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Ius variandi: limiti e responsabilità in appalti

Una società consortile ha citato in giudizio un consorzio industriale per inadempimento contrattuale, chiedendo un ingente risarcimento a causa di numerose modifiche al progetto originale. I tribunali di merito e la Corte di Cassazione hanno respinto le pretese principali, stabilendo che l’esercizio dello ‘ius variandi’ (diritto di modifica) da parte del committente era previsto dal contratto e non costituiva un abuso. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il tentativo della ricorrente di ottenere una nuova valutazione dei fatti, confermando le sentenze precedenti.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ius Variandi: Fino a che punto il committente può modificare il contratto?

Il diritto del committente di modificare un progetto in corso d’opera, noto come ius variandi, rappresenta uno degli aspetti più delicati e controversi nei contratti di appalto. Fino a che punto tali modifiche sono legittime? Quando superano il limite e si trasformano in un inadempimento contrattuale che dà diritto a un risarcimento? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti, analizzando un caso in cui un’impresa appaltatrice si è vista respingere una richiesta milionaria proprio perché le variazioni richieste dal committente sono state ritenute legittime.

I Fatti del Contenzioso: Un Progetto Industriale e le Variazioni

Una società consortile, incaricata della realizzazione di lotti di un centro servizi industriale, aveva citato in giudizio il consorzio committente. La richiesta era la condanna al pagamento di oltre 13 milioni di euro, a titolo di risarcimento per inadempimento contrattuale. Secondo l’appaltatrice, le numerose variazioni al progetto e i ritardi accumulati erano imputabili al committente, giustificando la risoluzione del contratto e il conseguente risarcimento.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto solo in minima parte la domanda, condannando il committente al pagamento di circa 195.000 euro per lavori effettivamente eseguiti, ma respingendo le ben più sostanziose richieste di risoluzione e risarcimento. Anche la Corte d’Appello aveva confermato questa decisione, rigettando sia l’appello principale dell’impresa che quello incidentale del consorzio.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’analisi dello ius variandi

La questione è approdata in Cassazione, dove la società appaltatrice ha lamentato, tra le altre cose, una falsa applicazione delle norme che regolano lo ius variandi. Secondo la ricorrente, le corti di merito non avevano adeguatamente ponderato la misura e l’incidenza delle variazioni sull’economia generale del contratto.

La Suprema Corte ha dichiarato questo motivo inammissibile, ribadendo un principio fondamentale del giudizio di legittimità: la Cassazione non può riesaminare i fatti e sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge, non rifare il processo. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva già stabilito, con una valutazione di fatto non sindacabile in quella sede, che:

1. Il contratto prevedeva esplicitamente la facoltà del committente di apportare modifiche.
2. Non vi era prova di un abuso di tale diritto (lo ius variandi).
3. I ritardi non erano addebitabili al committente ma a cause esterne.
4. Il committente non aveva agito in malafede, essendosi limitato a esercitare una facoltà prevista dal titolo.

In sostanza, il ricorso mirava a un riesame del merito, cosa preclusa in sede di legittimità, soprattutto in presenza di una ‘doppia conforme’, cioè due sentenze di merito che giungono alla stessa conclusione sui fatti.

Il Principio della Novazione e Altri Motivi di Ricorso

Un altro punto contestato dalla società appaltatrice riguardava la presunta novazione del rapporto contrattuale. La Corte d’Appello aveva ritenuto che le parti avessero raggiunto un nuovo accordo, più favorevole all’appaltatore, che sostituiva quello originario. Anche su questo punto, la Cassazione ha affermato che l’accertamento dell’esistenza di una novazione (animus e causa novandi) è un compito proprio del giudice di merito, la cui decisione, se logicamente motivata, non è censurabile in Cassazione.

Infine, sono stati rigettati sia il motivo relativo all’omessa pronuncia sulla restituzione di una garanzia (la Corte d’Appello si era pronunciata, richiamando un giudicato esterno) sia i motivi del ricorso incidentale del consorzio committente.

Le Motivazioni

La decisione della Cassazione si fonda principalmente sulla distinzione tra giudizio di fatto e giudizio di diritto. La valutazione circa l’abuso dello ius variandi, la causa dei ritardi, la buona fede delle parti e la sussistenza di una novazione contrattuale rientrano nell’esclusiva competenza dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio nel merito. La Corte ha ritenuto che le censure della ricorrente, pur presentate come violazioni di legge, mirassero in realtà a ribaltare l’accertamento dei fatti, operazione non consentita.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è un’importante conferma dei limiti del sindacato della Corte di Cassazione e, sul piano sostanziale, chiarisce che la presenza di una clausola contrattuale che permette lo ius variandi attribuisce al committente un potere significativo. Per poter contestare l’esercizio di tale diritto e ottenere un risarcimento, l’appaltatore deve fornire una prova rigorosa non solo delle modifiche, ma del fatto che esse abbiano alterato la natura essenziale dell’opera o che il committente abbia agito in mala fede, abusando del proprio diritto. In assenza di tale prova, le variazioni rientrano nella normale alea contrattuale che l’appaltatore accetta firmando il contratto.

L’esercizio dello ius variandi da parte del committente costituisce sempre un inadempimento contrattuale?
No. Secondo la sentenza, se il contratto prevede esplicitamente la facoltà per il committente di apportare modifiche, l’esercizio di questo diritto non costituisce inadempimento, a meno che l’appaltatore non provi che vi sia stato un abuso tale da alterare la natura dell’opera o che il committente abbia agito in malafede.

Un ricorso per cassazione può essere utilizzato per riesaminare le valutazioni di fatto dei giudici di merito?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, non di merito. Pertanto, un ricorso è inammissibile se, pur mascherato da violazione di legge, mira in realtà a ottenere una nuova valutazione dei fatti già accertati nei precedenti gradi di giudizio.

Cosa significa ‘novazione’ del contratto e quali effetti produce?
La novazione è un accordo con cui le parti sostituiscono un’obbligazione contrattuale esistente con una nuova. L’effetto è l’estinzione del rapporto originario, che viene rimpiazzato da quello nuovo. L’accertamento della volontà delle parti di attuare una novazione è una valutazione di fatto riservata al giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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