Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30374 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30374 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1719/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE NOME, IPPOLITO CONCETTA NOME, MOTUS CENTER DEL RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 1784/2021 depositata il 09/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1. – RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del dott. NOME COGNOME di RAGIONE_SOCIALE, NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano adito il Tribunale di Trapani convenendo in giudizio RAGIONE_SOCIALE MPS s.p.a. e chiedendo la declaratoria di nullità delle condizioni applicate ai rapporti bancari in essere tra la società e la banca, l’accertamento di insussistenza di crediti della banca nei loro confronti e la ripetizione di quanto percepito dalla stessa indebitamente.
La banca si era costituita contrastando le domande proposte e chiedendone il rigetto.
– Esperita una CTU, il Tribunale di Trapani aveva parzialmente accolto le domande degli attori in relazione al conto corrente n. 11996.69, mentre aveva respinto per carenza di supporto probatorio le domande formulate in relazione al conto anticipi e al contratto di affidamento. Gli attori avevano proposto appello avanti alla Corte d’Appello di Palermo, instando per l’ammissione dell’ordine di esibizione tempestivamente formulato in primo grado relativo ai contratti di apertura del conto anticipi n.43226408 e di affidamento n. NUMERO_DOCUMENTO, che la banca non aveva consegnato nonostante la richiesta ex art. 119 TUB, e insistendo, nel merito, per l’accoglimento anche delle domande svolte in relazione ai rapporti bancari richiamati: erano stati reiterati pure i rilievi di nullità delle fideiussioni asseritamente rilevabili d’ufficio, anche se esplicitati nella sola comparsa conclusionale. RAGIONE_SOCIALE aveva contestato i motivi di impugnazione senza proposizione di appello incidentale.
– La Corte d’Appello di Palermo aveva respinto tutti i profili di impugnazione.
– Avverso la sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME lamentandosene per un solo motivo.
Ha presentato controricorso RAGIONE_SOCIALE MPS chiedendo la declaratoria di inammissibilità e comunque il rigetto del ricorso e sottolineando tra l’altro che « … l’eventuale ordine di esibizione dei detti contratti sarebbe inutiliter dato, giacché, effettivamente, la RAGIONE_SOCIALE non ne ha il possesso, né ha mai contestato, nei precedenti gradi, quanto asserito al riguardo dai ricorrenti » in ordine al fatto che la mancata loro consegna, a fronte della richiesta ex art.119 TUB, era stata determinata dal fatto che la banca non li aveva più.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
– L’unico motivo di ricorso proposto dalla società e dai fideiussori, dopo un’ampia ricostruzione delle difese svolte nelle fasi di merito del processo, è prospettato come segue:
-) Art.360 c.p.c. co 1 n.3: violazione e falsa applicazione dell’art. 210 c.p.c. e 119 IV comma d.lgs. n. 385/93. Secondo i ricorrenti, la Corte d’Appello avrebbe erroneamente escluso che l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., relativo ai due contratti di conto anticipi, n. 43226408, e di apertura di credito, n. 1199669, già oggetto di richiesta ex art. 119 TUB – non evasa in relazione ad essi tempestivamente formulata e non accolta dal Tribunale, fosse stato reiterato in sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado, all’udienza del 18.1.2017, e fosse stato poi coltivato nella comparsa conclusionale; l’erronea verifica sulla riproposizione dell’istanza istruttoria richiamata avrebbe inciso, secondo i ricorrenti, sulla valutazione del merito della controversia, rendendo impossibile la rivalutazione dell’andamento del rapporto di conto anticipi e dell’incidenza dell’affidamento e non permettendo la rideterminazione corretta dei rapporti di dareavere tra le parti.
Dopo aver riportato nella parte introduttiva del ricorso ampi stralci dal contenuto dell’atto di citazione in appello, il motivo di ricorso in esame è stato argomentato, come segue: « Ed infatti all’udienza del 18.01.2017 parte attrice concludeva come in atti introduttivi e successive memorie istruttorie, richiamando, pertanto il contenuto della memoria istruttoria nr. 2 ex art. 183 VI comma cpc a mezzo della quale era stata avanzata istanza ex art. 210 cpc »; segue quindi un ulteriore richiamo al contenuto dell’atto di citazione in appello, comprensivo dell’affermazione secondo cui: « Nella stessa comparsa conclusionale » di primo grado « alla pag. 1 si precisa
‘Ferme restando tutte le doglianze di parte attrice, che qui si intendono integralmente trascritte e riportate’ ».
RITENUTO CHE
– Il ricorso è inammissibile.
5.1. – Il motivo di ricorso in esame, come proposto, è difatti inammissibile, prima di tutto perché la doglianza è prospettata come errore percettivo da parte della Corte di merito: questa avrebbe infatti, secondo i ricorrenti, percepito in modo oggettivamente errato il contenuto delle conclusioni definitive precisate all’udienza del 18.1.2017, e non, invece, male interpretato detto contenuto.
La rivalutazione richiesta a questa Corte si rivolge quindi ad una circostanza di fatto, l’esistenza della reiterazione dell’istanza istruttoria nelle conclusioni precisate, che si assume essere diversa da quella posta dalla Corte di merito a fondamento della decisione sul punto: non di violazione di legge si tratta ma di errata percezione da parte del Giudice dell’impugnazione di un fatto per come emergente da un atto del processo, non censurabile in sede di legittimità, ma suscettibile di essere fatto valere, in concorso con i presupposti normativamente previsti, attraverso il mezzo della revocazione per errore di fatto.
5.2. – Ove pure volesse ricondursi il motivo entro l’ambito della violazione di legge processuale, esso rimarrebbe comunque inammissibile.
La Corte d’Appello ha disatteso la richiesta di ordine di esibizione formulata dagli appellanti, odierni ricorrenti, evidenziando quanto segue: « … vale osservare che la richiesta di esibizione (di documenti non acquisiti stragiudizialmente perché non trasmessi dalla RAGIONE_SOCIALE) era stata effettuata con la memoria istruttoria ex art. 183 c.p.c., ma non è stata reiterata nel corso del giudizio, neppure all’esito del deposito della relazione di consulenza tecnica contabile. Difatti, alla udienza del 2.12.2015 gli appellanti chiesero rinvio per conclusioni, e in sede di precisazione delle conclusioni non venne riformulata l’istanza di esibizione: sul punto, vale osservare che l’art. 178 I co., c.p.c. – applicabile in caso di decisione della causa da parte del tribunale in composizione monocratica ex art. 281 bis c.p.c. – prevede che le parti possano sottoporre al collegio (e quindi al giudice monocratico), quando la causa è in fase decisoria, tutte le questioni risolte dal giudice istruttore con ordinanza revocabile, purché nel precisare le conclusioni abbiano chiesto la revoca di quella
ordinanza, o comunque abbiano chiaramente riproposto l’istanza, restando in caso contrario preclusa al collegio o al giudice unico la relativa decisione, e ciò con l’ulteriore conseguenza che la questione non può più essere proposta in sede di impugnazione. E ancora, in sede di comparsa conclusionale (di prime cure) gli odierni appellanti nessun cenno hanno fatto alla richiesta di esibizione, anzi espressamente richiamando gli esiti della consulenza d’ufficio, e quindi, implicitamente, la sola documentazione utilizzata dall’esperto ».
Orbene, è principio rimasto pacifico fino a tempi recenti quello secondo cui la parte che si sia vista rigettare dal giudice di primo grado le proprie richieste istruttorie ha l’onere di reiterarle in modo specifico, quando precisa le conclusioni, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, le stesse devono ritenersi abbandonate e non possono essere riproposte in sede di impugnazione (p. es. Cass. 25 gennaio 2022, n. 2129; Cass. 10 novembre 2021, n. 33103; Cass. 20 novembre 2020, n. 26523; Cass. 31 maggio 2019, n. 15029; Cass. 7 marzo 2019, n. 6590; Cass. 27 febbraio 2019, n. 5741; Cass. 3 agosto 2017, n. 19352; Cass. 10 agosto 2016, n. 16886; Cass. 4 agosto 2016, n. 16290; Cass. 27 aprile 2011, n. 9410; Cass. 14 ottobre 2008, n. 25157). Questa Corte ha, cioè, escluso che la reiterazione delle richieste istruttorie possa consistere nel richiamo generico al contenuto dei precedenti atti difensivi, atteso che la precisazione delle conclusioni deve avvenire in modo specifico, coerentemente con la funzione sua propria di delineare con precisione il thema sottoposto al giudice e di porre la controparte nella condizione di prendere posizione in ordine alle sole richieste istruttorie riproposte (Cass. 27 giugno 2012, n. 10748).
In seguito il principio è stato ribadito, ma con la precisazione controintuitiva che la mancata riproposizione delle richieste istruttorie porrebbe una mera presunzione di rinuncia, che potrebbe essere superata dal giudice di merito, qualora dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione della richiesta non riproposta con le conclusioni rassegnate e con la linea difensiva adottata nel processo, emerga una volontà inequivoca di insistere sulla richiesta pretermessa, attraverso l’esame degli scritti difensivi (Cass. 10 novembre 2021, n. 33103, ed altre successive).
Quest’ultimo orientamento, per la verità, poggia essenzialmente sul richiamo a precedenti in materia di riproposizione (non delle richieste istruttorie, bensì) delle domande ed eccezioni: e resta da dimostrare che tali precedenti siano applicabili all’omessa riproposizione delle richieste istruttorie, equiparazione che anzi questa
Corte ha recisamente e motivatamente escluso (in particolare Cass. 27 aprile 2011, n. 9410, poi ripresa da Cass. 27 giugno 2012, n. 10748).
Ma, anche a voler condividere il menzionato più recente orientamento, il motivo in esame rimarrebbe comunque inammissibile, tenuto conto, per un verso, che esso è formulato in termini del tutto generici, riassumendosi nell’assunto secondo cui l’istanza di esibizione sarebbe stata reiterata, non è detto in quali esatti termini, in sede di precisazione delle conclusioni ed in comparsa conclusionale di primo grado, e, per altro verso, che, una volta rammentato che il generico ed indifferenziato riferimento alle richieste pregresse non vale a concretizzare la riproposizione delle istanze istruttorie, neppure emerge dal ricorso che la condotta processuale della parte o la connessione della richiesta non riproposta con le conclusioni rassegnate e con la linea difensiva adottata nel processo, fosse indicativa di una volontà inequivoca di insistere sulla richiesta di esibizione.
6. – Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato versato, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del dott. NOME COGNOME di RAGIONE_SOCIALE, NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME a rimborsare a RAGIONE_SOCIALE Monte dei Paschi di Siena s.p.a., come legalmente rappresentata, le spese processuali, liquidate in complessivi € 5.500,00, oltre rimborso forfetario, IVA e CPA come per legge e oltre € 200,00 per anticipazioni. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari, in ipotesi, a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.13 comma 1 bis .
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte