Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21860 Anno 2024
SENTENZA
sul ricorso N. 13429/2022 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME come da procura in atti, domicilio digitale EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME RAGIONE_SOCIALE
– intimati –
avverso la sentenza n. 829/2022 del Tribunale di Palermo, depositata in data
24.2.2022;
udita la relazione sulla causa svolta nella pubblica udienza del 15 maggio 2024 dal consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale dr. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME creditrice intervenuta nella procedura esecutiva a carico di NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Palermo (N. 236/2013 R.G.), propose istanza di assegnazione dell ‘ immobile pignorato, ex art. 588 c.p.c., in data 15.3.2018, offrendo la somma di € 238.613,00, pari al prezzo base d’ asta e idonea a coprire l ‘ intero credito del creditore procedente CAF s.p.a. (quale procuratore speciale di RAGIONE_SOCIALE.lRAGIONE_SOCIALE), ex art. 506 c.p.c. Con provvedimento del 18.3.2018, il giudice dell ‘ esecuzione dichiarò l ‘ istanza inammissibile, in quanto presentata oltre il termine di dieci giorni prima della vendita, fissato dall ‘ art. 588 c.p.c. All ‘ esito dell ‘ esperimento di vendita del 20.3.2018, il professionista delegato aggiudicò l ‘ immobile a NOME e NOME COGNOME (che avevano presentato offerta ‘minima’ ), per l ‘importo di € 178.960,00. La Casano propose quindi opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso il provvedimento del 18.3.2018; negata dal g.e. (e dal collegio, in sede di reclamo) la sospensione ed introdotto dalla COGNOME il giudizio di merito, in cui si costituì la sola creditrice procedente e rimasero contumaci l ‘ esecutato e le aggiudicatarie, con sentenza del 24.2.2022 il Tribunale di Palermo rigettò l ‘ opposizione; per quanto ancora qui interessa, osservò il Tribunale che: a) anzitutto, nelle more del giudizio era stato emesso il decreto di trasferimento in favore di NOME e NOME COGNOME, non opposto dalla COGNOME, ed era stata
pure definitivamente distribuita la somma ricavata dalla vendita, il che determinava l ‘ irrevocabilità degli effetti della vendita; b) il termine di cui all ‘ art. 588 c.p.c. – secondo un ‘interpretazione ‘ sistematica, teleologica, nonché costituzionalmente orientata, che tenga conto delle riforme di cui al d.l. n. 83/2015 e d.l. 59/2016 ‘ – è di natura perentoria, in quanto funzionale alla sollecita definizione della fase liquidatoria e benché la norma non lo qualifichi espressamente in tal senso; c) anche a ritenere il termine di natura ordinatoria, comunque la COGNOME non aveva presentato istanza di proroga prima della sua scadenza, con la conseguenza che quest ‘ ultima aveva comunque determinato la perdita del potere processuale; d) quand ‘ anche l ‘ istanza fosse stata presentata tempestivamente, essa avrebbe dovuto comunque considerarsi inammissibile, perché non corredata dal versamento delle somme occorrenti a soddisfare il creditore prelazionario.
Avverso detta sentenza, ricorre per cassazione NOME COGNOME sulla scorta di due motivi, illustrati da memoria; gli intimati non hanno resistito. Il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte (confermate nella discussione orale, nell ‘ odierna pubblica udienza), chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 159 c.p.c. e 2929 c.c., ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver il Tribunale ritenuto che l ‘ opposizione spiegata da essa Casano avverso il provvedimento del g.e. del 18.3.2018 non potesse comunque produrre alcuna utilità per la stessa, atteso che era stato comunque emesso il decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c., ed era stato approvato, all ‘ udienza del
27.6.2019, il progetto finale di distribuzione. Rileva la ricorrente, al contrario, che l ‘ eventuale accoglimento dell ‘ opposizione ex art. 617 c.p.c. che occupa non può che riverberare i propri effetti sugli atti conseguenziali che ne derivano, secondo la regola dettata dall ‘ art. 159 c.p.c., non essendovi alcun onere di impugnare tutti gli atti successivi, ove si sia tempestivamente opposto l ‘ atto presupposto, come nella specie. Ciò tanto più se, ad essere opposto, è un atto del sub-procedimento di vendita, come ancora nella specie, per il quale non può operare la regola di cui all ‘ art. 2929 c.c., che fa salva la stabilità della vendita in caso di nullità degli atti anteriori alla stessa vendita forzata: tale regola, appunto, non si applica ove ad essere invalido sia un atto del sub-procedimento liquidatorio, sicché l ‘ accoglimento dell ‘ opposizione tempestivamente proposta avverso quest ‘ ultimo è comunque idoneo a determinare la caducazione degli atti conseguenti, compresi il decreto di trasferimento e l ‘ approvazione del progetto finale di distribuzione, il cui esito è peraltro irrilevante per stabilire se la vendita si è svolta in modo regolare.
1.2 Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 152, 506, 588, 589 e 590 c.p.c., ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver il Tribunale ritenuto che il termine per la proposizione dell ‘ istanza di assegnazione sia perentorio. Rileva la ricorrente che l ‘ unico precedente di legittimità, sul punto (Cass. n. 8857/2011), afferma la natura ordinatoria del termine ex art. 588 c.p.c., in piena coerenza con la funzione da esso spiegata, non essendo peraltro consentito affermare, in assenza di espressa disposizione di legge, la perentorietà di un termine. Né può ritenersi, come ha fatto il Tribunale di Palermo, che le riforme del processo esecutivo susseguitesi a partire
dal 2015 abbiano inciso sulla questione che occupa, sia perché esse non l ‘ hanno specificamente affrontata, sia perché esse hanno in realtà mirato ad incentivare la possibilità, per i creditori, di avvalersi dell ‘ istituto dell ‘ assegnazione, svincolandola dal necessario esperimento della vendita con incanto e riducendo la discrezionalità del giudice (o del professionista delegato) in ordine all ‘ accoglimento dell ‘ istanza stessa. Né rileva quanto osservato dal Tribunale circa il fatto che – anche a considerare il termine in parola di natura ordinatoria – essa COGNOME non abbia presentato istanza di proroga, prima della scadenza, perché altrimenti si avrebbe l ‘ effetto di parificare un termine ordinatorio al termine perentorio. Infine, si censura l ‘ affermazione del giudice di merito per cui l ‘ istanza di assegnazione in questione era da considerare comunque inammissibile, perché non accompagnata dal deposito delle somme occorrenti a soddisfare il creditore ipotecario di primo grado, sufficiente invece essendo – a norma dell ‘ art. 589 c.p.c. – la semplice offerta di pagamento della somma, da regolare entro il termine all ‘ uopo disposto dal giudice dell ‘ esecuzione.
