge a carico dell’ente pubblico un’obbligazione
” ex lege ” al pagamento dei soli costi di produzione di quanto effettivamente realizzato (inclusi quelli per la mano d’opera, i materiali, le spese di trasporto e la remunerazione normale dell’attività organizzativa), restando invece escluso un compenso imputabile al profitto dell’imprenditore affidatario dei lavori (Cass. n. 1073 del 2016).
10.1. Pertanto questa Corte si è già occupata dell’antinomia tra la disciplina settoriale degli appalti pubblici e quella che regola gli enti locali (la responsabilità del funzionario ex art. 23 del d.l. 66 del 1989 e poi art. 191 TUEL), dando prevalenza alla prima.
10.2. Le medesime conclusioni valgono anche nel rapporto tra la disciplina settoriale di cui all’art. 176 del d.P.R. n. 207 del 2010 e gli artt. 191 e 194 del TUEL, per lo meno nel testo vigente fino alle modifiche apportate nel 2012.
L’art. 176 del d.P.R. n. 207 del 2010 è di contenuto analogo a quello dell’art. 147 del precedente d.P.R. n. 554 del 1999, e questa Corte (Cass. n. 1073 del 2016), come detto, ha ritenuto prevalente la disciplina speciale sugli appalti pubblici rispetto a quella degli enti locali (prima l’art. 23, comma 3, d.l. n. 66 del 1989, poi trasfuso nell’art. 191, comma 3, d.lgs. n. 267 del 2000).
Il legislatore degli appalti pubblici ha, dunque, dettato una norma speciale per i lavori di somma urgenza che vengono richiesti al privato, senza gara pubblica, per esigenze eccezionali che non possono essere in alcun modo rinviate. E qui si marca il dissenso con le conclusioni del P.G.
La liquidazione delle opere effettivamente realizzate risulta improntata al principio di buona fede e di correttezza nei rapporti contrattuali, al fine di impedire un arricchimento senza causa del comune che ha chiesto al privato di svolgere lavori di somma urgenza.
10.3. Proprio l’applicazione nella fattispecie dell’art. 191 del d.l.gs. n. 267 del 2000, nella versione anteriore alle modifiche di cui alla legge n. 213 del 2012, che ha inserito l’impegno di spesa anche per i lavori di somma urgenza, non consente a questa Corte di enunciare il principio di diritto richiesto dalla Procura Generale.
Inoltre, questa Corte (Cass., sez. 2, 21/1/2016, n. 1073) ha con chiarezza rimarcato che all’interno del pagamento dei soli costi di produzione di quanto effettivamente realizzato, contenuta nel comma 5 dell’art. 147 del d.P.R. n. 554 del 1999, devono includersi tutti i costi di produzione.
Tra tali costi vanno ricompresi, oltre alla manodopera, ai materiali alle spese di trasporto, anche la remunerazione normale dell’attività organizzativa dell’imprenditore affidatario, restando invece escluso ogni immagine di compenso imputabile al profitto.
Pertanto, anche con riferimento all’art. 176, del d.P.R. n. 207 del 2010, quanto ai lavori di somma urgenza, valgono i medesimi principi giurisprudenziali già affermati da questa Corte con riferimento al previgente art. 147 del d.P.R. n. 554 del 1999.
In mancanza di approvazione da parte degli organi dell’ente territoriale, sussiste comunque l’obbligo di pagamento da parte del Comune delle spese relative alla parte dell’opera o dei lavori realizzati, ex art. 176, comma 5, d.P.R. n. 207 del 2010.
Fatta questa premessa normativa e giurisprudenziale, risulta evidente come la richiesta in appello da parte della società dell’applicazione dell’art. 176, comma 5, del d.P.R. n. 207 del 2010, tesa a conseguire il pagamento almeno delle spese per le opere già espletate, non può certo costituire ius novorum e, dunque, domanda nuova, vietata ex art. 345 c.p.c.
I fatti costitutivi della domanda avanzata dalla società sono sempre stati gli stessi, sia in prime cure che nell’atto d’appello, ossia
il pagamento dei lavori di somma urgenza, mentre nell’atto di gravame la RAGIONE_SOCIALE si è limitata ad indicare la disposizione normativa applicabile alla fattispecie, anche in ragione del regime intertemporale verificatosi.
Non si è verificata la allegazione di fatti nuovi né l’indicazione di elementi di prova nuovi e neppure la specificazione delle cause petendi , ma solo una semplice precisazione di una tematica già acquisita al giudizio, con una limitazione del petitum alle sole spese sostenute, con esclusione del profitto aziendale, trattandosi di opere di somma urgenza non approvate regolarmente nei tempi previsti dagli organi comunali.
Peraltro, va annotato che in virtù del principio ” iura novit curia ” di cui all’art. 113, comma 1, c.p.c., il giudice ha il potere-dovere di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in giudizio, nonché all’azione esercitata in causa, potendo porre a fondamento della sua decisione disposizioni e principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti, purché i fatti necessari al perfezionamento della fattispecie ritenuta applicabile coincidano con quelli della fattispecie concreta sottoposta al suo esame (Cass., sez. 3, 27/11/2018, n. 30607).
14. Il secondo motivo è inammissibile.
14.1. A prescindere dalla mancata indicazione, nel motivo di ricorso per cassazione, della specifica censura all’interno della griglia impugnatoria di cui all’art. 360 c.p.c., la ricorrente avrebbe comunque dovuto trascrivere, almeno in parte, il contenuto degli atti processuali da cui si ricaverebbe che la Provincia di Salerno ha sempre contestato il computo metrico acquisito nel giudizio di primo grado e tenuto in considerazione per la liquidazione relative alle spese sostenute dall’appaltatore con riguardo alle opere già realizzate.
Per questa Corte, infatti, in virtù del principio di autosufficienza, il ricorso per cassazione con cui si deduca l’erronea applicazione del principio di non contestazione non può prescindere dalla trascrizione degli atti sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata la non contestazione che il ricorrente pretende di negare, atteso che l’onere di specifica contestazione, ad opera della parte costituita, presuppone, a monte, un’allegazione altrettanto puntuale a carico della parte onerata della prova (Cass., sez. 3, 13/10/2016, n. 20637).
Il quarto motivo è inammissibile.
15.1. Da un lato, infatti, viene evocata in giudizio la norma regolatrice della distribuzione dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., pur contestando la liquidazione delle somme dovute alla società da parte della Provincia di Salerno in ragione del computo metrico, e quindi prospettando una diversa valutazione dei fatti.
15.2. Dall’altro, poi, si chiede in sostanza una diversa valutazione degli elementi istruttori, già compiutamente effettuata da parte della Corte di merito, non censurabile in questa sede.
Per la ricorrente, dunque, la Corte d’appello avrebbe condannato la Provincia di Salerno al pagamento del valore delle opere descritte nel computo metrico, senza che alcuna prova fosse stata acquisita in giudizio sulla loro effettiva esecuzione e sul loro valore.
È evidente che vi è una espressa richiesta di rivalutazione di tutto il materiale probatorio acquisito, inammissibile in sede di legittimità.
16. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste per il principio della soccombenza a carico della ricorrente e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna ricorrente a rimborsare in favore della controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 5.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, Iva e cpa.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-q uater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sezione