Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 31813 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 31813 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 16805-2020 proposto da:
Oggetto
PROMESSA DI PAGAMENTO RICOGNIZIONE DI DEBITO
Opposizione a decreto ingiuntivo Notificazione non andata a buon fine – Ripresa del procedimento notificatorio Fattispecie.
Scrittura Privata Disconoscimento Istanza di verificazione Scritture di comparazione
R.G.N. 16805/2020
COGNOME
COGNOME domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente Rep.
contro
Ud. 11/09/2024
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’ Avvocato NOME COGNOME Adunanza camerale
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 2343/2019 d ella Corte d’appello di Firenze, depositata in data 03/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del l’11 /09/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 2343/19, del 3 ottobre 2019, della Corte d’appello di Firenze, che nel respingerne il gravame avverso la sentenza n. 2519/17, dell’11 luglio 2017, del Tribunale di Firenze -ha confe rmato l’accoglimento dell’opposizione al decreto ingiuntivo proposta da NOME COGNOME.
Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente di aver notificato al COGNOME, il 7 marzo 2015, un provvedimento monitorio emesso dallo stesso Tribunale fiorentino, che ingiungeva al medesimo di pagare, ad esso COGNOME, la somma di € 154.937,70, oltre interessi e spese della procedura.
Scaduto il 16 aprile 2015 -in difetto di opposizione -il termine previsto dall’art. 641 cod. proc. civ., il COGNOME si rivolgeva al Tribunale per conseguire la declaratoria di esecutività del decreto ingiuntivo.
Senonché, il COGNOME -sempre secondo la narrativa dei fatti esposta in ricorso -proponeva, in luogo di rituale opposizione ex art. 645 cod. proc. civ. (la cui notificazione assumeva non essersi perfezionata per errore a lui non imputabile), opposizione tardiva, radicando, così, due giudizi, successivamente riuniti, non prima che il giudice, investito della prima opposizione, avesse provveduto in merito alla richiesta di esecutività ex art. 647 cod. proc. civ. e all’istanza di sospensione ex art. 649 cod. proc. civ., rigettando l’una e accogliendo l’altra.
Espletato, dunque, il suddetto ‘subprocedimento cautelare’, alla prima udienza di trattazione del giudizio incardinato ai sensi
dell’art. 645 cod. proc. civ., il COGNOME produceva l’originale dell’assegno -posto a fondamento del ricorso monitorio e del decreto ingiuntivo -emesso dal COGNOME, che, tuttavia, disconosceva la sua firma all’udienza successiva (nel corso della quale veniva disposta la riunione dei due giudizi), tanto che il legale dell’odierno ricorrente avanzava istanza di verificazione, con riserva d’indicare le scritture di comparazione.
Ritenuta superflua l’istruzione dei giudizi riuniti, in ragione della irritualità dell’ istanza di verificazione (stante la mancata produzione delle scritture di comparazione), il Tribunale fiorentino revocava il decreto opposto e condannava il COGNOME al pagamento delle spese di lite.
Esperito gravame dall’opposto, il giudice d’appello lo respingeva.
Avverso la sentenza della Corte toscana ha proposto ricorso per cassazione il COGNOME sulla base -come detto -di tre motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -nullità del procedimento, violazione dell’art. 345 cod. proc. civ., in relazione alla produzione di un nuovo documento in appello, donde la sua inammissibilità e conseguente nullità della sentenza.
Assume il ricorrente che l’atto di citazione, relativo all’opposizione tardiva, con le corrispondenti prove di spedizione, sarebbe stato prodotto dal COGNOME, per la prima volta, solo in appello, donde la sua inammissibilità, con conseguente nullità del procedimento e della sentenza.