2.1 Benché colga evidentemente nel segno, il primo motivo non può trovare accoglimento, al lume della complessiva infondatezza del secondo motivo (su cui v. infra ). Risulta quindi sufficiente la correzione della motivazione della sentenza impugnata ( in parte qua ), ai sensi dell ‘ art. 384, ult. comma, c.p.c., rivelandosi comunque conforme a diritto la statuizione di rigetto dell ‘ opposizione proposta dalla COGNOME (il che, come si vedrà tra breve, vale anche con riguardo a taluni profili di censura dello stesso secondo motivo).
Il Tribunale di Palermo, in via preliminare, ha valutato di per sé non accoglibile l ‘ opposizione spiegata dalla Casano avverso il provvedimento del g.e. del
18.3.2018 (con cui era stata dichiarata inammissibile, perché tardiva, l ‘ istanza di assegnazione dalla stessa proposta), giacché nelle more della decisione era stato emesso (in data 21.1.2019) il decreto di trasferimento dell ‘ immobile in questione in favore di NOME e NOME COGNOME, tuttavia non opposto dalla stessa Casano; inoltre, era stato frattanto definitivamente approvato il progetto di distribuzione, all ‘ udienza del 27.6.2019, con conseguente finale distribuzione del ricavato, anche in tal caso senza opposizione della COGNOME, che pure aveva partecipato alla stessa udienza. Tanto determinava, secondo il Tribunale siciliano, la ‘ irrevocabilità degli effetti del trasferimento della proprietà ‘.
2.2 L ‘ assunto non è condivisibile, occorrendo dunque procedere alla correzione della motivazione della sentenza, sul punto.
Infatti, l ‘ eventuale accoglimento dell ‘ opposizione ex art. 617 c.p.c. da parte della COGNOME non può che riverberarsi sugli atti successivi dipendenti – sul piano logico-giuridico – dall ‘ atto invalido, secondo il principio della nullità derivata: è infatti noto che ‘ La materia del contendere, nell ‘ opposizione agli atti esecutivi, consiste nell ‘ accertamento della nullità dell ‘ atto impugnato per conseguire gli effetti che da essa derivano sia con riguardo all ‘ atto stesso, che a quelli successivi nulli per derivazione (ex art. 159, primo comma, cod. proc. civ.) ‘ (Cass. n. 7026/1999).
Pertanto, è di tutta evidenza che la Casano – confidando, evidentemente, nell ‘ accoglimento dell ‘ opposizione agli atti così come spiegata – non aveva alcun onere né di impugnare il decreto di trasferimento dell ‘ immobile, né di contestare gli esiti della distribuzione (ovviamente, avuto riguardo ai medesimi motivi di doglianza relativi al provvedimento del 18.3.2018, oggetto della suddetta
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opposizione), giacché l ‘ eventuale caducazione di detto provvedimento determinerebbe, ex se , la caducazione degli atti conseguenti e successivi, occorrendo in tal caso regredire, dinanzi al g.e., alla fase processuale immediatamente precedente all ‘ adozione dell ‘ atto stesso; infatti, è di immediata intuizione che – qualora il provvedimento con cui il g.e. rilevò la tardività dell ‘ istanza di assegnazione dovesse considerarsi illegittimo – sarebbe necessario rivalutare gli effetti dell ‘ istanza di assegnazione ex art. 588 c.p.c. della Casano in rapporto alle offerte dei terzi interessati all ‘ acquisto dell ‘ immobile e provvedere di conseguenza, nel senso della aggiudicazione in suo favore, ai sensi dell ‘ art. 573, comma 2, c.p.c. (l ‘ istanza venne presentata per un valore pari al prezzo ‘ base ‘ dell ‘ ultimo esperimento di vendita e, da quanto è dato desumere dagli atti, l ‘ unica offerta di acquisto pervenuta fu quella ‘minima’ delle predette NOME e NOME COGNOME e comunque il prezzo ‘ base ‘ non venne superato in sede di gara: in dette condizioni, non può che prevalere, ex lege , l ‘ istanza di assegnazione del creditore, come meglio si dirà tra breve).
A tanto neppure osta, in realtà, neppure l ‘ avvenuta chiusura del processo esecutivo, proprio perché gli effetti dell ‘ accoglimento di un ‘ opposizione agli atti che travolga (direttamente o, come nel caso, in via derivata) gli esiti della distribuzione operano ex tunc (v. Cass. n. 32146/2023) .
2.3 Né, del resto, la chiusura del processo esecutivo per espropriazione immobiliare per intervenuta distribuzione (su cui si veda in generale, oltre all ‘ arresto appena citato, anche la coeva Cass. n. 32143/2023) può di per sé incidere sulla stessa attualità e sussistenza della materia del contendere relativa ad eventuali opposizioni esecutive pendenti – in quanto in precedenza dispiegate
e non ancora definite (v. Cass. n. 31085/2023, non massimata; ed anzi non potendo valere un’opposizione avverso l’atto conclusivo a recuperare le doglianze non tempestivamente proposte in precedenza: v., a contrario , Cass. n. 17878/2011).
