Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3186 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1   Num. 3186  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17169/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE ,  elettivamente  domiciliata    in Roma,  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)  che  la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
 contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso  la  Cancelleria  della  Corte  di  Cassazione,  rappresentato  e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente ricorrente incidentale-
avverso sentenza di Corte d’appello di Cagliari Sezione Distaccata di Sassari n. 469/2017 depositata il 7.12.2017; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.1.2024 dal Consigliere AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 24.4.2007 la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (di seguito: RAGIONE_SOCIALE) ha convenuto in giudizio il RAGIONE_SOCIALE dinanzi al Tribunale di Tempio Pausania, chiedendone la condanna al pagamento in suo favore della somma di € 13.347.145,36, oltre accessori, previa, ove occorresse, disapplicazione dei provvedimenti amministrativi adottati dal RAGIONE_SOCIALEpoi RAGIONE_SOCIALE), in principalità previa risoluzione del contratto del 23.5.1990 per l’esecuzione chiavi in mano, in regime di concessione, dei RAGIONE_SOCIALE di costruzione dei lotti I e II del centro servizi dell’agglomerato industriale di RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art.1454 cod. civ. a far data dal 17.12.1993; in subordine, previa risoluzione del contratto de quo ai sensi dell’art.1453 cod.civ.; in ulteriore subordine, previa declaratoria di inadempimento da parte di RAGIONE_SOCIALE alle obbligazioni assunte con il contratto in questione.
Si è costituito  in  giudizio  il  RAGIONE_SOCIALE,  resistendo  alla  domanda avversaria.
Il  Tribunale  di  Tempio Pausania con sentenza n.310 del 2015, ha accolto solo molto parzialmente la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE 90 e ha  condannato  il  RAGIONE_SOCIALE  al  pagamento  di  €  195.985,24,  oltre interessi legali, anche anatocistici, e spese processuali rapportate al valore della domanda accolta.
Il Tribunale: a) ha escluso la formazione di un giudicato amministrativo in ordine alla legittimità del provvedimento n.50/95
emesso dal RAGIONE_SOCIALE in sede di autotutela e ha respinto l’eccezione di improcedibilità della domanda; b) ha negato l’applicabilità alla fattispecie dell’art.19 della legge n.55 del 1990 in difetto di aggiudicazione anteriore alla formalizzazione del rapporto contrattuale; c) ha escluso che scaturissero effetti preclusivi dalla sentenza del Tribunale di Roma, confermata nei gradi successivi, che aveva affermato l’obbligo del garante Banco di RAGIONE_SOCIALE di pagare l’importo garantito a semplice richiesta; d) ha affermato di non poter stabilire se il ritardo nell’esecuzione dell’opera fosse dipeso dalla peculiarità del rapporto contrattuale, nel quale adeguamenti progettuali e relative approvazioni erano a carico del concessionario, oppure dalla facoltà del concedente di disporre delle varianti e/o dall’assenza di un progetto esecutivo definitivo «cantierabile»; e) ne ha desunto che l’andamento anomalo del rapporto non poteva essere addebitato al concedente; f) ha quindi respinto le domande di risoluzione e risarcimento dei danni in difetto di prova dei fatti costitutivi dell’inadempimento del RAGIONE_SOCIALE e segnatamente delle gravi carenze progettuali; g) ha accolto la domanda di pagamento dei RAGIONE_SOCIALE effettivamente eseguiti risultanti dallo stato di consistenza redatto dall’ingegnere capo.
Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello RAGIONE_SOCIALE  90,  a  cui  ha  resistito  l’appellato,  divenuto  nel  frattempo RAGIONE_SOCIALE, che ha proposto appello incidentale in punto improponibilità della domanda attorea.
La Corte di appello di Cagliari -Sezione Distaccata di Sassari con sentenza  del  7.12.2017  ha  respinto  entrambe  le  impugnazioni,  a spese compensate.
