Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7595 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7595 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21376/2023 R.G. proposto da :
NOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende per procura in calce al ricorso,
-ricorrenti- contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ex lege,
-controricorrente-
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n.2389/2022 depositato il 16.3.2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26.2.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso depositato in data 12.11.2022, NOME NOME e NOME proponevano opposizione avverso il decreto del 13.10.2022, con il quale il Consigliere delegato della Corte d’Appello di Napoli aveva rigettato il loro ricorso, volto ad ottenere l’indennizzo di € 4.500,00 ciascuno, a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata del giudizio. Il giudizio presupposto, introdotto il 30.6.2009 davanti al Giudice di Pace di San Giorgio del Sannio, e definito, dopo la soppressione di quell’ufficio giudiziario, dal Giudice di Pace di Benevento, con la sentenza n. 1297/2021 del 22.9.2021, dopo ben 12 anni, era stato da loro proposto, con esito negativo, per opporsi al verbale di accertamento n.16/2009, elevato a carico della COGNOME per violazione dell’art. 173 comma 3 bis del Codice della strada, verbale col quale alla stessa era stata inflitta la sanzione amministrativa di € 148,00, con la sospensione della patente di guida e col rischio di decurtazione di cinque punti della patente.
Il Ministero della Giustizia chiedeva il rigetto dell’opposizione, ed eccepiva che il pregiudizio doveva presumersi insussistente ex art. 2, comma 2 sexies , lett. g) della L.n.89/2001, per l’irrisorietà della pretesa o del valore del giudizio presupposto.
Con decreto n. 982/2023, la Corte d’Appello di Napoli rigettava l’opposizione, e condannava NOME e NOME in solido al pagamento in favore del Ministero della Giustizia delle spese del giudizio.
Avverso questo decreto, NOME NOME e NOME hanno proposto tempestivo ricorso a questa Corte,
affidandosi ad un unico motivo, ed il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale, NOME NOME e NOME hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo ed unico motivo, articolato in riferimento al n. 3) del comma primo dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti hanno dedotto la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 comma 2 sexies lettera g) della L. n. 89/2001, 111 della Costituzione e 6, paragrafo 1, CEDU, in quanto la Corte distrettuale avrebbe ritenuto insussistente il pregiudizio di irragionevole durata del processo, senza dar conto degli elementi di fatto o presunzioni in base ai quali il giudizio presupposto fosse da considerarsi di valore irrisorio. Sottolineano i ricorrenti che il giudizio presupposto aveva avuto una durata di ben 12 anni, tre mesi e 22 giorni, certamente irragionevole rispetto al parametro dei tre anni di durata del giudizio di primo grado, che la sua durata era stata dovuta alla disfunzione del sistema giudiziario italiano (il procedimento era rimasto congelato per soppressione del Giudice di Pace di San Giorgio del Sannio fino all’assegnazione compiuta il 19.9.2019 dal Giudice di Pace Referente di Benevento senza che loro potessero invocarne la sollecita definizione) e non certo alla complessità dell’oggetto, e che il danno non patrimoniale doveva ritenersi in re ipsa, data la durata eccessiva del processo, senza bisogno di ulteriori prove. Aggiungono, infine, i ricorrenti che il valore del giudizio presupposto non poteva essere rapportato solo alla sanzione amministrativa di € 148,00 che era stata inflitta, in quanto essi avevano avanzato anche domanda di risarcimento danni nei limiti della competenza del giudice adito, e che per un altro giudizio di opposizione a sanzione amministrativa basato su una violazione del codice della strada, che aveva avuto una durata
irragionevole di 5 anni e 4 mesi (proc. n. 1430/2022 RG), il Consigliere delegato della Corte d’Appello di Napoli aveva ingiunto al Ministero della Giustizia il pagamento di un indennizzo di €2.500,00.
Il motivo di ricorso fatto valere deve ritenersi infondato.
La Corte d’Appello di Napoli, nell’ambito dell’apprezzamento di fatto spettante al giudice di merito (che rimane sindacabile in sede di legittimità soltanto per omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), riformato dal D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012), ha ritenuto insussistente il pregiudizio da irragionevole durata del processo in capo a NOME NOME e NOME NOME facendo applicazione dell’art. 2 comma 2 sexies lettera g) della L. n.89/2001, applicabile dall’1.1.2016, in base al quale ‘ si presume insussistente il pregiudizio da irragionevole durata del processo, salvo prova contraria, nel caso di irrisorietà della pretesa o del valore della causa valutata anche in relazione alle condizioni personali della parte ‘.
La Corte d’Appello ha ritenuto irrisorio il valore del giudizio presupposto per una persona in normali condizioni, rilevando che gli opponenti, limitandosi solo a richiamarne l’eccessiva durata (oltre dodici anni), non avevano neppure contestato le motivazioni addotte dal Consigliere delegato nel decreto ingiuntivo opposto. In esse, a conferma di tale irrisorietà, era stato evidenziato, che:
la sanzione amministrativa inflitta nel verbale opposto nel giudizio presupposto per la violazione dell’art. 173 comma 3 bis del C.d.s. (uso di telefono cellulare durante la guida di autoveicolo) era stata di soli € 148,00 e quindi di valore esiguo;
che la decurtazione di cinque punti sulla patente della NOME non era tale da ingenerare ansia visto che ad ogni patente di guida erano attribuiti inizialmente venti punti;
c) che non essendo stata sospesa l’efficacia esecutiva del verbale impugnato la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, che non poteva superare la durata di tre mesi, era stata eseguita integralmente prima che la durata del processo presupposto diventasse eccessiva;
d) che gli opponenti non avevano in alcun modo sollecitato la definizione del giudizio presupposto durante la sua lunga pendenza. Nel decreto ingiuntivo opposto confermato era stato altresì rilevato che il COGNOME era totalmente estraneo alle sanzioni irrogate, per cui non risultava neppure legittimato a proporre l’opposizione.
In aggiunta a tali condivise argomentazioni, non contestate dagli opponenti, la Corte d’Appello ha poi rilevato, che nel valore del giudizio presupposto non poteva essere considerata la domanda di risarcimento danni nei limiti di competenza del giudice adito, riportata solo nelle conclusioni dell’opposizione al verbale di accertamento, senza alcuna specificazione del danno richiesto, costituente una mera clausola di stile, e che gli opponenti non hanno in alcun modo fornito la prova contraria, a loro carico, per superare la presunzione di non avere subito danni non patrimoniali per effetto della durata irragionevole del giudizio presupposto.
Orbene, la motivazione dell’impugnato decreto risulta pienamente conforme all’orientamento consolidato di questa Corte, che ha affermato che, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ma non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Ne deriva che il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo secondo le norme della citata L. n. 89 del 2001, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale a meno che, tuttavia, non ricorrano, nel caso concreto, proprio come nella
specie considerato dalla Corte d’Appello di Napoli, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dall’interessato (Cass. ord. 13.2.2024 n. 3970; Cass. 17.10.2019 n.26497; Cass. 16.12.2010 n.25519; Cass. 26.9.2008 n. 24269).
Quanto alla nozione di ” irrisorietà della pretesa o del valore della causa ” che fa scattare la presunzione dell’art. 2 comma 2 sexies lettera g) della L. n. 89/2001, ad essa si deve attribuire il significato che si trae dalla giurisprudenza consolidata della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, dalla quale non è permesso di discostarsi nell’esercizio del potere interpretativo garantito al giudice nazionale in sede di applicazione dell’art. 6, paragrafo 1, della CEDU, in quanto la legge n. 89 del 2001 fornisce unicamente un rimedio giurisdizionale interno che permette di assicurare la sussidiarietà dell’intervento del giudice convenzionale.
La Corte EDU, nella valutazione delle condizioni di ricevibilità ai sensi dell’articolo 35 par. 3, lettera a) della Convenzione, afferma che un ricorrente abusa del ricorso individuale presentato ai sensi dell’articolo 34 qualora, ad esempio, il ricorso sia manifestamente privo di una reale finalità, riguardi una somma di denaro irrisoria o comunque non incida minimamente sui legittimi interessi del ricorrente.
Per quanto riguarda l’impatto finanziario irrilevante, in particolare, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha finora riscontrato l’assenza di ” svantaggio significativo ” in casi in cui la pretesa era di entità minima, con un importo in genere pari o inferiore a circa 500 euro (vedi in tal senso Cass. ord. 20.11.2024 n. 29991); particolarmente significativo, per la somiglianza col caso di specie, é stato il caso di riconosciuta assenza di uno svantaggio significativo relativo ad una multa stradale di 150 euro e alla correzione della patente del ricorrente con un punto di penalità (Rinck c. Francia (dec.), n.18774/2009 del 19.10.2010.
Nella giurisprudenza di questa Corte, inoltre, il fattore della ” posta in gioco ” nel giudizio presupposto di quello di equa riparazione, viene in rilievo per escludere dalla riparazione le violazioni del termine di durata ragionevole riferibili a giudizi presupposti di carattere bagatellare, in rapporto anche alla condizione sociale e personale del richiedente, in cui esigua risulta, appunto, la posta in gioco e perciò trascurabili appaiono i rischi sostanziali e processuali connessi (Cass. 17.10.2019 n. 26497; Cass. 2017 n. 2995; Cass. 14.1.2014 n. 633; n. 974 del 2014; Cass. 2013 n. 5317).
L’assoluta irrisorietà del valore del giudizio presupposto, apprezzata dalla Corte d’Appello di Napoli, anche in relazione al comportamento totalmente passivo serbato dagli attuali ricorrenti durante il lungo corso del giudizio presupposto, ha consentito di applicare la presunzione dell’art. 2 comma 2 sexies lettera g) della L. n. 89/2001 anche facendo generico riferimento all’impatto della sanzione amministrativa su una persona che versasse in condizioni normali, non essendo state peraltro neppure allegate e provate, dagli attuali ricorrenti, loro particolari condizioni di disagio economico, o sociale, che consentissero di superare quella presunzione.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico dei ricorrenti in solido.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del Ministero della Giustizia delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 1.300,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26.2.2025