Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19352 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19352 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 14967/2020 r.g. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (nuova denominazione sociale di RAGIONE_SOCIALE, ancor prima RAGIONE_SOCIALE), con sede in Verona, al INDIRIZZO , in persona del procuratore e legale rappresentante dottAVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO.
– controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore .
avverso la sentenza n. 6966/2019 della CORTE DI APPELLO DI ROMA, pubblicata il giorno 14/11/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
04/07/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propose opposizione avverso la procedura esecutiva immobiliare n. 8/2003 attivata da RAGIONE_SOCIALE in virtù di pagherò cambiario dell’importo di £ 870.717.750, con scadenza 31 dicembre 1999, dalla prima emesso il 7 gennaio 1997 in favore di NOME COGNOME, successivamente girato ad NOME COGNOME e poi alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. (divenuta poi RAGIONE_SOCIALE). Espose che il titolo posto a fondamento di detta procedura era stato a suo tempo novato con altra cambiale, emessa il 31 dicembre 1999, con scadenza al 30 aprile 2000, da NOME COGNOME in favore di NOME COGNOME e da lui girata a RAGIONE_SOCIALE
1.1. Costituitasi RAGIONE_SOCIALE, che chiese il rigetto dell’opposizione, nel corso del giudizio, a seguito della sospensiva concessa in sede di reclamo avverso l’ordinanza di rigetto della sospensione pronunciata dal giudice dell’esecuzione, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE manifestarono la volontà di una definizione conciliativa della vertenza.
1.2. Il 10 dicembre 2013, NOME COGNOME depositò un ‘ Atto di intervento ex art. 105 c.p.c. – Comparsa di costituzione ‘, con cui riferì di essere già intervenuto nella procedura esecutiva n. 8/2003 in forza di contratto di cessione di quote sociali del 20 giugno 1994 e del successivo atto di emendamento e transazione del 23 dicembre 1996, nonché di due vaglia cambiari rilasciati a garanzia delle obbligazioni assunte con detti atti, aggiungendo che, comunque, era anche creditore di NOME COGNOME e di RAGIONE_SOCIALE: i ) di £ 925.048 250, oltre interessi, quale ultima rata del prezzo del menzionato contratto di cessione di quote sociali e del successivo atto di emendamento e transazione, garantita da vaglia (pagherò) cambiario di pari
importo, emesso, in suo favore, il 23 dicembre 1997, scaduto il 31 gennaio 2001, a firma del COGNOME (debitore principale) e di RAGIONE_SOCIALE (per avallo); ii ) di £ 870.717.750, oltre interessi, quale ultima rata del prezzo del medesimo contratto e successivo atto di emendamento e transazione, garantita da vaglia (pagherò) cambiario ipotecario di pari importo emesso, in suo favore, il 23 dicembre 1997, scaduto il 31 dicembre 1999, a firma COGNOME (debitore principale) e di RAGIONE_SOCIALE (per avallo). Su tali premesse di fatto ed assumendosi creditore di RAGIONE_SOCIALE e del COGNOME, in via chirografaria, dell’importo di £ 1.795.766.000, oltre interessi, dichiarò di intervenire nel procedimento al fine di ottenere la restituzione ‘ dei vaglia (pagherò) cambiari ipotecari di lire 870.717.750 oltre interessi, in forza di cui si sta svolgendo l’esecuzione meglio indicata in epigrafe ‘ e concluse chiedendo al tribunale di ‘ rigettare le domande tutte svolte da RAGIONE_SOCIALE In ogni caso, accertare e dichiarare che il sig. NOME COGNOME, in forza di titoli in atti, l’unico legittimato alla restituzione dei vaglia cambiari’ detenuti da RAGIONE_SOCIALE ( ex RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) e, per l’effetto, condannare quest’ultima a restituire i vaglia cambiari meglio indicati in atti al sig. NOME COGNOME.
1.2.1. Con sentenza del 7/9 aprile 2014, n. 333, l’adito Tribunale di Rieti così definì il giudizio di opposizione all’esecuzione: «, in accoglimento della domanda proposta dalla parte opponente, accerta che la cambiale in forza della quale è stata proposta l’esecuzione immobiliare n. 8/2003 R.G.E imm. era stata novata con altra cambiale novata il 31/12/1999 e con scadenza al 30/04/2000 e che, pertanto, l’esecuzione immobiliare è stata proposta in assenza di valido titolo esecutivo; dichiara l’improsegui bilità della suddetta procedura esecutiva; dichiara inammissibile la domanda riconvenzionale proposta da parte intervenuta nei confronti della parte opponente, per le ragioni esposte in motivazione; dichiara inammissibili le domande proposte da parte dell’opponente nei confronti dell’interveniente; ». In particolare, diede atto della circostanza, rappresentata dall’opponente, dell’intervenuta transazione con l’opposta, con pagamento a RAGIONE_SOCIALE, da parte di RAGIONE_SOCIALE, delle somme indicate nell’atto di transazione e della restituzione dei titoli alla
creditrice procedente, ma, considerato il persistente interesse, ribadito dall’opponente, ad attenere una pronun cia di accertamento dell’avvenuta estinzione dell’obbligazione incorporata nel titolo cambiario posto in esecuzione, esaminò la fondatezza dell’opposizione. Accertò, quindi, l’intervenuta novazione e poi, passando all’esame delle domande spiegate dal COGNOME, pur dando atto della sua legittimazione ad esperire l’intervento in sede di opposizione, avendo questi già spiegato intervento in sede esecutiva, tuttavia dichiarò l’inammissibilità delle domande nuove da lui svolte perché era intervenuto in giudizio quando erano già decorsi i termini delle preclusioni assertive. Per analoga ragione, ritenne inammissibili le domande di RAGIONE_SOCIALE volte a fare dichiarare l’inammissibilità degli interventi esperiti dal COGNOME in sede esecutiva.
Quest’ultimo propose gravame avverso tale decisione innanzi alla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, che lo decise con sentenza del 10 settembre/14 novembre 2019, n. 6966, pronunciata nel contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (denominazione assunta da RAGIONE_SOCIALE), che così statuì: « dichiara l’estinzione dell’appello proposto da COGNOME COGNOME riferito ai capi di sentenza con cui è stata accertato che la procedura esecutiva immobiliare in danno della RAGIONE_SOCIALE è stata promossa in assenza di un valido titolo esecutivo; con cui è stata dichiarata l’improseguibilità dell’azione esecutiva ; e con cui il COGNOME è stato condannato al pagamento delle spese di lite in favore dell’opponente RAGIONE_SOCIALE; respinge l’appello proposto avvero il capo di sentenza con sui il Tribunale ha dichiarato inammissibili le domande svolte da COGNOME NOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) ; ».
2.1. In particolare, quella corte, rimarcato che, attesa la persistenza ” delle domande, istanze e difese nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ‘, l’appello va esaminato con esclusivo riferimento alla domanda, indirizzata alla RAGIONE_SOCIALE, di restituzione ‘ dei vaglia cambiari ‘, spiegò che: i ) « L’appellante, con il secondo motivo di appello, ha impugnato la sentenza nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto inammissibile la domanda per tardività della stessa. . L’appellante assume che avrebbe dovuto essere, sin dal principio, parte del giudizio di
opposizione in COGNOME litisconsorte necessario; sicché il contraddittorio avrebbe dovuto essere integrato d’ufficio nei suoi confronti. Ciò perché egli era creditore dell’RAGIONE_SOCIALE e del La COGNOME in virtù del contratto e della transazione; era prenditore di entrambe le cambiali in contestazione, ed era debitore di RAGIONE_SOCIALE a cui aveva dato in pegno detti titoli, il primo dei quali era stato azionato in via esecutiva nei confronti di NOME. Sicché, trattandosi di litisconsorzio necessario, il Giudice avrebbe dovuto disporre l’integrazione del contraddittorio e, attesa tale omissione, una volta spontaneamente intervenuto, avrebbe dovuto essere rimesso in termini per esercitare a pieno i propri diritti come prescritto dall’ultimo comma dell’art. 268 c.p.c. »; ii ) « Oggetto del procedimento di opposizione all’esecuzione immobiliare era esclusivamente l’accertamento -a fronte dell’eccezione solo dell’esecutata di estinzione del vaglia per novazione dello stesso -dell’esistenza di un valido titolo posto a fondamento della procedura esecutiva; procedura nella quale, è bene precisare, il COGNOME era intervenuto, come da attestato di deposito della cancelleria, in data 10.12.2012 (ossia in pendenza del