La Corte di appello: a) ha ritenuto che la sentenza del Consiglio di Stato  di  rigetto  dell’impugnazione  proposta  da  RAGIONE_SOCIALE  90  avverso l’annullamento  della  delibera  50/1995  sul  presupposto  che  la successiva delibera 50 bis /95 fosse divenuta inoppugnabile, avesse
rilevanza meramente processuale e non precludesse l’esame delle domande relative alla pretese risarcitorie collegate ad anteriori inadempimenti; b) ha sottolineato il carattere aperto della previsione di cui all’art 3 della convenzione inter partes che prevedeva la consegna di un progetto di massima da parte del concedente che si era riservato la facoltà di apportare modifiche in corso d’opera; c) ha ritenuto che al concedente non fosse addebitabile una esecuzione del contratto contraria a buona fede, poiché aveva esercitato la facoltà secondo il titolo, né un indebito dilatamento dei tempi, poiché la sospensione era dipesa da cause ad esso estranee; d) ha conseguentemente escluso una RAGIONE_SOCIALE da inadempimento in capo al RAGIONE_SOCIALE; e) ha esaminato il provvedimento emesso dal RAGIONE_SOCIALE in data 19.5.1993 per negare approvazione al progetto costruttivo generale proposto da RAGIONE_SOCIALE 90 in data 10.9.1992, basato su una ravvisata novazione dell’originario contenuto della concessione; f) ha ritenuto che le parti fossero addivenute a una nuova regolamentazione del rapporto, più favorevole al concessionario, sostitutiva della concessione originaria finanziata dall’RAGIONE_SOCIALE e mai approvata dal RAGIONE_SOCIALE; g) ha disatteso infine la domanda relativa alla restituzione degli importi incamerati con escussione della garanzia, in forza del giudicato scaturente dalla sentenza del Tribunale di Roma che aveva accertato la definitività della delibera 50 bis /95 e il verificarsi della irregolare esecuzione del contratto, presupposto dell’avvenuta escussione.
Avverso la predetta sentenza, non notificata, ha proposto ricorso per cassazione, con atto notificato il 5.6.2018,  RAGIONE_SOCIALE 90, svolgendo tre motivi.
Con atto notificato il 12.7.2018 ha proposto controricorso e ricorso incidentale il RAGIONE_SOCIALE, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità
o  il  rigetto  dell’avversaria  impugnazione  e  instando,  a  loro  volta, con il  supporto  di  due  motivi,  per  la  cassazione  della  sentenza  di secondo grado.
Con  controricorso  notificato  il  4.9.2018  RAGIONE_SOCIALE  90  ha  resistito  al ricorso incidentale avversario.
RAGIONE_SOCIALE 90 ha presentato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con  il  primo  motivo  di  ricorso  principale,  proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod. proc. civ., RAGIONE_SOCIALE 90 denuncia violazione o falsa applicazione dell’art.13 del d.p.r. 16.7.1962 n.1063 e degli artt.1362 e seguenti cod. civ. con riferimento agli artt.3 e 22 della convenzione di concessione del 23.5.1990, rep. 106582.
La sentenza impugnata – secondo la ricorrente -aveva ragionato in modo  astratto  per  affermare  che,  in  presenza  di  una  previsione contrattuale che contemplava la variazione del progetto dell’opera pubblica,  dovesse  restare  sempre  esclusa  la  RAGIONE_SOCIALE  del concedente  e  che  l’appaltatore  concessionario,  edotto  di  questa eventualità, se ne assumesse integralmente il rischio.
Al  contrario,  la  consapevolezza  del  concessionario  in  ordine  alla portata del progetto originario non poteva sopperire a ogni esigenza  di  revisione  derivante  anche  da  mutate  esigenze  del committente.
La  Corte  sassarese  avrebbe  quindi  errato  non  scendendo  sul terreno concreto, non vagliando misura e incidenza delle variazioni nell’economia  del  contratto  e  quindi non  verificando  come  fosse stato fatto uso RAGIONE_SOCIALE ius variandi, che presupponeva il divieto di un mutamento essenziale della natura delle opere comprese nell’appalto.
Il motivo appare inammissibile perché non si confronta in modo puntuale e specifico con la ratio decidendi della sentenza
impugnata e prospetta una violazione di legge, laddove invece la censura svolta mira a ribaltare l’accertamento e la valutazione dei fatti compiuta dal giudice del merito.
È  ben  noto,  infatti,  che  è  inammissibile  il  ricorso  per  cassazione che,  sotto  l’apparente  deduzione  del  vizio  di  violazione  o  falsa applicazione  di  legge,  di  mancanza  assoluta  di  motivazione  e  di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice  di merito (Sez. U, n. 34476 del 27.12.2019).
La Corte territoriale non ha affatto affermato che in presenza di una  previsione  contrattuale  che  contemplava  la  variazione  del progetto  dell’opera  pubblica,  dovesse  restare  sempre  esclusa  la RAGIONE_SOCIALE  del  concedente  e  che  l’appaltatore  concessionario, edotto  di  questa  eventualità,  se  ne  assumesse  integralmente  il rischio, come sostiene la ricorrente.
Parimenti la Corte sarda non si è affatto rifiutata di scendere sul concreto terreno della fattispecie a giudizio, come pure recrimina la ricorrente, ma ha confermato la valutazione del Tribunale secondo cui non era ragionevolmente accertabile la causa dell’anomalo andamento dei RAGIONE_SOCIALE, anche in considerazione della mancata produzione del progetto di massima e della variante; ha ritenuto le censure della ricorrente, allora appellante, del tutto generiche nel loro richiamo alle consulenze tecniche esperite; ha escluso che il RAGIONE_SOCIALE avesse eseguito il contratto non secondo buona fede perché si era limitato a esercitare la facoltà secondo il titolo e a consegnare come previsto il progetto di base o fosse responsabile della dilatazione dei tempi, poiché la sospensione dei RAGIONE_SOCIALE era stata determinata da causa estranea.
In buona sostanza, con giudizio di fatto non sindacabile in sede di legittimità (nella specie neppur per omesso esame di fatto decisivo discusso fra le parti, in presenza di doppia pronuncia conforme dei giudici  del  merito  sulle  stesse  questioni  di  fatto ex art.348 -ter ,
comma 5, cod.proc.civ.) la Corte di appello ha escluso che vi fosse la prova del prospettato abuso RAGIONE_SOCIALE ius variandi lamentato da RAGIONE_SOCIALE 90.
Con il secondo motivo di ricorso principale, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., RAGIONE_SOCIALE 90 denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1230  e  1321  c.c. con  riferimento al perfezionamento dell’atto aggiuntivo.
Secondo la  ricorrente,  la  volontà  delle  parti  di  novare  il  rapporto originario,  ravvisata  dalla  Corte  territoriale,  non  era  mai  stata espressa  in  modo  valido  ed  efficace,  poiché  il  RAGIONE_SOCIALE si era espresso con riferimento a un mero schema di atto aggiuntivo (doc.14 prodotto dal RAGIONE_SOCIALE in primo grado).
Anche  questo  motivo  si  riversa  nel  merito  per  sovvertire  la qualificazione  giuridica  di  un  atto  negoziale,  e  appare  peraltro proposto in termini assolutamente generici, basati sulla definizione formale di atto aggiuntivo, senza neppure affrontare e confutare le ragioni  per  le  quali  prima  il  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  e  poi  la Corte di appello hanno ritenuto  sussistente  nel caso concreto la natura novativa dell’accordo in questione.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, inoltre, l’accertamento degli elementi  dell’ animus e della causa  novandi costituisce compito  proprio  del  giudice  di  merito,  insindacabile  in  sede  di legittimità  se  logicamente  e  correttamente  motivato  (Sez.  3,  n. 14620 del 13.6.2017; Sez. 3, n. 20906 del 28.10.2004).
Con il terzo motivo di ricorso principale, proposto ex art.360, comma 1, n.4, cod.proc.civ., RAGIONE_SOCIALE 90 denuncia violazione o falsa applicazione dell’art.112 cod.proc.civ. con riferimento alla domanda restitutoria da essa proposta.
