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Irrisorietà della pretesa: niente risarcimento

La Corte di Cassazione ha stabilito che un processo durato 12 anni per una multa stradale di lieve entità non dà diritto a un indennizzo per irragionevole durata. A causa dell’irrisorietà della pretesa, si presume l’assenza di un danno non patrimoniale, a meno che il cittadino non fornisca una prova contraria specifica, cosa non avvenuta nel caso di specie.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Irrisorietà della pretesa: quando un processo lungo non viene risarcito

Il diritto a una giustizia celere è un pilastro del nostro ordinamento, tutelato sia dalla Costituzione che dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Tuttavia, un processo eccessivamente lungo non garantisce automaticamente un risarcimento. Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: in caso di irrisorietà della pretesa del giudizio originario, si presume l’assenza di un danno, e spetta al cittadino dimostrare il contrario. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce da un’opposizione a una sanzione amministrativa. Un’automobilista era stata multata per 148,00 euro per uso del cellulare alla guida, con sanzione accessoria della sospensione della patente e decurtazione di cinque punti. I cittadini coinvolti hanno impugnato il verbale, dando inizio a un processo davanti al Giudice di Pace.

Questo giudizio, iniziato nel 2009, si è concluso solo nel 2021, dopo ben 12 anni, con il rigetto dell’opposizione. A fronte di una durata così sproporzionata, i cittadini hanno richiesto un’equa riparazione ai sensi della Legge Pinto, chiedendo un indennizzo di 4.500,00 euro a testa. La Corte d’Appello ha respinto la richiesta, e il caso è approdato in Cassazione.

La Decisione della Cassazione: il focus sull’irrisorietà della pretesa

La Suprema Corte ha confermato la decisione della Corte d’Appello, rigettando il ricorso dei cittadini. Il fulcro della decisione risiede nell’applicazione dell’art. 2, comma 2 sexies, lettera g) della L. n. 89/2001. Questa norma stabilisce una presunzione: se il valore della causa originaria è irrisorio, si presume che non ci sia stato un danno non patrimoniale (come stress, ansia, patema d’animo) derivante dalla sua lunga durata.

Il Valore della Causa e la Presunzione di Danno

I giudici hanno ritenuto che la posta in gioco del giudizio presupposto fosse, appunto, irrisoria. Gli elementi considerati sono stati:
1. L’esiguità della sanzione pecuniaria: solo 148,00 euro.
2. La lieve entità della decurtazione dei punti: 5 punti su un totale iniziale di 20 non sono stati ritenuti tali da generare un’ansia significativa.
3. L’esecuzione della sanzione accessoria: la sospensione della patente, di durata limitata, era già stata scontata molto prima che la durata del processo diventasse eccessiva.

In questo contesto, la Corte ha stabilito che spettava ai ricorrenti fornire la “prova contraria”, ovvero dimostrare di aver subito un danno concreto e specifico a causa dell’attesa, superando così la presunzione legale. Tale prova non è stata fornita; i ricorrenti si erano limitati a lamentare la durata del processo in sé.

Riferimenti alla Giurisprudenza Europea

La Corte ha anche allineato la propria interpretazione a quella della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che esclude i ricorsi quando il ricorrente non ha subito uno “svantaggio significativo”. È stato citato il caso Rinck c. Francia, molto simile, in cui la Corte EDU aveva ritenuto non significativo un caso relativo a una multa stradale di 150 euro.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano su un principio di proporzionalità e ragionevolezza. Il danno non patrimoniale non può essere considerato in re ipsa, cioè automatico, per il solo superamento dei termini di durata ragionevole del processo. Devono esistere circostanze particolari, da allegare e provare, che giustifichino un risarcimento anche quando la posta in gioco è minima.

La Corte ha evidenziato che l’irrisorietà della pretesa deve essere valutata non solo in termini economici, ma anche in relazione alle condizioni personali della parte. Nel caso di specie, i ricorrenti non hanno allegato alcuna particolare condizione di disagio economico o sociale che potesse rendere la sanzione particolarmente gravosa. Inoltre, è stato sottolineato il comportamento passivo tenuto dai ricorrenti durante i 12 anni del giudizio, non avendo mai sollecitato la sua definizione.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un concetto cruciale: la Legge Pinto non è un meccanismo automatico di indennizzo per ogni ritardo della giustizia. Per le cause “bagatellari”, ovvero di valore esiguo, vige una presunzione di assenza di danno. Per ottenere un risarcimento, il cittadino deve attivarsi per dimostrare che, nonostante il valore minimo della controversia, la lunga attesa gli ha causato un pregiudizio concreto e non meramente presunto. La decisione invita quindi a una riflessione sul tipo di contenzioso per cui si chiede tutela, ponderando la reale posta in gioco prima di intraprendere azioni legali per l’eccessiva durata dei processi.

Un processo eccessivamente lungo dà sempre diritto a un risarcimento?
No. Secondo la Corte, il danno non patrimoniale non è una conseguenza automatica della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo. In particolare, se la causa ha un valore irrisorio, si presume che non vi sia stato alcun danno, salvo prova contraria fornita dal danneggiato.

Cosa si intende per “irrisorietà della pretesa” o del valore della causa?
Si intende una causa in cui la posta in gioco è minima o insignificante. La valutazione considera non solo l’importo economico (nel caso di specie, una multa di 148 euro), ma anche le conseguenze non patrimoniali (come la decurtazione di pochi punti dalla patente) e le condizioni personali del richiedente.

Come si può superare la presunzione di assenza di danno nei casi di valore irrisorio?
Il cittadino deve fornire la prova contraria. Ciò significa che non basta lamentare la lunga durata del processo, ma occorre allegare e dimostrare circostanze specifiche e particolari che attestino un effettivo danno non patrimoniale subito (ad esempio, uno stato d’ansia o di disagio particolare, supportato da prove concrete), nonostante il basso valore della causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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