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Interversione del possesso: prova e usucapione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11972/2025, ha rigettato il ricorso di un soggetto che rivendicava l’usucapione di un immobile. La Corte ha stabilito che per dimostrare l’interversione del possesso non è sufficiente il semplice rifiuto di restituire il bene. È necessario provare con atti inequivocabili la volontà di possedere l’immobile come se si fosse il proprietario. Nel caso di specie, il fatto che i proprietari avessero ancora le chiavi e avessero avuto accesso all’immobile, unitamente alla continuazione dei pagamenti da parte del detentore, ha escluso la sussistenza di un possesso utile all’usucapione.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Usucapione e Interversione del Possesso: Quando la Detenzione Non Basta

L’acquisto di una proprietà per usucapione è un istituto giuridico complesso, che richiede la presenza di requisiti precisi. Uno dei più delicati è l’interversione del possesso, ovvero la trasformazione di una semplice detenzione (come quella dell’inquilino) in un possesso pieno, esercitato come se si fosse il vero proprietario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre importanti chiarimenti su quale tipo di prova sia necessaria per dimostrare tale cambiamento, sottolineando che il semplice rifiuto di restituire l’immobile non è sufficiente.

I Fatti di Causa: Da Locazione a Presunta Usucapione

La vicenda giudiziaria ha origine dalla richiesta dei proprietari di un piccolo appartamento di ottenerne la restituzione da parte di un soggetto che lo occupava. I proprietari sostenevano che il rapporto fosse un comodato d’uso, mentre l’occupante si opponeva, presentando una domanda riconvenzionale per far accertare di aver acquistato la proprietà per usucapione ultraventennale.

L’occupante affermava di aver inizialmente detenuto l’immobile in base a un contratto di locazione dal 1981 al 1984. Successivamente, nel luglio 1988, si era rifiutato di rilasciare l’appartamento, sostenendo di vantare un credito per spese straordinarie sostenute. Da quel momento, a suo dire, era iniziata una situazione di possesso uti dominus, utile ai fini dell’usucapione. Mentre il Tribunale di primo grado aveva accolto la sua tesi, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione.

La Decisione dei Giudici di Appello sulla prova dell’interversione del possesso

La Corte d’Appello ha ritenuto che non vi fossero prove sufficienti per dimostrare un’efficace interversione del possesso. Secondo i giudici, la condotta dell’occupante non era stata inequivocabile. Elementi chiave a sfavore della sua tesi erano:

1. La continuazione dei pagamenti: Una testimonianza aveva rivelato che l’occupante aveva continuato a corrispondere il canone di locazione anche dopo il 1988, anno del presunto inizio del possesso utile per l’usucapione.
2. La disponibilità delle chiavi: In occasione di una perizia tecnica (CTU) nel 2006, uno dei proprietari aveva potuto accedere liberamente all’appartamento, dimostrando di essere ancora in possesso delle chiavi e di non aver perso la disponibilità materiale del bene.
3. La debolezza delle giustificazioni: Le spese straordinarie addotte come motivo del mancato rilascio erano di importo inferiore ai canoni non pagati e molto inferiori al valore dell’immobile.

Questi elementi, nel loro insieme, hanno convinto la Corte d’Appello che non si fosse mai verificato quel cambiamento radicale nel rapporto con il bene necessario per l’usucapione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza d’appello, rigettando tutti gli otto motivi di ricorso presentati dall’occupante. I giudici supremi hanno ribadito che chi inizia a detenere un bene a un titolo specifico (come la locazione) e intende usucapirlo, ha l’onere di provare l’interversione del possesso ai sensi dell’art. 1141, comma 2, del codice civile. Questa prova deve dimostrare una volontà chiara ed inequivocabile di possedere il bene come proprietario, escludendo il diritto del titolare originario.

L’accesso all’immobile da parte del proprietario nel 2006 non è stato interpretato come un atto interruttivo di un possesso già consolidato, ma come la prova che un possesso esclusivo e autonomo da parte dell’occupante non era mai iniziato. Il fatto che il proprietario potesse entrare nell’appartamento in assenza dell’occupante era un segnale inconfutabile che quest’ultimo non aveva mai manifestato l’intento di escludere definitivamente i proprietari dal godimento del bene. Pertanto, la condotta del ricorrente era stata giudicata non sufficiente a trasformare la detenzione in possesso utile per l’usucapione.

Le Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale in materia di usucapione: per dimostrare l’interversione del possesso, non basta un comportamento meramente omissivo, come il non pagare i canoni o non restituire l’immobile. Sono necessari atti positivi, concreti e manifesti all’esterno, che rendano evidente a chiunque, e in primo luogo al proprietario, l’intenzione di comportarsi come unico e vero titolare del bene. La conservazione della disponibilità materiale del bene da parte del proprietario, come il possesso delle chiavi, costituisce una prova formidabile contro la pretesa di usucapione.

Rifiutarsi di restituire un immobile è sufficiente per l’interversione del possesso?
No, secondo la Corte il semplice rifiuto di rilasciare l’immobile, anche se motivato dalla pretesa di un credito per spese, non costituisce di per sé un atto inequivocabile di interversione del possesso, se non è accompagnato da altre azioni che manifestino la volontà di escludere il proprietario dal bene.

Se il proprietario ha ancora le chiavi e accede all’immobile, si può configurare l’usucapione?
No. Il fatto che il proprietario mantenga la possibilità di accedere all’immobile è considerato una prova cruciale che l’occupante non esercita un possesso esclusivo e ‘uti dominus’, elemento indispensabile per poter usucapire il bene.

Quale tipo di prova è necessaria per dimostrare l’interversione del possesso?
È necessaria la prova di atti chiari ed inequivocabili che manifestino la volontà di possedere l’immobile come se si fosse il proprietario, palesando l’intento di escludere definitivamente i proprietari e i terzi dal godimento del bene. La prova deve essere fornita da chi invoca l’usucapione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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