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Irrisorietà della pretesa: Cassazione fissa i limiti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25766/2024, ha stabilito che l’irrisorietà della pretesa, ai fini dell’esclusione del diritto all’indennizzo per irragionevole durata del processo, va valutata in termini oggettivi e assoluti. Non rileva il rapporto tra il valore del credito e la situazione economica del creditore. La Corte ha rigettato il ricorso del Ministero della Giustizia, il quale sosteneva che crediti di alcune migliaia di euro dovessero considerarsi irrisori per società economicamente solide. La decisione conferma che una pretesa non è ‘bagatellare’ solo perché il creditore è florido, ma solo se il suo valore intrinseco è oggettivamente minimo.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Irrisorietà della pretesa: la Cassazione definisce i criteri di valutazione

L’ordinanza n. 25766 del 2024 della Corte di Cassazione offre un chiarimento fondamentale sul concetto di irrisorietà della pretesa nel contesto dell’equo indennizzo per l’eccessiva durata dei processi. La Suprema Corte ha stabilito un principio chiave: la valutazione del valore di una causa non deve basarsi sulla condizione economica del creditore, ma su un criterio oggettivo e assoluto. Questa decisione ha importanti implicazioni per tutte le parti, in particolare per le società, che si trovano ad affrontare le lungaggini della giustizia.

Il caso: un indennizzo conteso tra Stato e imprese

La vicenda trae origine dal ricorso del Ministero della Giustizia contro una decisione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva riconosciuto un equo indennizzo a tre società per i ritardi subiti in una procedura concorsuale. I crediti vantati dalle società ammontavano a somme significative, rispettivamente circa 3.000, 16.000 e 8.500 euro.

Il Ministero sosteneva che, nonostante i valori assoluti, tali pretese dovessero essere considerate ‘irrisorie’ in relazione alla solidità economica delle società creditrici. Secondo questa tesi, si sarebbe dovuta applicare la presunzione di insussistenza del pregiudizio prevista dalla legge, negando di fatto il diritto all’indennizzo. In pratica, si proponeva un’analisi soggettiva, basata sulla proporzione tra il credito e il patrimonio, il fatturato e il capitale di ciascuna azienda.

La decisione della Corte d’Appello e il ricorso in Cassazione

La Corte d’Appello aveva respinto questa interpretazione. I giudici di merito avevano chiarito che il termine ‘irrisorietà’ si riferisce a una pretesa oggettivamente minima e insignificante, quasi una ‘derisione dell’avversario’, fissando una soglia indicativa inferiore a 500 euro. Un credito di migliaia di euro, pertanto, non poteva essere considerato irrisorio, a prescindere dalla ricchezza del creditore. Insoddisfatto, il Ministero ha portato la questione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge.

Le motivazioni: un’analisi oggettiva per l’irrisorietà della pretesa

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. Le motivazioni della Suprema Corte sono articolate e si fondano su un’interpretazione della normativa nazionale in conformità con i principi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

I giudici hanno spiegato che la norma sulla irrisorietà della pretesa è stata introdotta per escludere le cause ‘bagatellari’, ovvero quelle che costituiscono un esercizio abusivo del diritto, non per creare una discriminazione basata sulla capacità economica del ricorrente. La valutazione deve essere oggettiva: la pretesa è irrisoria se ha un valore intrinsecamente esiguo, non se appare piccola rispetto al patrimonio di chi la avanza.

La Corte ha ribadito che il legislatore, introducendo la presunzione di insussistenza del danno, mirava a velocizzare la gestione dei ricorsi di natura bagatellare, non a introdurre un complesso criterio di proporzionalità tra il valore della domanda e la situazione finanziaria del ricorrente. Di conseguenza, una volta accertato che il valore della pretesa supera la soglia della oggettiva irrilevanza (identificata dalla giurisprudenza consolidata intorno ai 500 euro), non è necessario procedere a una valutazione soggettiva. I crediti in questione, essendo di diverse migliaia di euro, sono stati ritenuti meritevoli di tutela indennitaria.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La sentenza consolida un principio di certezza del diritto fondamentale. L’accesso all’equo indennizzo per l’irragionevole durata del processo non dipende dalla ‘ricchezza’ o ‘povertà’ del creditore. Una società florida ha lo stesso diritto di una piccola impresa o di un privato cittadino a vedere tutelato il proprio interesse a un processo celere, quando il credito in gioco non è oggettivamente trascurabile. Questa decisione impedisce che l’amministrazione statale possa negare l’indennizzo basandosi su analisi discrezionali della situazione patrimoniale del creditore, garantendo così una maggiore equità e prevedibilità nell’applicazione della legge.

Come si valuta l’irrisorietà della pretesa per l’indennizzo da durata irragionevole del processo?
L’irrisorietà della pretesa va valutata secondo un criterio oggettivo e assoluto. Si considera il valore intrinseco della domanda, non il suo rapporto con le condizioni economiche del richiedente. Una pretesa è irrisoria solo se il suo valore è davvero minimo, tale da essere considerato ‘bagatellare’.

Un’azienda con un elevato fatturato può essere esclusa dall’indennizzo se il suo credito è di modesto valore?
No. Secondo la Corte, la condizione economica florida di una società non è un motivo per considerare irrisoria una pretesa che, in termini assoluti, non è insignificante. Un credito di alcune migliaia di euro, come nel caso esaminato, non è considerato irrisorio, indipendentemente dal fatturato dell’azienda.

Qual è la soglia economica al di sotto della quale una pretesa si considera generalmente irrisoria?
Sebbene non sia una regola fissa, la giurisprudenza richiamata nell’ordinanza, in linea con i principi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, tende a considerare irrisorie le pretese di valore inferiore a 500 euro. Al di sopra di tale soglia, la pretesa non è generalmente ritenuta ‘bagatellare’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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