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Irrisorietà della pretesa: la Cassazione chiarisce

Una società creditrice in una procedura fallimentare ha richiesto un indennizzo per l’irragionevole durata del processo. Il Ministero della Giustizia si è opposto, sostenendo l’irrisorietà della pretesa di circa 13.000 euro rispetto al patrimonio della società. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del Ministero, stabilendo che il concetto di ‘irrisorietà della pretesa’ si basa su un valore oggettivamente esiguo (sotto i 500 euro), non su un rapporto proporzionale con le condizioni economiche del creditore. La valutazione delle condizioni personali serve a tutelare chi, pur avendo un credito modesto, ne subisce un pregiudizio significativo, non a penalizzare chi è economicamente solido.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Irrisorietà della pretesa: la Cassazione fa chiarezza sull’equo indennizzo

Quando un processo dura troppo a lungo, la legge prevede un indennizzo. Ma cosa succede se il creditore è una società economicamente solida? La sua pretesa può essere considerata ‘irrisoria’ solo perché è benestante? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25908/2024, ha fornito una risposta chiara e definitiva, analizzando il concetto di irrisorietà della pretesa e stabilendo che questo si basa su un criterio oggettivo e non sulla ricchezza del richiedente. Questo principio è fondamentale per garantire l’accesso alla giustizia e l’equa riparazione per tutti.

I Fatti del Caso: Un Credito Conteso

Una società a responsabilità limitata, creditrice per oltre 13.000 euro in una procedura fallimentare, si era vista riconoscere dal tribunale un indennizzo di 11.400 euro per l’eccessiva durata del procedimento. Il Ministero della Giustizia, tuttavia, ha presentato opposizione, sostenendo che la richiesta di indennizzo dovesse essere respinta. La tesi del Ministero si basava su una specifica norma (art. 2, comma 2-sexies, lett. g, L. 89/2001), che presume l’assenza di un danno in caso di irrisorietà della pretesa, valutata anche in relazione alle condizioni economiche del richiedente. Secondo il Ministero, il credito di 13.000 euro, pur non essendo esiguo in assoluto, diventava ‘irrisorio’ se rapportato al capitale, al fatturato e al patrimonio della società creditrice. La Corte d’Appello aveva già respinto questa interpretazione, e il caso è quindi giunto dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’irrisorietà della pretesa

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del Ministero, confermando la decisione della Corte d’Appello e fornendo un’interpretazione fondamentale del concetto di ‘irrisorietà’. La Corte ha chiarito che il legislatore non ha mai inteso introdurre un criterio di proporzionalità tra il valore della domanda e la situazione economico-finanziaria del ricorrente.

L’Interpretazione Corretta del Concetto di ‘Irrisorietà’

Secondo la Cassazione, una pretesa è ‘irrisoria’ quando è oggettivamente di valore minimo, ‘bagatellare’. La giurisprudenza ha individuato una soglia indicativa di circa 500 euro per definire una pretesa come tale. Un credito di oltre 13.000 euro, come nel caso di specie, non può in alcun modo essere considerato oggettivamente irrisorio. L’idea che una somma di questa entità diventi trascurabile solo perché il creditore è un’azienda florida è stata nettamente respinta.

Il Ruolo delle Condizioni Personali del Creditore

La Corte ha inoltre spiegato il significato della frase ‘valutata anche in relazione alle condizioni personali della parte’. Questo criterio non serve a penalizzare i soggetti economicamente solidi, ma, al contrario, a tutelare quelli più deboli. Permette al giudice di riconoscere il diritto all’indennizzo anche per pretese oggettivamente modeste (ad esempio, inferiori a 500 euro) qualora, a causa delle precarie condizioni economiche del richiedente, anche una piccola somma assuma un’importanza cruciale. In altre parole, la valutazione soggettiva può rendere ‘non irrisoria’ una pretesa piccola, ma non può mai rendere ‘irrisoria’ una pretesa economicamente rilevante.

Le Motivazioni

La decisione si fonda su un’interpretazione della normativa nazionale in linea con i principi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). La Corte ha richiamato la giurisprudenza della Corte Europea, la quale ha sviluppato il concetto di ‘pregiudizio significativo’. Secondo la Corte EDU, la violazione di un diritto deve raggiungere una soglia minima di gravità per giustificare un intervento giurisdizionale internazionale. Questa soglia viene valutata tenendo conto sia della percezione soggettiva del ricorrente sia della posta in gioco oggettiva. La Cassazione ha allineato la nozione di irrisorietà della pretesa a questo principio, concludendo che l’obiettivo della norma del 2015 era quello di snellire la gestione dei ricorsi realmente ‘bagatellari’, senza introdurre un criterio discriminatorio basato sulla ricchezza del creditore. Un credito di oltre 13.000 euro rappresenta un interesse meritevole di tutela per qualsiasi impresa, indipendentemente dal suo stato di salute finanziaria.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione stabilisce un principio di grande importanza pratica: il diritto a un’equa riparazione per l’eccessiva durata di un processo non dipende dalla ricchezza del cittadino o dell’impresa che lo richiede. La valutazione dell’irrisorietà della pretesa deve essere condotta su base oggettiva, considerando irrisorie solo le domande di valore veramente esiguo. Questo garantisce che l’accesso alla tutela contro la giustizia lenta sia un diritto universale e non un privilegio riservato a chi si trova in difficoltà economiche, riaffermando il principio di uguaglianza di fronte alla legge.

Cosa significa ‘irrisorietà della pretesa’ per il diritto all’indennizzo per un processo troppo lungo?
Significa che la pretesa economica oggetto del processo originario ha un valore oggettivamente molto basso, tanto da essere considerato ‘bagatellare’. La giurisprudenza indica come soglia di riferimento un valore inferiore a 500 euro. Una pretesa superiore a tale soglia non è, di norma, considerata irrisoria.

La solidità finanziaria di un’azienda può far considerare ‘irrisoria’ una sua richiesta di credito di migliaia di euro?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il valore di una pretesa va valutato in termini oggettivi e assoluti. Un credito di oltre 13.000 euro non può essere considerato irrisorio, indipendentemente dal fatturato o dal patrimonio dell’azienda creditrice. Il benessere economico non diminuisce il diritto a recuperare un proprio credito e a essere risarciti per i ritardi della giustizia.

A cosa serve la valutazione delle ‘condizioni personali della parte’ nel determinare l’irrisorietà della pretesa?
Serve a proteggere i soggetti economicamente più deboli. Questo criterio consente a un giudice di considerare ‘non irrisoria’ anche una pretesa di valore oggettivamente modesto (es. 200 euro), se per il richiedente quella somma ha un’importanza concreta e significativa a causa delle sue condizioni personali. Funziona quindi come una clausola di salvaguardia a favore del creditore, non contro di esso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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