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Istanze istruttorie: la rinuncia in precisazione

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di una società e dei suoi fideiussori contro un istituto di credito. L’ordinanza chiarisce che le istanze istruttorie, se non specificamente reiterate in sede di precisazione delle conclusioni, si intendono rinunciate, precludendo la possibilità di riproporle in appello. Viene inoltre confermata la validità della prova del credito fornita dalla banca tramite estratti conto non contestati.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Istanze Istruttorie: L’Obbligo di Reiterazione per non Perdere il Diritto alla Prova

L’importanza delle regole procedurali in un contenzioso non può essere sottovalutata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda come una disattenzione formale, in particolare la mancata reiterazione delle istanze istruttorie in sede di precisazione delle conclusioni, possa avere conseguenze decisive sull’esito della causa. Analizziamo una vicenda che, partita da un’opposizione a un decreto ingiuntivo in materia bancaria, si è conclusa con la conferma di un principio processuale fondamentale.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata e i suoi due fideiussori proponevano opposizione a un decreto ingiuntivo notificato da un istituto di credito per il saldo passivo di un conto corrente. Il Tribunale accoglieva parzialmente l’opposizione, revocando il decreto ma condannando comunque i debitori al pagamento di una somma inferiore.

In seguito, la società e i garanti impugnavano la decisione dinanzi alla Corte d’Appello, ma il loro gravame veniva respinto. Non dandosi per vinti, proponevano ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali: un presunto difetto di rappresentanza processuale della banca, la violazione dell’obbligo di forma scritta per le aperture di credito e, infine, l’errata valutazione sulla rinuncia a delle prove decisive.

I Motivi del Ricorso e le Istanze Istruttorie

Il ricorso in Cassazione si articolava su tre distinti fronti legali, ma è il terzo a rivestire un’importanza cruciale per la prassi processuale.

Il Vizio della Procura e la Prova del Credito

I ricorrenti sostenevano, in primo luogo, un vizio nella procura rilasciata dalla banca per ottenere il decreto ingiuntivo. In secondo luogo, contestavano la prova del credito, affermando che qualsiasi modifica all’affidamento originario, comportando un aumento del fido, avrebbe dovuto essere stipulata per iscritto a pena di nullità.

La Presunta Rinuncia alle Istanze Istruttorie

Il cuore della controversia procedurale risiedeva nel terzo motivo. I ricorrenti lamentavano che la Corte d’Appello avesse erroneamente ritenuto ‘non provata’ la circostanza, da loro dedotta, secondo cui il modulo di fideiussione era stato firmato in bianco e poi riempito abusivamente dalla banca con l’importo massimo garantito. Secondo gli appellanti, la Corte aveva sbagliato a considerare rinunciate le istanze istruttorie volte a dimostrare tale circostanza, solo perché non erano state specificamente reiterate in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso in ogni sua parte, fornendo chiarimenti importanti su ciascuno dei motivi sollevati.

Sul primo punto, relativo alla procura, la Corte ha specificato che ogni eventuale vizio iniziale era stato sanato con effetto retroattivo (ex tunc) dalla regolare costituzione della banca nel giudizio di opposizione. Essendo il decreto ingiuntivo stato revocato e la decisione basata sulla domanda proposta nel giudizio ordinario, la questione della procura originaria era divenuta irrilevante.

Riguardo al secondo motivo, la Corte ha ritenuto che la necessità di una nuova forma scritta per un affidamento maggiore non sussiste se il contratto di conto corrente originario, stipulato per iscritto, già prevedeva e disciplinava tale possibilità. La verifica di tale circostanza costituisce un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità.

Infine, e con particolare enfasi, la Corte si è pronunciata sulla questione delle istanze istruttorie. Ha ribadito un principio consolidato: la parte che si è vista rigettare le proprie richieste di prova dal giudice istruttore ha l’onere di riproporle specificamente al momento della precisazione delle conclusioni. Un richiamo generico agli atti precedenti non è sufficiente. La mancata reiterazione specifica e puntuale equivale a una presunzione di rinuncia o abbandono delle richieste stesse. Tali istanze, una volta rinunciate, non possono essere riproposte per la prima volta in appello. La Corte ha giudicato ‘mere formule di stile’ e ‘troppo generiche’ le modalità con cui i ricorrenti avevano tentato di tenere vive le proprie richieste, sia in primo grado sia in appello.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito severo sull’importanza della diligenza processuale. La presunzione di rinuncia alle istanze istruttorie non specificamente reiterate è un meccanismo rigoroso, finalizzato a definire con precisione il thema decidendum e a garantire la chiarezza del contraddittorio. Questa decisione sottolinea che il successo di una causa non dipende solo dalla fondatezza delle ragioni di merito, ma anche dal meticoloso rispetto delle regole procedurali. Per gli avvocati, la lezione è chiara: la fase di precisazione delle conclusioni è un momento cruciale in cui ogni richiesta, soprattutto quelle istruttorie non ammesse in precedenza, deve essere riaffermata con chiarezza e specificità, pena la loro definitiva archiviazione.

Cosa succede se le richieste di prova (istanze istruttorie) non vengono ripetute alla fine del processo di primo grado?
Secondo la Corte di Cassazione, se le istanze istruttorie respinte dal giudice non vengono reiterate in modo specifico e puntuale nell’udienza di precisazione delle conclusioni, si presumono rinunciate. Un richiamo generico agli atti precedenti non è sufficiente per evitarne l’abbandono.

Un difetto nella procura dell’avvocato per un decreto ingiuntivo rende nulla la richiesta di pagamento?
No, non necessariamente. La Corte ha stabilito che l’eventuale difetto della procura iniziale viene sanato con effetto retroattivo se la parte si costituisce regolarmente nel successivo giudizio di opposizione. La decisione finale si baserà sulla domanda validamente proposta in tale sede.

È sempre necessario un nuovo contratto scritto per aumentare un fido bancario?
No. La Corte ha chiarito che se il contratto di conto corrente originario, redatto per iscritto, prevede e disciplina già la possibilità di aperture di credito, non è richiesta una nuova forma scritta per la concessione di un affidamento maggiore, in quanto operazione esecutiva di previsioni già pattuite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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