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Irrisorietà della pretesa: no se il credito è alto

Una società chiedeva un indennizzo per l’eccessiva durata di una procedura fallimentare. La Corte di Appello inizialmente negava il diritto, invocando l’irrisorietà della pretesa. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che un credito di oltre 82.000 euro non può essere considerato irrisorio. In sede di rinvio, la Corte di Appello ha quindi concesso un indennizzo di 1.200 euro, conformandosi ai principi della Cassazione e sottolineando come il valore oggettivo della causa sia un elemento determinante.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Irrisorietà della pretesa: la Cassazione fissa i paletti per l’indennizzo

L’eccessiva durata dei processi è una nota dolente del sistema giudiziario italiano. La Legge n. 89/2001, nota come “Legge Pinto”, offre un rimedio, prevedendo un indennizzo per chi subisce un danno a causa di un processo troppo lungo. Tuttavia, la legge esclude questo diritto in caso di irrisorietà della pretesa. Una recente decisione della Corte di Appello di Napoli, a seguito di un annullamento con rinvio della Cassazione, offre un’importante chiave di lettura su come interpretare questo concetto, specialmente quando il valore oggettivo della causa è tutt’altro che trascurabile.

I Fatti del Caso: dal diniego all’accoglimento

Una società, creditrice in una procedura fallimentare, aveva richiesto un indennizzo per l’irragionevole durata del procedimento. La Corte di Appello di Napoli, in prima battuta, aveva respinto la domanda. La motivazione si basava sull’art. 2, comma 2-sexies, lettera g), della Legge Pinto, che presume insussistente il pregiudizio nel caso di irrisorietà della pretesa o del valore della causa. I giudici avevano ritenuto che il credito vantato dalla società rientrasse in questa casistica, negando di conseguenza l’indennizzo.

Il Ricorso in Cassazione e il Principio sull’Irrisorietà della Pretesa

La società non si è arresa e ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, la quale ha completamente ribaltato la prospettiva. La Suprema Corte ha chiarito che la nozione di irrisorietà della pretesa deve essere interpretata alla luce della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Un abuso del diritto si configura solo quando una domanda è manifestamente priva di interesse reale o riguarda somme irrisorie.

Nel caso specifico, il credito per cui la società era stata ammessa al passivo fallimentare ammontava a ben 82.896,38 euro. Secondo la Cassazione, un valore del genere non può essere definito “bagatellare”. La precedente decisione della Corte di Appello era errata perché si era concentrata esclusivamente sulla situazione economico-finanziaria della società ricorrente, trascurando l’elemento oggettivo, cioè l’importante valore del bene oggetto della lite. Di conseguenza, la Cassazione ha annullato il decreto e ha rinviato la causa alla Corte di Appello di Napoli per una nuova valutazione.

La Decisione della Corte di Appello in Sede di Rinvio

Vincolata dal principio di diritto stabilito dalla Cassazione, la Corte di Appello, in diversa composizione, non ha potuto fare altro che accogliere la domanda della società. Ha quindi liquidato un indennizzo per l’irragionevole durata della procedura, quantificandolo in 1.200,00 euro, calcolati sulla base di 400,00 euro per ciascuno dei tre anni di ritardo ritenuti eccessivi. Inoltre, la Corte ha proceduto alla liquidazione delle spese legali per tutte le fasi del giudizio: quella monitoria iniziale, l’opposizione, il giudizio in Cassazione e, infine, il giudizio di rinvio.

Le Motivazioni

La Corte di Appello, nel suo nuovo decreto, ha seguito pedissequamente il dictum della Suprema Corte. La motivazione centrale è che il valore oggettivo della pretesa, essendo superiore a 82.000 euro, esclude in radice la possibilità di considerarla irrisoria. La presunzione di insussistenza del danno, prevista dalla Legge Pinto per le cause di valore esiguo, non poteva quindi trovare applicazione.

I giudici hanno riconosciuto che la finalità della norma sull’irrisorietà è quella di velocizzare la decisione su ricorsi di natura bagatellare, ma non di introdurre un criterio di proporzionalità tra il valore della domanda e la situazione economica del ricorrente quando la domanda stessa non è, in sé, bagatellare. La decisione della Cassazione, e di conseguenza quella della Corte d’Appello, riafferma un principio di equità: non si può negare tutela a un diritto economicamente rilevante solo perché il suo titolare è una società con un certo fatturato.

La Corte ha inoltre precisato i criteri per la liquidazione delle spese legali di tutti i gradi di giudizio, applicando i parametri ministeriali e tenendo conto della complessità della causa, con distrazione delle somme in favore del legale dichiaratosi antistatario.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce un chiaro limite all’applicazione del concetto di irrisorietà della pretesa. Non è sufficiente una valutazione soggettiva delle condizioni economiche del ricorrente per negare l’indennizzo da eccessiva durata del processo. È necessario, invece, un esame oggettivo del valore della causa.

Quando la posta in gioco è economicamente significativa, come nel caso di un credito di decine di migliaia di euro, il diritto a un processo di durata ragionevole e, in caso di violazione, a un equo indennizzo, deve essere pienamente garantito. La decisione rafforza la tutela dei cittadini e delle imprese contro i ritardi della giustizia, evitando che un’interpretazione troppo estensiva di una norma eccezionale finisca per vanificare un diritto fondamentale.

Quando una pretesa può essere considerata ‘irrisoria’ per escludere l’indennizzo da durata irragionevole del processo?
Una pretesa non è considerata irrisoria quando il suo valore economico oggettivo è significativo. Come stabilito dalla Cassazione in questo caso, un credito di oltre 82.000 euro non può essere definito irrisorio, e quindi non può essere invocata la presunzione di insussistenza del pregiudizio per negare l’indennizzo.

Il valore oggettivo del credito è sufficiente a escludere l’irrisorietà della pretesa?
Sì, secondo la decisione in esame, il valore oggettivo del bene oggetto della lite è un elemento cruciale e determinante. Se tale valore non è bagatellare, la pretesa non può essere considerata irrisoria, indipendentemente dalla valutazione delle condizioni economiche della parte che agisce in giudizio.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione annulla una decisione e rinvia la causa al giudice precedente?
Il giudice del rinvio (in questo caso, la Corte di Appello) è obbligato a decidere la causa attenendosi al principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione. Non può discostarsi da tale principio e deve riesaminare il caso applicando le indicazioni fornite dalla Suprema Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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