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Interruzione usucapione: la dichiarazione che blocca

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza che riconosceva l’usucapione di un immobile. La Corte ha stabilito che la dichiarazione dell’occupante, resa in un precedente procedimento, di detenere l’immobile a titolo di comodato gratuito, costituisce un riconoscimento del diritto altrui, causando l’interruzione usucapione e rendendo impossibile l’acquisto della proprietà per possesso prolungato.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Interruzione Usucapione: Basta una Dichiarazione per Perdere il Diritto?

L’usucapione è un istituto giuridico che consente di diventare proprietari di un bene altrui attraverso il possesso prolungato nel tempo. Tuttavia, questo percorso può essere bruscamente interrotto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come una semplice dichiarazione possa causare l’interruzione usucapione, vanificando anni di possesso. Vediamo insieme i dettagli di questo caso emblematico e le importanti lezioni che ne derivano.

I Fatti di Causa

La vicenda ha inizio quando un soggetto agisce in giudizio per essere dichiarato proprietario di due appartamenti per usucapione, sostenendo di averli posseduti ininterrottamente per oltre vent’anni. In primo grado, il Tribunale accoglie la sua domanda. La società, legittima proprietaria degli immobili, propone appello, ma la Corte d’Appello conferma la decisione di primo grado, ritenendo provato il possesso utile ad usucapire a partire dal 1987.

La società proprietaria, non arrendendosi, ricorre in Cassazione, sollevando diversi motivi di critica alla sentenza d’appello. Il punto cruciale del ricorso riguarda una circostanza specifica: durante un precedente procedimento esecutivo, l’occupante degli immobili aveva dichiarato a un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) di essere un semplice “inquilino a titolo di comodato gratuito” del precedente proprietario. Secondo la società, questa dichiarazione costituiva un riconoscimento del diritto di proprietà altrui, atto idoneo a interrompere il termine per l’usucapione.

La Questione dell’Interruzione Usucapione

La Corte d’Appello aveva minimizzato il valore di tale dichiarazione, considerandola atecnica e non sufficiente a provare un riconoscimento del diritto altrui. La Corte di Cassazione, invece, ha ribaltato completamente questa interpretazione, accogliendo i motivi di ricorso della società.

I giudici di legittimità hanno sottolineato un principio fondamentale: per escludere il possesso utile all’usucapione non basta la mera consapevolezza che il bene sia di altri. È necessario, invece, che il possessore manifesti la volontà non equivoca di attribuire il diritto al suo legittimo titolare. Questo è esattamente ciò che accade con il riconoscimento del diritto altrui, un atto che, ai sensi degli artt. 1165 e 2944 del codice civile, provoca l’interruzione usucapione.

La Differenza tra Possesso e Detenzione

Il caso offre lo spunto per ribadire la distinzione cruciale tra possesso e detenzione. Chi agisce per ottenere l’usucapione deve provare non solo di aver avuto la disponibilità materiale del bene (il corpus), ma anche di essersi comportato come se ne fosse il proprietario (animus rem sibi habendi). Se la relazione con il bene inizia come detenzione (ad esempio, per concessione del proprietario, come nel caso di un comodato o di una locazione), non si può avere usucapione a meno che non si verifichi un atto di “interversione del possesso”: una manifestazione esteriore con cui il detentore si oppone al proprietario e inizia a possedere in nome proprio.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello apparente e insufficiente. La Corte territoriale non aveva adeguatamente indagato come fosse iniziata la relazione dell’uomo con l’immobile. Se, come emerso, egli aveva ricevuto la disponibilità del bene dalla madre (all’epoca proprietaria), la sua posizione era quella di un detentore, non di un possessore. In assenza di un atto di interversione, non poteva iniziare a decorrere il termine per l’usucapione.

Soprattutto, la Cassazione ha dato peso decisivo alla dichiarazione resa al CTU. Affermare di essere un comodatario significa riconoscere esplicitamente che la proprietà è di un altro soggetto. Questo riconoscimento, anche se non formale e non indirizzato direttamente al proprietario, è un atto incompatibile con la volontà di possedere il bene uti dominus (come proprietario). Di conseguenza, esso interrompe il termine necessario per usucapire, azzerando il tempo di possesso accumulato fino a quel momento.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello per un nuovo esame. Il principio stabilito è chiaro e di grande importanza pratica: il riconoscimento del diritto altrui, in qualsiasi forma che manifesti in modo inequivocabile la volontà di attribuire la proprietà ad altri, è un atto che causa l’interruzione usucapione. La dichiarazione di essere inquilino, comodatario o comunque di occupare un immobile per concessione del proprietario rientra a pieno titolo in questa categoria. Chi aspira a usucapire un bene deve quindi astenersi da qualsiasi atto o dichiarazione che possa essere interpretato come un’ammissione della proprietà altrui, pena la vanificazione delle proprie pretese.

Cosa interrompe il termine per l’usucapione?
Secondo la Corte di Cassazione, il termine utile per l’usucapione è interrotto dal riconoscimento del diritto altrui da parte del possessore. Questo riconoscimento può manifestarsi anche attraverso una dichiarazione, come quella di essere un comodatario, che esprima la volontà non equivoca di attribuire la proprietà a un altro soggetto.

Se ricevo un immobile da un familiare, sto possedendo per usucapire?
Non automaticamente. Se la relazione con il bene deriva da un atto iniziale del proprietario (come la concessione in uso da parte di un genitore), si presume che si tratti di detenzione e non di possesso. Per iniziare a possedere utilmente per l’usucapione, è necessario un atto di ‘interversione’, cioè una manifestazione esteriore e inequivocabile di opposizione al diritto del proprietario.

Una dichiarazione fatta a un CTU ha valore legale per interrompere l’usucapione?
Sì. La Corte ha stabilito che una dichiarazione resa a un pubblico ufficiale, come un CTU durante un accertamento tecnico, con cui si riconosce di non essere il proprietario (ad esempio, definendosi ‘comodatario’), è un atto che interrompe l’usucapione, in quanto incompatibile con l’intenzione di possedere il bene come proprietario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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