Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25450 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25450 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
Oggetto: Revocatoria ordinaria -Atto di divisione -Intervento in giudizio -Tardività dello stesso -Documenti prodotti a sostegno della legittimazione ad intervenire -Esclusione.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28149/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE nella qualità di mandataria – succeduta a Credito Fondiario S.p.A. – della società RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso, ex lege domiciliata come da domicilio digitale;
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliati
C.C. 28.03.2025
r.g.n. 28149/2022
Pres. L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME
in Roma presso e nello Studio dell’Avv. NOME COGNOME, INDIRIZZO e come da domicilio digitale;
-controricorrenti-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE
NOME COGNOME
-intimati-
avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 759/2022 pubblicata in data 22 aprile 2022;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 marzo 2025 dalla Consigliera dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Arezzo, con la sentenza n.764/2018, accoglieva la domanda proposta da Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio , dichiarando l’inefficacia ex art. 2901 c.c. dell’atto di divisione sia nei riguardi dell’attrice che nei confronti della Banca Monte dei Paschi di Siena, intervenuta in causa e condannava, altresì, i convenuti NOME COGNOME e NOME COGNOME in solido tra loro, al pagamento del debito di euro 260.781,82 nei confronti della Banca popolare dell’Etruria e del Lazio e di euro 396.228,26 nei confronti di Banca Monte dei Paschi di Siena, con condanna al rimborso delle spese processuali sostenute dalle predette banche.
Per quanto ancora d’interesse , la Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio aveva convenuto davanti al Tribunale di Arezzo NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME proponendo l’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. nei confronti di un atto di divisione in data 12/04/2012, con cui i convenuti avevano inteso dividere la comunione su un immobile, oltre alla condanna di COGNOME e NOME COGNOME per i debiti insoluti (in particolare, per i debiti della RAGIONE_SOCIALE, di cui NOME COGNOME era amministratore unico e per le obbligazioni della stessa società debitrice verso la Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio che erano
C.C. 28.03.2025
r.g.n. 28149/2022
Pres. L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME garantite personalmente dal predetto NOME e da suo fratello NOME COGNOME mediante fideiussione omnibus ex art. 1938 c.c. del 11/01/2007 per l’importo di euro 260.000,00 e poi, più volte modificata, fino a raggiungere l’importo di euro 325.000,00 con scrittura del 18/04/2012). Si costituivano tutti e tre i convenuti contestando le pretese di controparte e chiedendone il rigetto. Con atto depositato in data 18/12/2014 interveniva nel giudizio di primo grado la Banca Monte dei Paschi di Siena al fine di sentir dichiarare la revocatoria con riferimento al medesimo atto di divisione anche nei propri confronti; l ‘intervento era però occorso dopo l’esaurimento della fase istruttoria, in tempo utile solo per la precisazione delle conclusioni e con ordinanza in data 3/04/2015, il Tribunale aveva dichiarato inammissibile (in quanto tardiva ex art. 268 c.p.c.) la documentazione prodotta da Monte dei Paschi di Siena, ordinandone così l’espunzione dal fascicolo.
La Corte d’ Appello di Firenze, con la sentenza qui impugnata, ha parzialmente accolto il gravame proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza di prime cure, revocando la condanna solidale di NOME e NOME COGNOME al pagamento in favore di Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., del la somma complessiva di € 396.228,26 , oltre interessi fino al saldo e rigettando la domanda revocatoria ex art. 2901 c.c. avanzata dalla banca Monte dei Paschi di Siena; ha condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute per il presente giudizio da RAGIONE_SOCIALE ha condannato Credito Fondiario s.p.a. al rimborso delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio sostenute da NOME COGNOME e NOME COGNOME, così come liquidate in dispositivo.
Avverso la sentenza della corte di merito, la società RAGIONE_SOCIALE nella qualità di mandataria – succeduta a Credito Fondiario RAGIONE_SOCIALE – della società RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
Hanno resistito con controricorso il COGNOME e la COGNOME. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
C.C. 28.03.2025
r.g.n. 28149/2022
Pres. L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1. c.p.c.
La ricorrente e i controricorrenti hanno depositato distinte e rispettive memorie.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente società RAGIONE_SOCIALE contesta la ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 105, 267 e 268 c.p.c. in relazione all’art.360, I comma, n. 3, c.p.c.’ per avere la Corte di appello fiorentina erroneamente ritenuto di applicare anche al terzo interveniente le preclusioni già maturate nei confronti delle parti originarie del giudizio in contrasto con quanto statuito dalle Sezioni Unite della Corte di legittimità in proposito (Cass. Sez. U. 23.1.2015 n. 1238) e non avere ritenuto, l’ ammissibilità dei documenti depositati da Monte Paschi di Siena nel corso del primo grado di giudizio ai fini del l’assolvimento da parte di quest’ultima della prova in merito alla sussistenza del credito di cui era onerata.
Con il secondo motivo di ricorso, denuncia ‘ In alternativa, qualora la Corte non dovesse ritenere che la declaratoria di inammissibilità della documentazione prodotta da MPS unitamente all’atto di intervento integri un vizio di cui all’art. 360, I comma, n. 3 c.p.c ‘ la ‘ violazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, I comma, n. 4, c.p.c. ‘ e sostiene che si tratterebbe di un errore processuale tale determinare la nullità del procedimento e della impugnata pronuncia; errore dal quale sarebbe ulteriormente conseguita la reiezione della domanda di Monte dei Paschi di Siena posto che, come affermato dalla stessa Corte d’ appello di Firenze, i documenti di cui trattasi « erano però indispensabili per dimostrare l’esistenza del proprio titolo, ossia il credito, che era presupposto sostanziale dell’azione revocatoria » (cfr. sentenza impugnata, pag.11).
I motivi, che stante l’intima connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c. poiché la decisione impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla
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Est. I. Ambrosi giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare orientamento.
3.1. Questa Corte ha riconosciuto da tempo che colui il quale interviene volontariamente in un processo già pendente ha sempre la facoltà di formulare domande nei confronti delle altre parti, quand’anche sia ormai spirato il termine di cui all’art. 183 c.p.c. per la fissazione del thema decidendum ; né tale interpretazione dell’art. 268 c.p.c. viola il principio di ragionevole durata del processo od il diritto di difesa delle parti originarie del giudizio: infatti l’interveniente, dovendo accettare il processo nello stato in cui si trova, non può dedurre – ove sia già intervenuta la relativa preclusione – nuove prove e, di conseguenza non vi è né il rischio di riapertura dell’istruzione, né quello che la causa possa essere decisa sulla base di fonti di prova che le parti originarie non abbiano potuto debitamente contrastare (Cass. 16/10/2008, n. 25264; Cass. 11/07/2011, n. 15208; Cass. 26/05/2014, n. 11681). È stato pure precisato da questa Corte che la formulazione della domanda costituisce l’essenza stessa dell’intervento principale e litisconsortile, sicché la preclusione sancita dall’art. 268 c.p.c. non si estende all’attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti non opera il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento “fino all’udienza di precisazione delle conclusioni”, configurandosi solo l’obbligo, per l’interventore stesso ed avuto riguardo al momento della sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie (Cass. 22/12/2015, n. 25798). Risulta evidente che la preclusione per il terzo interveniente di compiere atti che al momento dell’intervento non sono più consentiti ad alcuna parte, ai sensi dell’art. 268, comma 2, c.p.c., opera esclusivamente sul piano istruttorio, e non anche su quello assertivo e tali preclusioni istruttorie devono ritenersi riferite sia alle prove costituende che a quelle documentali, valendo per entrambi tali tipi di prova le preclusioni istruttorie per le altre parti senza che ciò determini alcuna violazione del diritto di difesa (Cass. Sez. 3, 22/08/2018, n. 20882; di recente, Cass. Sez. 3, 24/05/2023 n. 14398).
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Pres. L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME
E’ stato altresì affermato che a mmettere la possibilità di tardive produzioni documentali, seppur volte a comprovare la sola legittimazione ad agire (specie in un caso, qual è quello in esame, in cui assumersi legittimati ad esperire, in via di intervento, un’azione revocatoria, equivale a dedurre la titolarità di un credito verso l’autore dell’atto dispositivo ‘revocando’), significherebbe privare la controparte della facoltà di fornire prove documentali di segno contrario, tese, ad esempio, a dimostrare fatti estintivi del diritto di cr edito oppure l’assenza di pregiudizio per la ‘fruttuosità’ della sua esecuzione. Del resto, è stato sottolineato che tra ‘le finalità dell’art. 268, comma 2, c.p.c. ‘ vi è anche quella di assicurare ‘i principi, entrambi di rango costituzionale ex art. 111 Cost., del «regolare e spedito svolgimento del processo» in funzione della pronuncia di merito regolativa del rapporto controverso e del «processo equo» tale per cui le regole che disciplinano lo svolgimento del giudizio, non soltanto non debbono risolversi in un impedimento dell’esercizio del diritto di difesa ma, specularmente, non debbono neppure tradursi in ingiustificate asimmetrie, squilibrando i poteri processuali a vantaggio o detrimento di una soltanto delle parti’ (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, 5/10/2018, n. 24529; da ultimo, in senso conforme, Cass. Sez. 3, 09/05/2023 n. 12463; Cass. Sez. 2, 12/07/2023 n. 19901).
Correttamente, dunque, è stata ritenuta preclusa la produzione in primo grado della documentazione a sostegno della legittimazione attiva di Monte dei Paschi di Siena; al riguardo, la Corte di merito seppure ha riscontrato che «le prove documentali prodotte dallo stesso istituto di credito (ossia il decreto ingiuntivo non opposto ottenuto contro NOME COGNOME e NOME) erano però indispensabili per dimostrare l’esistenza del proprio titolo, ossia il credito, che era presupposto sostanziale dell’azione revocatoria » ha tuttavia soggiunto che «i n assenza di esse, deve considerarsi non adempiuto l’onere della prova ex art. 2697 c.c. e quindi da rigettarsi nel merito la domanda di MPS. Erroneamente, quindi, il giudice di prime cure ha pronunciato l’azione
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Est. I. COGNOME revocatoria anche a beneficio di MPS» (foglio 11 non numerato della sentenza impugnata).
3.2. Sotto altro profilo, non giova ai ricorrenti il richiamo alla pronuncia di questa Corte a Sezioni Unite 23/01/2015 n. 1238, tenuto conto che il richiamato arresto concerne una diversa questione di diritto e cioè quella relativa alla posizione del terzo titolare di diritto autonomo legittimato all’opposizione ordinaria ai sensi dell’articolo 404, comma 1, c.p.c. che non può al fine di incidere sull’efficacia del titolo proporre opposizione ex art. 615 c.p.c..
Infine, come correttamente rilevano i controricorrenti, la giurisprudenza di merito richiamata dalla odierna ricorrente (Corte d’ appello di Catania n. 1049/2021 e Tribunale Lamezia Terme n. 874/2019) non le giova, in quanto afferisce a fattispecie diverse che non hanno alcuna attinenza con il caso in esame, trattandosi di decisioni relative a produzioni di atti di formazione successiva alla scadenza dei termini a norma dell’ art. 183 c.p.c. (cfr. Tribunale Lamezia cit.) e di atti che dimostrano la situazione legittimante l’intervento e non il diritto di credito, quale presupposto dell’azione revocatoria ( cfr. Corte d’ appello Catania cit.).
Neppure può essere valorizzato quanto affermato nella memoria dalla ricorrente, continuando questa a non offrire e illustrare argomenti ulteriori rispetto a quelli contenuti nel ricorso oppure fondate ragioni di dissenso, essendosi limitata ad argomentare nuovamente in fatto, confermando le ragioni della prospettata inammissibilità.
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della società ricorrente in favore della parte controricorrente secondo il principio di soccombenza, così come liquidate in dispositivo.
Va dichiarato infine non luogo a provvedere in merito alle spese degli altri intimati, non avendo i medesimi svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi
C.C. 28.03.2025 r.g.n. 28149/2022 Pres. L.A. Scarano RAGIONE_SOCIALE COGNOME
euro 8.200,00, di cui euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, ove dovuto (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 28 marzo 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME