Istanza di Prelievo: La Chiave Indispensabile per l’Equo Indennizzo
L’eccessiva durata dei processi è una delle problematiche più sentite del sistema giudiziario italiano. Per porvi rimedio, la cosiddetta ‘Legge Pinto’ prevede un equo indennizzo per i cittadini danneggiati dalle lungaggini della giustizia. Tuttavia, l’accesso a tale tutela non è incondizionato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 26246/2024, ribadisce un punto cruciale: senza aver prima presentato l’istanza di prelievo nel processo amministrativo, la domanda di indennizzo è inammissibile. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Una Domanda di Indennizzo Respinta
Un cittadino, il cui processo amministrativo era pendente dal 2015, decideva nel 2022 di agire per ottenere l’equo indennizzo previsto dalla Legge Pinto, lamentando l’irragionevole durata del giudizio. La sua domanda, però, veniva dichiarata inammissibile dalla Corte di Appello di Roma. Il motivo? La mancata presentazione, all’interno del processo amministrativo, di un atto specifico: l’istanza di prelievo.
Questo atto, introdotto dalla Legge di Stabilità del 2016, serve a segnalare al giudice l’interesse concreto della parte a una rapida definizione della causa. Ritenendo ingiusta la decisione, il cittadino ricorreva alla Corte di Cassazione, sostenendo che tale obbligo fosse in contrasto con i principi costituzionali e con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
L’Importanza dell’Istanza di Prelievo come Rimedio Preventivo
Il nodo della questione ruota attorno alla natura dell’istanza di prelievo. La legge la configura come un ‘rimedio preventivo’. In pratica, prima di poter lamentare un ritardo e chiedere un risarcimento, il cittadino ha il dovere di attivarsi per sollecitare la giustizia, utilizzando gli strumenti che l’ordinamento gli mette a disposizione.
L’idea del legislatore è che la parte debba dimostrare di aver fatto tutto il possibile per accelerare il proprio giudizio. Solo se, nonostante questo suo attivismo, il processo continua a stagnare, allora sorge il diritto all’indennizzo. L’omissione di questo passaggio procedurale viene interpretata come una sorta di acquiescenza al ritardo, precludendo la successiva richiesta risarcitoria.
La Posizione della Corte Costituzionale
Nel suo ricorso, il cittadino chiedeva alla Cassazione di sollevare una questione di legittimità costituzionale. Tuttavia, la Suprema Corte ha evidenziato come la Corte Costituzionale si fosse già espressa sul punto con la sentenza n. 107/2023, dichiarando infondata una questione identica. Secondo la Consulta, l’istanza di prelievo non è un mero onere burocratico, ma un meccanismo che può effettivamente condurre a un’accelerazione del giudizio, ad esempio tramite la decisione del ricorso con rito semplificato. Di conseguenza, richiederne la presentazione non viola i diritti fondamentali del cittadino.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, allineandosi alle precedenti pronunce proprie e della Corte Costituzionale, ha rigettato il ricorso. Gli Ermellini hanno confermato che l’istanza di prelievo è un rimedio preventivo obbligatorio. Non si tratta di un’interpretazione restrittiva, ma dell’applicazione di una chiara previsione di legge (art. 1-ter della Legge 89/2001).
La Suprema Corte ha spiegato che il sistema dei rimedi preventivi è stato introdotto per responsabilizzare le parti e incentivare meccanismi che accelerino la definizione delle liti, prima ancora di arrivare alla fase ‘patologica’ della richiesta di indennizzo. Non utilizzare questi strumenti significa non aver esaurito le vie interne per ottenere una giustizia celere. Pertanto, la sanzione per tale inerzia è l’inammissibilità della domanda di equa riparazione. Il ricorso è stato quindi respinto, confermando la decisione della Corte d’Appello.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Cittadini
Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per chiunque sia parte in un processo amministrativo e tema per la sua eccessiva durata. La decisione chiarisce che il diritto all’indennizzo non è automatico, ma subordinato a una condotta attiva e collaborativa della parte. È indispensabile, almeno sei mesi prima che maturino i termini per l’indennizzo, depositare l’istanza di prelievo. Questo adempimento non solo è un requisito di ammissibilità per un’eventuale futura azione risarcitoria, ma rappresenta anche una concreta possibilità di vedere il proprio caso deciso più rapidamente. Per cittadini e avvocati, questa pronuncia è un monito a monitorare attentamente i tempi del processo e a utilizzare tempestivamente tutti gli strumenti procedurali a disposizione per sollecitarne la conclusione.
È possibile ottenere un equo indennizzo per l’eccessiva durata di un processo amministrativo senza aver prima presentato l’istanza di prelievo?
No. La Corte di Cassazione, confermando l’orientamento consolidato, ha stabilito che la mancata presentazione dell’istanza di prelievo, almeno sei mesi prima del superamento del termine di ragionevole durata, rende la domanda di indennizzo inammissibile.
Perché l’istanza di prelievo è considerata un requisito obbligatorio?
Perché la legge la qualifica come un ‘rimedio preventivo’. Il sistema richiede che la parte interessata si attivi per prima, utilizzando gli strumenti processuali a sua disposizione per sollecitare una decisione rapida. Solo se il ritardo persiste nonostante questo tentativo, sorge il diritto a chiedere un indennizzo.
L’obbligo di presentare l’istanza di prelievo è conforme alla Costituzione e alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU)?
Sì. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 107/2023, ha già stabilito che tale requisito è legittimo. Non è visto come un ostacolo ingiustificato all’accesso alla giustizia, ma come un meccanismo procedurale che mira a favorire l’accelerazione dei processi, in linea con i principi di efficienza della giustizia.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26246 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26246 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7369/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE RAGIONE_SOCIALEO STATO (P_IVAP_IVA che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso DECRETO di CORTE D’APPELLO ROMA n. 50917/2022 depositato il 4/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La domanda di equo indennizzo concerne l’irragionevole durata di un processo amministrativo. La domanda è proposta da NOME COGNOME nel 2022, a processo presupposto (instaurato in data 29.9.2015) ancora pendente. La Corte di appello di Roma (in sede monocratica e poi di opposizione) ha dichiarato inammissibile la domanda per mancata presentazione RAGIONE_SOCIALE‘istanza di prelievo nel processo presupposto (condizione introdotta dalla legge di stabilità del 2016). Avverso tale decisione, si ricorre in cassazione con un unico motivo, illustrato da memoria. Il RAGIONE_SOCIALE resiste con un atto nominato «controricorso».
RAGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
1. L’unico motivo (p. 5 ss.) censura che la Corte territoriale ha ritenuto necessaria la presentazione RAGIONE_SOCIALE‘istanza di prelievo ai fini RAGIONE_SOCIALEa domanda di equo indennizzo. In mancanza di un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata, si sollecita a sollevare una questione di costituzionalità RAGIONE_SOCIALE‘art. 2 co. 1 l. 89/2001, in relazione all’art. 1 -ter co.3 RAGIONE_SOCIALEa stessa legge, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 1 co. 777 l. 208/2015, laddove afferma che, nei giudizi dinanzi al giudice amministrativo, costituisce rimedio preventivo la presentazione RAGIONE_SOCIALE‘istanza di prelievo di cui all’art. 71 co. 2 c.p.a. (d.lgs. 104/2010), almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all’art. 2 co. 2-bis, per contrasto con l’art. 117 co. 1 cost., in relazione all’art. 6 e 13 Cedu, secondo l’orientamento espresso da Corte cost. 348/07 e 349/07. Il ricorso cita sentenze RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale e RAGIONE_SOCIALEa Cedu che dubitano che l’istanza di prelievo serva ad accelerare i processi. Quindi la sua mancata presentazione non dovrebbe rendere
inammissibile la domanda di equa riparazione. In particolare, viene richiamata la sentenza Cedu Olivieri c. Italia.
-Il ricorso è rigettato sulla falsariga di Cass. 17980/2024, di cui si riassumono i passaggi essenziali (rinviando a tale pronuncia per i dettagli RAGIONE_SOCIALE‘argomentazione).
Corte cost. 107/2023 ha dichiarato non fondata una questione di legittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALE‘art. 1-ter co. 3 l. 89/2001, introdotto dall’art. 1 co. 777, lett. a) l. 208/2015, in relazione agli artt. 2 co. 1 e 6 co. 2-bis l. 89/2001, per contrasto con l’art. 117 co. 1 cost. (riguardati gli artt. 6 para. 1 e 13 Cedu). Tale questione corrisponde a quella al centro del ricorso attuale. La pronuncia RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale si colloca nell’indirizzo – già segnato da una pronuncia precedente (Corte cost. 121/2020) – che sta concretizzando la nozione di «moRAGIONE_SOCIALEi procedimentali alternativi» (adottati in funzione di accelerazione del processo di cognizione) nel senso da includervi i «moRAGIONE_SOCIALEi sub-procedimentali» (su questa nozione cfr. appunto Cass. 17980/2024). Tale concretizzazione, nel senso RAGIONE_SOCIALEa segmentazione dei moRAGIONE_SOCIALEi procedimentali alternativi elargisce loro un margine maggiore di operatività quali rimedi preventivi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1-ter co. 1 l. 89/2001, senza contraddire la giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte EDU. Co sicché vi rientra via di principio l’istanza di prelievo ex art. 71 co. 2 c.p.a. Corte cost. 107/2023 ha rilevato infatti che tale istanza (per come disciplinata dal legislatore nel 2015) conduce ad un’accelerazione del giudizio attraverso un «moRAGIONE_SOCIALEo procedimentale alternativo dato ex art. 71-bis c.p.a. dalla decisione del ricorso in camera di consiglio con sentenza in forma semplificata».
– Non vi è luogo a provvedere sulle spese poiché il RAGIONE_SOCIALE ha depositato un controricorso che nell’argomentazione in diritto consiste nella seguente proposizione: «Il combinato disposto di cui alle norme: art. 1bis, comma 2, l. 89/01 e art. 1 ter, comma 3, l. 89/01, evidenzia la correttezza giuridica del doppio rigetto RAGIONE_SOCIALEa Corte di merito». Dall’art. 370 c.p.c. si desume che il «contraddire»
è requisito di forma contenuto del controricorso. Contraddire significa offrire una risposta argomentata volta a ribaltare la posizione giuridica avversaria, presentando elementi a proprio favore, che in questo contesto consistono in reinterpretazioni normative. Tale requisito non si rinviene nell’atto de quo, al di là di come esso sia stato qualificato da chi lo ha redatto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 10/09/2024.