giudizio di opposizione, introdotto, all’esito della decisione sulla sospensiva, con citazione notificata in data 11.3.2008). . Il giudizio di opposizione, in cui la verifica dell’estinzione per novazione del titolo costituiva un accertamento incidentale al fine di verificare l’esistenza di titolo esecutivo legittimante l’azi one esecutiva, era stato, dunque, correttamente incardinato nei soli confronti della creditrice procedente RAGIONE_SOCIALE; e non nei confronti del COGNOME, atteso che, alla data di proposizione del ricorso in opposizione all’esecuzione e di introduzione del giudizio di merito non vi era evidenza di alcun suo efficace atto di intervento ». Su quest’ultimo punto, richiamò il principio sancito da Cass. n. 18110 del 2011; iii ) « Con l’intervento svolto in sede di opposizione all’esecuzione, , il COGNOME, nel ribadire d i essere creditore chirografario di NOME NOME virtù del contratto di cessione e dei titolo già elencati nell’atto di intervento in sede esecutiva, dichiarava di intervenire ‘al fine di ottenere la restituzione dei vaglia (pagherò) cambiari ipotecari di lire 870.717.750, oltre interessi, in forza di cui si sta svolgendo l’esecuzione meglio indicata in epigrafe’ e chiedeva fosse accertata la sua esclusiva legittimazione ad
ottenere la restituzione dei vaglia cambiari; e ciò, va sottolineato, senza alcun riferimento alla causa petendi sottesa a tale richiesta, con quel che ne consegue sotto il profilo della determinatezza della domanda. A prescindere dall’ammissibilità di un intervento volontario autonomo, ex art. 105, primo comma, c.p.c. nell’ambito di un procedimento di opposizione all’esecuzione, è indubitabile che il COGNOME abbia introdotto domande nuove, che esulavano dall’originario thema decidendum , e che sono state ritenute dal Giudice di primo grado tardive, in COGNOME introdotte successivamente al maturarsi dei termini di cui alle preclusioni assertive. Affermazione questa non corretta; in proposito è sufficiente evocare pronunzie della S.C. di diverso tenore (cfr. Cass . n. 25798/2015; Cass. n. 1859/2018 secondo cui ‘La formulazione della domanda costituisce l’essenza stessa dell’intervento principale e litisconsortile, sicché la preclusione sancita dall’art. 268 c.p.c. non si estende all’attività assertiva del volontari o interveniente, nei cui confronti non opera il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento ‘fino all’udienza di precisazione delle conclusioni’, configurandosi l’obbligo, per l’interventore stesso ed avuto riguardo al momento del la sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie’); e tuttavia, il ritenere ammissibili le domande del COGNOME non avrebbe condotto ad un diverso esito del giudizio atteso che, stante il tenore della richiamata giurisprudenza di legittimità, tali domande non avrebbero potuto essere supportate da alcuna prova. Peraltro, l’asserzione del Tribunale non ha formato, sotto tale profilo, oggetto di specifica contestazione, atteso che il motivo si incentra sull’errato presupposto della sussistenza di una ipotesi di litisconsorzio necessario in relazione all’accertamento della n ovazione del titolo esecutivo; e ciò al fine di rendere inapplicabili, all’interveniente, preclusioni e decadenze, come previsto dall’ultima parte del secondo comma dell’art. 268 c.p.c. »; iv ) «, ove pure si volesse ritenere, in ipotesi, sussistente il litisconsorzio necessario del COGNOME in riferimento all’accertamento della novazione del titolo, la domanda restitutoria non potrebbe in ogni caso trovare accoglimento per un duplice ordine di motivi. In primo luogo, perché il diritto alla restituzione del
titolo va riconosciuto al soggetto che ne abbia effettuato il pagamento al beneficiario, ossia ad RAGIONE_SOCIALE; e la circostanza dell’avvenuto pagamento alla banca, da parte del COGNOME, dell’importo recato sulla cambiale posta in esecuzione o su altre cambiali non è stata nemmeno dedotta dalla sua difesa. In secondo luogo, perché il titolo in virtù del quale è stata iniziata l’azione esecutiva è stato già reso da RAGIONE_SOCIALE all’emittente RAGIONE_SOCIALE, in esecuzione della transazione conclusa in primo grado, come appunto specificato ed ammesso da detta parte nelle conclusionali depositate in primo grado; e quindi ogni domanda restitutoria avrebbe dovuto essere avanzata nei confronti del soggetto o dei soggetti (altro vaglia, diverso da quello posto in esecuzione, sarebbe stato reso a tal COGNOME) detentori dei titoli. E quindi l’appello, per la parte relativa al capo di sentenza con cui è stata dichiarata inammissibile la domanda spiegata dal COGNOME in primo grado nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, va respinto ».
Per la cassazione di questa sentenza ha promosso ricorso NOME COGNOME, affidandosi a quattro motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.. Ha resistito, con controricorso, corredato da analoga memoria, RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE e, ancor prima, RAGIONE_SOCIALE, in cui si era fusa, per incorporazione, RAGIONE_SOCIALE, cessionaria dei crediti, tra cui quello che rileva in questa sede, di RAGIONE_SOCIALE, a sua volta incorporante RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE). Non ha svolto difese in questa sede RAGIONE_SOCIALE, peraltro destinataria delle notificazioni del ricorso e del controricorso esclusivamente ai fini di integrità del contraddittorio e denuntiatio litis , pur essendosi dato atto della cessazione della materia del contendere nei suoi confronti e della insussistenza di domande verso la stessa o con riguardo ai capi della sentenza predetta che la riguardano.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi denunciano, rispettivamente, in sintesi:
«Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 156, comma 2, c.p.c. ». Si assume che « La sentenza impugnata è nulla perché viola il cd. principio di corrispondenza tra il chiesto
e il pronunciato di cui all’art. 156, comma 2, c.p.c., sussistendo un contrasto insanabile tra la motivazione e il dispositivo della pronuncia de qua nella parte in cui essa, pur avendo riconosciuto nella parte motiva ammissibili le domande (incluse quelle relative al profilo dell’accertamento della presunta novazione della Prima Cambiale con la Terza Cambiale) svolte nell’atto di intervento nel giudizio di opposizione dal sig. COGNOME, con il dispositivo non ha tuttavia riformato la sentenza di primo grado che le aveva invece ritenute inammissibili e che era stata perciò impugnata dal medesimo sig. COGNOME »;
II) « Falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., con riferimento all’art. 2794, comma 1, c.c. ». Si deduce che, « Ferma la superiore doglianza, la sentenza di secondo grado ha comunque ulteriormente errato nel ritenere infondate le domande del sig. COGNOME, pur considerandole astrattamente ammissibili, con ciò incorrendo nel vizio di falsa applicazione dell’art. 2794, c omma 1, c.c. La sentenza non ha tenuto conto del fatto che le somme esposte sulla Prima e la Terza Cambiale ammontavano globalmente a 899.376,38 euro, mentre il pagamento eseguito alla RAGIONE_SOCIALE da parte della traente o (a seconda del titolo) avallante RAGIONE_SOCIALE era stato di appena 310.000,00 euro, in virtù della transazione raggiunta direttamente tra la RAGIONE_SOCIALE e la st essa RAGIONE_SOCIALE all’insaputa del sig. NOME COGNOME e, peraltro, in un’epoca in cui tra quest’ultimo e RAGIONE_SOCIALE sussisteva un rilevante contenzioso civilistico, di cui la RAGIONE_SOCIALE era a conoscenza, scaturito proprio dall’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE e del terzo sig. NOME COGNOME (che di RAGIONE_SOCIALE era l’amministratore e socio di controllo). Nel caso di specie, dunque, la RAGIONE_SOCIALE non avrebbe dovuto restituire i due vaglia cambiari al traente RAGIONE_SOCIALE, bensì al proprio correntista sig. COGNOME che li aveva costituiti in pegno a garanzia di una propria esposizione bancaria; avrebbe potuto legittimamente restituirli ad RAGIONE_SOCIALE esclusivamente nell’ipotesi in cui fosse intervenuto l’integrale pagamento dei due titoli, che nella fattispecie è dichiaratamente mancato (non v’è stato !). Nel caso di specie, dunque, la RAGIONE_SOCIALE, pur ritenendosi soddisfatta di ricevere il pagamento parziale della Prima e della Terza Cambiale, avrebbe dovuto restituirle unicamente al sig. COGNOME, assicurando
a questi la conservazione del credito cambiario verso il proprio debitore RAGIONE_SOCIALE e la facoltà di esigere il pagamento del residuo »;
III) « Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c. ». Si prospetta la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., avendo omesso ogni pronuncia in ordine al primo motivo di appello con cui il COGNOME aveva contestato la decisione con la quale « il tribunale aveva erroneamente accertato l’intervenuta novazione della Prima Cambiale con la Terza Cambiale »;
IV) « Violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., con riferimento al combinato disposto di cui agli artt. 1230 e 1231 c.c. e all’art. 66, comma 1, del r.d. 14/12/1933, n. 1669 (cd. legge cambiaria) ». Si deduce la violazione della disciplina della novazione civilistica e cambiaria, atteso che non v’è traccia, nella sentenza di secondo grado, di alcun accertamento in merito alla questione della novazione e che non sussistono l’ animus novandi né l’aliquid novi , « non essendovi stato alcun intento ed effetto novativo collegato all’emissione della Terza Cambiale, la quale era stata emessa a maggior garanzia del pagamento della penultima e dell’ultima rata del prezzo della cessione delle quote sociali intervenuta tra il sig. COGNOME e il sig. COGNOME con contratto del 20 giugno 1994, emendato con atto transattivo del 23 dicembre 1996» .
Il primo dei descritti motivi si rivela inammissibile alla stregua delle dirimenti considerazioni di cui appresso.
2.1. Come si è già ampiamente riferito nel § 2.1. dei ‘ Fatti di causa ‘, il Tribunale di Rieti, pur dando atto della legittimazione del COGNOME ad intervenire nel giudizio di opposizione all’esecuzione intrapreso da RAGIONE_SOCIALE, avendo il primo già spiegato intervento in sede esecutiva, tuttavia dichiarò l’inammissibilità delle domande nuove da lui svolte perché era intervenuto nel giudizio predetto quando erano già decorsi i termini delle preclusioni assertive.
2.2. La corte d’appello, a sua volta, scrutinando il motivo di gravame con cui il COGNOME aveva contestato tale conclusione lamentando la ‘ omessa
integrazione del contraddittorio nei confronti di esso COGNOME con lesione delle sue prerogative sostanziali e processuali e ciò in violazione e falsa applicazione degli artt. 268, 101, 102 c.p.c. ( cfr . pag. 8 della sentenza impugnata), ha spiegato, innanzitutto, la ragione per cui l’odierno ricorrente non avrebbe potuto considerarsi litisconsorte necessario nel giudizio di opposizione all’esecuzione instaurato da RAGIONE_SOCIALE contro la sola RAGIONE_SOCIALE e nel quale lui era intervenuto solo il 10 dicembre 2013. In proposito: i ) ha evidenziato che lo stesso era intervenuto in detta procedura esecutiva, « come da attestato di deposito della cancelleria, in data 10.12.2012 (ossia in pendenza del giudizio di opposizione, introdotto, all’esito della decisione sulla sospensiva, con citazione notificata in data 11.3.2008) . .»; ii ) ha richiamato COGNOME sancito da Cass. n. 18110 del 2011, a tenore del quale « Nelle opposizioni esecutive il litisconsorzio processuale è necessario coi creditori che rivestano la qualità di procedente o di interventore al momento in cui la singola opposizione sia instaurata, non rilevando a tal fine gli interventi successivamente dispiegati » (principio, peraltro, ribadito, poi, anche dalle più recenti Cass. n. 17441 del 2019 e Cass. n. 11268 del 2020).
2.2.1. Successivamente, quella corte ha affermato, del tutto correttamente, che la statuizione di inammissibilità delle domande del COGNOME, come motivata dal tribunale, era errata, atteso COGNOME desumibile da Cass. n. 25798 del 2015 e Cass. n. 1859 del 2018, secondo cui « La formulazione della domanda costituisce l’essenza stessa dell’intervento principale e litisconsortile, sicché la preclusione sancita dall’art. 268 c.p.c. non si estende all’attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti non opera il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento “fino all’udienza di precisazione delle conclusioni”, configurandosi solo l’obbligo, per l’interventore stesso ed avuto riguardo al momento della sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie »
2.2.2. Ha significativamente aggiunto, tuttavia, che « il ritenere ammissibili le domande del COGNOME non avrebbe condotto ad un diverso esito del giudizio atteso che, stante il tenore della richiamata giurisprudenza di
legittimità, tali domande non avrebbero potuto essere supportate da alcuna prova. Peraltro, l’asserzione del tribunale non ha formato, sotto tale profilo, oggetto di specifica contestazione, atteso che il motivo si incentra sull’errato presupposto della sussistenza di una ipotesi di litisconsorzio necessario in relazione all’accertamento della novazione del titolo esecutivo; e ciò al fine di rendere inapplicabili, all’interveniente, preclusioni e decadenze, come previsto dall’ultima parte del secondo comma dell’art. 268 c.p.c. ». La corte d’appello, pertanto, ha r avvisato, sostanzialmente, una carenza di interesse del COGNOME COGNOME al riportato motivo di gravame come da lui ivi prospettato.
2.2.3. Proprio muovendo da queste ultime precisazioni, allora, risulta chiaro che la decisione del tribunale di inammissibilità della domanda del COGNOME non era stata specificamente censurata (o almeno non lo era stato in modo adeguato, confrontandosi, cioè, puntualmente con essa) dalla riportata doglianza di quest’u ltimo come formulata in appello, attesa, appunto, la insussistenza della situazione di litisconsorzio necessario dal medesimo invocata.
2.2.4. Non solo, dunque, non sussiste alcuna contraddittorietà tra dispositivo e motivazione della sentenza oggi impugnata, diversamente da COGNOME preteso dal ricorrente, ma lo stesso neppure mostra di aver colto per intero la ratio decidendi , in parte qua , della decisione oggi impugnata.
Il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono scrutinabili congiuntamente perché tutti caratterizzati dalla medesima ragione di inammissibilità.
3.1. Essi, infatti, investono chiaramente il merito delle domande formulate dal COGNOME, il cui esame, però, deve considerarsi ormai precluso, essendo divenuta definitiva, in ragione di COGNOME si è detto disattendendosi il primo motivo, la declaratoria di inammissibilità di quelle stesse domande contenuta nella sentenza del tribunale e che non è stata fatta oggetto di puntuale e/o adeguata censura da parte dell’appellante.
3.1.1. In altri termini, le doglianze in esame discorrono di pretesi vizi procedurali o di profili di merito altrimenti ricostruibili che, tuttavia, investono considerazioni che la corte territoriale ha evidentemente svolto
solo ad abundantiam . Basta, quindi, ribadire, in questa sede, il consolidato principio di questa Corte secondo cui « È inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ” ad abundantiam “, in COGNOME la stessa, non costituendo una ” ratio decidendi ” della decisione, non spiega alcuna influenza sul dispositivo della stessa e, pertanto, essendo improduttiva di effetti giuridici, la sua impugnazione è priva di interesse » ( cfr . Cass. n. 18429 del 2022; Cass. n. 8755 del 2015; Cass. n. 23635 del 2015).
4. In conclusione, l’odierno ricorso promosso da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente, altresì dandosi atto, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta COGNOME precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del medesimo ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME e lo condanna al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente, liquidate in complessivi € 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera del medesimo ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, p ari a quello
previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella camera di consiglio della Prima sezione civile