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Invito a riprendere servizio: la Cassazione chiarisce

Un lavoratore, dopo un licenziamento illegittimo, ha ricevuto un invito a riprendere servizio con un preavviso di soli due giorni. Egli ha sostenuto che tale invito fosse nullo. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3264/2024, ha stabilito che un invito a riprendere servizio con un termine inferiore a 30 giorni è valido. Tuttavia, la risoluzione di diritto del rapporto di lavoro, in caso di mancata presentazione del lavoratore, si verifica solo allo scadere del trentesimo giorno dalla ricezione dell’invito, e non prima. Il datore di lavoro rimane quindi obbligato a pagare la retribuzione per l’intero periodo di 30 giorni.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Invito a riprendere servizio con termine breve: quando si estingue il rapporto di lavoro?

Dopo un licenziamento dichiarato illegittimo, il datore di lavoro deve reintegrare il dipendente. Ma cosa succede se l’invito a riprendere servizio contiene un termine molto breve, inferiore ai 30 giorni previsti dalla legge? L’invito è nullo e il lavoratore ha diritto a un risarcimento prolungato? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3264 del 5 febbraio 2024, ha fornito un chiarimento fondamentale su questo tema, bilanciando le esigenze di certezza del diritto con la tutela del lavoratore.

Il caso in esame: un termine inferiore a 30 giorni

La vicenda riguarda un lavoratore licenziato illegittimamente. A seguito della sentenza che ordinava la sua reintegrazione, l’azienda gli ha inviato una lettera, ricevuta l’8 ottobre 2014, con l’invito a presentarsi al lavoro il 10 ottobre 2014, appena due giorni dopo. La comunicazione precisava che, in caso di mancata presentazione, il rapporto di lavoro si sarebbe considerato automaticamente risolto.

Il lavoratore non si è presentato e ha successivamente sostenuto che l’invito fosse integralmente nullo, poiché non rispettava il termine legale di 30 giorni previsto dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Di conseguenza, a suo avviso, il rapporto di lavoro non si era mai risolto e gli spettava il risarcimento del danno (sotto forma di retribuzioni) per un periodo molto più lungo.

La questione giuridica e l’invito a riprendere servizio

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’articolo 18 della Legge n. 300/1970 (nel testo applicabile all’epoca dei fatti). La norma stabilisce che, se il lavoratore non riprende servizio entro 30 giorni dal ricevimento dell’invito del datore di lavoro, il rapporto si intende risolto di diritto.

La domanda a cui la Cassazione ha dovuto rispondere è: la fissazione da parte del datore di un termine inferiore a 30 giorni rende l’intero invito nullo? Oppure l’invito resta valido, producendo i suoi effetti secondo i tempi stabiliti dalla legge?

La decisione della Corte di Cassazione e lo “spatium deliberandi”

La Suprema Corte ha respinto il ricorso del lavoratore, confermando le decisioni dei giudici di merito. I giudici hanno chiarito che la legge non impone al datore di lavoro di fissare un termine di 30 giorni nell’invito. L’azienda può legittimamente indicare una data di rientro anteriore.

Il termine di 30 giorni, infatti, non è una condizione di validità dell’invito, ma una garanzia legale a favore del lavoratore. Questo periodo è definito spatium deliberandi, ovvero un ‘tempo per decidere’ concesso al dipendente per ponderare la sua scelta: riprendere servizio oppure optare per l’indennità sostitutiva della reintegrazione.

Di conseguenza, anche se il datore di lavoro fissa una data di rientro immediata, l’effetto risolutivo del rapporto di lavoro si produrrà solo ed esclusivamente allo scadere del trentesimo giorno dal ricevimento dell’invito, qualora il lavoratore non abbia ripreso servizio o esercitato l’opzione per l’indennità.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha fondato la sua decisione su diversi principi cardine. In primo luogo, ha sottolineato l’assenza di una norma che sancisca espressamente la nullità di un invito con termine inferiore a 30 giorni. In secondo luogo, ha applicato il principio di conservazione del contratto (e degli atti unilaterali recettizi, come l’invito) previsto dall’art. 1367 del Codice Civile, secondo cui l’atto deve essere interpretato nel senso in cui possa avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbe alcuno.

Questa interpretazione, secondo la Corte, evita situazioni di prolungata incertezza e di ‘stallo’ giuridico. Il rapporto tra le parti trova una sua definizione certa: il lavoratore ha 30 giorni di tempo per decidere, e durante questo periodo ha diritto alla retribuzione. Scaduto tale termine senza una sua azione, il rapporto si considera legalmente concluso.

La Corte ha inoltre richiamato un suo precedente orientamento (Cass. n. 6494/1991), confermando che l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere la retribuzione cessa non al ricevimento dell’invito, ma allo scadere del trentesimo giorno successivo.

Conclusioni

La sentenza chiarisce un punto cruciale nella gestione dei rapporti di lavoro post-licenziamento illegittimo. Le implicazioni pratiche sono chiare:

1. Per i datori di lavoro: È possibile inviare un invito a riprendere servizio con una data di rientro a breve termine. Tuttavia, l’obbligo retributivo persisterà per tutti i 30 giorni successivi alla ricezione dell’invito da parte del lavoratore.
2. Per i lavoratori: Non è possibile ignorare un invito con termine breve sostenendone la nullità per ottenere un risarcimento a tempo indeterminato. Il lavoratore ha 30 giorni di tempo dal ricevimento della comunicazione per decidere se rientrare o chiedere l’indennità sostitutiva. Durante questo spatium deliberandi, il diritto alla retribuzione è garantito.

Un invito a riprendere servizio con un termine inferiore a 30 giorni è nullo?
No, l’invito non è nullo. Secondo la Corte di Cassazione, la fissazione di un termine più breve non inficia la validità dell’atto, ma semplicemente l’effetto della risoluzione del rapporto è posticipato per legge al 30° giorno.

Se il datore di lavoro indica una data di rientro immediata, quando si considera risolto il rapporto se il lavoratore non si presenta?
Il rapporto di lavoro si considera risolto di diritto allo scadere del trentesimo giorno successivo al ricevimento dell’invito da parte del lavoratore, indipendentemente dalla data anteriore indicata dal datore di lavoro.

Fino a quando il datore di lavoro deve pagare la retribuzione dopo aver inviato l’invito a riprendere servizio?
Il datore di lavoro è tenuto a corrispondere la retribuzione per l’intero periodo di 30 giorni che decorre dal ricevimento dell’invito da parte del lavoratore. Questo periodo rappresenta lo ‘spatium deliberandi’ concesso dalla legge al dipendente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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