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Istanze istruttorie: quando reiterarle in giudizio

Una società ha visto le sue richieste di prova respinte in appello per una presunta mancata reiterazione. La Cassazione ha annullato la decisione, chiarendo che il richiamo alle conclusioni dell’atto introduttivo, che contenevano le istanze istruttorie, è sufficiente a manifestare la volontà di insistervi. La Corte ha colto l’occasione per ribadire le corrette modalità procedurali per la richiesta dei termini e la formulazione delle istanze istruttorie.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Istanze Istruttorie: la Cassazione chiarisce quando si intendono reiterate

Nel complesso mondo del processo civile, le formalità procedurali sono fondamentali. Un errore, anche apparentemente piccolo, può compromettere l’esito di una causa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illumina un aspetto cruciale: la corretta modalità di reiterazione delle istanze istruttorie per evitarne la decadenza. Questa decisione offre spunti preziosi su come le parti devono comportarsi per non vedere precluse le proprie richieste di prova.

I Fatti del Caso: un Contratto Contestato

La controversia nasce da un contratto di associazione in partecipazione. Una società (l’associata) aveva versato un considerevole apporto a un’altra società (l’associante) per un progetto commerciale. Tuttavia, secondo l’associata, l’associante non aveva mai avviato l’attività pattuita, rendendosi inadempiente e trattenendo la somma versata. Di conseguenza, l’associata ha agito in giudizio per ottenere la risoluzione del contratto e la restituzione del proprio apporto.

Il problema principale, emerso fin dal primo grado, riguardava la validità del contratto. L’accordo era stato firmato per conto della società associante da un soggetto che, a quanto pare, non ne era il legale rappresentante. I giudici di merito, sia in Tribunale che in Corte d’Appello, hanno ritenuto il contratto inefficace nei confronti della società associante, respingendo la domanda dell’associata.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle istanze istruttorie

La società associata ha impugnato la decisione in Cassazione. Tra i vari motivi di ricorso, uno si è rivelato decisivo: l’errata declaratoria di inammissibilità delle istanze istruttorie in appello. La Corte d’Appello aveva sostenuto che l’appellante non avesse insistito per l’ammissione delle prove in sede di precisazione delle conclusioni del giudizio di primo grado, facendone così presumere la rinuncia.

L’Errore Procedurale della Corte d’Appello

La Cassazione, esaminando direttamente gli atti processuali (come consentito in caso di error in procedendo), ha scoperto che la realtà era diversa. Nel verbale dell’udienza di precisazione delle conclusioni di primo grado, la società attrice si era “riportata” alle conclusioni contenute nel proprio atto di citazione. E, come specificato nel ricorso, tale atto introduttivo conteneva non solo le richieste di merito, ma anche le specifiche istanze istruttorie.

Questo richiamo è stato ritenuto sufficiente dalla Suprema Corte per considerare le richieste di prova come ritualmente reiterate. L’affermazione della Corte d’Appello era quindi basata su un presupposto fattuale erroneo, viziando la sentenza. La Cassazione ha accolto questo motivo di ricorso, annullato la sentenza impugnata e rinviato la causa a una diversa sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione.

Altri Aspetti Procedurali Chiariti

L’ordinanza ha anche affrontato un altro tema procedurale rilevante: la richiesta dei termini ex art. 183, comma 6, c.p.c. La Corte ha stabilito che un “preannuncio” di tale richiesta nell’atto di citazione non è sufficiente. L’istanza deve essere formulata espressamente durante l’udienza di trattazione, che è la sede processuale designata dal legislatore per tale adempimento.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione centrale della decisione risiede nella corretta interpretazione del comportamento processuale della parte. Sebbene l’orientamento giurisprudenziale consolidato presuma la rinuncia alle istanze istruttorie non riproposte in sede di precisazione delle conclusioni, tale presunzione non può operare quando la parte si riporta integralmente a un atto precedente che le contiene. Il richiamo all’atto introduttivo, nel caso di specie, è stato interpretato come una chiara manifestazione di volontà di non abbandonare le richieste probatorie.

La Corte ha quindi censurato il giudice d’appello per non aver verificato correttamente il contenuto degli atti e aver tratto una conclusione errata che ha precluso alla parte il diritto alla prova. L’accoglimento del quarto motivo di ricorso ha reso assorbiti altri motivi, come quello relativo alla formulazione del giuramento decisorio, e ha comportato il rigetto o l’inammissibilità degli altri, ritenuti infondati o non correttamente formulati.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Avvocati e Parti

Questa ordinanza è un monito sull’importanza della precisione e della diligenza nella gestione degli atti processuali. Per gli avvocati, emerge la necessità di essere espliciti e chiari nel reiterare le istanze istruttorie in sede di precisazione delle conclusioni. Sebbene un richiamo integrale all’atto introduttivo possa essere considerato sufficiente, la pratica più sicura rimane quella di riproporre esplicitamente tutte le richieste istruttorie non ancora ammesse. Per le parti, questa decisione riafferma che un errore di valutazione del giudice su un aspetto procedurale può essere corretto in Cassazione, garantendo la tutela del diritto a un giusto processo e del diritto alla prova.

Se una parte non insiste esplicitamente sulle istanze istruttorie all’udienza di precisazione delle conclusioni, si presume che vi abbia rinunciato?
Sì, l’orientamento generale è che la mancata riproposizione delle istanze istruttorie in quella sede fa presumere la rinuncia. Tuttavia, come chiarito in questo caso, se la parte si “riporta” integralmente alle conclusioni contenute nell’atto introduttivo che a sua volta conteneva tali istanze, questo richiamo è sufficiente a manifestare la volontà di insistervi, evitando la decadenza.

È sufficiente ‘preannunciare’ nell’atto di citazione la volontà di chiedere i termini per memorie istruttorie previsti dall’art. 183 c.p.c.?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che l’istanza di assegnazione dei termini deve essere formulata nel corso dell’udienza di trattazione. Un semplice annuncio o una riserva contenuta negli atti introduttivi non è idonea a sostituire la richiesta formale da farsi in udienza.

Cosa accade se la Corte d’Appello dichiara inammissibili le istanze istruttorie basandosi su un’errata ricostruzione dei fatti processuali?
La sentenza emessa è viziata da un ‘error in procedendo’ (errore procedurale) e può essere annullata dalla Corte di Cassazione. In questi casi, la Cassazione può esaminare direttamente gli atti del processo e, se accerta l’errore, cassa la sentenza e rinvia la causa al giudice di merito per una nuova valutazione che tenga conto delle prove erroneamente non ammesse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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