Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 17143 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 17143 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
R.G.N. 12083/23
C.C. 13/05/2025
Vendita -Fornitura merci -Inefficacia -Condizione sospensiva -Adempimento -Istanza verificazione sul ricorso (iscritto al N.R.G. 12083/2023) proposto da:
MILANO NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO ha eletto domicilio;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO ha eletto domicilio;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 7700/2022, pubblicata il 30 novembre 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 maggio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse della controricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con ricorso ex art. 702bis c.p.c. vigente ratione temporis , notificato il 14 maggio 2020, Milano Vanessa adiva il Tribunale di Roma, chiedendo che fosse accertata l’inefficacia per mancato avveramento della condizione sospensiva dell’autorizzazione dell’Ufficio Monopoli del Lazio al trasferimento della rivendita da un locale ad un altro -del contratto C1217036 del 27 luglio 2017 di acquisto di un distributore automatico per il prezzo di euro 46.260,00, IVA compresa, con il rilascio di 60 cambiali del valore di euro 780,40 ciascuna e con versamenti mensili da effettuare a partire dal 30 luglio 2018 fino al 30 giugno 2023, concluso con l’RAGIONE_SOCIALE con la condanna di quest’ultima alla restituzione delle cambiali ancora indebitamente trattenute nonché della caparra confirmatoria pari ad euro 5.000,00, versata al momento della stipula.
Si costituiva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE la quale contestava la fondatezza, in fatto e in diritto, delle domande avversarie, di cui chiedeva il rigetto. In via riconvenzionale, chiedeva che fosse disposta la condanna della controparte al pagamento del corrispettivo di euro 48.015,63, in ragione dell’avvenuta consegna del distributore, come da ‘verbale di
trasporto e consegna della merce’ debitamente sottoscritto, che produceva in giudizio.
All’udienza del 24 novembre 2020, la ricorrente disconosceva la firma apposta sul predetto documento, negando che avesse ricevuto la consegna della merce, mentre la resistente contestava ogni avversa eccezione e argomentazione, con particolare riguardo al disconoscimento, che riteneva tardivo, ed insisteva nelle conclusioni già rassegnate.
Quindi, il Tribunale adito, con ordinanza depositata il 1° dicembre 2020, rigettava le domande di parte ricorrente ed accoglieva la spiegata domanda riconvenzionale, condannando Milano Vanessa al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 46.824,00, a titolo di corrispettivo dell’acquisto di generi di monopolio.
In specie, il giudice di prime cure riteneva provata la consegna della merce suddetta e superata per fatti concludenti l’apposta condizione sospensiva, sulla base del verbale di consegna della merce di cui era stata disconosciuta la firma, reputando che tale sottoscrizione fosse ictu oculi corrispondente a quella apposta in calce agli altri atti acquisiti al processo e riconducibili a Milano Vanessa e aggiungendo che il giudice della verificazione non era tenuto a disporre necessariamente la consulenza tecnica grafologica.
2. -Con atto di citazione notificato il 22 dicembre 2020, Milano Vanessa proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando che, in mancanza della proposizione dell’istanza di verificazione, all’esito del disconoscimento della sottoscrizione
apposta sul prodotto verbale, il documento era inutilizzabile ai fini della decisione.
Si costituiva nel giudizio d’impugnazione l’RAGIONE_SOCIALE la quale instava per il rigetto dell’appello.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la consulenza grafologica non era indispensabile qualora l’autenticità della scrittura fosse accertabile attraverso la sua comparazione con altre scritture incontestabilmente provenienti dalla medesima parte e ritualmente acquisite al processo; b ) che l’appellante, con l’unico motivo spiegato, avrebbe lamentato che non era stata disposta la consulenza grafologica, senza tuttavia censurare l’argomentata ratio decidendi posta a base della ritenuta non necessità della consulenza, anche in ragione del fatto che le firme contestate erano state accompagnate dall’apposizione del timbro dell’impresa di cui la Milano era titolare.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, Milano NOME
Ha resistito, con controricorso, l’intimata RAGIONE_SOCIALE
-La controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza
per errore nel procedimento, con violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che l’appellante avesse impugnato la sentenza del Tribunale, facendo valere la censura secondo cui il giudice non avrebbe potuto verificare la scrittura senza l’ausilio di un grafologo, mentre, in realtà, la doglianza posta a fondamento del gravame ineriva alla circostanza che il Tribunale avesse proceduto alla verificazione in assenza della corrispondente istanza, anche implicita, della controparte onerata, all’esito del disconoscimento proveniente dall’apparente sottoscrivente.
Obietta l’istante che il rigetto dell’impugnazione sarebbe stato basato sulla decisione relativa ad un motivo diverso da quello proposto, senza che la Corte distrettuale si fosse pronunciata sul reale motivo d’appello.
2. -Con il secondo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 216 c.p.c. nonché dell’art. 111 Cost., per avere la Corte territoriale rigettato l’appello, così reiterando la violazione e falsa applicazione delle norme in materia di verificazione poste a fondamento del motivo di gravame.
Osserva l’istante che, all’esito del disconoscimento, sarebbe stato onere della parte che intendeva avvalersi della scrittura disconosciuta chiedere la verificazione nella prima difesa utile, cosicché il giudice -che in assenza dell’istanza avesse proceduto ugualmente alla verificazione -si sarebbe sostituito alla parte nell’assolvimento dei suoi oneri processuali.
Deduce la ricorrente altresì che, benché l’istanza di verificazione potesse essere proposta implicitamente, senza il rispetto di particolari formule sacramentali, essa avrebbe dovuto risultare in maniera inequivoca, posta la rilevanza primaria dei principi generali e costituzionali in gioco, sottesi alla ratio dell’art. 216 c.p.c.
3. -Il primo motivo è fondato.
Infatti, la Corte d’appello ha omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame, pronunciandosi su una diversa doglianza, in effetti non proposta dall’appellante, in ragione del travisamento del motivo dedotto.
E tanto all’esito della verifica dell’effettiva esistenza del vizio denunciato, mediante accesso diretto agli atti processuali, trattandosi di error in procedendo , per il quale questa Corte non è vincolata dalla interpretazione della domanda data dal giudice di merito, potendosi provvedere direttamente a verificare e ad identificare i contenuti del motivo articolato.
Attraverso la censura spiegata, infatti, l’appellante Milano Vanessa aveva chiesto che fosse riformata la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva verificato l’autenticità della scrittura privata prodotta (verbale di trasporto e consegna della merce), benché, successivamente al disconoscimento della sottoscrizione a cura del difensore della Milano, nessuna istanza di verificazione fosse stata proposta dall’RAGIONE_SOCIALE
Per converso, la pronuncia impugnata ha rigettato l’appello affrontando una doglianza, nient’affatto avanzata dall’appellante,
circa la possibilità di verificare l’autenticità della scrittura, senza il necessario ricorso ad una consulenza grafologica.
Ebbene la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sussiste sia quando il giudice trascuri di esaminare una domanda od una eccezione o un motivo di gravame, sia quando sostituisca d’ufficio un’azione o un’eccezione o un motivo ad un altro, a causa del travisamento dell’effettivo contenuto della domanda, dell’eccezione o del motivo (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19214 del 06/07/2023; Sez. L, Sentenza n. 9644 del 16/06/2003; Sez. 1, Sentenza n. 8377 del 20/06/2000).
-All’esito, il secondo motivo è assorbito.
-Nondimeno, all’accoglimento della prima censura del ricorso per omessa pronuncia sul motivo di gravame, con la conseguente cassazione della pronuncia impugnata, ben può seguire la decisione dell’appello nel merito, allorché il motivo sul quale la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi sia infondato e la decisione della causa possa avvenire allo stato degli atti.
Infatti, alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, secondo comma, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza d’appello (determinando
l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 17416 del 16/06/2023; Sez. 5, Ordinanza n. 9693 del 19/04/2018; Sez. 5, Sentenza n. 16171 del 28/06/2017; Sez. 5, Ordinanza n. 11838 del 12/05/2017; Sez. 5, Sentenza n. 21968 del 28/10/2015; Sez. 6-3, Ordinanza n. 21257 del 08/10/2014; Sez. 3, Sentenza n. 15112 del 17/06/2013; Sez. 2, Sentenza n. 2313 del 01/02/2010).
Nella specie, secondo il tenore del verbale dell’udienza del 24 novembre 2020, come riportato dalla stessa ricorrente, successivamente al disconoscimento della sottoscrizione, il difensore della RAGIONE_SOCIALE ha contestato ogni avversa eccezione e argomentazione, anche con riferimento alla tempestività del disconoscimento, chiedendo, nell’ipotesi di ammissione dei mezzi istruttori di parte avversaria, l’ammissione delle proprie istanze istruttorie, con la richiesta di rinvio per la precisazione delle conclusioni.
Sicché si desume che l’RAGIONE_SOCIALE abbia insistito nelle proprie conclusioni, opponendosi al disconoscimento, con la chiara intenzione di avvalersi del documento disconosciuto.
Dal che discende che l’istanza di verificazione avrebbe dovuto reputarsi implicita.
Ora, l’istanza di verificazione della scrittura privata disconosciuta può essere anche implicita, come quando si insista per l’accoglimento di una pretesa che presuppone l’autenticità del documento e non esige la formale apertura di un procedimento incidentale, né l’assunzione di specifiche prove, quando gli
elementi già acquisiti o la situazione processuale siano ritenuti sufficienti per una pronuncia al riguardo (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 32169 del 02/11/2022; Sez. L, Sentenza n. 16383 del 04/07/2017; Sez. 2, Sentenza n. 8272 del 24/05/2012; Sez. 3, Sentenza n. 13258 del 06/06/2006; Sez. L, Sentenza n. 13611 del 17/09/2002; Sez. 3, Sentenza n. 12976 del 23/10/2001; Sez. 1, Sentenza n. 6613 del 11/06/1991).
In conseguenza delle argomentazioni esposte, l’appello deve essere respinto.
Avuto riguardo alla soccombenza globale e tenuto conto dell’esito finale del giudizio, le spese e compensi di lite devono essere compensati per un terzo mentre i residui due terzi vanno posti a carico della ricorrente, con liquidazione come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’appello, compensa per un terzo le spese di lite e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, dei residui due terzi di tali spese, che liquida per l’intero in ordine al giudizio d’appello in complessivi euro 3.308,00 e -in ordine al presente giudizio -in complessivi euro 5.800,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 13 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME