Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25261 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 25261 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/09/2024
OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25808/2022 R.G. proposto da in persona del legale rappresentante
RAGIONE_SOCIALE, pro tempore, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, NELLA QUALITÀ DI AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO DI COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza n. 346/2022 del TRIBUNALE DI TERMINI IMERESE, depositata il 29 aprile 2022;
udita la relazione svolta alla pubblica udienza tenuta il giorno 17 aprile 2024 dal Consigliere COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l ‘ accoglimento del ricorso;
udito l ‘
udito l ‘
AVV_NOTAIO per parte ricorrente; AVV_NOTAIO per parte controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Nella procedura di espropriazione immobiliare promossa innanzi il Tribunale di Termini Imerese (iscritta al R.G.Es. n. 174/1997 di quell ‘ Ufficio) dalla RAGIONE_SOCIALE (in corso di causa, per mutamento di tipo sociale, divenuta RAGIONE_SOCIALE) in danno di RAGIONE_SOCIALE, il professionista delegato alle operazioni di vendita predispose e depositò progetto di distribuzione del ricavato dell ‘ espropriazione.
Ai fini della collocazione dei creditori e del riparto delle somme, considerò: tempestivo il primo intervento, effettuato nel 1999, prima dell ‘ emissione dell ‘ ordinanza di vendita, da NOME COGNOME, sulla base della sentenza non definitiva n. 185/1999 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE recante in favore dell ‘ interveniente condanna provvisionale nella misura di cinquanta milioni di lire ( pari a euro € 25.822,84 ); tardivo il successivo intervento dello stesso creditore, effettuato il 16 maggio 2006 (dopo la messa in vendita del compendio pignorato) in forza della sentenza definitiva n. 10773/2005 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, la quale riconosceva in suo favore un credito di euro 233.741,31.
Avverso il progetto di distribuzione sollevò contestazioni NOME COGNOME, assumendo che il suo intervento, seppur dispiegato in due tempi, era da considerarsi unitariamente, sicché non poteva essere qualificato
in parte tempestivo ed in parte tardivo, qualificazione da cui era conseguita la mancata soddisfazione per incapienza della pretesa creditoria, in ragione del concorso con altro creditore chirografario, RAGIONE_SOCIALE (in appresso, per brevità: RAGIONE_SOCIALE), intervenuto per la realizzazione di un credito di euro 4.396.175,41.
Con ordinanza del 22 ottobre 2013, il giudice dell ‘ esecuzione, in accoglimento dei rilievi mossi, dichiarò la tempestività del complessivo intervento di NOME COGNOME e modificò il progetto di distribuzione.
Avverso detto provvedimento, RAGIONE_SOCIALE propose opposizione ai sensi degli artt. 512 e 617, secondo comma, del codice di rito.
All ‘ esito del giudizio, svolto in contraddittorio con gli altri creditori intervenuti (Curatela del fallimento della RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), il Tribunale di Termini Imerese rigettò l ‘ opposizione agli atti esecutivi.
Con sentenza del 4 luglio 2019, n. 17899, questa Corte cassò la decisione con rinvio al Tribunale di Termini Imerese per difetto di contraddittorio con il creditore procedente (RAGIONE_SOCIALE) e con il debitore esecutato (RAGIONE_SOCIALE), litisconsorti necessari.
Riassunto il giudizio di rinvio a contraddittorio integro, la decisione in epigrafe indicata ha nuovamente rigettato l ‘ opposizione agli atti esecutivi avverso l ‘ ordinanza di approvazione del progetto di distribuzione del ricavato.
Ricorre per cassazione l ‘ RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, NOME COGNOME, atti ambedue illustrati da successiva memoria illustrativa.
All ‘ esito della adunanza camerale tenuta il 12 dicembre 2023, questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 99/2024, emessa il 3 gennaio 2024 ed in pari data comunicata, ha ordinato a parte ricorrente la rinnovazione della notifica del ricorso – siccome originariamente eseguita in maniera nulla -nei confronti di RAGIONE_SOCIALE,
assegnando per l ‘ incombente termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento, e disposto la trattazione in pubblica udienza per la particolare rilevanza delle questioni sollevate.
In data 15 gennaio 2024 parte ricorrente ha depositato ricorso con rinnovazione di notifica eseguita il giorno 10 gennaio 2024 nei confronti del legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE.
La causa è stata infine trattata alla pubblica udienza in epigrafe, in relazione alla quale le parti costituite hanno depositato (ulteriore) memoria illustrativa e il AVV_NOTAIO Generale ha depositato conclusioni motivate nel senso dell ‘ accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con le ragioni di impugnazione illustrate nel libello introduttivo, parte ricorrente lamenta:
1.1. nullità della sentenza per violazione dell ‘ art. 112 cod. proc. civ., per avere il giudice territoriale, erroneamente interpretando la domanda proposta, statuito sull ‘ ammissibilità del primo intervento di NOME COGNOME, quando oggetto del contendere era la qualificazione come tempestivo o tardivo del secondo intervento (primo motivo);
1.2. violazione dell ‘ art. 563 cod. proc. civ., nel testo anteriore alla legge 14 maggio 2005, n. 80, per avere il Tribunale ritenuto ammissibile un intervento (svolto in epoca precedente a tale novella) a tutela di un credito non certo né liquido (secondo motivo);
1.3. violazione degli artt. 278, 499 e 563 (vecchia formulazione) del codice di rito, per avere la gravata sentenza qualificato il secondo intervento di NOME COGNOME, compiuto in forza di sentenza definitiva di condanna al risarcimento di danni, come una integrazione del primo intervento, spiegato in virtù di una sentenza generica (terzo motivo);
1.4. violazione dell ‘ art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., per la mancata compensazione delle spese afferenti il giudizio di primo grado
ed il giudizio di rinvio, benché le questioni dibattute fossero controverse (quarto motivo).
Il primo motivo è infondato.
Diversamente da quanto opinato dall ‘ impugnante, la sentenza gravata ha diffusamente esaminato la valenza assunta, nell ‘ àmbito del procedimento esecutivo (di cui ha narrato l ‘ andamento), dal secondo intervento dispiegato da NOME COGNOME.
Ampia parte della motivazione è invero dedicata, con critico vaglio di precedenti di legittimità, a giustificare l ‘ esistenza di un rapporto di complementarietà tra la sentenza di condanna generica, posta a base del primo intervento, e la sentenza definitiva, fondante il secondo intervento, onde addivenire alla conclusione che quest ‘ ultimo non potesse considerarsi « quale intervento tardivo, proprio perché fondato su un titolo – la sentenza di condanna definitiva -che non sostituisce, bensì integra specificandolo, l ‘ intervento per primo esperito ».
Non sussiste, pertanto, la lamentata non corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Pregiudiziale (e, per quanto in appresso si dirà, assorbente) rispetto al secondo è lo scrutinio del terzo motivo: esso è fondato.
Il passaggio (decisivo) della motivazione della pronuncia sottoposto a critica con detto motivo è la seguente: « con il primo intervento, il COGNOME ha invocato l ‘ intero credito accertato, sul piano dell ‘ an , con la sentenza di condanna generica, oltre alla somma liquidata a titolo provvisionale, mentre con il secondo intervento il medesimo creditore, producendo in giudizio il titolo contenente la statuizione definitiva sul quantum , ha precisato l ‘ ammontare complessivo del risarcimento cui è stata condannata l ‘ RAGIONE_SOCIALE così specificando, e non modificando, l ‘ ammontare di quel credito già indicato in maniera meramente generica nel primo intervento in forza della sentenza del 1999. Ne deriva che, da una parte, l ‘ intervento per primo espletato
nel 1999, proprio perché integrato attraverso il secondo intervento del 2006 fondato sulla sentenza definitiva del 2005, debba ritenersi ammissibile ai sensi dell ‘ impianto all ‘ epoca operante, e, dall ‘ altra parte, che tale ultimo intervento, non determinando una sostituzione del primo bensì una sua precisazione, possa qualificarsi come tempestivo alla stregua di quello eseguito nel 1999, di cui ne costituisce il necessario e conseguente completamento ».
La trascritta argomentazione non è conforme a diritto.
3.1. L ‘ errore inficiante il ragionamento risiede, funditus, nell ‘ avere ascritto alla sentenza di condanna generica ex se apprezzata (cioè a dire, considerata separatamente rispetto alla contestuale condanna provvisionale) natura di titolo idoneo per far valere in via esecutiva, poiché ritenuto accertato nell ‘ an , l ‘ intero credito poi riconosciuto e determinato nel quantum con la sentenza definitiva.
In senso contrario, basti qui osservare che la condanna generica di cui all ‘ art. 278 cod. proc. civ., oltreché ontologicamente sprovvista di efficacia esecutiva per difetto del connotato della liquidità, nemmeno documenta l ‘ esistenza di un credito risarcitorio certo.
Per consolidato indirizzo del giudice della nomofilachia, infatti, la sentenza di condanna generica al risarcimento del danno ha ad oggetto soltanto l ‘ astratta potenzialità lesiva del fatto illecito: essa postula, quale presupposto necessario e sufficiente per la sua adozione, solo l ‘ accertamento di un fatto ritenuto, in base ad un giudizio di probabilità, potenzialmente causativo di conseguenze pregiudizievoli, per essere l ‘ accertamento della concreta esistenza di esse riservato al successivo giudizio (o alla successiva fase del giudizio), con la conseguenza che al giudice della liquidazione non è precluso negare la sussistenza del danno e dichiarare infondata la pretesa risarcitoria, anche in ipotesi di passaggio in giudicato della sentenza di condanna generica (così Cass. 28/03/2023, n. 8729; Cass., Sez. U, 12/10/2022, n. 29862; Cass.
08/03/2022, n. 24058; Cass. 11/10/2016, n. 20444; Cass. 09/07/2014, n. 15595; Cass. 13/09/2012, n. 15335).
Ne discende che una sentenza di condanna generica non può essere considerata titolo abilitante a dispiegare intervento nell ‘ esecuzione forzata a tutela del credito risarcitorio, poiché da essa non accertato: e tanto pure nell ‘ ordito normativo anteriore alla modifica apportata dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35 (convertito dalla legge n. 80 del 2005) all ‘ art. 499 cod. proc. civ. in tema di presupposti dell ‘ intervento, siccome, anche prima della novella, indefettibilmente ravvisati almeno nell ‘ esistenza di un credito certo, seppur non consacrato in un titolo esecutivo (Cass. 11/05/2007, n. 10829; Cass. 19/07/2005, n. 15219; Cass. 14/03/2008, n. 6685; Cass. 30/01/1985, n. 567).
Risulta così, all ‘ evidenza, non corretta la declinazione in termini di « integrazione », « specificazione » o « completamento » della relazione tra il secondo intervento (proposto nel 2006) ed il primo intervento (formulato nel 1999) di NOME COGNOME, dacché con quest ‘ ultimo era stato fatto valere non già un insussistente « intero credito accertato » dalla sentenza di condanna generica, bensì soltanto il credito nell ‘ entità quantificata dalla condanna provvisionale e, quindi, di quel credito ben determinato nel suo ammontare allo stato degli atti, cioè al momento della formazione di quello specifico titolo.
3.2. Il punto nodale della controversia era (ed è) allora l ‘ indagine sui rapporti tra la condanna provvisionale e la condanna definitiva, poste a base dei due interventi: due distinti provvedimenti giudiziali, provvisti di autonoma idoneità in executivis , resi all ‘ esito di differenti fasi dello stesso giudizio ed aventi ad oggetto il medesimo diritto.
Escluso dunque che l ‘ azione esecutiva in più tempi e con più atti esercitata da NOME COGNOME sia sorretta da un identico titolo esecutivo (in tal caso, sufficiente sarebbe stata una mera attività di precisazione del credito, non occorrendo un formale atto di intervento: Cass.
11/12/2012, n. 22645), si è verificata nel procedimento esecutivo da cui trae scaturigine la lite una successione di titoli esecutivi, segnata da una differente quantificazione del credito da soddisfare, ma altresì dall ‘ assorbimento del titolo temporalmente anteriore (cioè, la condanna provvisionale) in quello successivo (la condanna definitiva).
A regolare una vicenda del genere – senza necessità qui di indugiare sulla sua riconducibilità al fenomeno della cd. trasformazione del titolo esecutivo – pare appropriato richiamare il consolidato orientamento di nomofilachia che individua nella norma dell ‘ art. 653, secondo comma, cod. proc. civ., dettata in materia di opposizione a decreto ingiuntivo, l ‘ espressione di un principio generale valevole per tutte le ipotesi in cui un provvedimento giurisdizionale provvisoriamente esecutivo, posto in esecuzione, venga modificato solo quantitativamente da un successivo provvedimento anch ‘ esso esecutivo.
Al riguardo, si è puntualmente affermato che, iniziata l ‘ esecuzione in base a sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva, qualora sopravvenga sentenza di appello che riformi la precedente decisione in senso soltanto quantitativo, il processo esecutivo non resta caducato, ma prosegue senza soluzione di continuità, nei limiti fissati dal nuovo titolo (con persistente efficacia, entro gli stessi, degli atti anteriormente compiuti) ove si tratti di modifica in diminuzione, o nei limiti del titolo originario qualora la modifica sia in aumento; in quest ‘ ultimo caso il creditore, per ampliare l ‘ oggetto della procedura già intrapresa, deve formulare apposito intervento, per la parte di credito residuale ed eccedente quello originariamente fatto valere, in base al nuovo titolo esecutivo costituito dalla sentenza di appello ( n tal senso Cass. 16/04/2013, n. 9161; Cass. 30/07/1997, n. 7111; Cass. 07/04/1986, n. 2406; Cass. 16/01/1985, n. 101).
Analoga necessità di un formale atto di intervento è stata postulata (Cass. 18/04/2012, n. 6072) nell ‘ ipotesi in cui la modifica comportante
un credito di maggior spettanza derivi dal subentrare della sentenza definitiva del giudizio ad un ‘ ordinanza nel suo corso emessa ai sensi dell ‘ art. 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990: fattispecie, tuttavia, non integralmente sovrapponibile a quella in esame, non avendo la condanna provvisionale, diversamente da tale ordinanza, natura di provvedimento anticipatorio di condanna.
3.3. Tirando le fila del discorso, può concludersi nel senso che la soddisfazione del maggior credito riconosciuto a NOME COGNOME dalla sentenza definitiva richiedeva un formale atto di intervento in virtù di siffatto, nuovo e distinto, titolo esecutivo, intervento da valutare in relazione al tempo del suo dispiegamento e separatamente rispetto a quello originario: sicché, in quanto avvenuto (pacificamente) in epoca posteriore all ‘ ordinanza di vendita dei beni staggiti, l ‘ intervento svolto nel maggio 2006 (per la differenza tra la somma originariamente riconosciuta con la provvisionale e quella definitivamente accertata) andava qualificato come chirografario tardivo e come tale collocato in graduazione dei creditori concorrenti nel progetto di distribuzione.
Le superiori considerazioni danno conto dell ‘ errore commesso dalla sentenza impugnata, la quale, in accoglimento del motivo in disamina e con assorbimento dei restanti, va dunque cassata.
Non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, attesa la natura meramente rescindente del rimedio ex art. 617 cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito, con accoglimento dell ‘ opposizione agli atti esecutivi proposta da RAGIONE_SOCIALE e, per l ‘ effetto, annullamento dell ‘ ordinanza opposta, resa dal giudice dell ‘ esecuzione del Tribunale di Termini Imerese il 22 ottobre 2013.
È beninteso riservata al giudice dell ‘ esecuzione – nuovamente adito in riassunzione del processo esecutivo, riattivabile per effetto della presente decisione e della qui disposta caducazione dell’ordinanza che in modo erroneo lo aveva concluso – l ‘ adozione dei provvedimenti
occorrenti per la corretta distribuzione delle somme ricavate dall ‘ espropriazione.
Gli alterni esiti delle fasi del giudizio e l ‘ assenza di precedenti di legittimità negli esatti termini giustificano l ‘ integrale compensazione tra le parti delle spese dell ‘ intero giudizio.
P. Q. M.
Rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l ‘ opposizione agli atti esecutivi proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso l ‘ ordinanza resa dal giudice dell ‘ esecuzione del Tribunale di Termini Imerese il 22 ottobre 2013, ordinanza che, per l ‘ effetto, annulla.
Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese dell ‘ intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione