Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2417 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2417 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29292-2021 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
nonché contro
C.I.P.A.G. – RAGIONE_SOCIALE ASSISTENZA GEOMETRI LIBERI PROFESSIONISTI, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
Oggetto
Iscrizione CIPAG
R.G.N. 29292/2021
COGNOME
Rep.
Ud.13/12/2024
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 445/2021 della CORTE D’APPELLO di
FIRENZE, depositata il 01/06/2021 R.G.N. 42/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La Corte d’appello di Firenze confermava la pronuncia di primo grado che aveva respinto l’opposizione proposta dal geometra COGNOME NOME avverso cartelle esattoriali emesse dalla Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti (CIPAG) relative al mancato pagamento della contribuzione minima per gli anni dal 2008 al 2014, e notificate dal concessionario Equitalia RAGIONE_SOCIALE, ora Agenzia delle Entrate-Riscossione.
La Corte riteneva che le eccezioni preliminari avanzate dal COGNOME fossero improcedibili, poiché l’appello incidentale non era stato notificato alle altre parti.
Nel merito, la Corte dava atto che il geometra era iscritto all’albo e alla Gestione separata presso l’Inps e che era amministratore in varie società che si occupavano di attività edilizia. In base a tale quadro fattuale, la Corte argomentava che sussistesse l’obbligo di pagamento della contribuzione minima, stanti le norme regolamentari della Cassa che affermavano l’obbligo contributivo anche nel caso di attività professionale svolta in modo occasionale; norme regolamentari autorizzate a derogare alla l. n.773/82 in forza del processo di delegificazione imposto dal d.lgs. n.509/94. Alla luce poi de llo Statuto della Cassa, l’esercizio
dell’attività professionale, anche in forma non abituale, era presunto per il solo fatto dell’iscrizione all’albo, e la prova contraria, spettante al professionista, non era stata fornita.
Avverso la sentenza, NOME COGNOME ricorre per sette motivi, illustrati da memoria.
La CIPAG resiste con controricorso, illustrato da memoria.
Agenzia delle Entrate-Riscossione resiste con controricorso.
All’odierna adunanza camerale, il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, NOME COGNOME deduce violazione e/o errata applicazione dell’art.22 l. n.773/82, nonché dell’art.44 d.l. n.269/03. Sostiene che il regolamento e lo Statuto della Cassa non potevano derogare alle norme primarie della l. n.773/82 estendendo l’obbligo di iscrizione al caso di attività saltuaria. Né l’autonomia conferita alla Cassa poteva intervenire in tale materia, dati i casi tassativi previsti dall’art.3, co.12 l. n.335/95.
Con il secondo motivo di ricorso, poi, il ricorrente de nuncia l’ errata applicazione dell’art.1 l. n.37/67 per avere la Corte incentrato la decisione su tale norma, invece abrogata dalla l. n.773/82.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o errata applicazione dell’art.2697 c.c. per avere la Corte
ritenuto che spettasse al ricorrente l’onere di provare di non aver esercitato l’attività professionale nemmeno in modo occasionale.
Il quarto motivo di ricorso ha ad oggetto la violazione e/o errata applicazione dell’art.3 l. n.241/90 e si deduce che la Cassa aveva motivato l’iscrizione d’ufficio all’ente previdenziale sulla base di una data attività professionale, non dimostrata in giudizio, e aveva poi nel processo modificato l’impostazione difensiva sostenendo la presunzione di iscrizione. Sostiene il ricorrente che la Corte, nell’avallare tale mutamento di difesa, aveva consentito di sanare il vizio di motivazione dell’originario p rovvedimento d’iscrizione.
Con il quinto motivo di ricorso è denunciata l’ omessa, insufficiente e/o contraddittoria valutazione delle prove, poiché la Corte non aveva considerato che le prove documentali e orali acquisite avevano dimostrato che la professione di geometra non era mai stata svolta nemmeno in modo occasionale.
Con il sesto motivo di ricorso, è dedotta l’ omessa, insufficiente e/o contraddittoria valutazione del fatto che l’iscrizione alla Cassa non era possibile essendo il ricorrente già iscritto alla Gestione Separata.
Con il settimo motivo infine il ricorrente si duole dell’ omessa, insufficiente e/o contraddittoria valutazione delle eccezioni svolte in appello relative a: 1) tardiva iscrizione al ruolo delle cartelle esattoriali; 2) vizi di notificazione delle cartelle esattoriali.
I primi sei motivi possono essere trattati congiuntamente, attesa la loro intima connessione, e sono infondati.
La Corte d’appello ha fondato la propria decisione sul consolidato l’orientamento di questa Corte (Cass.4568/21, Cass.28188/22), cui qui s’intende dare continuità, in base al quale:
-è legittima la previsione regolamentare (art.3 Regolamento del 10.1.2013) che obbliga all’iscrizione alla Cassa anche in caso di attività esercitata in modo occasionale e sulla base della sola iscrizione all’albo; tale Regolamento ha definito il sistema degli obblighi contributivi in linea con i principi di cui alla l. n.335/95, che ha consentito interventi finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine degli enti;
-l’iscrizione ad altra gestione previdenziale nel caso di specie la Gestione separata -non è di ostacolo all’iscrizione alla CIPAG, poiché questa avviene per l’attività professionale, e non per l’ulteriore attività oggetto di diversa copertura previdenziale, ovvero, nel caso di specie, l’attività di amministratore di varie società. Risulta quindi infondato il sesto motivo di ricorso;
-l’iscrizione alla Cassa si lega all’iscrizione all’albo, nel senso che quest’ultima fa sorgere la presunzione di esercizio di attività professionale, quand’anche in forza saltuaria e non retribuita. La sentenza impugnata ha fatto quindi buon governo dell’ art.2697 c.c.
-la prova contraria incombe sul professionista, che deve rispettare le regole previste dalla Cassa, in particolare
nella delibera 2/2003, ovvero: autocertificazione di non aver svolto nemmeno in forma occasionale attività professionale e di non essere titolare di partita IVA.
La censura del ricorso in cui si deduce erronea valutazione del materiale istruttorio è dunque da un lato inconferente, dall’altra inammissibile. Inconferente poiché non risulta che il professionista abbia mai presentato l’autocertificazione prevista dalla delibera della Cassa n.2/2003; inammissibile poiché tende a sindacare il libero apprezzamento del materiale probatorio da parte del giudice, senza allegare alcuno specifico fatto storico che sia stato omesso, e che abbia i caratteri della decisività ai se nsi dell’art.360, co.1, n.5 c.p.c. (Cass. S.U. 20867/20).
Resta da aggiungere che la pretesa violazione dell’art.3 l. n.241/90 è irrilevante nel presente giudizio, che non ha carattere impugnatorio dell’atto amministrativo dell’ente impositore, ma è volto ad accertare l’esistenza o meno del rapporto previdenziale e dell’obbligo contributivo.
Il settimo motivo è inammissibile.
Esso non si confronta con la ratio decidendi espressa in sentenza, ovvero che l’appello incidentale concernente le questioni preliminari -non era stato notificato alle controparti e dunque era improcedibile. Su tale assunto il motivo nulla argomenta.
Conclusivamente il ricorso va respinto con condanna alle spese secondo soccombenza verso la Cassa. Nulla sulle spese verso l’ADeR essendo il ricorso notificato per mera litis denuntatio vertendo i motivi di ricorso sul merito
della pretesa impositiva e non sull’attività di riscossione (v. Cass. S.U. 7514/22, Cass.15551/23, Cass.10241/24).
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio di cassazione, liquidate alla Cassa in € 5000,00 per compensi, € 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale del 13.12.24