Difatti, l’affermazione secondo cui tale atto sarebbe ‘stato esibito all’udienza del 4 maggio (sic.) 2015’ risulterebbe smentita dal ‘verbale di udienza tenutasi avanti il Tribunale di Firenze il giorno 4.6.2015’, dal quale emerge che il legale del COGNOME ebbe
a dichiarare ‘che ad oggi non ha ancora ricevuto alcun atto di opposizione’, tanto che il legale del COGNOME aveva chiesto ‘di essere rimesso in termini ai sensi dell’art. 153 cod. proc. civ. per rinotificare l’atto di opposizione, rilevando che l’omessa notifica non è imputabile all’opponente, bensì all’organo notificatore’.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, nn. 4) e 5), cod. proc. civ. -nullità della sentenza, violazione degli artt. 101, 641, 645 e 650 cod. proc. civ., violazione dell’art. 4 della legge 20 novembre 1982, n. 890 e successive modificazioni sulla notificazione a mezzo posta, oltre a inammissibilità dell’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. ed assenza dei presupposti previsti dall’art. 650 cod. proc. civ. per l’opposizione tardiva e, infine, nullità della sentenza ex art. 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ.
Evidenzia il ricorrente come il COGNOME, in data 16 aprile 2015 (ultimo giorno utile per opporsi al decreto ingiuntivo emesso a proprio carico), avesse consegnato all’ufficiale giudiziario l’atto di opposizione da notificare ad esso Nustrini, assumendo che la notifica non ebbe a perfezionarsi per fatto non imputabile, essendo stata la notifica richiesta presso il difensore del creditore ingiungente ‘Avvocato NOME COGNOME e non ‘ Selm i’ .
Osserva, al riguardo, il COGNOME che l’agente postale non ebbe a rinvenire nel luogo della tentata notificazione alcun Avvocato COGNOME (secondo quanto risulta dalla ‘riprodotta cartolina di ricevuta’), come confermato da apposita dichiarazione rilasciata da Poste Italiane, su richiesta dell’odierno ricorrente , il 28 maggio 2015.
Ciò detto, il motivo lamenta che il primo giudice, lungi dal ritenere inesistente tale notificazione, dopo aver sospeso la provvisoria esecutività del decreto, ha accolto l’opposizione, tra l’altro senza considerare che il COGNOME, piuttosto che riprender e
immediatamente il procedimento notificatorio, ha ritenuto di dover iniziare un nuovo giudizio, quale opposizione tardiva ex art. 650 cod. proc. civ.
Per parte propria, la Corte d’appello ha ritenuto che la notifica dell’opposizione ex art. 645 cod. proc. civ. fosse avvenuta correttamente, e ciò ‘in spregio alle risultanze dell’avviso di ricevimento’, con ciò violando l’art. 4 della legge n. 890 del 198 2, dal momento che l’avviso di ricevimento della raccomandata inviata dal legale del COGNOME non indica ‘né che il plico sia stato consegnato, né che sia stata effettuata la compiuta giacenza’. Difatti, l’agente postale ha attestato non risultare ‘il nomi nativo Avv. NOME all’indirizzo’, circostanza confermata dalla già citata dichiarazione dell’Ufficio postale di Empoli del 28 maggio 2015.
Inoltre, la Corte fiorentina avrebbe violato pure gli artt. 101 e 645 cod. proc. civ., tanto nell’affermare che la richiesta di notifica del primo atto di opposizione a decreto ingiuntivo fosse avvenuta nel rispetto del termine decadenziale di cui all’art. 641 cod. proc. civ. (risalendo al 16 aprile 2015), quanto nel ritenere che il COGNOME -con la notifica, avvenuta il 4 maggio 2015, dell’atto di opposizione ex art. 650 cod. proc. civ., nel quale quella prima opposizione era riportata -abbia riattivato ‘entro un termine ragionevole’ l’originario procedimento notificatorio.
In particolare, si assume l’erroneità di tale seconda affermazione, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte secondo cui la riattivazione del procedimento di notificazione deve avvenire ‘con immediatezza’ e, comunque, sempre in mancanza di errori da parte del notificante.
D’altra parte, ricorrendo, nella specie, un vizio addirittura di inesistenza della notificazione, la stessa non era suscettibile di alcuna sanatoria.
Infine, si addebita alla sentenza di appello il vizio di carenza di motivazione, ex art. 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ., atteso
che il secondo giudice si sarebbe limitato ‘a ricopiare pedissequamente la motivazione del giudice di primo grado’. Inoltre, del tutto apodittica sarebbe l’affermazione relativa alla sussistenza dei presupposti per l’opposizione tardiva, non essendo stato indicato neppure il caso fortuito o la forza maggiore che la giustificherebbero.
3.3. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -nullità del procedimento per violazione dell’art. 216 cod. proc. civ., con conseguente nullità della sentenza.
Si censura la decisione della Corte territoriale di non disporre lo svolgimento di consulenza tecnica d’ufficio grafologica sulla firma disconosciuta dal COGNOME in ragione della ritenuta irritualità dell’istanza di verificazione formulata da esso Nustri ni.
Si assume che il giudice d’appello avrebbe potuto raffrontare la firma dell’assegno con quella in calce alla procura alle liti, data la non indispensabilità -secondo la ‘migliore dottrina’ della produzione delle scritture di comparazione, potendo esse attingersi anche dagli atti di causa.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, il COGNOME chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
6. Il ricorrente ha presentato memoria.
Attraverso di essa il COGNOME si propone di confutare l’affermazione del controricorrente, secondo cui l’agente postale ha tentato ‘di consegnare l’atto all’Avv. COGNOME ma non vi è riuscito esclusivamente per il rifiuto di quest’ultimo di ritirare il plico, così
come si evince dalla spuntatura presente nell’apposito spazio dell’avviso di ricevimento della notifica; tale errore (COGNOME invece di COGNOME) non è riportato nella relata di notifica redatta da COGNOME ma soltanto nella cartolina di ricevimento della raccomandata che se fosse stata confrontata appunto con la relata avrebbe facilmente svelato l’errore’.
Orbene, secondo il ricorrente tale affermazione sarebbe ‘del tutto fuorviante’, per più ragioni: innanzitutto, in quanto non sarebbe dato comprendere come l’agente postale potesse ‘verificare la relata di notifica che era contenuta, appunto, dentro busta c hiusa’; in secondo luogo, perché ‘l’errore di indicazione del cognome del procuratore domiciliatario non era solamente sulla cartolina di ricevimento, bensì anche sull’indicazione del destinatario riportata sulla parte anteriore della busta (v. attestazion e Poste fotoriprodotta pag. 12 ricorso COGNOME)’.
Inoltre, ‘a prescindere da tali considerazioni’ osserva sempre il ricorrente -‘come risulta dall’attestazione delle Poste Italiane (v. fotoriproduzione pag. 12 ricorso introduttivo) «la raccomandata n. 766917754963 del 17.4.2015 è stata rinviata al mittente in quanto nominativo sconosciuto all’indirizzo»’, sicché ‘da tale dichiarazione si evince che tale raccomandata era destinata al «Signor NOME COGNOME presso Avv. NOME COGNOME INDIRIZZO 50053 Empoli»’.
Quanto rilevato , dunque, smentirebbe ‘la dichiarazione del controricorrente’, il quale vorrebbe far credere che l’errore nell’indicazione del cognome del procuratore domiciliatario ‘fosse stata contenuta solamente nell’avviso di ricevimento, quando, invece era indicata a nche sulla busta verde contenente l’atto, nel luogo del destinatario’.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso va accolto, sebbene solo in relazione al suo terzo motivo.
8.1. Il primo motivo è inammissibile (e, comunque, non fondato).
8.1.1. Invero, è lo stesso ricorrente ad affermare che il giudice di prime cure ebbe a riunire i due giudizi di opposizione, incardinati a norma, rispettivamente, degli artt. 645 e 650 cod. proc. civ., sicché non è dato comprendere come possa postularsi la ‘novità’ della produzione di un atto (la citazione che ha dato origine al giudizio di opposizione tardiva al decreto ingiuntivo) che risultava, evidentemente, già acquisito al processo.
In ogni caso, la censura risulta infondata, alla luce del principio secondo cui, ‘il divieto di produzione di nuovi mezzi di prova, previsto dall’art. 345 cod. proc. civ., si riferisce ai documenti o alle prove relative al merito della causa e non agli atti volti a dimostrare la correttezza dell’attività processuale’ (Cass. Sez. 2, ord. 26 febbraio 2019, n. 5610, Rv. 652767-01), come, appunto, nella specie, visto che il COGNOME intendeva dimostrare la ritualità della proposta opposizione.
8.2. Il secondo motivo non è fondato.
8.2.1. Nello scrutinarlo, deve preliminarmente evidenziarsi che l a Corte fiorentina ha accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo, ritenendola procedibile sulla base di una duplice ‘ ratio decidendi ‘: per un verso, ha affermato che la richiesta di notificazione del (primo) atto di opposizione -compiuta presso lo
studio legale, in Empoli, alla INDIRIZZO, dell’Avvocato NOME COGNOME (ancorché erroneamente indicato come ‘Elmi’), ove il COGNOME aveva eletto domicilio -era ‘avvenuta in data 16.04.2015 nel rispetto del termine di decadenza di cui all’art. 641, comma 1, cod. proc. civ.’; per altro verso, ha ritenuto che con la notificazione dell’opposizione ex art. 650 cod. proc. civ. (avvenuta a mezzo ‘PEC’ il 4 maggio 2015, presso gli indirizzi di posta elettronica dei legali dell’odierno ricorrente) il Ma rabini avesse riattivato ‘entro «un tempo ragionevole» l’originario processo di notifica’.
Orbene, il motivo non contrasta adeguatamente -come si dirà di seguito -tale seconda ‘ ratio decidendi ‘, la quale, peraltro, assorbe logicamente la precedente. Ciò che è reso evidente dal fatto che nulla è stato autonomamente statuito, dai giudici di merito, in relazione alla ‘prima’ opposizione, a conferma, pertanto, del fatto che essi hanno ritenuto proposta, in realtà e nonostante l’effettiva singolarità delle scelte procedurali della parte ingiunta, una sola opposizione, vale a dire quella originaria. In relazione a d essa, in particolare, il giudice d’appello ha ravvisato la ripresa, sia pure mediante un atto qualificato come introduttivo di opposizione tardiva, dell’originario procedimento notificatorio, ritenendo -con valutazione fattuale, non sindacabile in questa sede -non essere ‘imputabile a colui che ha chiesto la notifica a mezzo U.G.’ l’errore commesso circa il nominativo del difensore, domiciliatario, del COGNOME.
L’affermazione relativa alla ripresa del procedimento notificatorio, come si notava, non è adeguatamente censurata dall’odierno ricorrente, presentandosi immune dai vizi denunciati.
La Corte fiorentina, infatti, si è attenuta al principio enunciato da questa Corte -anche nella sua massima sede nomofilattica -secondo cui, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante,
questi, appreso dell ‘ esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini fissati per il compimento dell’atto (Cass. Sez. Un, sent. 15 luglio 2016, n. 14594, Rv. 640441-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 31 luglio 2017, n. 19059, Rv. 645352-01; Cass. Sez. 5, ord. 11 maggio 2018, n. 11485, Rv. 648022-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 9 agosto 2018, n. 20700, Rv. 650482-01; Cass. Sez. Lav., ord. 21 agosto 2020, n. 17577, Rv. 658886-01).
In applicazione di tali ‘ dicta ‘ -che, sebbene enunciati prevalentemente in relazione agli atti impugnatori, sono stati ritenuti operanti anche rispetto alla notificazione dell’opposizione a decreto ingiuntivo (cfr. Cass. Sez. 3, ord. 22 febbraio 2021, n. 4663, Rv. 660706-01) e possono in effetti estendersi alle ipotesi di termini per la notifica di atti previsti a pena di decadenza -la sentenza impugnata ha concluso per l’avvenuta riattivazione del procedimento notificatorio entro ‘un tempo ragionevole’. Affermazione, questa, corretta, ove si consideri che, nella specie, dall’ultimo giorno utile il 16 aprile 2015 -per opporsi al decreto ingiuntivo, sono trascorsi meno di venti giorni (pari, appunto, alla metà del termine ex art. 641, comma 1, cod. proc. civ.) allorché venne operata, il 4 maggio 2015, la nuova notificazione avvenuta a mezzo ‘PEC’.
8.2.2. Non osta all’esito del rigetto del motivo il rilievo del ricorrente secondo cui, nella specie, ricorreva un’ipotesi di inesistenza della notificazione.
Sul punto, infatti, non si può prescindere da quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 20 luglio 2016, n. 14916, Rv. 64060301), i cui ‘ dicta ‘ in materia di invalidità della notificazione del ricorso per cassazione presentano
valenza, evidentemente, generale, riferibile alla notificazione degli atti processuali in genere.
Invero, il Supremo Collegio muove dal rilievo che ‘in tema di notificazione, come in generale di atti processuali, il codice non contempla la categoria della «inesistenza»’, ciò che deve indurre l’interprete ‘a ritenere che la nozione di inesistenza della notificazione debba essere definita in termini assolutamente rigorosi, cioè confinata ad ipotesi talmente radicali che il legislatore ha, appunto, ritenuto di non prendere nemmeno in considerazione’. Su tali basi, dunque, si è affermato ‘che l ‘ inesistenza della notificazione è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell ‘ atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un ‘ attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile quell’atto’.
Siffatti elementi sono stati, in particolare, identificati: ‘a) nell’attività di trasmissione, che deve essere svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere l’attività stessa, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento, in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege , eseguita ‘ . Per contro, restano ‘ esclusi soltanto i casi in cui l ‘ atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, sì da dover reputare la notifica meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa’.
Orbene, ‘la presenza di detti requisiti, che possono definirsi strutturali, va ritenuta idonea ai fini della riconoscibilità dell ‘ atto come notificazione: essi, cioè, sono sufficienti a integrare la fattispecie legale minima della notificazione, rendendo qualificabile l ‘ attività svolta come atto appartenente al tipo previsto dalla legge’.
Su tali basi, pertanto, le Sezioni Unite hanno ritenuto ‘superata la tesi che include in tale modello legale, facendone derivare, in sua mancanza, la inesistenza della notificazione, il requisito del «collegamento» (o del «riferimento») tra il luogo della notificazione e il destinatario: si tratta, infatti, di un elemento che si colloca fuori del perimetro strutturale della notificazione e la cui assenza’ esse precisano -‘ricade, in base all ‘insieme delle considerazioni fin qui svolte, nell’ambito della nullità, sanabile con effetto ex tunc attraverso la costituzione dell’intimato o la rinnovazione dell’atto, spontanea o su ordine del giudice’.
8.3. Il terzo motivo, invece, è fondato.
8.3.1. Deve, infatti, darsi seguito al principio secondo cui ‘la parte che proponga istanza di verificazione ha indubbiamente l’onere di produrre le scritture di comparazione, ma si tratta di onere subordinato al fatto che tali scritture esistano e che siano in suo possesso’, sicché, in mancanza, ‘può essere indicato come campione qualunque atto la cui sottoscrizione sia certamente autentica, pur se proveniente dalle altre parti del processo’, essendosi, in particolare, ritenuta ‘autentica la sottoscrizione apposta alla procura alle liti’ (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 12 settembre 2014, n. 19279, Rv. 632020-01).
Tale principio è maggiormente in linea con l’esigenza di effettività della tutela del diritto della parte che vuole avvalersi della verificazione, neppure potendo a quella farsi carico di premunirsi di altre scritture di comparazione, che potrebbero legittimamente non rientrare nella sua materiale disponibilità: e fermo restando che un’eventuale insufficienza di quel solo elemento addotto ai fini della statuizione di autenticità della
scrittura oggetto di verificazione ridonderà, ma solo alla fine, a danno della medesima parte che quest’ultima ha chiesto.
Ha errato, dunque, la sentenza impugnata nel confermare la decisione del primo giudice di non disporre lo svolgimento di consulenza tecnica d’ufficio grafologica sulla firma disconosciuta dal COGNOME in ragione della ritenuta irritualità dell’istanza di verificazione, per non essere state prodotte dal COGNOME scritture di comparazione.
In conclusione, il ricorso va accolto solo quanto al suo terzo motivo e la sentenza impugnata va cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze , in diversa composizione, per la decisione sul merito della causa e sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità, in applicazione del seguente principio di diritto:
‘ la parte che proponga istanza di verificazione, qualora non disponga di scritture di comparazione, ha facoltà di indicare, come campione, qualunque atto la cui sottoscrizione sia certamente autentica, pur se proveniente dalle altre parti del processo, a cominciare dalla procura alle liti rilasciata dall’autore della scrittura della cui autenticità si controverta ‘.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo e accoglie il terzo, cassando in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze , in diversa composizione, per la decisione sul merito della causa e sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della