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Irrisorietà della pretesa: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero della Giustizia, stabilendo come valutare l’irrisorietà della pretesa per l’indennizzo da irragionevole durata del processo. La Corte ha chiarito che non basta il solo valore economico della causa, ma occorre considerare anche le condizioni personali del richiedente. Un credito di circa 6.000 euro non è stato ritenuto automaticamente irrisorio per una società, e l’onere di provare il contrario spetta all’Amministrazione statale.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Irrisorietà della pretesa e Legge Pinto: la Cassazione fa chiarezza

L’indennizzo per l’eccessiva durata di un processo, previsto dalla Legge Pinto, è un diritto fondamentale. Tuttavia, la legge esclude tale diritto in caso di irrisorietà della pretesa. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito criteri precisi per questa valutazione, sottolineando che il solo valore economico non basta. La decisione analizza il delicato equilibrio tra il diritto a una giustizia celere e la necessità di evitare abusi, definendo i confini tra un credito modesto e una pretesa veramente irrisoria.

I fatti di causa

Una società si era insinuata nel passivo di una procedura fallimentare per un credito di circa 6.000 euro. A causa della durata irragionevole di tale procedura, la società ha chiesto e ottenuto, in prima battuta, un indennizzo ai sensi della Legge 89/2001 (Legge Pinto).

Il Ministero della Giustizia si è opposto a tale decisione, sostenendo che il credito fosse di valore irrisorio e che quindi non vi fosse diritto all’indennizzo. La Corte d’Appello ha respinto l’opposizione del Ministero, il quale ha quindi proposto ricorso per cassazione.

I motivi del ricorso del Ministero

Il Ministero ha basato il proprio ricorso su due argomenti principali:
1. Errata valutazione dell’irrisorietà: Secondo il Ministero, la Corte d’Appello avrebbe sbagliato a considerare la pretesa non irrisoria basandosi solo sul suo valore oggettivo, senza effettuare una valutazione globale che includesse anche le condizioni personali e patrimoniali della società creditrice.
2. Inversione dell’onere della prova: Il Ministero sosteneva che nella fase di opposizione dovesse essere la società a provare la sussistenza di un pregiudizio concreto, superando la presunzione di insussistenza del danno per le cause di valore esiguo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sulla irrisorietà della pretesa

La Corte Suprema ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile e fornendo importanti chiarimenti sull’applicazione della Legge Pinto.

Il doppio criterio per valutare l’irrisorietà della pretesa

Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione dell’art. 2, comma 2-sexies, lett. g) della Legge 89/2001. La Cassazione ribadisce un principio consolidato: la valutazione dell’irrisorietà della pretesa deve avvenire sulla base di un doppio binario:
* Elemento oggettivo: il valore della causa o della pretesa azionata.
* Elemento soggettivo: le condizioni personali e patrimoniali della parte che chiede l’indennizzo.

La Corte ha specificato che questi due elementi devono essere valutati congiuntamente. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto che un credito di oltre 6.000 euro non fosse di per sé ‘bagatellare’. Il Ministero, dal canto suo, non aveva fornito alcuna prova concreta che dimostrasse come tale somma fosse irrisoria in relazione alla specifica situazione economica e al volume d’affari della società. Un semplice confronto tra il credito e il patrimonio societario, afferma la Corte, non è sufficiente a escludere tout court il pregiudizio.

L’onere della prova a carico dell’Amministrazione

La Corte ha anche respinto il secondo motivo, chiarendo la regola sull’onere probatorio. In tema di equa riparazione, il danno non patrimoniale si presume esistente (iuris tantum) una volta accertata l’irragionevole durata del processo. Spetta quindi all’Amministrazione (in questo caso, il Ministero) fornire la prova contraria, ovvero dimostrare con elementi concreti che, nonostante il ritardo, non vi è stato alcun pregiudizio per il richiedente.

Inoltre, la fase di opposizione non è un nuovo e autonomo giudizio, ma la prosecuzione del medesimo procedimento in contraddittorio pieno. Pertanto, le regole sulla ripartizione dell’onere della prova non cambiano: resta a carico dello Stato l’onere di superare la presunzione di sussistenza del danno.

Conclusioni

La Corte di Cassazione, dichiarando il ricorso inammissibile, non solo ha confermato il diritto della società all’indennizzo, ma ha anche condannato il Ministero al pagamento delle spese legali e di ulteriori somme per lite temeraria. Questa ordinanza rafforza la tutela dei cittadini e delle imprese contro i ritardi della giustizia, stabilendo che la nozione di irrisorietà della pretesa non può essere usata in modo superficiale per negare il diritto all’equa riparazione. La valutazione deve essere sempre concreta e ancorata sia al valore della lite sia alla situazione specifica del danneggiato, con l’onere della prova a carico dello Stato che intende negare il risarcimento.

Quando una richiesta di risarcimento in un processo può essere considerata di ‘valore irrisorio’ ai fini della Legge Pinto?
Una pretesa viene considerata irrisoria non solo in base al suo valore economico (criterio oggettivo), ma anche valutando le condizioni personali e patrimoniali della parte che chiede l’indennizzo (criterio soggettivo). Entrambi gli aspetti devono essere considerati congiuntamente.

A chi spetta l’onere di provare che il pregiudizio da ritardo processuale non sussiste, anche se il valore della causa è basso?
L’onere della prova spetta all’Amministrazione dello Stato (il Ministero della Giustizia). Il danno non patrimoniale derivante dall’eccessiva durata del processo è presunto. È lo Stato a dover fornire elementi concreti per dimostrare che, nel caso specifico, tale pregiudizio non si è verificato.

La valutazione dell’irrisorietà della pretesa cambia tra la fase iniziale e quella di opposizione nel procedimento per l’equa riparazione?
No, le regole di valutazione e l’onere della prova non cambiano. L’opposizione non è un nuovo giudizio, ma la fase a contraddittorio pieno dello stesso procedimento. La presunzione di esistenza del danno e l’onere della prova a carico dello Stato valgono anche in questa fase.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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