Infatti, posta l ‘ irretrattabilità della distribuzione non opposta (o, se opposta ex art. 512 c.p.c., con opposizione definita con sentenza passata in giudicato), con conseguente intangibilità dei pagamenti eseguiti ai creditori concorrenti (v. Cass. n. 4263/2019; Cass. n. 15963/2021; Cass. n. 12673/2022), è evidente che la parte che, per qualsivoglia ragione, abbia spiegato nel corso della procedura esecutiva un ‘ azione (opposizione all ‘ esecuzione e/o agli atti esecutivi ex artt. 615 e 617 c.p.c., reclamo ex art. 630 c.p.c., ecc.) tendente a determinare o l ‘ arresto definitivo della procedura, o quantomeno la necessità di rinnovare uno o più atti del processo (perché in tesi adottati contra legem e tempestivamente opposti, come è nella specie), mantiene intatto l ‘ interesse alla decisione, idonea -come s’è visto – a trasmettere gli eventuali effetti favorevoli anche agli atti susseguenti a quello opposto, perché solo attraverso la sua esecuzione la parte stessa può anelare alla adeguata tutela della propria posizione soggettiva. Del resto, si tratta di un principio che discende dalla stessa morfologia del processo esecutivo e dalle caratteristiche strutturali e funzionali degli incidenti di cognizione che vi si innestano: è evidente che, se la procedura esecutiva giungesse a suo compimento, con la distribuzione, e da tanto dovesse derivare, sic et simpliciter , la superfluità delle eventuali opposizioni esecutive frattanto proposte dalle parti (o anche, del reclamo ex art. 630 c.p.c.), ne discenderebbe da un lato la negazione stessa del diritto di azione, costituzionalmente tutelato
ex art. 24 Cost., ma del tutto svuotato di ogni significato, e dall ‘ altro l ‘ attribuzione al giudice dell ‘ esecuzione (almeno, per le opposizioni esecutive) di un potere addirittura esorbitante rispetto a quello del giudice della cognizione, con riguardo alla fase di merito delle stesse opposizioni: ciò perché, in fin dei conti, l ‘ esito dello stesso giudizio di merito finirebbe col dipendere dalla circostanza che il giudice dell ‘ esecuzione abbia sospeso o meno la procedura nella fase sommaria. In altre parole, nella prospettiva criticata e qui recisamente respinta, la sentenza nel giudizio di merito potrebbe essere resa, pleno iure , solo se il giudice dell ‘ esecuzione abbia sospeso la procedura stessa (che dunque non può proseguire, fino alla definizione della causa), mentre in caso contrario (ossia, in caso di mancata sospensione) la sua chiusura, all ‘ esito della distribuzione, renderebbe superflua la stessa decisione del merito.
Si tratta di una impostazione – riscontrabile in taluna giurisprudenza di merito (con pronunce oggetto, peraltro, se portate all ‘ attenzione di questa Corte suprema, di costante riforma; peraltro, la sentenza qui impugnata non pare ad esse ispirarsi, giacché desume principalmente l ‘ inaccoglibilità dell ‘ opposizione della Casano dalla mancata sua reazione alla distribuzione finale, come s ‘ è visto tuttavia non necessaria) – che è però inaccettabile, perché nega la stessa funzione della giurisdizione, per di più travisando la nozione della cessazione della materia del contendere e dell ‘ interesse ad agire (per tutte, Cass. n. 21757/2021). Non casualmente, questa Corte, affrontando il tema in parola, ha già affermato, con riferimento al pignoramento presso terzi, che ‘ L ‘ ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. costituisce atto conclusivo della procedura di espropriazione presso terzi, determinando il trasferimento al creditore
assegnatario della titolarità del credito pignorato, restando irrilevante dal punto di vista processuale la sua attuazione, con la conseguenza che la materiale esazione del credito assegnato non fa venir meno l ‘ interesse alla decisione sull ‘ opposizione ex art. 617 c.p.c. che abbia in precedenza ritualmente investito il provvedimento, in quanto l ‘ accertamento della nullità di quest ‘ ultimo produce effetti utili per la parte opponente, comportando l ‘ invalidazione dell ‘ ordinanza e la perdita di efficacia di tutti gli atti compiuti per la sua concretizzazione ‘ (Cass. n. 17021/2023); e, con riguardo al reclamo ex art. 630 c.p.c., che ‘ La conclusione della procedura esecutiva, con la vendita del bene pignorato e la distribuzione del ricavato ai creditori, non determina la cessazione della materia del contendere nel procedimento di reclamo, ex art. 630 c.p.c., avverso il provvedimento di diniego dell ‘ estinzione del processo esecutivo, permanendo l ‘ interesse del debitore all ‘ accertamento dell ‘ anteriorità dell ‘ estinzione, per gli effetti di cui all ‘ art. 632, comma 2, c.p.c. ‘ (Cass. n. 8113/2022) .
2.4 Infine, la correzione della motivazione qui disposta discende de plano dal disposto dell ‘ art. 2929 c.c., che fa salva la posizione dell ‘ aggiudicatario in relazione ad atti antecedenti alla vendita forzata; è noto, però, come detta regola non sia applicabile ove si discuta della illegittimità degli atti del medesimo subprocedimento liquidatorio, ossia della vendita o dell ‘ assegnazione (v. Cass. n. 13824/2010; Cass. n. 27526/2014), come è nella specie, sicché l ‘ aggiudicatario non può considerarsi al riparo dall ‘ eventuale accoglimento dell ‘ opposizione formale avverso un atto liquidatorio, autonomamente opponibile, connaturato alla corretta instaurazione di quel sub-procedimento ed in quanto tale
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prodromico alla stessa emissione del decreto di trasferimento in suo favore, come invece pure ritenuto dal Tribunale siciliano.
2.5 Per concludere sui temi fin qui esaminati, la scrutinabilità dell ‘ opposizione agli atti proposta da NOME COGNOME non può dirsi negativamente influenzata come invece ritenuto dal giudice del merito – né dalla avvenuta emissione del decreto di trasferimento, né dalla finale distribuzione del ricavato, benché la stessa COGNOME non abbia adottato, al riguardo, alcuna ulteriore iniziativa processuale.
3.1 Il secondo motivo è infondato, benché alcuni profili di censura proposti dalla ricorrente colgano nel segno; anche per questi ultimi, come già anticipato, è però sufficiente la correzione della motivazione, ex art. 384, ult. comma c.p.c., giacché il nucleo centrale della decisione risulta comunque corretto ed il dispositivo conforme a diritto.
Rigettando l ‘ opposizione agli atti proposta dalla COGNOME, il Tribunale palermitano – per quanto ancora interessa – ha evidenziato che l ‘ istanza di assegnazione dalla stessa proposta in data 15.3.2018, in vista della vendita senza incanto fissata, dinanzi al professionista delegato, per la data del 20.3.2018, era da considerare in ogni caso tardiva, comunque volesse risolversi la nota diatriba circa la natura del termine di dieci giorni prima della vendita fissato dall ‘ art. 588 c.p.c.: anche a voler considerare di natura ordinatoria detto termine, infatti, la COGNOME non aveva depositato istanza di proroga ex art. 154 c.p.c. prima della sua scadenza, così determinandosi gli stessi effetti preclusivi della scadenza di un termine perentorio. Inoltre, si è aggiunto, quand ‘ anche l ‘ istanza in parola fosse stata presentata tempestivamente, essa avrebbe dovuto comunque considerarsi
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inammissibile ove non accompagnata (come infatti avvenuto) dal versamento dell ‘ importo dei crediti vantati dai creditori poziori (nella specie, il credito ipotecario di cui era titolare la COGNOME, in proprio e n.q., risultava postergato a quello in testa a RAGIONE_SOCIALE, ipotecaria di primo grado).
Il Tribunale siciliano ha comunque preso posizione sulla principale questione posta dall ‘ opposizione in parola, ossia su quella della natura del termine per la proposizione dell ‘ istanza di assegnazione, manifestando – all ‘ esito della disamina delle principali ragioni a favore e contro ciascuna tesi sul campo – di ritenere preferibile quella della perentorietà. Ciò mediante una valorizzazione di ‘ una interpretazione sistematica, teleologica, nonché costituzionalmente orientata, che tenga conto delle riforme di cui al d.l. n. 83/2015 e d.l. 59/2016 ‘, idonea a superare quell ‘ unico arresto di legittimità (Cass. n. 8857/2011) reso in riferimento al quadro normativo precedente alle suddette riforme, che ‘ hanno inteso rivitalizzare l ‘ istituto dell ‘ assegnazione, determinandone anche un sostanziale mutamento applicativo di cui è necessario tenere conto ‘.
3.2 Come è noto, nell ‘ esecuzione forzata per espropriazione la soddisfazione dei creditori, anziché mediante la vendita, può avvenire attraverso l ‘ assegnazione forzata dei beni pignorati.
Questa è, ad un tempo, atto liquidativo e satisfattivo e, nell ‘ esecuzione immobiliare, è disciplinata – oltre che dagli artt. 505-507 c.p.c., di portata generale – dagli artt. 588-591 c.p.c., oggetto di importanti modifiche apportate dalle riforme degli ultimi anni: a partire dalla novella del 2005-2006, e fino al 2016 (in detta epoca si è completata l a seconda ‘tornata’ di interventi che hanno investito il processo esecutivo nel corso dell ‘ ultimo ventennio, avviata dal d.l. 12
settembre 2014, n. 132, conv. con modd. in legge 10 novembre 2014, n. 162, cui è seguito il d.l. 27 giugno 2015, n. 83, conv. con modd. in legge 6 agosto 2015, n. 132 ed infine, appunto, conclusa dal d.l. 3 maggio 2016, n. 59, conv. con modd. in legge 30 giugno 2016, n. 119), infatti, l ‘ assegnazione nell ‘ esecuzione immobiliare è stata significativamente modificata, sia nei presupposti, sia nella funzione, mediante l ‘ introduzione di correttivi volti a garantire (anche per tal verso) l ‘ efficacia del processo esecutivo; e ciò anche con l ‘ istituzione di figure di nuovo conio, quale l ‘ assegnazione in favore del terzo, ex art. 590bis c.p.c. Un ruolo assai significativo è svolto tuttavia anche dai novellati artt. 572 e 573 c.p.c., in tema di vendita senza incanto.
Il presupposto di tale ‘rivoluzione’ va certamente individuato nella previsione del comma secondo dell ‘ art. 503 c.p.c. , che ha comportato la sostanziale abrogazione, per la definitiva e radicale sua marginalizzazione, della vendita con incanto; nel regime precedente alla cennata modifica, infatti, con specifico riguardo all ‘ esecuzione immobiliare e per la complessiva diversa impostazione di centralità dell’incanto tradizionalmente inteso, l ‘ assegnazione presupponeva la diserzione dell ‘ incanto stesso e non si poneva quindi, sin dall ‘ inizio della fase liquidatoria, su un piano effettivamente
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alternativo alla vendita: con questa si configurava, pertanto, un concorso alternativo successivo (così, Cass. n. 16799/2008).
Il venir meno di tale presupposto ha quindi ‘costretto’ il legislatore del 2015 a modificare gli artt. 588 e 590 c.p.c., eliminando il riferimento all ‘ incanto e individuando il termine per la presentazione dell ‘ istanza, tout court , nei ‘ dieci giorni prima della data dell ‘ udienza fissata per la vendita ‘. L’ istanza di assegnazione, pertanto, deve essere presentata dieci giorni prima che si svolga la vendita senza incanto.
Lo stesso legislatore del 2015 ha significativamente riscritto, al contempo, il sistema di vendita senza incanto, con l ‘ istituzione della c.d. offerta minima (ossia, inferiore fino ad un quarto rispetto al prezzo indicato nell ‘ ordinanza di vendita, ad ulteriore e più raffinata incentivazione della sollecitazione al pubblico), correlativamente modificando, in particolare, gli artt. 572 e 573 c.p.c. Entrambe le citate disposizioni modellano una sicura interferenza dell ‘ istanza di assegnazione rispetto allo svolgimento della vendita senza incanto: infatti, il giudice dell ‘ esecuzione (o, per lui, il professionista delegato) non può provvedere all ‘ aggiudicazione per prezzo inferiore al prezzo ‘ base ‘ (ossia, quello indicato nell ‘ ordinanza di vendita o nell ‘ avviso di vendita del p.d.) – e ciò sia nel caso di unica offerta, che a seguito di gara – qualora sia stata presentata istanza ai sensi dell ‘ art. 588 c.p.c.
Anche l ‘ art. 589 c.p.c. è stato rimodulato dalla riforma del 2015, essendo ora espressamente previsto che l ‘istanza di assegnazione ‘ deve contenere l ‘ offerta di pagamento di una somma non inferiore a quella prevista nell ‘ articolo 506 ed al prezzo base stabilito per l ‘ esperimento di vendita per cui è presentata ‘ . La
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novella, in coerenza con la nuova funzione rivestita dall ‘ istituto in discorso, mira all ‘ evidenza al superamento di quella giurisprudenza (Cass. n. 8731/2011) che, suffragando l ‘ interpretazione per cui l ‘ assegnazione doveva fare riferimento comunque al valore di stima stabilito dall ‘ esperto ex art. 568 c.p.c., aveva di fatto depotenziato l ‘ appeal dell ‘ istituto, perché poco conveniente per lo stesso ceto creditorio. Pertanto, è oggi espressamente previsto che il prezzo dell ‘ assegnazione, nel caso di successivi ribassi disposti ex art. 591 c.p.c., ‘segue’ quello della vendita e non resta ancorato a quello di stima, effettuato a norma dell ‘ art. 568 c.p.c., sicché essa va proposta per il prezzo base fissato per l ‘ esperimento di vendita in cui essa viene presentata.
3.3.1 Tornando al disposto dei novellati artt. 572 e 573 c.p.c., essi disciplinano il rapporto fisiologico tra offerta di acquisto e istanza di assegnazione: questa, nel sistema approntato dalla riforma del 2015, non si configura più come mero strumento offerto al creditore nel caso di sostanziale esito negativo della vendita, bensì – pur mantenendo la sua tradizionale funzione liquidativo-satisfattiva anche come vero e proprio ‘scudo’ di cui il creditore può servirsi per evitare l ‘ aggiudicazione al prezzo proposto con la c.d. offerta ‘minima’ , o qualora, all ‘ esito della gara, non si raggiunga comunque il prezzo ‘ base ‘ , in tal modo garantendo un valore di assegnazione pari a quest ‘ ultimo (ai sensi del novellato art. 589, comma 1, c.p.c.) e, quindi, salvaguardando una maggiore satisfattività della fase liquidatoria latamente intesa.
In tal senso, si è quindi efficacemente osservato, in dottrina, che tale disciplina -nella scelta tra l ‘ interesse del creditore assegnatario a conseguire l ‘ assegnazione del bene e quello degli offerenti, che abbiano optato per la
presentazione di offerte di acquisto ‘minime’ e , perciò, speculative – ha decisamente optato per la prevalenza del primo. Del resto, non è un caso che come pure sostenuto da altra dottrina, nella sostanza pure richiamata dal P.G. nel nuovo assetto, l ‘ istanza di assegnazione configuri, in concreto, una vera e propria offerta di acquisto non corredata da cauzione (sostanzialmente inutile, stante la qualità dell ‘ offerente), che concorre con quelle proposte dai terzi estranei al procedimento: ciò non abilita il creditore istante alla partecipazione alla gara ex art. 573 c.p.c., ma non lascia spazio alla discrezionalità del giudice dell ‘ esecuzione, tenuto ad assegnare l ‘ immobile al creditore ove ne ricorrano i presupposti.
3.3.2 In particolare, ove la vendita abbia avuto esito negativo per mancanza di offerte e quindi il mercato abbia manifestato totale disinteresse, l ‘ istanza di assegnazione è senz ‘ altro accolta, si tratti del primo, del secondo o di successivi esperimenti di vendita.
Nel caso in cui, invece, siano state presentate una o più offerte minime (ossia, inferiori al prezzo ‘ base ‘ , ma di non oltre un quarto), e all ‘ esito dell ‘ eventuale gara (in tal caso da disporsi) il prezzo offerto non eguagli o non superi lo stesso prezzo ‘ base ‘ indicato nell ‘ ordinanza (o nell ‘ avviso) di vendita, l ‘ istanza di assegnazione eventualmente proposta dal creditore impedisce certamente l ‘ aggiudicazione in favore dell ‘ offerente per il prezzo conclusivamente offerto, come si evince dagli artt. 572, comma 3, e 573, comma 4, c.p.c. Ciò non implica, tuttavia, che detta istanza debba essere necessariamente accolta dal giudice dell ‘ esecuzione: lo sarà senz ‘ altro ove si tratti di esperimento di vendita dal secondo in poi; ove essa invece acceda al primo esperimento, pare residuare il
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potere discrezionale del giudice dell ‘ esecuzione, sancito dall ‘ art. 572, comma 3, c.p.c., di rifissare una nuova vendita qualora ritenga sussistere la possibilità di conseguire un prezzo superiore, dovendo altrimenti procedersi all ‘ assegnazione in favore del creditore istante.
3.3.3 L ‘ assegnazione forzata, nel nuovo assetto, oltre alla funzione tradizionale e quella di ‘scudo’ rispetto all’ offerta speculativa, recupera anche una funzione incentivante della fase liquidatoria, specie avuto riguardo al disposto dell ‘ art. 164bis disp. att. c.p.c., che disciplina la chiusura anticipata (o, se si preferisce, l ‘ estinzione c.d. atipica) per antieconomicità.
Infatti, allorché il giudice dell ‘ esecuzione debba vagliare le residue possibilità di liquidazione del bene, egli dovrà tener conto anche dell ‘ eventuale istanza di assegnazione ritualmente avanzata dal creditore che, in tal modo, intenda comunque ottenere il soddisfacimento del proprio credito. In altre parole, a fronte dell ‘ esito negativo di uno o più precedenti esperimenti di vendita, che abbiano portato il valore d ‘ asta del bene verso la soglia dell ‘ antieconomicità, la proposizione dell ‘ istanza di assegnazione da parte del creditore (per il prezzo pari a quello base dell ‘ ultimo esperimento di vendita, ovviamente) costituisce un sicuro indice dell ‘ esito positivo di un ulteriore esperimento, che il giudice dell ‘ esecuzione non potrebbe non prendere in considerazione.
3.4 Le vicende normative sopra assai sommariamente descritte, che nel tempo hanno coinvolto l ‘ istituto in discorso, hanno avuto significative ricadute anche in ordine al dibattito circa la natura del termine di presentazione dell ‘ istanza ex art. 588 c.p.c.
Nel regime antecedente alle riforme del 2005-2006, si riteneva pacificamente che il termine avesse natura dilatoria, in quanto funzionale a precludere al giudice dell ‘ esecuzione l ‘ adozione di ulteriori provvedimenti liquidatori (amministrazione giudiziaria o nuovo incanto). Poteva quindi considerarsi ammissibile anche un ‘ istanza presentata oltre i dieci giorni dall ‘ udienza fissata per l ‘ incanto, purché comunque essa fosse depositata entro l ‘ udienza di cui al previgente art. 590 c.p.c.
A seguito della riforma del 2005-2006, l ‘ art. 588 c.p.c., fissando il tempo entro cui i creditori legittimati potevano esercitare il potere di chiedere l ‘ assegnazione, fu finalizzato a consentire al giudice dell ‘ esecuzione di conoscere tempestivamente l ‘ esistenza di siffatta istanza, onde provvedere all ‘ udienza fissata per l ‘ incanto nel caso di sua diserzione: il termine ha finito con l ‘ acquisire, pertanto, chiara natura acceleratoria.
In quest ‘ ambito, più in dettaglio, secondo una prima impostazione il novellato art. 588 c.p.c. (specialmente, dopo la riforma del 2015) ha assunto senz ‘ altro il termine in parola nell ‘ ambito della perentorietà e deve dunque essere rispettato a pena di decadenza, con la conseguenza che l ‘ istanza avanzata oltre i dieci giorni dalla vendita (quand ‘ anche prima dell ‘ udienza stessa) va considerata inammissibile.
Altra impostazione, invece, propende per la natura ordinatoria del termine – pur a prescindere dall ‘ opzione fatta propria da questa Corte Suprema con l ‘ arresto già citato (Cass. n. 8857/2011), reso riguardo a fattispecie inerente al regime antecedente alla riforma 2005 -, in mancanza di espressa previsione normativa in senso contrario. Pur in tale prospettiva, però, si ritiene che ciò non possa di
per sé comportare la facoltà, per il creditore istante, di non rispettare il termine di dieci giorni prima dell ‘ udienza, quasi a poter proporre l ‘ istanza in qualunque momento antecedente alla vendita: in altre parole, termine ordinatorio non è sinonimo di termine ‘ facoltativo ‘ . In tale ottica, si è fatto riferimento a quella giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 10174/1998; Cass. n. 6895/2003; Cass. n. 1064/2005), secondo cui, in materia di termini processuali, la reale differenza tra termini perentori e ordinatori non consiste nel fatto che i primi siano fissati (dalla legge o dal giudice, nei casi espressamente previsti) a pena di decadenza, mentre i secondi non la comportino, bensì nel fatto che i termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, ai sensi dell ‘ art. 153 c.p.c. I termini ordinatori, invece, possono esserlo, ex art. 154 c.p.c., ma prima della scadenza: da tanto discende che, una volta spirato il termine ordinatorio, senza che la parte interessata abbia tempestivamente chiesto la sua proroga, le conseguenze sul piano processuale sono identiche per entrambe le categorie, derivandone la preclusione al compimento dell ‘ atto e, quindi, la decadenza, salva la rimessione in termini ove essa sia dipesa da causa non imputabile (detta impostazione è stata seguita da questa Corte anche con specifico riferimento all ‘ esecuzione forzata: si veda, ad es., Cass. n. 2044/2017).
Secondo tale diverso approccio, quindi, in assenza di qualsiasi precedente iniziativa del creditore per ottenere una proroga, l ‘ istanza di assegnazione non può essere proposta dopo la scadenza del termine ex art. 588 c.p.c.
3.5 Ciò chiarito sul piano dell ‘ istituto dell ‘ assegnazione in generale, e tornando più specificamente all ‘ esame del secondo mezzo, va qui anzitutto condivisa la censura mossa dalla ricorrente circa le modalità di presentazione dell ‘ istanza di
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assegnazione, che, secondo il Tribunale di Palermo, andrebbe corredata dal deposito delle somme occorrenti per la soddisfazione dei creditori poziori.
Al contrario, come chiaramente stabilito dal vigente art. 589, comma 1, c.p.c., ove concorrano creditori privilegiati di grado poziore al creditore che intenda presentare l ‘istanza di assegnazione, questa ‘ deve contenere l ‘ offerta di pagamento di una somma non inferiore a quella prevista nell ‘ articolo 506 e al prezzo base stabilito per l ‘ esperimento di vendita per cui è presentata ‘: non occorre, cioè, depositare le somme in grado di soddisfare, hic et nunc , il creditore prevalente, ma solo farne offerta di pagamento, in seno all ‘ istanza. Il che è del tutto coerente con la natura dell ‘ istanza stessa, che – tanto più dovendo essere presentata dieci giorni prima della vendita e quindi, di regola, ben prima della eventuale presentazione delle offerte di acquisto da parte degli interessati – mira soltanto a conseguire l ‘ aggiudicazione in favore del creditore assegnatario (anche mediante la sua funzione di ‘scudo’ rispetto alle offerte ‘minime’, come s ‘ è detto), in attesa dell ‘ adozione delle successive determinazioni all ‘ esito dell ‘ esperimento di vendita, da parte del giudice dell ‘ esecuzione con l ‘ ordinanza ex art. 507 c.p.c., o del professionista delegato ai sensi dell ‘ art. 591bis , n. 7, c.p.c. (se previsto nell ‘ ordinanza di delega), anche in ordine agli eventuali conguagli da versare e ferma la necessità, per l ‘ esecuzione immobiliare, della emissione del decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c. da parte dello stesso giudice dell ‘ esecuzione.
In altre parole, a parte l ‘ assenza di alcuna previsione normativa che tanto testualmente disponga (ed a pena di inammissibilità), non avrebbe alcun senso logico onerare il creditore, sin dalla presentazione dell ‘ istanza ex art. 588 c.p.c.,
di depositare somme anche consistenti, senza alcuna necessità, né alcuna certezza di conseguire l ‘ assegnazione del bene stesso, in una condizione addirittura deteriore rispetto ai soggetti terzi estranei al procedimento, che invece – presentando le offerte di acquisto – sono tenuti al versamento dalla mera cauzione, come previsto dall ‘ art. 571 c.p.c.: si tratta dunque di questioni che, nella stessa prospettiva codicistica, vanno regolate solo dopo che sia stata eventualmente pronunciata l ‘ assegnazione, dunque dopo aver verificato, in sede di gara, se siano state presentate una o più offerte da parte di terzi interessati all ‘ acquisto del bene staggito e se l ‘ istanza del creditore prevalga su queste ultime, secondo quanto già prima evidenziato.
La motivazione della sentenza impugnata va dunque corretta, anche su tale aspetto, ai sensi dell ‘ art. 384, ult. comma, c.p.c., giacché la fondatezza della censura, anche in tal caso, non giustifica la cassazione della sentenza stessa.
3.6.1 Infatti, resta fermo il fatto che l ‘ istanza per cui è processo venne avanzata in ogni caso tardivamente, con conseguente perdita della relativa facoltà processuale in capo alla COGNOME, pur a prescindere dalla soluzione della questione circa la natura del termine in parola.
3.6.2 Come esattamente considerato dal Tribunale di Palermo, infatti, la COGNOME – anche ad adottare la prospettiva della natura ordinatoria del termine stesso – non ha avanzato, prima della sua scadenza, istanza di proroga, ai sensi dell ‘ art. 154 c.p.c., sicché essa è decaduta dalla possibilità di chiedere l ‘ assegnazione (v. par. 3.4).
Né può sostenersi, come dedotto dalla ricorrente col mezzo in esame ed anche in memoria, che nessuna istanza di proroga essa avrebbe dovuto presentare,
poiché – in tal caso – ne deriverebbe la totale equiparazione tra termini ordinatori e perentori, in contrasto col sistema delineato dagli artt. 152 ss. c.p.c.: al contrario, circa la effettiva differenza tra tali categorie terminologiche, basti qui richiamare quell ‘ orientamento di legittimità cui s ‘ è fatto cenno (v, ancora, par. 3.4), che il Collegio condivide e cui intende dar continuità.
Va pure precisato, in proposito, che quella giurisprudenza invocata dalla ricorrente in memoria (Cass. n. 1364/2000), secondo cui i termini ordinatori possono essere prorogati sia prima che dopo la loro scadenza, ‘ senza che, nella seconda ipotesi, possano derivare effetti preclusivi analoghi a quelli che conseguono all ‘ inosservanza di un termine perentorio ‘, è decisamente minoritaria, se non anche isolata, nonché in ogni caso superata dalla giurisprudenza successiva (si vedano, in particolare, Cass. n. 6895/2003; Cass. n. 23227/2010).
3.6.3 Reputa però il Collegio, anche nell ‘ esercizio del potere nomofilattico attribuito a questa Corte di legittimità, di poter condividere le considerazioni svolte, principaliter , dal Tribunale di Palermo, circa la natura effettivamente perentoria del termine ex art. 588 c.p.c., donde l ‘ infondatezza della principale censura mossa col secondo motivo.
È ben vero che la suddetta disposizione non attribuisce espressamente natura perentoria al termine di dieci giorni prima dell ‘ udienza, ma ciò non è di per sé ostativo, noto essendo che tanto sia possibile desumere dalla funzione svolta dal termine e dalle conseguenze che la legge commina nel caso esso non venga rispettato (v. Cass., Sez. Un., n. 262/2010, relativa alla natura del termine per il deposito della cauzione da parte dell ‘ offerente; in senso sostanzialmente
analogo, argum. ex Cass. n. 2044/2017, già citata); ancora assai di recente, si è ribadito che ‘ La natura perentoria di un termine fissato per l ‘ esercizio di un diritto, non espressamente prevista dalla legge, può desumersi anche in via interpretativa, purché la legge stessa autorizzi tale interpretazione, comminando, sia pure implicitamente, ma in modo univoco, la perdita del diritto in caso di mancata osservanza del termine di cui si tratta ‘ (Cass., Sez. Un., n. 3760/2024).
3.6.4 Ciò posto, il complesso delle riforme che hanno investito l ‘ esecuzione forzata e, segnatamente, l ‘ istituto dell ‘ assegnazione, specie nel biennio 20152016 (v. supra ), nel senso della celerizzazione e dell ‘ efficientamento della procedura esecutiva, nonché della rivitalizzazione dello stesso istituto, giustifica idoneamente – a parere del Collegio – l ‘ opzione della perentorietà del termine in parola.
Se, infatti, l ‘ istanza di assegnazione interferisce direttamente con l ‘ aggiudicazione per offerta ‘minima’ ( o, comunque, inferiore al prezzo base), ai sensi degli artt. 572 e 573 c.p.c., ne deriva che la facoltà processuale attribuita al creditore deve necessariamente esercitarsi in conformità allo schema procedurale delineato dal legislatore, stante l ‘ interesse contrapposto e concorrente di chi abbia avanzato l ‘ offerta, che resterebbe vulnerato nel caso in cui essa dovesse subire gli effetti di una domanda proposta dal creditore oltre il termine assegnatogli e, quindi, in violazione dello schema normativo.
È senz ‘ altro vero che – come evidenzia la ricorrente in memoria – la questione interferisce col regime di ostensibilità agli interessati della stessa esistenza dell ‘ istanza di assegnazione, essendo discusso se essa debba essere avvinta da
segretezza, o almeno da riservatezza, rispetto ai terzi estranei, nella fase antecedente alla vendita (peraltro, allo stato chiunque – accedendo al fascicolo telematico della procedura mediante l’App ‘Giustizia Civile’, collegata al PSTPortale dei Servizi Telematici dei Ministero della Giustizia, liberamente accessibile, benché i dati identificativi rimangano oscurati – può avere contezza del deposito, da parte di un creditore, dell ‘ istanza di assegnazione, se l”evento’ sia stato debitamente denominato e tempestivamente ‘caricat o ‘ ); ma, a ben vedere, la questione stessa non sposta, rispetto al tema in esame, perché la prevalenza dell ‘ interesse del creditore rispetto all ‘ offerta speculativa (su cui v. par. 3.3.1) trova il suo campo applicativo in sede di vendita, non necessariamente in quella preparatoria dell ‘ esperimento. E, se è vero che il terzo interessato può pur sempre tutelarsi, rispetto all ‘ istanza del creditore ex art. 588 c.p.c., astenendosi dal presentare un ‘ offerta speculativa e dirigendosi senz ‘ altro verso un ‘ offerta per il prezzo base (che dunque lo metta al riparo dalla concorrenza col creditore, posto che l ‘ offerta, in tal caso, sarebbe comunque prevalente rispetto all ‘ istanza di assegnazione), è pur vero che lo scopo della previsione normativa dell ‘ offerta ‘minima’ è quello di celerizzare la fase liquidatoria, come è ampiamente dimostrato dal successo della novità normativa del 2014, registratosi nella prassi.
Pertanto, ritiene il Collegio che una diversa interpretazione, sul punto, finirebbe con il disincentivare il ricorso ad uno strumento, quello dell ‘ offerta ‘minima’ (o a prezzo base scontato fino ad un quarto), che invece ha avuto il merito di contribuire alla più incisiva partecipazione degli interessati alle vendite giudiziarie e, dunque, alla riduzione dei tempi stessi delle procedure esecutive.
Il mutato quadro normativo e il ruolo oggi attribuito all ‘ istanza di assegnazione (tanto da costituire, in sostanza, un ‘ offerta di acquisto non cauzionata) giustificano, dunque, l ‘ opzione interpretativa per la natura perentoria del termine in parola e il superamento dell ‘ unico precedente di legittimità circa la natura ordinatoria del termine stesso (Cass. n. 8857/2011), giacché esigenze di certezza e di funzionalità dell ‘ esecuzione forzata, ed in particolare della fase liquidatoria, così come disegnata dalle riforme del 2015-2016, inducono a pretendere da tutti gli interessati (compresi i creditori) il rigoroso rispetto delle scansioni procedurali (si veda in proposito, in relazione al termine per la pubblicazione dell ‘ avviso di vendita sul P.V.P., Cass. n. 8113/2022) e, quindi, dei tempi e dei modi per essa stabiliti, che non possono mutare, senza alterare l’affidamento degli estranei, nel corso della fase della vendita (Cass. n. 9255/15 e Cass. n. 11171/15; Cass. ord. n. 31547/23).
3.6.5 V ‘ è da considerare, infine, che la scelta della soluzione più rigorosa non determina un vulnus insuperabile per il creditore che abbia tardivamente proposto l ‘ istanza di assegnazione.
A parte il generale rimedio della rimessione in termini per causa non imputabile, ex art. 153, comma 2, c.p.c., ove detto creditore intenda acquisire l ‘ immobile staggito, egli può pur sempre partecipare alla vendita alla stregua di qualunque altro interessato (v. Cass. n. 15912/2022), mediante la presentazione di un ‘ offerta, il cui termine di scadenza è solitamente fissato più a ridosso della data fissata per l ‘ esperimento, rispetto al termine di cui all ‘ art. 589 c.p.c. In quest ‘ ambito, peraltro, qualora il creditore stesso risulti aggiudicatario del bene, egli può anche beneficiare di strumenti – quali quello riservato al creditore
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ipotecario dall ‘ art. 585, comma 2, c.p.c. – che lo pongono in una situazione non dissimile rispetto a quella riservata al creditore assegnatario, potendo in tal caso il giudice dell ‘ esecuzione limitare, con decreto, il versamento del prezzo a quanto occorrente per le spese e per la soddisfazione degli altri creditori che potranno risultare capienti.
4.1 Il ricorso è dunque rigettato, con correzione della motivazione. Nulla va disposto sulle spese di lite, gli intimati non avendo svolto difese.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell ‘ applicabilità dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno