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Istanza di fallimento: il rinvio non è rinuncia

La Cassazione ha stabilito che la richiesta di rinvio di un’udienza prefallimentare, avanzata dal creditore in attesa di un pagamento, non costituisce una rinuncia tacita all’istanza di fallimento. La rinuncia deve essere espressa. Di conseguenza, il tribunale può dichiarare il fallimento anche dopo tale richiesta. La Corte ha cassato la decisione d’appello che aveva revocato il fallimento, ritenendo erroneamente che il rinvio implicasse una desistenza.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Istanza di fallimento: il rinvio non è rinuncia

Quando un creditore presenta un’istanza di fallimento e successivamente chiede un rinvio per consentire al debitore di onorare un accordo di pagamento, sta implicitamente rinunciando alla sua azione? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14847 del 2024, ha fornito una risposta chiara e netta: no. La richiesta di differimento dell’udienza non equivale a una desistenza, la quale deve essere sempre espressa e inequivocabile. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Una Richiesta di Rinvio Contestata

Una società edile era stata dichiarata fallita dal Tribunale di primo grado. La società aveva proposto reclamo alla Corte d’Appello, la quale aveva accolto l’impugnazione e revocato il fallimento. La motivazione della Corte territoriale si basava su un evento specifico: nel corso del procedimento prefallimentare, il creditore che aveva avviato la procedura aveva comunicato al giudice di aver raggiunto un accordo stragiudiziale con la società debitrice.

Per consentire la verifica del corretto adempimento di tale accordo, il creditore aveva chiesto un rinvio dell’udienza. La Corte d’Appello aveva interpretato questa richiesta come una manifestazione chiara della volontà di non insistere sull’istanza di fallimento, trasformando la successiva dichiarazione di fallimento da parte del Tribunale in una pronuncia d’ufficio, e quindi illegittima. Contro questa decisione, la curatela fallimentare ha proposto ricorso per Cassazione.

La Decisione della Cassazione e la validità dell’istanza di fallimento

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della curatela, cassando la sentenza della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno stabilito due principi fondamentali che chiariscono la natura della rinuncia nell’ambito della procedura fallimentare.

La Rinuncia Deve Essere Espressa

Il punto centrale della decisione è che la rinuncia all’istanza di fallimento non può essere presunta o desunta da comportamenti ambigui. Deve essere una manifestazione di volontà espressa e non ammette atti equipollenti. Una semplice richiesta di rinvio, finalizzata a monitorare l’adempimento di un accordo, è logicamente incompatibile con una volontà di abbandonare definitivamente l’azione. Anzi, essa presuppone la volontà di proseguire il giudizio in un momento successivo, qualora il pagamento non dovesse avvenire.

L’Irrilevanza dei Fatti Sopravvenuti

La Cassazione ha inoltre ribadito un orientamento consolidato: ai fini della decisione sul reclamo contro una sentenza dichiarativa di fallimento, contano esclusivamente i fatti esistenti al momento in cui tale sentenza è stata emessa. Eventuali rinunce, pagamenti o accordi successivi alla dichiarazione di fallimento sono irrilevanti per la revoca della procedura. La legittimazione del creditore a chiedere il fallimento esisteva al momento della decisione del Tribunale, e questo è l’unico presupposto che conta.

Le Motivazioni della Corte: Differimento non è Desistenza

La Corte ha censurato la motivazione della sentenza d’appello definendola apparente e contraddittoria. È illogico affermare che un creditore, chiedendo tempo per verificare un pagamento, stia simultaneamente rinunciando al proprio diritto di procedere in caso di inadempimento. La richiesta di differimento è, al contrario, un atto che mantiene vivo il procedimento, subordinandone l’esito a un evento futuro e incerto.

Il potere-dovere del Tribunale di istruire e decidere sull’istanza di fallimento non viene meno a seguito di una richiesta di rinvio. Il giudice mantiene il proprio potere discrezionale di concedere o meno il differimento, ma l’impulso processuale dato dal creditore con il deposito del ricorso iniziale rimane pienamente efficace fino a una rinuncia esplicita.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza rafforza il principio della necessaria formalità ed espressività degli atti processuali con effetti abdicativi. Per i creditori, ciò significa che la negoziazione di un accordo di pagamento non pregiudica la procedura fallimentare avviata, a meno che non si decida formalmente di rinunciarvi. Per i debitori, implica che un accordo raggiunto ‘in extremis’ non garantisce la revoca del fallimento se non è seguito da una rinuncia formale del creditore prima della decisione del Tribunale. La dichiarazione di fallimento, una volta emessa, cristallizza la situazione a quel momento, rendendo ininfluenti le vicende successive del rapporto di credito.

Una richiesta di rinvio dell’udienza per un’istanza di fallimento equivale a una rinuncia all’azione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la rinuncia all’istanza di fallimento deve essere espressa e non può essere desunta da una mera richiesta di rinvio della trattazione, che è anzi incompatibile con una volontà abdicativa.

Il giudice può dichiarare il fallimento di un’impresa se il creditore istante ha chiesto un rinvio per verificare un accordo di pagamento?
Sì. La richiesta di rinvio non priva il Tribunale del suo potere-dovere di decidere sull’istanza. L’impulso processuale iniziale rimane valido, e se i presupposti del fallimento sussistono, il giudice può procedere alla dichiarazione.

Un pagamento o una rinuncia avvenuti dopo la dichiarazione di fallimento possono portare alla sua revoca in sede di reclamo?
No. Nel giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento rilevano esclusivamente i fatti esistenti al momento della decisione di primo grado. La rinuncia o il pagamento successivi sono irrilevanti ai fini della revoca.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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