LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ipotesi di accordo: quando è vincolante per l’azienda?

Un lavoratore ha citato in giudizio il suo datore di lavoro, una società di riscossione, per ottenere premi incentivanti basati su un’ipotesi di accordo. La validità del documento era subordinata all’approvazione del Consiglio di Amministrazione, che non è mai avvenuta. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del lavoratore, confermando che un’ipotesi di accordo priva della necessaria approvazione formale non costituisce un contratto perfezionato e non produce effetti giuridici vincolanti, negando così le pretese del dipendente.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Ipotesi di Accordo: Quando Diventa un Contratto Vincolante? L’Analisi della Cassazione

Nelle trattative, specialmente in ambito lavorativo e sindacale, è prassi comune redigere documenti preliminari per fissare i punti su cui si è trovata un’intesa. Questi documenti, spesso denominati ipotesi di accordo, rappresentano un passo fondamentale verso la conclusione di un contratto definitivo. Ma cosa succede se questo accordo preliminare è subordinato all’approvazione di un organo societario, come il Consiglio di Amministrazione, e tale approvazione non arriva mai? Con l’ordinanza n. 1986 del 2024, la Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento sulla natura e l’efficacia giuridica di questi atti, tracciando una linea netta tra una semplice bozza e un contratto pienamente vincolante.

Il Caso: La Richiesta di Premi Incentivanti Basata su un Accordo non Ratificato

La vicenda trae origine dalla richiesta di un dipendente di una società di riscossione, il quale rivendicava il diritto a percepire un trattamento retributivo incentivante, un premio di produttività e un’indennità per lavoro straordinario per gli anni dal 2012 al 2015. La sua pretesa si fondava, tra le altre cose, su una scrittura privata del 7 ottobre 2015, qualificata come “ipotesi di accordo”.

La vicenda processuale

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le domande del lavoratore. Il punto cruciale della controversia risiedeva in una clausola specifica contenuta nel documento: “la validità del presente verbale di accordo è subordinato all’approvazione da parte del Consiglio di Amministrazione della Società”. Poiché tale approvazione non era mai stata deliberata, i giudici di merito avevano concluso che il documento non fosse mai diventato un contratto perfezionato e produttivo di effetti giuridici obbligatori, ma fosse rimasto allo stato di mera bozza.

La Decisione della Cassazione sull’ipotesi di accordo

Il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel non considerare l’accordo valido ed efficace. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti e fornendo motivazioni dettagliate sulla natura di una ipotesi di accordo condizionata.

La Natura della Clausola di Approvazione

La Corte ha stabilito che la clausola che subordinava l’efficacia dell’accordo all’approvazione del CdA non era una semplice condizione esterna, ma un elemento costitutivo necessario per il perfezionamento stesso del contratto. Le parti, inserendo tale previsione, avevano chiaramente manifestato la volontà di non considerare l’accordo immediatamente vincolante. L’approvazione del CdA era, quindi, un requisito di validità o, quantomeno, di efficacia dell’intesa.

Inapplicabilità dell’Art. 2384 c.c.

Il ricorrente aveva invocato l’articolo 2384 del codice civile, che protegge l’affidamento dei terzi contro le limitazioni ai poteri di rappresentanza degli amministratori non pubblicate. Secondo questa tesi, il presidente che aveva firmato l’accordo aveva il potere di rappresentare la società, e un’eventuale limitazione interna (come la necessità di approvazione del CdA) non poteva essere opposta al lavoratore. La Cassazione ha respinto questa argomentazione, spiegando che l’art. 2384 c.c. si applica quando un amministratore con potere di rappresentanza conclude un contratto valido, ma superando limiti interni posti dallo statuto. Nel caso di specie, invece, era stato lo stesso rappresentante (il presidente) a dichiarare esplicitamente nel testo dell’accordo che l’efficacia era subordinata all’approvazione di un altro organo. Non si trattava di un limite al suo potere, ma di una modalità di formazione del contratto concordata tra le parti.

Le Motivazioni della Corte: Differenza tra Limite al Potere e Requisito di Efficacia

Le motivazioni della Corte si concentrano sulla distinzione fondamentale tra una limitazione statutaria al potere di rappresentanza e un requisito di efficacia pattuito contrattualmente. Nel primo caso, la legge tutela il terzo in buona fede. Nel secondo, come in questa vicenda, la necessità di un’ulteriore approvazione è parte integrante dell’accordo stesso e conosciuta da entrambe le parti. Pertanto, in assenza di tale approvazione, il contratto non può dirsi concluso. Il fatto che la persona fisica che aveva firmato come presidente sia poi diventata amministratore unico non cambia la sostanza: l’approvazione da parte dell’organo deliberativo competente, chiunque lo incarnasse, era sempre necessaria e non è mai avvenuta.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche per Aziende e Lavoratori

Questa pronuncia della Cassazione ribadisce un principio cruciale nella formazione dei contratti: la volontà delle parti è sovrana. Se le parti decidono di subordinare l’efficacia di un accordo a un evento futuro e incerto, come l’approvazione di un organo collegiale, quell’accordo non produce effetti fino al verificarsi di tale evento. Per i lavoratori e le organizzazioni sindacali, ciò significa prestare la massima attenzione alla formulazione delle clausole finali di un’ipotesi di accordo. Per le aziende, conferma che la stipula di accordi preliminari da parte di singoli rappresentanti, se correttamente condizionata alla ratifica dell’organo deliberativo, non espone la società a obblighi immediati, garantendo un corretto processo decisionale interno.

Un'”ipotesi di accordo” firmata dal presidente di una società è sempre un contratto valido e vincolante?
No. Secondo la sentenza, se il documento stesso è qualificato come “ipotesi di accordo” e contiene una clausola che ne subordina l’efficacia a un’approvazione successiva da parte di un altro organo societario (come il CdA), esso non è immediatamente vincolante e rimane una mera bozza fino a che non interviene tale approvazione.

Cosa succede se l’accordo contiene una clausola che subordina la sua validità all’approvazione del Consiglio di Amministrazione (CdA)?
In tal caso, l’approvazione del CdA non è una semplice condizione, ma diventa un elemento costitutivo per il perfezionamento e l’efficacia del contratto. Se l’approvazione non avviene, l’accordo non produce alcun effetto giuridico obbligatorio tra le parti.

La tutela prevista dall’art. 2384 del codice civile, che protegge i terzi dalle limitazioni interne ai poteri degli amministratori, si applica in questi casi?
No, la Corte ha chiarito che tale norma non si applica. L’art. 2384 c.c. riguarda i limiti statutari al potere di rappresentanza di un amministratore. Nel caso di specie, non si trattava di un limite al potere del presidente, ma di una condizione di efficacia esplicitamente concordata e inserita nel testo dell’accordo, quindi nota a entrambe le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati