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Irrisorietà della pretesa e durata del processo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3776/2024, ha stabilito che la valutazione sull’irrisorietà della pretesa, ai fini del diniego dell’indennizzo per eccessiva durata del processo, non può basarsi solo su un criterio puramente numerico. Un credito di quasi 12.000 euro, vantato da una società in una procedura fallimentare, non è stato ritenuto di valore irrisorio. La Corte ha chiarito che il concetto di irrisorietà va valutato caso per caso, considerando sia il valore oggettivo sia le condizioni soggettive della parte, ossia la reale “posta in gioco”. Di conseguenza, ha respinto il ricorso del Ministero, confermando il diritto della società a ricevere l’indennizzo.

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Irrisorietà della pretesa: quando il valore della causa non esclude il risarcimento

L’eccessiva durata dei processi è una piaga del sistema giudiziario italiano, e la Legge Pinto offre uno strumento di tutela per i cittadini: l’equa riparazione. Tuttavia, la legge prevede dei filtri, tra cui la presunzione di insussistenza del danno in caso di irrisorietà della pretesa. Ma cosa significa esattamente “irrisorio”? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3776 del 12 febbraio 2024, ha fornito chiarimenti fondamentali, stabilendo che un credito di quasi 12.000 euro non può essere automaticamente liquidato come insignificante.

Il caso in esame: un credito in attesa e la richiesta di equa riparazione

Una società a responsabilità limitata si era insinuata al passivo di una procedura fallimentare per un credito di € 11.939,51. A causa della durata non ragionevole di tale procedura, la società aveva chiesto e ottenuto dalla Corte d’Appello un indennizzo di € 2.000,00 per equa riparazione.

Il Ministero della Giustizia ha impugnato questa decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che il credito originario fosse di valore irrisorio. Secondo il Ministero, in base all’art. 2, comma 2-sexies, lett. g) della Legge 89/2001, avrebbe dovuto operare una presunzione di assenza di danno, escludendo così il diritto all’indennizzo.

L’analisi sull’irrisorietà della pretesa secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del Ministero, cogliendo l’occasione per delineare con precisione i contorni del concetto di irrisorietà della pretesa. I giudici hanno chiarito che la valutazione non può limitarsi a un mero calcolo aritmetico, ma deve essere più complessa e articolata.

La valutazione oggettiva e soggettiva

La norma, infatti, impone di valutare l’irrisorietà “anche in relazione alle condizioni personali della parte”. Questo significa che il giudice deve considerare due elementi:

1. Elemento oggettivo: il valore del bene o del credito oggetto della causa.
2. Elemento soggettivo: l’impatto concreto che la pendenza del giudizio ha avuto sulla vita e sulla situazione socio-economica della parte.

La Corte ha specificato che il concetto deve essere interpretato alla luce della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che fa riferimento alla “reale posta in gioco” per il ricorrente. Una pretesa è irrisoria solo quando è “manifestamente priva di una reale posta in gioco”.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che un importo di quasi 12.000 euro non può essere considerato “bagatellare” in termini assoluti. La presunzione di insussistenza del danno, prevista dalla legge, è una presunzione iuris tantum, ovvero ammette prova contraria. Per farla scattare, è necessario che il giudice accerti in concreto l’irrisorietà della pretesa, basandosi non solo sul valore numerico ma anche sulla sua incidenza per la parte coinvolta.

Nel caso specifico, il Ministero non aveva fornito elementi concreti per dimostrare che, in relazione alle specifiche condizioni economiche e finanziarie della società, quel credito fosse effettivamente di valore trascurabile. L’onere di dimostrare l’irrisorietà, in un’ottica anche soggettiva, ricadeva su chi intendeva avvalersi della presunzione.

La Corte ha inoltre corretto un errore di diritto della Corte d’Appello, precisando che la presunzione di irrisorietà non opera solo nella fase iniziale (monitoria) del procedimento di equa riparazione, ma anche nella successiva fase di opposizione, mantenendo la sua natura di presunzione superabile con prova contraria.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Cassazione rafforza il principio secondo cui il diritto all’equa riparazione per l’eccessiva durata del processo non può essere negato sulla base di una valutazione superficiale e puramente quantitativa della pretesa. Il concetto di irrisorietà della pretesa richiede un’analisi approfondita e caso per caso, che tenga conto della reale importanza che la lite riveste per il cittadino o l’impresa. Un credito di diverse migliaia di euro, specialmente se vantato da una società, non è di per sé irrisorio e, in assenza di prove specifiche sulle condizioni della parte, non può giustificare il diniego dell’indennizzo.

Quando una pretesa economica in un processo può essere considerata “irrisoria” ai fini della Legge Pinto?
Una pretesa è considerata irrisoria non solo in base al suo valore numerico, ma quando, valutata anche in relazione alle condizioni personali della parte, risulta manifestamente priva di una reale “posta in gioco”. La valutazione deve quindi essere sia oggettiva (valore della causa) sia soggettiva (impatto sulla parte).

La presunzione di insussistenza del danno per irrisorietà della pretesa vale solo nella prima fase del procedimento di equa riparazione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la presunzione di cui all’art. 2, comma 2-sexies, lett. g) della Legge 89/2001 opera sia nella fase iniziale (monitoria) sia nella successiva fase di opposizione a piena cognizione, ed è efficace fino a prova contraria.

Un credito di circa 12.000 euro è sempre considerato non irrisorio?
Secondo la sentenza, un importo di € 11.939,51 non è “certamente bagatellare”. Sebbene la valutazione dipenda dal contesto, la Corte ha stabilito che un valore simile è sufficiente a escludere l’automatica operatività della presunzione di irrisorietà, a meno che la parte che la invoca non fornisca prove specifiche sulle condizioni personali della controparte che dimostrino il contrario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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