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Istanza di prelievo: obbligatoria per l’equo indennizzo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 26247/2024, ha rigettato il ricorso di alcuni dipendenti pubblici che chiedevano un equo indennizzo per l’eccessiva durata di un processo amministrativo. La Corte ha confermato che la mancata presentazione dell’istanza di prelievo, quale rimedio preventivo, rende la domanda di indennizzo inammissibile, allineandosi a precedenti pronunce della Corte Costituzionale.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Istanza di Prelievo: La Cassazione Conferma il Suo Ruolo Cruciale per l’Equo Indennizzo

L’eccessiva durata dei processi è una nota dolente del sistema giudiziario italiano. Per porvi rimedio, la Legge Pinto ha introdotto il diritto a un equo indennizzo. Tuttavia, per ottenerlo, è necessario attivarsi per tempo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 26247/2024) ribadisce un punto fondamentale: nei processi amministrativi, l’istanza di prelievo è un passaggio obbligato. Ometterla significa vedersi chiudere la porta in faccia alla richiesta di risarcimento. Vediamo insieme perché.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda tre appartenenti a un corpo di polizia a ordinamento militare che, nel 2016, avevano avviato un ricorso presso il TAR del Lazio per ottenere il riconoscimento di alcuni benefici economici legati al loro status familiare. Trascorsi oltre sei anni senza una decisione, e con il processo ancora pendente, i tre hanno deciso di agire ai sensi della Legge Pinto, chiedendo alla Corte d’Appello di Roma un equo indennizzo per l’irragionevole durata del giudizio.

La loro domanda, però, è stata dichiarata inammissibile. Il motivo? Non avevano presentato, nel corso del processo amministrativo, la cosiddetta istanza di prelievo, un atto con cui si sollecita il giudice a fissare l’udienza di discussione. Secondo la Corte d’Appello, tale istanza costituisce un “rimedio preventivo” introdotto dalla normativa del 2015, la cui omissione preclude il diritto all’indennizzo. I ricorrenti, ritenendo leso il loro diritto, hanno portato la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Istanza di Prelievo e la sua Natura di Rimedio Preventivo

Davanti alla Suprema Corte, i ricorrenti hanno sostenuto che l’obbligo di presentare l’istanza di prelievo fosse in contrasto con la Costituzione e con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). A loro avviso, questo adempimento formale non garantirebbe una reale accelerazione dei processi e, pertanto, non dovrebbe impedire il risarcimento per i ritardi della giustizia. Hanno sollevato dubbi sulla sua efficacia, chiedendo ai giudici di rimettere la questione alla Corte Costituzionale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, allineandosi a un orientamento ormai consolidato sia nella propria giurisprudenza (in particolare, la sentenza n. 17980/2024) sia in quella della Corte Costituzionale (sentenze n. 107/2023 e n. 121/2020).

I giudici hanno chiarito che l’istanza di prelievo non è un mero formalismo. È stata configurata dal legislatore come un vero e proprio “rimedio preventivo”, cioè uno strumento che la parte ha l’onere di utilizzare per tentare di accelerare il giudizio prima di lamentarne la lentezza. La sua presentazione, infatti, non è fine a se stessa: essa innesca un meccanismo virtuoso. In base all’art. 71-bis del Codice del Processo Amministrativo, l’istanza consente al giudice di definire il ricorso più rapidamente, attraverso un “modello procedimentale alternativo” che prevede una decisione in camera di consiglio con sentenza in forma semplificata.

Questa accelerazione, seppur potenziale, è ciò che qualifica l’istanza come un rimedio effettivo. La Corte Costituzionale ha avallato questa impostazione, spiegando che lo Stato può legittimamente richiedere al cittadino di compiere un passo attivo per prevenire il danno da ritardo, prima di concedergli un indennizzo. Non si tratta di una violazione del diritto a un equo processo, ma di una ragionevole ripartizione degli oneri tra il sistema giudiziario e il singolo litigante.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame lancia un messaggio inequivocabile a chiunque sia parte di un processo amministrativo: la vigilanza attiva è essenziale. Chi ritiene che la propria causa stia subendo ritardi ingiustificati non può rimanere passivo e sperare in un futuro risarcimento. È obbligatorio presentare l’istanza di prelievo almeno sei mesi prima che maturino i termini di durata irragionevole previsti dalla legge. In assenza di questo adempimento, la successiva domanda di equo indennizzo sarà inevitabilmente dichiarata inammissibile. Una lezione di procedura che sottolinea l’importanza di una difesa proattiva per la tutela dei propri diritti.

È possibile ottenere un equo indennizzo per la durata irragionevole di un processo amministrativo senza aver presentato l’istanza di prelievo?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che la mancata presentazione dell’istanza di prelievo, quale rimedio preventivo obbligatorio, rende la domanda di equo indennizzo inammissibile.

Perché l’istanza di prelievo è considerata un ‘rimedio preventivo’ efficace?
Perché la sua presentazione permette al giudice amministrativo di accelerare il giudizio, decidendo la causa attraverso un procedimento semplificato in camera di consiglio (ex art. 71-bis c.p.a.), dimostrando così la sua idoneità a prevenire ulteriori ritardi.

L’obbligo di presentare l’istanza di prelievo è stato ritenuto costituzionale?
Sì. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 107/2023, ha stabilito che tale obbligo non è incostituzionale, in quanto rientra nei legittimi ‘modelli procedimentali alternativi’ volti a rendere più efficiente il processo, senza violare il diritto a un equo processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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