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Lavoratore Socialmente Utile: quando spetta la paga?

Una lavoratrice impiegata per anni come Lavoratore Socialmente Utile ha richiesto le differenze retributive, sostenendo che il suo fosse un rapporto di lavoro subordinato. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione d’appello che aveva respinto parte della domanda a causa della genericità delle allegazioni della lavoratrice. La sentenza sottolinea che, per ottenere il riconoscimento del lavoro subordinato, il lavoratore deve fornire prove specifiche e dettagliate dello scostamento dal progetto originario e del suo inserimento nell’organizzazione dell’ente.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Lavoratore Socialmente Utile: la prova del lavoro subordinato per ottenere le differenze retributive

La figura del Lavoratore Socialmente Utile (LSU) rappresenta da decenni uno strumento con cui gli Enti Pubblici realizzano progetti di utilità collettiva. Tuttavia, la linea di demarcazione tra un progetto di utilità sociale e un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato può diventare molto sottile, specialmente quando l’impiego si protrae per anni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito quali elementi siano necessari per dimostrare tale trasformazione e ottenere le relative differenze retributive, ponendo l’accento sulla specificità delle prove che il lavoratore deve fornire.

I Fatti di Causa: una Lunga Carriera come Lavoratore Socialmente Utile

Il caso esaminato riguarda una lavoratrice impiegata da un Ente Pubblico provinciale come LSU per un lungo periodo, dal 1997 al 2008. Ritenendo che le sue mansioni e le modalità di svolgimento del lavoro fossero in tutto e per tutto assimilabili a quelle di un dipendente subordinato, la lavoratrice si è rivolta al Tribunale per chiedere il pagamento delle differenze tra il sussidio percepito e la retribuzione che le sarebbe spettata.

In primo grado, il Tribunale ha accolto la domanda, condannando l’Ente al pagamento di una cospicua somma. La Corte d’Appello, tuttavia, ha parzialmente riformato la decisione. I giudici di secondo grado hanno infatti ritenuto che, per il periodo fino al giugno 2009, le affermazioni della lavoratrice fossero state troppo generiche e astratte, limitandosi a indicare circostanze non sufficienti a dimostrare uno scostamento concreto dai progetti LSU. Per il periodo successivo, non oggetto di specifica contestazione, la condanna è stata confermata ma per un importo notevolmente inferiore.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La lavoratrice ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali:

1. Violazione delle regole sull’onere della prova (art. 2697 c.c.): Sosteneva che, una volta provato l’assoggettamento al potere direttivo dell’ente, spettasse a quest’ultimo dimostrare l’esistenza e il rispetto del progetto LSU.
2. Errata applicazione dell’art. 2126 c.c.: Affermava che lo svolgimento continuativo per 13 anni di compiti indispensabili per l’ente comportasse automaticamente l’applicazione della tutela retributiva prevista per il lavoro di fatto, a prescindere dall’esistenza formale di un progetto.
3. Errore procedurale: Lamentava che la Corte d’Appello avesse omesso di pronunciarsi sulla sua domanda subordinata di indennizzo per ingiustificato arricchimento (art. 2041 c.c.).

La Prova del Lavoro Subordinato per il Lavoratore Socialmente Utile: le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i motivi di ricorso inammissibili. La decisione si fonda su un punto centrale: i primi due motivi non coglievano la ratio decidendi della sentenza d’appello. Il problema, infatti, non era stabilire a chi spettasse l’onere della prova in astratto, ma la constatazione che le allegazioni della lavoratrice erano state, in concreto, troppo generiche per il periodo in questione.

La Corte ha ribadito un principio consolidato: per ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato, il Lavoratore Socialmente Utile deve provare, con fatti specifici e circostanziati, non solo la difformità delle mansioni svolte rispetto a quelle previste dal progetto, ma anche il suo effettivo inserimento nell’organizzazione pubblicistica e l’adibizione a un servizio rientrante nei fini istituzionali dell’Amministrazione. In altre parole, non basta dire ‘ho fatto altro’, ma bisogna descrivere nel dettaglio cosa si è fatto, quali ordini si sono ricevuti, come il proprio lavoro fosse fungibile e integrato con quello dei dipendenti di ruolo.

La richiesta della lavoratrice di ordinare all’ente l’esibizione dei progetti LSU è stata vista dai giudici come una conferma dell’astrattezza delle sue affermazioni iniziali. Il ricorso, secondo la Suprema Corte, mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Anche il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile per vizi procedurali, in quanto non formulato correttamente e non sufficientemente documentato.

Le conclusioni: Allegazioni Specifiche sono Essenziali

La pronuncia della Cassazione offre una lezione fondamentale per tutti i lavoratori impiegati in forme di lavoro flessibile o socialmente utile che intendano rivendicare la natura subordinata del proprio rapporto. La semplice durata del rapporto o la percezione di svolgere compiti importanti non sono, di per sé, sufficienti. È indispensabile, sin dal primo atto del giudizio, articolare le proprie difese su allegazioni fattuali precise, dettagliate e concrete. Occorre dimostrare in modo inequivocabile lo scostamento dal modello formale e la piena integrazione nella struttura organizzativa del datore di lavoro. In assenza di tale specificità, il rischio è che la domanda venga respinta per genericità, senza nemmeno entrare nel merito della questione.

Un Lavoratore Socialmente Utile ha diritto alla stessa paga di un dipendente subordinato?
Solo se riesce a dimostrare che il suo rapporto di lavoro, nei fatti, era di natura subordinata. Ciò richiede la prova di uno scostamento concreto dal progetto di utilità sociale e un effettivo inserimento nell’organizzazione dell’ente per svolgere compiti istituzionali.

Chi deve provare che il lavoro svolto era diverso da quello previsto dal progetto LSU?
Secondo la sentenza, l’onere della prova spetta al lavoratore. Egli deve fornire allegazioni specifiche e dettagliate, non generiche, per dimostrare la discrasia tra il progetto formale e le mansioni effettivamente svolte.

Cosa succede se le affermazioni del lavoratore in tribunale sono troppo generiche?
Se le allegazioni sono ritenute astratte e generiche, come nel caso di specie per il periodo anteriore al 7.6.2009, la domanda del lavoratore può essere respinta. La Corte ha stabilito che la genericità delle affermazioni non permette al giudice di accertare la natura subordinata del rapporto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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