Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15457 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15457 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/06/2024
NOME COGNOME, impiegata dalla Provincia di Latina come LSU/LPU dal 1996 al 2004, ha adito il Tribunale di Latina, chiedendo che l’Amministrazione venisse condannata al pagamento delle differenze retributive tra quanto percepito come LSU e quanto spettante in ragione del carattere subordinato del rapporto di lavoro.
Il Tribunale di Latina ha accolto la domanda nei limiti della prescrizione quinquennale.
La Corte di Appello di Roma ha respinto l’appello principale proposto dalla Provincia di Latina ed accolto quello incidentale proposto della COGNOME, ha dichiarato il carattere subordinato del rapporto di lavoro intercorso tra le parti ed ha condannato la Provincia di Latina al pagamento delle differenze retributive tra quanto percepito dalla COGNOME come LSU-LPU e quanto la medesima avrebbe dovuto percepire come dipendente che aveva svolto le medesime mansioni.
La Corte territoriale ha ritenuto provato che l’Amministrazione aveva utilizzato i lavoratori socialmente utili per creare in modo surrettizio un contingente di lavoratori per colmare le proprie carenze organiche, e non per sopperire ad una situazione temporanea e straordinaria; ha inoltre ritenuto generiche le istanze istruttorie proposte dalla Provincia ed ha accertato che le attività svolte dalla COGNOME non erano riconducibili ai progetti sulla scorta dei quali avrebbe dovuto prestare la sua attività lavorativa.
Ha richiamato la giurisprudenza di legittimità secondo cui il rapporto di lavoro dei lavoratori socialmente utili ha carattere previdenziale, nonché il principio secondo cui la natura di detti rapporti non osta all’applicabilità dell’art.
2126 cod. civ. qualora risulti che è stato prestato un lavoro ulteriore e diverso rispetto a quello del LSU, in contrasto con le norme poste a tutela del lavoratore.
Ha aggiunto che il presupposto della stabilità del rapporto di lavoro non deve essere verificato ex post , ma in relazione al concreto atteggiarsi del rapporto nel corso del suo svolgimento ed ha ritenuto, pertanto, che il termine quinquennale di prescrizione dei crediti del lavoratore decorre dalla cessazione del rapporto e rimane sospeso in costanza dello stesso.
La Provincia di Latina ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La COGNOME ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
Con il primo motivo, il ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 10 d. lgs. n. 468/1997 e dell’art. 2126 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per non avere la Corte territoriale considerato che l’elencazione dei lavori socialmente utili non ha carattere tassativo e che il lavoratore socialmente utile può svolgere tutte le funzioni proprie del Settore di assegnazione.
Critica la sentenza impugnata per avere affermato che le attività svolte dalla RAGIONE_SOCIALE siano state divergenti rispetto alle disposizioni di legge e al progetto.
Sostiene che tale divergenza è comunque consentita dall’art. 10 del d. lgs. n. 468/1997 ed evidenzia che nel caso di specie difetta il requisito della subordinazione, costituito dal pagamento del compenso da parte del beneficiario.
Con il secondo motivo, proposto in via gradata e subordinata, il ricorso denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2934 e 2948 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che il rapporto non fosse assistito da stabilità reale.
L’impugnazione è inammissibile in quanto tardiva.
La sentenza impugnata è stata infatti pubblicata in data 28.5.2018; ai sensi dell’art. 327 cod. proc. civ., come modificato dalla legge n. 69/2009 applicabile ratione temporis in quanto il giudizio di primo grado è iniziato nel 2011, il termine lungo per l’impugnazione, in mancanza di notifica, era pertanto di sei mesi.
Il ricorso per cassazione è datato 27.12.2018 ed è stato notificato in data 27.12.2018, quando già era spirato il termine sopra indicato, maturato il 28 novembre 2018, giacché nelle cause di lavoro non trova applicazione la sospensione feriale.
6 . Va pertanto dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per il Comune ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed in euro 4.000,00 per competenze professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge , con distrazione in favore dell’AVV_NOTAIO.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del Comune ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 10 maggio 2024.
La Presidente NOME COGNOME