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Istanza fallimento P.M.: quando è ammissibile?

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore contro la sentenza di fallimento della sua società. La Corte ha chiarito che l’istanza fallimento P.M., formulata durante l’udienza che dichiara improcedibile un concordato preventivo, è legittima e non necessita di una notifica formale separata. Inoltre, la normativa emergenziale anti-fallimenti non si applicava in questo caso, poiché la procedura era già pendente e la legge stessa prevedeva eccezioni.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Istanza fallimento P.M.: la Cassazione chiarisce i poteri del Pubblico Ministero

L’ordinanza n. 24531/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante analisi sui poteri del Pubblico Ministero (P.M.) all’interno delle procedure concorsuali. In particolare, la Corte si è pronunciata sulla legittimità di una istanza fallimento P.M. presentata contestualmente alla dichiarazione di improcedibilità di una domanda di concordato preventivo, anche alla luce della normativa emergenziale del periodo pandemico. La decisione ribadisce principi consolidati e fornisce chiarimenti essenziali per gli operatori del diritto.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal fallimento di una società a responsabilità limitata, dichiarato dal Tribunale di primo grado nel giugno 2020. La dichiarazione di fallimento era seguita all’improcedibilità di una domanda di concordato preventivo con riserva, presentata dalla stessa società. Il fallimento era stato richiesto sia da un istituto di credito, la cui istanza risaliva al 2019, sia dal Pubblico Ministero, che aveva formulato la sua richiesta durante l’udienza camerale fissata per discutere proprio dell’improcedibilità del concordato.

L’amministratore unico della società aveva presentato reclamo alla Corte d’Appello, lamentando una presunta lesione del diritto di difesa e l’errata applicazione della disciplina emergenziale che, a suo dire, avrebbe dovuto precludere la dichiarazione di fallimento. La Corte territoriale, tuttavia, aveva respinto il reclamo, confermando la legittimità dell’operato del Tribunale. Contro questa decisione, l’amministratore ha proposto ricorso per Cassazione, articolando quattro motivi di impugnazione.

I motivi del ricorso e l’ammissibilità dell’istanza fallimento P.M.

I motivi del ricorso si concentravano su diversi aspetti:
1. Improcedibilità dell’istanza del P.M.: Il ricorrente sosteneva che l’istanza fosse stata formulata in un momento in cui la facoltà era preclusa dalla disciplina emergenziale (D.L. 23/2020).
2. Lesione del diritto di difesa: L’amministratore lamentava di non aver avuto un termine adeguato per difendersi dalla richiesta del P.M., appresa solo durante l’udienza.
3. Inesigibilità dei crediti fiscali: Si contestava la valutazione dello stato di insolvenza, sostenendo che i debiti fiscali non avrebbero dovuto essere considerati a causa delle sospensioni previste dalla normativa emergenziale.
4. Errata valutazione del credito bancario: Si contestava l’ammontare del credito di uno dei principali creditori, ritenuto inferiore a quanto considerato per la valutazione dell’insolvenza.

La Corte di Cassazione ha ritenuto tutti i motivi inammissibili, fornendo un’analisi dettagliata e rigorosa.

La legittimità dell’istanza fallimento P.M. nel contesto del concordato

Il punto centrale della decisione riguarda il primo motivo. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato secondo cui, quando il P.M. partecipa alla procedura di concordato preventivo, la sua richiesta di fallimento (ai sensi dell’art. 162, comma 2, della legge fallimentare) non segue le regole ordinarie previste dall’art. 7 della stessa legge. Il potere del P.M. non è subordinato a una segnalazione esterna, ma sorge direttamente dalla sua partecipazione al procedimento e dalla constatazione dell’insolvenza e dell’impossibilità di proseguire con la soluzione concordataria.

Inoltre, la richiesta formulata oralmente in udienza è considerata pienamente legittima, senza la necessità di un formale ricorso da notificare separatamente. Questo perché le parti sono già presenti in un contraddittorio pienamente instaurato per discutere del destino della procedura.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su una serie di argomentazioni giuridiche solide. In primo luogo, ha evidenziato che la disciplina emergenziale (art. 10 D.L. 23/2020), come modificata dalla legge di conversione n. 40/2020, prevedeva esplicitamente l’inapplicabilità del blocco delle istanze di fallimento proprio nei casi, come quello in esame, derivanti dall’improcedibilità di un concordato (art. 162 l.fall.). Al momento dell’udienza del 10 giugno 2020, tale nuova formulazione era pienamente vigente e cogente, rendendo l’istanza del P.M. procedibile.

Per quanto riguarda la presunta violazione del diritto di difesa, la Corte ha applicato il principio secondo cui la denuncia di un vizio processuale richiede non solo la dimostrazione della violazione, ma anche la prova del concreto pregiudizio subito. Il ricorrente non aveva specificato quali difese avrebbe potuto articolare se avesse avuto più tempo, soprattutto considerando che un’istanza di fallimento da parte di un creditore era già pendente dal 2019.

Infine, i motivi relativi alla valutazione dello stato di insolvenza sono stati giudicati inammissibili perché non si confrontavano adeguatamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata. La Corte d’Appello aveva infatti motivato in modo dettagliato lo stato di insolvenza sulla base di una situazione debitoria drammatica e risalente nel tempo (patrimonio netto negativo da oltre 15 anni, debiti per oltre 20 milioni di euro), evidenziando che le definizioni agevolate dei debiti fiscali avrebbero inciso solo su sanzioni e interessi, non sul capitale, e che la riduzione del singolo credito bancario in sede di ammissione al passivo non scalfiva il quadro complessivo di irreversibile squilibrio finanziario.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione conferma che l’istanza fallimento P.M. è uno strumento procedurale flessibile e potente nel contesto delle crisi d’impresa. La sua formulazione orale in udienza, a seguito della constatazione dell’improcedibilità di un concordato preventivo, è pienamente legittima e non lede il diritto di difesa delle parti, già coinvolte nel procedimento. La decisione sottolinea inoltre l’importanza di confrontarsi specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata quando si propone un ricorso, evitando censure generiche che non colgono il nucleo della decisione. Infine, viene chiarito come la normativa emergenziale, pur introducendo una temporanea sospensione, contenesse specifiche eccezioni volte a non paralizzare le procedure in cui lo stato di insolvenza fosse già conclamato e oggetto di accertamento giudiziale.

Il Pubblico Ministero può chiedere il fallimento di una società durante l’udienza per l’improcedibilità del concordato preventivo?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il P.M., partecipando al procedimento di concordato, può richiedere il fallimento direttamente in udienza, anche oralmente, qualora emerga l’insolvenza e la domanda di concordato sia dichiarata inammissibile o improcedibile. Non è necessario un ricorso formale separato.

La normativa emergenziale del 2020 che bloccava le istanze di fallimento si applicava anche alle richieste del P.M. in questi casi?
No. La Corte ha chiarito che la legge di conversione del D.L. 23/2020 prevedeva specifiche eccezioni al blocco, rendendo inapplicabile il regime di improcedibilità alle istanze di fallimento formulate ai sensi, tra gli altri, dell’art. 162 della legge fallimentare, che è proprio il caso della richiesta del P.M. a seguito di un concordato fallito.

La richiesta di fallimento del P.M., formulata per la prima volta in udienza, lede il diritto di difesa del debitore?
Secondo la Corte, no. Il principio del contraddittorio è rispettato poiché le parti sono già presenti in udienza per discutere il destino della procedura. Inoltre, per lamentare una violazione del diritto di difesa, non è sufficiente denunciare la mancanza di un termine, ma è necessario dimostrare quale concreto pregiudizio sia derivato da tale omissione, specificando quali difese si sarebbero potute svolgere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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