Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2412 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2412 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26690/2021 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO , presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrenti-
nonché contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME
NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 2121/2021, depositata il 19/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto, davanti al Tribunale di Roma, opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 13367/2011 -avente ad oggetto il pagamento della somma di euro 66.800,00 in favore di NOME COGNOME -deducendo di non avere mai ricevuto somme in relazione al contratto di mutuo posto a base del decreto e del quale disconoscevano le sottoscrizioni, aggiungendo che il documento disconosciuto presentava grafia e interpolazioni verosimilmente attribuibili a NOME COGNOME, che all’epoca intratteneva una relazione sentimentale con NOME COGNOME ed era figlia di NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché sorella di NOME COGNOME.
Si costituiva NOME COGNOME chiedendo la verificazione delle sottoscrizioni.
Nel giudizio di opposizione interveniva volontariamente NOME COGNOME, nei confronti della quale era stato pure notificato il decreto ingiuntivo che ella non aveva opposto, riconoscendosi debitrice della somma verso NOME COGNOME.
Con sentenza n. 16440 del 2016 il Tribunale di Roma accoglieva l’opposizione proposta da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, revocava il decreto ingiuntivo nei loro confronti e lo confermava nei confronti di NOME COGNOME che non aveva proposto nessuna opposizione.
La sentenza è stata impugnata in via principale dal creditore opposto NOME COGNOME, il quale ha chiesto che, in riforma della
sentenza, anche NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME fossero condannati alla restituzione della somma mutuata di euro 66.800,00.
Appello incidentale è stato proposto da NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, affinché la sentenza venisse corretta nella parte in cui aveva ammesso l’intervento di NOME COGNOME, nei cui confronti aveva pure erroneamente confermato il decreto ingiuntivo e attribuito anche a NOME COGNOME la sottoscrizione della scrittura. Ha resistito NOME COGNOME, chiedendo che in riforma della sentenza fosse rigettata l’opposizione dei genitori e del fratello e fosse confermato nei loro confronti il decreto ingiuntivo.
La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza 19 marzo 2021, n. 2121, ha rigettato l’appello principale del creditore COGNOME e quello incidentale, compensando integralmente le spese del giudizio. In relazione all’appello incidentale, la Corte d’appello ha rilevato che è vero che il Tribunale aveva erroneamente confermato il decreto ingiuntivo nei confronti di NOME COGNOME, la quale non aveva neppure proposto tempestiva opposizione, lasciando così che l’ingiunzione nei suoi confronti divenisse inoppugnabile, né con il suo successivo intervento avrebbe potuto mettere nuovamente in discussione la domanda monitoria proposta nei suoi confronti; tuttavia, ha concluso la Corte, i genitori e il fratello di NOME non avevano interesse a impugnare questa parte della sentenza che non li riguardava, né da un simile errore poteva discendere l’inammissibilità di un intervento che non conteneva contestazione della domanda monitoria divenuta inoppugnabile, ma aderiva integralmente alle ragioni della parte ingiungente, sostenendo le ragioni del creditore opposto.
Avverso la sentenza della Corte territoriale NOME COGNOME ricorre per cassazione.
Resistono con controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, che anzitutto eccepiscono l’inammissibilità del ricorso per assenza di una autonoma legittimazione a impugnare della ricorrente.
Controricorso è stato depositato anche da NOME COGNOME, aderendo ai motivi di ricorso di NOME COGNOME.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in tre motivi.
Il primo motivo contesta violazione dell’art. 2702 c.c. in correlazione agli artt. 216 e 221 c.p.c.: gli opponenti hanno firmato un foglio in bianco, implicitamente asserendo che esso sia stato successivamente riempito, ma tale tipo di contestazione presuppone necessariamente la proposizione della querela di falso, azione che però non è stata mai proposta dagli opponenti in primo grado.
Il secondo motivo allega violazione degli artt. 1199, 1362, 1363, 1366, 2727 e 2729 c.c.: nell’ipotesi di infondatezza del primo motivo, si rileva che ha errato la Corte d’appello laddove da un lato ha attribuito valore di quietanza alla sottoscrizione della scrittura e dall’altro lato ha negato a questa efficacia, ritenendo che la postilla in cui si reitera l’indicazione della somma corretta data mutuo sia stata verosimilmente scritta successivamente alla sottoscrizione della scrittura, senza tenere conto del fatto che è pacificamente emerso in giudizio che la scrittura sia stata redatta a mani da NOME COGNOME, il che avrebbe dovuto fare presumere che NOME COGNOME, nel vergare la detta scrittura, abbia scritto una cifra erronea e abbia poi in seguito, una volta cancellata la parte errata, inserito la cifra corretta seguita dalla sua sola firma.
Il terzo motivo lamenta, infine, la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. per vizio di manifesta e irriducibile contraddittorietà della motivazione: è manifestamente
contradditorio e illogico ritenere, come ha fatto il giudice di merito, che avendo NOME COGNOME apposto la propria firma accanto alla correzione, la postilla successiva non potesse riferirsi ai sottoscrittori, non avendo costoro firmato la correzione, con la conseguenza ‘ paradossale ‘ che una condotta improntata alla buona fede e allo zelo come quella posta in essere da NOME COGNOME, la quale poteva anche omettere di firmare accanto alla correzione, venga interpretata come costituzione di una obbligazione solo a suo carico.
I tre motivi sono inammissibili.
Innanzitutto va rimarcato che l’odierna ricorrente NOME COGNOME non ha mai proposto opposizione al decreto ingiuntivo ed è intervenuta volontariamente nel giudizio di opposizione spiegando un intervento meramente adesivo rispetto alla posizione del creditore opposto NOME COGNOME. E in sede di gravame, non ha proposto neppure appello incidentale.
Orbene, a fronte della mancata impugnazione per cassazione della sentenza d’appello da parte del COGNOME che, scaduto il termine per impugnare, si è limitato a presentare controricorso aderendo ai motivi della ricorrente, NOME COGNOME non ha un’autonoma legittimazione a proporre ricorso per cassazione contro la sentenza d’appello.
Secondo l’orientamento di questa Corte, infatti, l’autonoma legittimazione ad impugnare spetta all’interventore adesivo solo qualora l’impugnazione sia limitata alle questioni specificamente attinenti la qualificazione dell’intervento o la sua condanna alle spese (vedere al riguardo Cass. n. 2818/2018), ipotesi che certamente non ricorrono nel caso in esame, ove la ricorrente ha proposto censure rivolte nei confronti del merito della decisione d’appello.
II. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza nei rapporti tra la ricorrente e i controricorrenti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; vanno invece compensate tra la ricorrente e NOME COGNOME, che ha aderito alla sua impugnazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto (SSUU, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020 Rv. 657198 03).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME che liquida in euro 4.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge; compensa le spese tra la ricorrente e NOME COGNOME.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione