Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 32198 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 32198 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10159/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in BRESCIA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE QUALE MANDATARIA DI RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in PARMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 2151/2022 depositata il 25/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
─ Con sentenza del 17.10.2018 il Tribunale di Parma – in parziale accoglimento dell’opposizione al decreto ingiuntivo emesso su ricorso della Banca Monte Parma s.p.a. proposta dai debitori principali NOME e NOME COGNOME e dalla garante NOME COGNOME -all’esito di CTU, condannava in solido gli opponenti al pagamento in favore della creditrice Intesa San Paolo (incorporante Banca Monte Parma s.p.a.) della minor somma di euro 1.630.324,44 per capitale e interessi di mora (fermo il limite di euro 1.500.000 quanto alla garante) a titolo di saldo debitore del c/c intestato ai debitori principali. In giudizio interveniva RAGIONE_SOCIALE aderendo alle difese di intesa San Paolo quale cessionaria anche del credito oggetto del giudizio nel contesto di un’operazione di cartolarizzazione.
2.- La Corte di appello di Bologna, adita dai sig. COGNOME COGNOME, respingeva il gravame osservando:
quanto al primo motivo, che il contratto sottoscritto il 28 settembre 2009 riconosceva espressamente lo ius variandi in capo alla banca, ovvero la facoltà di modificare i tassi i prezzi e le altre condizioni di contratto anche in via unilaterale previa comunicazione al correntista, e che era infondata l’eccezione di mancata comunicazione delle modifiche apportate unilateralmente, poiché – a fronte di contestazioni generiche e selettive circa la mancata comunicazione delle modifiche contrattuali apportate (avendo dapprima gli stessi sostenuto che la violazione si sarebbe verificata dal II trimestre 2013, poi che si estendeva anche al periodo precedente)- gli appellanti non avevano mai negato da aver ricevuto i documenti prodotti dall’Istituto di credito onde comprovare l’avvenuta comunicazione, ed, in particolare, non risultava avessero mai contestato o impugnato gli estratti conto che mostrano chiaramente i tassi applicati dal 2009 in poi,
nemmeno a fronte delle due lettere di diffida inviate loro dall’istituto di credito nel 2012 e nel 2014; né avevano mai chiesto di ricevere chiarimenti o documentazione aggiuntiva sul rapporto in essere; sicché, tenuto conto della condotta tenuta dalle parti, del complesso dei documenti offerti dalla banca, della difficoltà in concreto di fornire piena prova di tutte le comunicazioni indirizzate ai correntisti stante la risalenza del rapporto, la Corte di merito ha ritenuto che vi fossero elementi sufficienti per ritenere che l’istituto di credito avesse assolto all’obbligo informativo nei confronti dei clienti e che non ricorressero i presupposti per dichiarare inefficaci una o più delle modifiche apportate;
quanto al secondo motivo ha ritenuto che il CTU all’esito dell’esame puntuale e coerente della documentazione contrattuale e dei vari estratti conto, aveva espressamente escluso il ricorrere nel caso di specie di un’ipotesi di usura originaria con riferimento ai tassi convenuti tra le parti, rilevando che il tasso relativo all’affidamento risultava ampiamente inferiore alla soglia di usura all’epoca di conclusione del contratto e che non risultavano convenuti tassi oltre le soglie di rilevanza penale; ha altresì osservato che l’eleborato peritale rispondeva «in maniera puntuale dettagliata e chiara a tutti i quesiti sottoposti dal giudicante» e che non vi aerano ragioni fondate pe disattendere le conclusioni raggiunte dal CTU sul punto; sicchè non poteva ravvisarsi la dedotta censura di omessa pronuncia circa la censura mossa dagli appellanti perché il Tribunale aveva aderito alle conclusioni del CTU evidentemente ritenendo infondate le censure mosse;
quanto al terzo motivo relativo alla illegittima applicazione degli interessi moratori sul saldo dovuto al tasso del 5% anzichè a quello legale non avendo il primo alcun fondamento contrattuale, che la censura era inammissibile in quanto nuova e quindi in contrasto col divieto sancito dall’articolo 345 c.p.c. di introdurre domande nuove in appello, osservando in proposito che nel ricorso
per ingiunzione la banca creditrice aveva espressamente domandato l’applicazione di interessi moratori nella misura predetta, recepita altresì’ nel decreto, sicché gli appellanti avrebbero dovuto contestare l’applicazione di tale interessi già con l’atto di citazione in opposizione;
d) quanto al quarto motivo relativo alla nullità della fideiussione sotto due diversi profili ha osservato (i) che non vi fosse alcuna prova che l’istituto di credito avesse ottenuto la stipula della fideiussione approfittando dello stato di prostrazione psicofisica nel quale si trovava la sig. COGNOME in ragione dell’assoggettamento della stessa e dei suoi prossimi congiunti (coniuge e figlio) ad una perquisizione della Guardia di finanza, mancando qualunque prova anche solo presuntiva che la banca fosse a conoscenza della perquisizione e avesse appositamente convocato la sig. COGNOME presso i proprio uffici il giorno stesso della perquisizione con tale intento; (ii) che quanto alla nullità del contratto di per contrarietà alla legge antitrust , che gli appellanti avevano dedotto che il testo degli articoli 2 6 e 8 del contratto di fideiussione coincidevano con quello delle clausole 2 6 e 8 dello schema ABI (dichiarato in contrasto con la normativa antitrust dalla Banca d’Italia) senza neppure allegare oltre che dimostrare -come sarebbe stato necessario alla luce della sentenza Sezioni Unite n. 41994/2021 che senza la porzione del contratto colpita da invalidità i contraenti non avrebbero concluso il contratto, deponendo piuttosto in senso contrario il rapporto di stretta familiarità tra il fidieussore e i debitori garantiti; e che l’unica ipotesi configurabile, quella della nullità parziale degli articoli 2 6 e 8 non assumeva rilevanza per la soluzione del caso de quo .
3.- La sentenza è stata impugnata dai debitori principali NOME e NOME COGNOME e dal fideiussore NOME COGNOME con ricorso per cassazione affidato a tre motivi, al quale ha resistito NOME SPV
RAGIONE_SOCIALE tramite la mandataria RAGIONE_SOCIALE i ricorrenti hanno depositato memoria.
4.E’ stata formulata una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c. La difesa di parte ricorrente ha chiesto la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo denuncia per violazione o falsa applicazione di legge degli artt. 1325 c.c. e art. 117 e 118 TUB (d.lgs. n.385/1993) nonché dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, co.1 n.3 c.p.c. in quanto la Corte di merito avrebbe, dovuto verificare se l’intervenuta modifica unilaterale (in peius) da parte della Banca delle condizioni contrattuali applicate al rapporto azionato era in concreto avvenuta secondo le modalità ed i termini di cui citato art.118 TUB. (ovvero con comunicazione espressa e cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula proposta di modifica unilaterale del contratto con preavviso minimo di due mesi), a nulla rilevando o comunque essendo secondario il fatto evidenziato dal Giudice di secondo grado che l’art.16 del contratto sottoscritto il 28.9.2009 tra l’istituto di credito e i sig.ri Costa riconoscesse espressamente lo ius variandi e che gli estratti conto e gli scalari relativi agli anni dal 2009 al 2014 riportasse i tassi e le condizioni applicate di tempo in tempo dalla banca, in quanto la contestazione degli odierni ricorrenti aveva riguardato « (solo) il fatto che le acclarate modifiche non sono state precedute/accompagnate dalle comunicazioni di cui al citato art.118 TUB » comunicazione cui in alcun modo potrebbe sopperire – contrariamente a quanto affermato dal giudice di secondo grado in violazione dell’art. 2697 c.c. -l’inoltro degli estratti conto riportanti in modo riepilogativo le condizioni applicate ed il fatto che i medesimi non fossero mai stati contestatati.
2.- Il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 110 e 112 c.p.c. e dell’art. 1957 co.1 c.c. in relazione
all’art. 360 co.1 n. 3 c.p.c.. La Corte di merito avrebbe violato il principio della corrispondenza tra richiesto e il pronunciato avendo ritenuto che la nullità delle singole clausole della fideiussione non assumesse in concreto alcuna rilevanza per la soluzione del caso del quo avendo, invece, il fideiussore interesse a che venisse dichiarata la nullità parziale delle clausole che aveva una rilevanza concreta e attuale considerato che il fideiussore potrebbe eccepire la decadenza dal termine di cui all’art. 1957 comma 1 c.c. a fronte dell’eventuale azione recuperatoria che dovesse essere intrapresa nei suoi confronti dalla banca.
3.- Il terzo motivo denuncia la nullità della sentenza o del procedimento con riguardo all’art. 132 n. 4 in combinato disposto con l’art. 156 comma 2 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma.1 n. 4 c.p.c. in quanto la Corte di merito a proposito dell’applicazione ab origine di interessi usurari si sarebbe limitata a rigettare il gravame affermando laconicamente di aver esaminato l’elaborato peritale e ritenuto che il documento rispondesse in maniera puntuale dettagliata e chiara a tutti i quesiti sottoposti dal giudicante e che non vi fossero ragioni fondate per disattendere le conclusioni raggiunte; secondo i ricorrenti si tratterebbe di motivazione apparente in quanto mancante completamente dell’analisi del gravame proposto, inidonea a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento della decisione assunta; il giudice di merito avrebbe dovuto valutare se -contrariamente a quanto prospettato dal CTU il confronto col tasso soglia avrebbe dovuto essere condotto avendo a riferimento non il tasso per scoperto nominale ma il tasso effettivo globale considerato quindi anche il tasso applicato per lo sconfinamento.
4.- La proposta ha il tenore che segue.
«ll primo motivo, che deduce il mancato rispetto dell’art. 118 t.u.b., è inammissibile, avendo la corte territoriale ritenuto provato in modo pieno, mediante la prova presuntiva, che la banca abbia
operato le dovute comunicazioni della variazione delle condizioni contrattuali ex art. 118 t.u.b., onde il motivo si scontra con un accertamento in fatto non ripetibile in sede di legittimità;
il secondo motivo, che deduce la violazione degli artt. 1957 c.c., 110 e 112 c.p.c., per avere ritenuto nella specie non rilevante il tema della nullità parziale della fideiussione, avendo gli appellanti chiesto, invece, la sua nullità totale, mentre i ricorrenti avevano interesse alla declaratoria di nullità di singole clausole, è inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo dedotto in quale atto e con quali modalità essi avessero sottoposto la questione alla corte d’appello, in violazione dell’art. 366 c.p.c.;
il terzo motivo, che deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., non avendo ravvisato l’usura originaria, è inammissibile, in quanto la motivazione esiste e non è inferiore al minimo costituzionale, onde il motivo pretende di confutare l’accertamento in fatto, avendo la corte territoriale riferito che il c.t.u. ha escluso qualsiasi ipotesi di usura originaria»
5.Il Collegio condivide le conclusioni circa l’inammissibilità dei motivi di cassazione proposti.
5.1 Quanto al primo motivo si osserva che la Corte d’Appello dopo aver inquadrato correttamente la distribuzione dell’onere probatorio in tema di ius variandi – ha argomentato il proprio convincimento circa la prova del fatto di cui era onerata la banca -di aver comunicato al correntista le variazioni al tasso d’interesse per iscritto ed in anticipo – ricorrendo al ragionamento presuntivo, senza che i ricorrenti muovano a tale ragionamento alcuna censura sul paino della coerenza, logicità e compiutezza, sicchè il motivo nella misura in cui pretende infondatamente di escludere che a siffatta prova il giudice di merito possa giungere per presunzioni, mira in realtà ad un sindacato su valutazioni in fatto che competono in via esclusiva al giudice di merito.
5.2Quanto al secondo motivo si osserva che, a quanto efficacemente osservato nella proposta, può aggiungersi che per dolersi della ritenuta irrilevanza nella specie della dedotta nullità parziale delle clausole della fideiussione ritenute conformi allo schema ABI – quale intesa restrittiva della concorrenza sanzionata con provvedimento della Banca d’Italia – e, dunque, per dimostrare il proprio interesse attuale e concreto alla declaratoria richiesta con specifico riguardo all’art. 1957 1 comma c.c., la ricorrente non poteva limitarsi a invocare la potenziale iniziativa della banca nei confronti del fideiussore, bensì doveva dedurre la concreta ricaduta della nullità delle clausole contrattuali sulla sussistenza del debito gravante sul fideiussore, sempre che tale ricaduta potesse ancora essere invocata, poichè, come questa Corte ha ribadito numerosissime volte, l’eccezione di estinzione della garanzia fideiussoria di cui all’art. 1957 c.c., ha natura di eccezione propria e non di mera difesa (a mero titolo di esempio Cass. n. 8023/2024), di modo che il rilievo officioso della nullità della clausola non interferisce con la eventualmente ormai consumata preclusione dell’eccezione fondata sulla stessa.
Ma di tali questioni -cui la Corte di merito rimanda implicitamente con la ritenuta irrilevanza della questione – il motivo non fa alcun cenno.
Così come non fa cenno agli altri presupposti del rilievo officiosa della nullità parziale del contratto « a valle » dell’intesa anticoncorrenziale, rilievo officioso che evidentemente i ricorrenti invocano nella misura in cui il la loro domanda era in effetti tesa alla declaratoria dell’intero contratto né hanno indicato in quale atto avrebbero sottoposto la questione della nullità parziale alla Corte di merito.
Invero nell’ottica della pronuncia delle Sezioni Unite n. 41994/2021, detta rilevazione richiede che risultino dagli atti tutte le circostanze fattuali necessarie alla sua integrazione, e cioè:
il provvedimento della Banca d’Italia;
ii) la natura della fideiussione, giacché il provvedimento della Banca d’Italia è riferito solo ed esclusivamente alle fideiussioni omnibus , non a quelle prestate per un affare particolare, fideiussioni omnibus le quali vengono specificamente prese in considerazione per la loro attitudine, evidenziata dall’Associazione Bancaria Italiana, quale strumento di tutela macroprudenziale del sistema bancario, sicché l’accertamento effettuato dall’allora Autorità Garante è stato limitato a tale tipologia di fideiussione, e solo rispetto ad essa può possedere l’efficacia probatoria privilegiata che l’ordinamento gli riconosce;
iii) l’epoca di stipulazione della fideiussione, che deve essere stata stipulata entro l’ambito temporale al quale può essere riferito l’accertamento della Banca d’Italia, evidente essendo che detto accertamento, operato nel 2005, non può affatto consentire di reputare esistente, e cioè persistente, in epoca successiva il pregresso accordo anticoncorrenziale, di guisa che, in caso di compresenza delle tre clausole successivamente al 2005, l’interessato ben può dedurre e comprovare che l’intesa anticoncorrenziale c’è, ma non certo in base al provvedimento precedente, bensì offrendone altra e specifica prova;
iv) il contenuto delle clausole contrattuali di cui si invoca la nullità e la loro esatta corrispondenza con quelle oggetto di esame da parte della Banca d’Italia nel provvedimento in precedenza richiamato, esatta corrispondenza da riguardare, beninteso, in termini di compresenza, giacché, nella prospettiva seguita dal provvedimento n. 55, è la compresenza delle clausole ad essere lesiva della concorrenza.
Nella specie, benché la ricorrente indichi nel ricorso le clausole della fideiussione corrispondenti allo schema ABI ritenuto contrario alla c.d. legge antitrust dal provvedimento della Banca d’Italia (richiamando il documento contrattuale prodotto), non deduce
alcunché a proposito della riferibilità della fideiussione all’intervallo temporale rilevante secondo detto provvedimento, che non ha neppure prodotto, come sarebbe stato doveroso (trattandosi di atto regolamentare per cui, non opera il principio iura novit curia ) unitamente allo schema ABI cui il medesimo fa riferimento.
5.3- Quanto al terzo motivo, va confermato quanto rilevato nella proposta, ovvero che nel caso in esame, non sussiste il vizio di motivazione apparente dedotto. Come ripetutamente sancito dalla giurisprudenza di legittimità, il vizio di omessa o apparente motivazione della decisione sussiste soltanto qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (cfr., tra le più recenti, Cass. nn. 18079, 16117, 9807 e 6127 del 2024; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199, 1522 e 395 del 2021). Ne deriva che è possibile ravvisare una «motivazione apparente» solo nel caso in cui le argomentazioni del giudice di merito siano, diversamente da quanto accaduto nella specie, del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentano l’identificazione dell’iter logico seguito per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo risolvendosi in espressioni assolutamente generiche, tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi seguita dal giudice, altresì precisandosi che un simile vizio deve apprezzarsi non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva (cfr. Cass. n. 16117 del 2024; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. n. 395 del 2021).
Nella fattispecie invece la motivazione resa dalla Corte territoriale a fondamento della decisione impugnata è articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne
agevolmente il percorso logico, sicchè attraverso la infon7data deduzione del vizio predetto i ricorrenti mirano, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, inammissibile in questa sede.
6.- Il ricorso va in conclusione dichiarato inammissibile.
7.- Le spese processuali seguono la soccombenza.
7.1- Considerato che la trattazione del procedimento è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. ultimo comma a seguito di proposta di inammissibilità, la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, deve applicare il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 c.p.c., come testualmente previsto dall’art. 380 bis ultimo comma (« Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 »). L’art. 96 terzo comma, a sua volta, così dispone: « In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata» . Il quarto comma aggiunge: « Nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 5.000 ».
6.2- Come chiarito dalle Sezoni Unite di questa Corte, si tratta di una disposizione (introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 149/2022) che contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di
una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione «altresì»). In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale (da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale) » (Cass. Sez. Un. n.27433/2023, in motivazione).
6.3Quanto alla disciplina intertemporale sull’applicazione ai giudizi di cassazione delle disposizioni di cui all’art. 96 terzo e quarto comma c.p.c per effetto del rinvio operato dall’ultimo comma dell’art. 380 bis nel testo riformato, le stesse Sezioni unite hanno affermato che « la predetta normativa -in deroga alla previsione generale contenuta nell’art. 35 comma 1 del Lgs. n. 149/2022 sia immediatamente applicabile a seguito dell’adozione di una decisione conforme alla proposta, sebbene per giudizi già pendenti alla data del 28 febbraio 2023. Ed infatti la norma di cui all’art. 380 bis c.p.c. (che nella parte finale richiama l’art. 96 commi 3 e 4) è destinata a trovare applicazione, come espressamente previsto dal co. 6 dell’art. 35 del D. Lgs. n. 149/2022, anche nei giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio» (come, appunto, quello in esame). (Cass. Sez. U. 27 settembre 2023, n. 27433, in motivazione, ribadito da Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
6.4- In definitiva, i ricorrenti vanno condannati in solido tra loro, nei confronti della controricorrente al pagamento della somma equitativamente determinata di euro 13.000,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da NOME e NOME COGNOME e dal fideiussore NOME COGNOME condanna i
ricorrenti in solido fra loro, al pagamento, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE tramite la mandataria RAGIONE_SOCIALE alla refusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 13.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di euro 13.000,00 in favore della parte controricorrente e dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende. A i sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª