Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11983 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11983 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1874/2022 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME e SIDOTI NOME COGNOME rappresentati e difesi dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MESSINA n.515/2020 depositata il 3.12.2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24.4.2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato, COGNOME Giuseppe, proprietario di un immobile sito in Oliveri, prospiciente sul lato principale su INDIRIZZO e sul retro verso INDIRIZZO, conveniva in giudizio innanzi al Pretore di Patti, al quale poi subentrava il Tribunale, COGNOME, proprietario di un immobile attiguo, sostenendo che lo stesso avesse occupato l’area di retro prospetto rappresentata da un cortiletto compreso tra i due fabbricati, che consentiva ad essi l’accesso alla INDIRIZZO mediante la realizzazione di una scala a chiocciola e di un cancello, nonché tramite il deposito di materiale vario. Pertanto, l’attore chiedeva la condanna del convenuto alla rimozione dei manufatti e del materiale depositato sull’area ed al risarcimento dei danni subiti.
Costituitosi, il convenuto chiedeva il rigetto delle domande avversarie e, in via riconvenzionale, l’accertamento della proprietà dell’area di retro prospetto su cui insistevano il cancello e la scala a chiocciola per intervenuta usucapione.
Integrato il contraddittorio nei confronti dei soggetti comproprietari insieme a COGNOME NOME, ossia NOME, NOME, NOME e NOME, e disposta la chiamata in causa di COGNOME NOME e COGNOME NOME, cui COGNOME NOME aveva ceduto la quota di sua proprietà, con sentenza n. 268/2016, del 29.4/9.5.2016, il Tribunale di Patti dichiarava il difetto di legittimazione passiva di NOME in conformità alla sua richiesta, ed in accoglimento della domanda attorea, condannava il Gullo a sgomberare l’area di retro prospetto dai materiali ivi depositati, ma, in accoglimento della riconvenzionale del Gullo, dichiarava che il medesimo era divenuto proprietario esclusivo
dell’area di retro prospetto nella parte in cui insistevano il cancello e la scala a chiocciola, rigettava le altre domande e compensava tra le parti le spese processuali.
Avverso questa sentenza, i Nasisi-Sidoti proponevano appello, dolendosi dell’accoglimento della riconvenzionale di usucapione, e resisteva il Gullo, il quale proponeva a sua volta appello incidentale, censurando il capo di sentenza che aveva riconosciuto incidentalmente la comproprietà dell’area di retro prospetto oggetto di contestazione in capo ai Nasisi-Sidoti fatta eccezione per le aree di sedime del cancello e della scala a chiocciola.
Con sentenza n. 515/2020 del 15.10/3.12.2020, la Corte di Appello di Messina rigettava l’appello incidentale, affermando che con l’atto di vendita del 1962 COGNOME NOME e COGNOME NOME non si erano spogliati del pertinenziale relitto di terreno di retro prospetto che, quindi, era stato trasferito per donazione e successione legittima ai figli dei coniugi NOME. Peraltro, in accoglimento dell’appello principale, la Corte rigettava la domanda di usucapione, affermando che il ricorso possessorio del 28.9.1997 ( rectius 1987) aveva interrotto il decorso del termine utile ad usucapire l’intera area di retro prospetto, e non solo per le porzioni occupate dal cancello e dalla scala a chiocciola, ed ordinava conseguentemente la rimozione di quei manufatti a cure e spese di COGNOME che condannava altresì al pagamento delle spese processuali del doppio grado.
Avverso questa sentenza, COGNOME ha proposto tempestivo ricorso a questa Corte il 3.1.2022, affidandosi a tre motivi, e NOME NOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME e NOME hanno resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Col primo motivo, articolato in riferimento al n. 4) dell’art. 360, primo comma, c.p.c. il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 331 c.p.c., in quanto la Corte d’Appello avrebbe omesso di verificare
l’integrità del contraddittorio in fase di appello, non ordinando la notifica dell’appello principale (e della comparsa contenente l’appello incidentale) a Nasisi Rosario.
Il primo motivo, attinente al presunto difetto d’integrità del contraddittorio nel giudizio di secondo grado, per la mancata partecipazione di COGNOME NOME, è inammissibile e comunque totalmente infondato.
Va anzitutto evidenziato che il Tribunale di Patti, in primo grado, con la sentenza n. 268/2016, ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva di COGNOME NOME, e tale statuizione non è stata impugnata dalle parti nel giudizio di secondo grado, con conseguente formazione sul punto del giudicato interno, ed esclusione quindi dell’esigenza della partecipazione di COGNOME NOME al giudizio di appello come litisconsorte necessario, e con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso col quale Gullo NOME, per la prima volta in questa sede, vorrebbe far valere il suddetto vizio.
In ogni caso poiché COGNOME NOME aveva ceduto i propri diritti sull’area di retro prospetto di causa a COGNOME NOME e COGNOME NOME con atto del 23.1.1998, e quindi ancor prima dell’introduzione del giudizio di primo grado, avvenuta il 17.3.1999, la di lui partecipazione al giudizio non era necessaria fin dalla causa di primo grado, essendo stati chiamati in giudizio, al suo posto, gli aventi causa COGNOME NOME e COGNOME NOME già titolari dei diritti che egli in precedenza vantava.
2) Col secondo motivo, articolato in riferimento al n. 3) dell’art. 360, primo comma, c.p.c. il ricorrente prospetta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 922 cod. civ. e 817 cod. civ. in relazione agli artt. 2697 e 1362 cod. civ. ed all’art. 51, comma 2, n. 6, secondo cpv, della Legge Notarile n. 89/1913.
In particolare, secondo il ricorrente, la Corte non avrebbe applicato correttamente all’area di retro prospetto la disciplina relativa alle
pertinenze ed i criteri ermeneutici e i principi sanciti dalla predetta legge notarile, in quanto avrebbe dovuto privilegiare l’indicazione dei confini completa contenuta nel titolo di acquisto del Gullo al quale l’area di retro prospetto era stata trasferita come pertinenza del fabbricato, indicazione invece mancante nei titoli di acquisto della controparte, e tener conto del comportamento delle parti che avevano sottoscritto la scrittura privata del 3.11.1982, ed escludere conseguentemente la proprietà dell’area di retro prospetto oggetto di causa in capo ai Nasisi-Sidoti.
Il secondo motivo, col quale si lamenta l’errata interpretazione che la Corte d’Appello avrebbe dato ai titoli di acquisto delle parti non considerando la disciplina propria delle pertinenze dell’art. 817 cod. civ., che avrebbe consentito di ritenere l’area di retro prospetto avente accesso da INDIRIZZO come pertinenza del vano terraneo che COGNOME COGNOME aveva acquistato da COGNOME NOME e COGNOME Palma con atto del notaio Buono del 5.1.1963, avendolo a loro volta essi acquistato dai coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME con atto dello stesso notaio del 14.8.1962, e non considerando che nell’atto del 5.1.1963 erano indicati come confini della sua proprietà anche INDIRIZZO e la proprietà di Recupero Maria, che effettivamente delimitavano l’area di retro prospetto in questione, mentre tali confini non erano riportati negli asseriti titoli di acquisto della controparte, -individuati dalla Corte d’Appello nella successione legittima di COGNOME NOME, deceduto il 25.8.1979, e nella donazione effettuata in favore dei figli da NOME con atto del 7.5.1982 del notaio NOME COGNOME sicché il giudice di secondo grado nell’attribuire alla controparte la proprietà di quell’area avrebbe violato l’art. 51 comma 2 n. 6 secondo capoverso della legge notarile n. 89 del 28.2.1913, è in parte inammissibile ed in parte infondato.
E’ inammissibile nella parte in cui, per la prima volta prospetta in questa sede, la questione nuova del rapporto di pertinenzialità che
sarebbe esistito tra il vano terraneo acquistato da COGNOME e l’area di retro prospetto, questione giuridica comportante la necessità di accertamenti in fatto in alcun modo trattata dalla sentenza impugnata, per la cui proposizione, quindi, il Gullo aveva l’onere, che però non ha assolto, di indicare quando ed in quale atto avesse sollevato la questione (Cass.14.4.2025 n. 9757; Cass. 10.8.2017 n. 19998; Cass. 13.12.2019 n. 32804).
Va poi ricordato che per giurisprudenza consolidata di questa Corte l’interpretazione contrattuale compete al giudice di merito, e che le parti non possono contrapporre una propria autonoma interpretazione a quella pur plausibile seguita dal giudice di merito. Questa Corte ha infatti ripetutamente affermato che ‘ l’interpretazione del contratto è riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per erronea o insufficiente motivazione, ovvero per violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, la quale deve dedursi con la specifica indicazione nel ricorso per cassazione del modo in cui il ragionamento del giudice si sia discostato dai suddetti canoni; altrimenti, la ricostruzione del contenuto della volontà delle parti si traduce nella mera proposta di un’interpretazione diversa da quella censurata, come tale inammissibile in sede di legittimità’ (vedi ex multis Cass. ord. 8.1.2025 n. 353; Cass. 18.11.2003 n. 17427).
La Corte d’Appello, sulla base degli atti acquisiti e della CTU espletata, ha accertato che l’area di retro prospetto, già di proprietà del Comune di Oliveri, è stata dallo stesso venduta a COGNOME NOME con atto del 27.9.1946, non approvato dalla Giunta Provinciale Amministrativa, ma poi sanato nel luglio 1959; che COGNOME NOME ha venduto il 4.10.1946 ai coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME sia il vano terraneo non pavimentato ed il modesto sfogo di terreno ad ovest di circa quattro metri per cinque (poi da quelli venduto a Nasisi Palma e Sidoti Sebastiano il 14.8.1962 e da questi ultimi a Gullo Carmelo il 5.1.1963), sia la
restante parte del suo fabbricato, poi distrutto dal terremoto del 16.4.1978, con le residue aree attigue (tra le quali l’area di retro prospetto); che il modesto sfogo di terreno di quattro metri per cinque ad ovest, come accertato dal CTU, è stato poi utilizzato da COGNOME per realizzarvi un corpo edilizio aggiunto adibito a cucina, per cui non corrisponde all’area di retro prospetto; che tale ultima area, insieme all’area in precedenza occupata dal fabbricato distrutto dal terremoto, sono stati quindi trasferiti ai figli NOME, NOME, NOME, NOME e NOME per successione legittima al padre NOME NOME, deceduto il 25.8.1979, e con l’atto di donazione di COGNOME NOME a rogito del notaio NOME COGNOME del 7.5.1982, nel quale ultimo l’oggetto del trasferimento è stato individuato nell” area in questione con gli accessori, annessi e connessi servitù attive e passive, tutto incluso e nulla escluso dando anche le garanzie di legge, per tutti i casi di evizione e molestia’ ; che tale ricostruzione ha trovato infine conferma nella concessione edilizia rilasciata dal Comune di Oliveri a Gullo Carmela, il 16.12.1981, per la ricostruzione del fabbricato di INDIRIZZO distrutto dal terremoto.
L’interpretazione data dalla Corte d’Appello non risulta avere violato i canoni degli articoli 1362 e ss. cod. civ., genericamente invocati dal ricorrente, e neppure l’art. 51 comma 2 n. 6, secondo capoverso, della legge notarile del 28.2.1913 n. 89, in quanto l’area di retro prospetto, come emerso dalla CTU, non ha un’individuazione catastale specifica derivando da proprietà pubblica, ed alla mancata individuazione specifica di alcuni confini (INDIRIZZO e proprietà di RAGIONE_SOCIALE) si è supplito con l’indicazione dell’area composta sia da quella del fabbricato distrutto dal sisma, che dai terreni attigui che l’originario unico proprietario, COGNOME NOMECOGNOME aveva acquistato dal Comune di Oliveri, tutto incluso e nulla escluso.
La diversa interpretazione propugnata dal ricorrente, in base alla quale l’area di retro prospetto sarebbe stata venduta il 5.1.1963 come pertinenza a COGNOME NOME, porterebbe del resto, anche alla conseguenza della nullità della donazione compiuta il 7.5.1982 da COGNOME NOME a favore dei figli dell’area di retro prospetto, in quanto donazione di cosa altrui e perciò mancante di causa (Cass. ord. 19.7.2023 n. 21103; Cass. sez. un. n.15.7.2013 n. 5068).
Neppure può ritenersi che l’impugnata sentenza non abbia tenuto conto, nell’interpretare i titoli di acquisto delle parti, del comportamento complessivo delle parti, per non avere dato peso alla scrittura privata del 3.11.1982, sottoscritta da COGNOME NOME da una parte, e da COGNOME NOME e COGNOME NOME dall’altra, mancandole la firma di tutti i comproprietari dell’area di retro prospetto, e riferendosi comunque essa, all’esercizio del passaggio, e non alla proprietà dell’area suddetta.
3) Col terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3) dell’art. 360, primo comma, c.p.c. il ricorrente sostiene la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1165 e 2943 cod. civ., anche in relazione all’art. 112 c.p.c. e all’art. 1362 e seg. cod. civ., in quanto la Corte avrebbe erroneamente ritenuto il ricorso possessorio proposto da Nasisi Giuseppe in data 29 agosto 1987, come atto interruttivo dell’usucapione per l’intera area di retro prospetto, anziché solo per le aree di sedime del cancello e della scala a chiocciola, dei quali era stata chiesta la rimozione.
Il terzo motivo, col quale ci si duole dell’attribuzione di efficacia interruttiva della prescrizione acquisitiva invocata da COGNOME sull’area di retro prospetto al ricorso possessorio del 29.8.1987 proposto da COGNOME Giuseppe contro COGNOME, ritenendo che con esso non sia stata richiesta la reintegrazione nel possesso dell’intera area, è inammissibile, in quanto richiede a questa Corte, giudice di legittimità, una diversa ricostruzione in fatto del contenuto del ricorso possessorio, riservata al giudice di merito,
anche se mascherata dall’invocata violazione degli articoli 1165 e 2943 cod. civ. e dell’art. 112 c.p.c.. Non è poi neppure indicato sotto quale profilo ci sarebbe stata da parte della Corte d’Appello una violazione dell’art. 1362 cod. civ., dal momento che secondo quanto riportato dallo stesso COGNOME COGNOME nel ricorso possessorio COGNOME NOME, qualificatosi proprietario dello spazio retrostante prospiciente INDIRIZZO, aveva espressamente richiesto lo sgombero dello spazio-cortile prospiciente la INDIRIZZO da tutto il materiale ingombrante e pericoloso depositato dal Gullo, e non solo la rimozione di specifici manufatti ivi ubicati.
Questa Corte ha reiteratamente chiarito che ‘ l’interpretazione della domanda giudiziale, al fine di stabilirne l’idoneità a costituire atto interruttivo della prescrizione di un determinato diritto, non involgendo l’accertamento di un vizio in procedendo, costituisce attività riservata al giudice del merito ed è sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo del vizio di motivazion e (Cass. ord. 16.4.2025 n. 10030; Cass. 16.11.2018 n. 29609; Cass. 3.12.2002 n. 17157; Cass. sez. lav. 30.1.1981 n. 723).
È ben vero che detta insindacabilità trova un limite nella presenza nell’accertamento del giudice di merito – di errori logici o di diritto, ma è parimenti vero che i vizi dedotti con il motivo di ricorso non evidenziano la sussistenza, appunto, di vizi di tale ultima tipologia, essendo riferibili direttamente proprio al profilo dell’interpretazione della precedente domanda del giudizio possessorio – e quindi alla sua idoneità a costituire atto interruttivo della prescrizione – e cioè proprio a quei profili che questa Corte ha ritenuto rimessi all’accertamento del giudice del merito, traducendosi, pertanto, il motivo di ricorso in una – inammissibile – sollecitazione a sostituire in sede di legittimità la valutazione che invece in tale sede non è sindacabile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno poste a carico del ricorrente ed in favore dei controricorrenti.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, respinge il ricorso di COGNOME e lo condanna al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese ed €2.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 24.4.2025