La ricorrente si lamenta  che la Corte territoriale non  abbia considerato  e  risposto  alla  censura  svolta  con  il  terzo  motivo  di appello (secondo profilo di denuncia di errore) che si fondava sulla mancata  proposizione da parte del RAGIONE_SOCIALE  della  domanda
risarcitoria nel giudizio di merito e collegata al presunto inadempimento  da  parte  di  RAGIONE_SOCIALE  90  e  al  conseguente  mancato accertamento del danno oggetto dell’escussione della garanzia.
Il motivo è infondato perché l’omissione di pronuncia denunciata non sussiste.
La  Corte  di  appello  ha  chiarito  quali  erano  le  ragioni  che  non consentivano  la  richiesta  restituzione,  ossia  la  formazione  del giudicato nella parte in cui il Tribunale di Roma aveva ravvisato la definitività della delibera n.50bis /95 e la irregolare esecuzione del contratto,  superando  le  contestazioni  circa  la  escussione  della garanzia e l’insussistenza di un inadempimento del concedente.
Con  il  primo  motivo  di  ricorso  incidentale  il  RAGIONE_SOCIALE  denuncia violazione  o  falsa  applicazione  di  legge  in  relazione  all’art.112 cod.proc.civ.
Il  ricorrente  incidentale  lamenta  il  mancato  esame  da  parte  della Corte di appello della sua eccezione di inammissibilità della domanda  avversaria  per  carenza  della  qualità  di  appaltatore  per aver  la  società  concessionaria  affidato  i  RAGIONE_SOCIALE  in  appalto  alla RAGIONE_SOCIALE come previsto dall’art.4 del contratto.
Effettivamente nulla ha detto al proposito la Corte di appello ed anzi neppure  ha  registrato  il motivo  allorché  ha  riassunto  il contenuto del gravame incidentale del RAGIONE_SOCIALE.
Tuttavia non è stato adeguatamente chiarit o quale sia l’interesse del ricorrente incidentale alla proposizione del mezzo in via autonoma rispetto al rigetto del ricorso principale, in difetto di una specifica argomentazione volta a evidenziare siffatto interesse con riferimento alla porzione RAGIONE_SOCIALE di domanda accolta in primo grado relativa al pagamento di RAGIONE_SOCIALE effettivamente eseguiti, risultanti dallo stato di consistenza redatto dall’Ingegnere capo e accertati dal Consulente d’ufficio.
Per  altro  verso,  il  motivo  non  spiega  neppure  perché  RAGIONE_SOCIALE  90, controparte  contrattuale,  non  sarebbe  legittimata  a  far  valere  le
pretese ex  contractu, sol  per  aver  subappaltato  i  RAGIONE_SOCIALE  ad  altra impresa, nel pieno rispetto delle clausole negoziali.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale il RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione  o  falsa  applicazione  di  legge  in  relazione  all’art.112 cod.proc.civ. e lamenta il mancato esame da parte della Corte di appello  della  sua  eccezione  di  violazione  del  principio ne  bis  in idem.
15. Il motivo è infondato.
La Corte di appello si è pronunciata al riguardo a pag.8, osservando che le pronunce dei giudici amministrativi erano state rese in rito e sostenendo che la intangibilità della delibera 50bis/95 di decadenza ex nunc non comportava la perdita del diritto di agire a tutela di pretese risarcitorie collegate a precedenti inadempimenti.
Per le ragioni esposte debbono venir rigettati entrambi i ricorsi, principale e incidentale.
La  soccombenza  reciproca  giustifica  la  compensazione  integrale delle spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, occorre dar atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento,  da  parte  della  ricorrente  principale  e  del  ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a  quello  dovuto  per  il  ricorso,  a  norma  del  comma  1bis ,  RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte
della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello  dovuto  per  il ricorso,  a  norma  del  comma  1bis ,  RAGIONE_SOCIALE  stesso  articolo  13,  ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione